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MIRACOLO ALLE MOLINETTE: UN UOMO
COMPLETAMENTE CIECO RIACQUISTA LA VISTA
E' LA PRIMA VOLTA AL MONDO, DA DUE
OCCHI NON VEDENTI E' STATO POSSIBILE
RICOSTRUIRE UN OCCHIO VEDENTE
di Augusto Maccioni
(24-3-2023) Era cieco e adesso ci vede ( foto dal web/Social). Sembra il racconto di un miracolo e non è quello descritto da Giovanni 9,6-7, quando Gesù spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Siloe. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva", ma è il resoconto di quello che è successo a Torino all'ospedale Molinette. Un uomo di 83 anni aveva perso da 30 anni la vista all'occhio sinistro per una cecità retinica irreversibile, e, per aggravare la già precaria situazione, negli ultimi 6 anni, aveva perso progressivamente anche la funzione visiva all'occhio destro per una malattia rara che ha distrutto la cornea e la superficie oculare. La patologia non lasciava dubbi, pseudo pemfigoide oculare, e la cecità era sicura, anche nell'altro occhio. L'uomo non si è disperato e con coraggio ha fatto di tutto per vederci. Negli ultimi anni quell'occhio destro, prima sano, è stato sottoposto a due trapianti di cornea tradizionali purtroppo falliti "per mancata funzionalità della superficie oculare". L'anziano si deve rassegnare. Senza stare dietro a termini tecnici e ai terribili momenti, anche esistenziali, che hanno ritmato la vita dell'uomo, è apparsa una "luce", la possibilità cioè di altro intervento, più rischioso e mai tentato prima, puntando tutto sull'occhio destro, quello cieco da più di 6 anni, mediante un autotrapianto dell'intera superficie oculare, prelevata dall'occhio sinistro, con cornea ma anche parte di sclera e tutta la congiuntiva comprese le cellule staminali del limbus. Solitamente si provvede alla sostituzione della sola cornea di un donatore deceduto col rischio di un tasso di rigetto altissimo per il paziente 83enne che aveva un'alterazione diffusa di tutta la superficie oculare. Era necessario intervenire in maniera innovativa e il professor Michele Reibaldi, direttore della clinica oculistica universitaria dell'ospedale Molinette di Torino, ha deciso di coinvolgere il professr Sanicola molto noto a livello mondiale per aver messo a punto tecniche alternative ai trapianti perforanti tradizionali. Il risultato è un miracolo. L'intervento realizzato, per la prima volta al mondo, è un autotrapianto, cioè "il paziente per problemi retinici, ha detto Reibaldi, aveva irrimediabilmente perso la funzionalità dell'occhio sinistro, mentre l'occhio destro aveva mantenuto una potenzialità di recupero.Quindi: un terzo dell'occhio sinistro è stato autotrapiantato nell'occhio destro e tutto è stato ricostruito". Sembra facile ed è tale quando succedono i miracoli: prima era cieco e adesso ci vede. La gioia dell'uomo è immensa quando appena svegliato ha iniziato a vedere i contorni della mano ed "è stato come nascere di nuovo". Sono le prime parole dell'anziano 83enne che, dopo due settimane dall'intervento, durato 4 ore, riesce a riconoscere gli oggetti e a muoversi autonomamente. Un grazie, naturalmente, allo staff di Michele Reibaldi, direttore della Clinica Oculistica dell'ospedale Molinette di Torino, ma anche del professor Vincenzo Sarnicola, esperto chirurgo retinico, presidete della Società italiana della Cornea e della Staminalità della Superficie Oculare, che hanno compiuto un intervento da "missione impossibile" con la possibilità di un progressivo successo duratura nell'occhio destro "perché ricostruito con tessuti propri del paziente e quindi potenzialmente al riparo dai problemi di rigetto che hanno afflitto i precedenti trapianti", dicono Reibaldi e Sarnicola.
PUTIN INCONTRA XI JINPING:
"APERTI AL NEGOZIATO"
GLI STATI UNITI SULLA PROPOSTA
DI PACE DELLA CINA:"IL
MONDO NON SI LASCI INGANNARE"
di Augusto Maccioni
(20-3-2023) Alla base ci potrebbero essere i 12 punti del piano di pace della Cina sulla questione Ucraina, di sicuro c'è il sostegno di Xi Jinping a Vladimir Putin (foto dal web/Social). I due si sono incontrati a Mosca con un chiaro messaggio che, secondo l'Amministrazione Biden "maschera una manfrina" nello stato reale delle cose. Si ha l'impressione che ci sia il gioco delle parti con Xi chiamato a perorare le istanze di Putin che, a sua volta, non disdegna colpi bassi per tenerlo buono e renderlo alla fine isolato nel panorama delle potenze mondiali. Il presidente russo alza l'asticella del conflitto in Ucraina e non ha alcuna intenzione di fermare l'invasione e plaude all'iniziativa di pace cinese con un piano che alla fine sa che non ha nessuna valenza credibile agli occhi dell'Occidente. Ciò nonostante Putin è dalla parte di Xi e viceversa, i due si spalleggiano contro gli Stati Uniti senza l'Europa che nella vicenda ucraina non ha avuto quella pressione giusta per una svolta definitiva sulla vicenda essendo voce afona nei confronti degli Stati Uniti apparsi più decisi e più impegnati nello scacchiere militare e politico. Il primo impatto tra Putin e Xi è dare sostanza al piano cinese, bollato dagli americani come "manfrina" e in una intervista alla Cnn John Kirby, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, è stato molto duro: "Noi non accetteremmo la proposta di un cessate il fuoco avanzata in questo momento. Fermarsi ora significherebbe ratificare la conquista del territorio ucraino in mano ai russi". Dare spazio ora al piano russo significherebbe, quindi, dare fiato a Putin in enorme difficoltà, militare e logistico, il quale avrebbe il tempo di riorganizzarsi facendo affluire militari e mezzi per riprendere l'attacco in un secondo momento e non è detto che lo scenario sia sempre il Donbass che, al momento, non è del tutto conquistato. Un possibile accordo di pace si profila molto complicato dal momento che, tra l'altro, la Cina ha sempre evitato di condannare l'invasione russa dell'Ucraina e non ha aderito alle sanzioni, mentre la Russia non intende discutere sui territori di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhia annessi nel settembre scorso e quindi facenti parte della Russia. Da parte Occidentale, e degli Stati Uniti in modo particolare, c'è lo stop su tutti i fronti perché su queste basi non c'è nessuna apertura al dialogo verso la pace. C'è poi il capitolo di Putin accusato dalla Corte Penale Internazionale (Cpi) di crimini di Guerra, perché l'Aja lo ritiene personalmente responsabile della deportazione di bambini ucraini in Russia. Mosca non riconosce quella condanna e ha invece sollecitato il rispetto dell'immunità dei capi di Stato e in questo senso il Comitato investigativo della Russia ha aperto un procedimento penale contro la CPI perché ha emesso un mandato di arresto nei confronti del massimo leader russo. Se queste sono le posizioni geopolitiche di Putin e Xi Jinping il discorso pace non sarà ancora affrontato, anche se la parola "trattativa" non è stata ancora enunciata da nessuna delle parti in causa, cosa che mette in ansia mezzo mondo con la paura di una eventuale guerra nucleare. Il problema a questo punto è: da che parte sta la Cina? Si sa, e l'incontro tra Xi e Putin lo dimostra, che la Cina non è a suo agio con la guerra perché non fa parte del suo "stile di comportamento". Se guardiamo agli ultimi 30 anni, la Cina è apparsa molto riservata e non ama il confronto diretto. Preferisce l'influenza economica che spesso è più efficace e meno dispendiosa in termini economici e di vite umane. Al momento la Cina è un'ancora di salvezza per la Russia dopo le sanzioni e ha approfittato della vicenda Ucraina per acquistare petrolio e gas che il presidente russo non può più vendere all'Europa a causa delle pesanti sanzioni. Non si sa se Xi, dopo aver presentato il piano di pace, sarà tentato di inviare armi a Putin o forse lo farà a certe condizioni e solo se la Russia dovesse trovarsi in seria difficoltà. Una cosa è certa: Xi non permetterà l'uso delle armi nucleari.
LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE
EMETTE MANDATO DI ARRESTO CONTRO
PUTIN PER "DEPORTAZIONE ILLEGALE
DI BAMBINI UCRAINI"
di Augusto Maccioni
(17-3-2023) Prima o poi sarebbe arrivata questa decisione, un mandato di arresto contro il presidente russo Vladimir Putin era nell'aria da tempo. La Corte penale internazionale dell'Aja è arrivata a questa clamorosa svolta dopo un'inchiesta avviata subito dopo l'invasione russa in Ucraina. Putin è accusato di aver deportato migliaia di bambini ucraini in Russia e per i crimini commessi in Ucraina dall'inizio dell'aggressione militare il 24 febbraio 2022. Mandato d'arresto anche per Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissario per i diritti dei bambini presso l'Ufficio del Presidente della Federazione Russa, con accuse simili a Putin. CPI afferma: “La Camera preliminare II della Corte penale internazionale ha emesso due mandati di arresto contro due persone nel contesto della situazione in Ucraina. Sono Vladimir Vladimirovich Putin e Maria Alexeyevna Lvova-Belova" più avanti dice anche che " ci sono motivi ragionevoli per ritenere che Putin sia personalmente responsabile dei suddetti crimini". Gli investigatori delle Nazioni Unite avevano pubblicato, il giorno prima, un duro rapporto contro la Russia e avevano messo in evidenza che migliaia di bambini orfani o sottratti alle loro famiglie erano stati trasferiti con la forza e consegnati alle famiglie russe. Questi trasferimenti e deportazioni di bambini in Russia "violano il diritto umanitario internazionale e costituiscono un crimine di guerra". Secondo un calcolo delle Nazioni Unite sono 16.221 i bambini "rapiti" e con decreto del maggio 2022 Putin ha concesso a questi bambini la nazionalità russa. Se da una parte Zelensky, presidente dell'Ucraina, parla di "decisione storica", il portavoce del Cremlino Maria Zakharova dice che "Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per il nostro Paese, nemmeno dal punto di vista legale". Cosa può succedere adesso a Putin? Il mandato d'arresto contro il presidente russo non può essere effettivo a meno che Putin non si rechi in un paese membro della CPI e accetti di arrestarlo e inviarlo all'Aja, ma a questo punto ci potrebbe essere un rischio di scontro con la stessa Russia. E' comunque una decisione che al momento è simbolica e potrebbe servire per dare più credibilità all'Ucraina nelle sue accuse di crimini da parte dei russi che da oltre un anno hanno occupato il paese di Zelensky. Adesso, però, il mondo di Putin è sempre più piccolo e prima o poi dovrà fare i conti con questa accusa, che sarà difficile togliere e che rimarrà sulla sua testa fino alla fine.
PAPA FRANCESCO, DIECI
ANNI DI PONTIFICATO
"BUONASERA" IL PRIMO ATTO DELLA
SUA RIVOLUZIONE NELLA CHIESA
"UN REGALO? LA PACE. SOFFRO VEDERE
I MORTI, RAGAZZI CHE NON TORNANO"
di Augusto Maccioni
(13-3-2023) Dalla frase "Se mi sbaglio mi corriggerete" pronunciata da Karol Wojtyla la sera del 16 ottobre 1978, a "Fratelli e sorelle, buonasera" del nuovo Papa Francesco (foto dal web/Social) che il 13 marzo 2013 si presentava al mondo affacciandosi dalla loggia centrale di piazza S.Pietro. Da quella sera sono trascorsi 10 anni e quelle parole hanno delineato lo stile del suo pontificato dove al centro c'era la semplicità ma anche le sfide verso una rivoluzione oltre la novità per la presenza di due Papi viventi, quella di Benedetto XVI , morto il 31 dicembre scorso, e di Francesco impegnato in un momento di grandi prove per la barca di Pietro. Del resto lo si è capito subito dal richiamo della scelta del nome, Francesco, improntando la sua visione della Chiesa verso quella parte delle persone, i poveri, che non hanno voce e vengono spesso dimenticati. Poi i migranti e la pace quella che continuamente chiede non solo per la guerra in Ucraina ma anche per tutte quelle che vengono combattute nel mondo. "Regalatemi la pace" ha detto il Papa per i suoi 10 anni da pontefice, un dono che vorrebbe che si realizzasse subito per sostenere l'Ucraina e la popolazione molto provata, non dimeticando i problemi immediati e i tanti appelli all'Angelus dove ultimamente ha parlato della tragedia di Cutro e della morte di tanti bambini innocenti. La sua attenzione particolare è verso le persone, i popoli come individui da escludere scivolando sul tema delle migrazioni ponendo al primo posto l'accoglienza dei profughi politici ed economici. Non a caso il suo primo, simbolico, viaggio è stato quello compiuto a Lampeduso terra di naufragio guardando poi quel mare, il Mediterraneo, trasformato nel "più grande cimitero del Pianeta". Come non ricordare, negli ultimi anni del suo Pontificato, le immagini indelebili di un Papa, tutto solo in una Piazza San Pietro deserta, buia, bagnata dalla pioggia, in un giorno pandemico. Era il 27 marzo 2020, in pieno lockdown, Francesco si rivolgeva alla Madonna Salus Populi Romani per chiedere la fine della pandemia di Covid. Quel Papa solo ha riempito il deserto e il silenzio che c'era intorno a lui, ogni suo gesto era una frase di speranza, una testimonianza di fede e di luce sulle tenebre che erano entrate nei nostri cuori e nelle nostre città. Per una volta non ci siamo sentiti chiusi in casa, ci siamo sentiti liberi, abbracciati e meno smarriti. Altra istantanea storica e forte del suo Pontificato è l'attenzione del Papa verso la pace tra i popoli. Ormai da un anno Francesco è impegnato contro la guerra in Ucraina e per la pace per il "martoriato popolo ucraino". Guarda alla diplomazia, ma le sue attenzioni e le sue preghiere sono per le sofferenze dei civili, dei rifugiati e un pensiero particolare è rivolto per i più deboli, le donne e i bambini. In occasione dell'ultima festa dell'Immacolata Concezione, il Papa si è commosso e ha pianto pregando per la fine della guerra in Ucraina ma anche per la cessazione di tutte le guerre nel mondo. E' una "Terza guerra mondiale a pezzetti" continua a dire, un conflitto che mette contro tutte le nazioni e popoli e non sorregge per niente la vera libertà e la leale convivenza degli Stati vicini. Il Papa ha 86 anni, è un Pontefice felice e non nasconde i suoi problemi di salute che in questi ultimi anni si sono fatti sentire ma non hanno rallentato la sua attività frenetica e instancabile. Anche ultimamente ha parlato del dolore al ginocchio che nell'ultimo anno lo ha portato a muoversi in sedia a rotelle o camminando con un bastone. Quando aveva 20 anni gli è stato asportato la parte superiore del polmone destro a causa di una seria forma di polmonite, nel 1994 gli è stato messo una protesi al ginocchio e due anni fa, per una stenosi diverticolare del sigma, gli è stata asportata una parte del colon. Considerati i problemi di salute e l'età i giornalisti hanno più volte parlato di eventuali sue dimissioni, una rinuncia all'incarico del resto non nuovo sulla scia del suo predecessore Ratzinger. "Si governa con la testa" aveva detto, assicurando che è ancora in grado di reggere la Chiesa e al momento non c'è nessun impedimento medico. Sulle riforme Francesco è sempre stato all'altezza di ogni situazione. Dallo scandalo Vatileaks, alla risoluzione dei casi di pedofilia all'interno del clero, che, secondo il nuovo Codice, non è considerato più contro la Chiesa ma come reato contro la persona. Il Pontefice ha portato avanti la riforma della Curia, la riforma dello Ior mentre rimangono aperte questioni con la Chiesa tedesca e il celibato per i sacerdoti, tema, quest'ultimo, fa sapere Francesco, che sarà risolto col prossimo Papa.
IL NEOMINISTRO DEGLI ESTERI QIN
GANG: "NOI E LA RUSSIA PER COSTRUIRE
UN MONDO PIU' STABILE"
L'AVVERTIMENTO DELLA CINA AGLI STATI
UNITI: "SE NON SI PREME IL FRENO CI SARA' CONFLITTO"
di Augusto Maccioni
(7-3-2023) Il nuovo ministro degli Esteri cinese Qin Gang si presenta alla stampa ricordando agli Stati Uniti che non accetta più lezioni e Taiwan (foto dal web/Social) è una questione interna e che gli Usa dovrebbero fare a meno di folli mosse se vogliono evitare il conflitto. Un messaggio chiaro e forte nel quale viene posta la Cina come Centro regolatore nel vasto panorama geopolitico e come modello alternativo all'Occidente perché promette un futuro di pace e prosperità per tutta l'umanità. Non si fa riferimento alla Russia impegnata in guerra in Ucraina con cui è partner strategico e con il quale si vorrebbe costruire un mondo più stabile. Naturalmente tutto questo è parte integrante del messaggio del ministro degli Esteri cinese che, davanti alla stampa a Pechino, ha voluto mettere in chiaro i vari problemi economici, politici e militari nei confronti dell'Occidente, contro il quale è stato duro sia per la guerra in Ucraina ma anche per le crescenti tensioni attorno a Taiwan, ricordando agli Usa che l'autogoverno dell'isola è parte inalienabile del suo territorio. Altri temi caldi non sono stati neanche sfiorati. Del resto i giornalisti invitati erano stati "consigliati" a non fare domande sull'origine del Covid, diritti umani, Xinjiang indirizzando le domande solo sui temi che interessavano il nuovo ministro per esaltare la politica strategica ed economica della Cina. A parte il tono duro col quale Qin Gang si è posto nei confronti degli Stati Uniti, il ministro cinese ha cercato di mitigare l'aggressività ritornando a patti della diplomazia sempre con la potenza rivale. Le parole di Qin Gang hanno avuto un certo peso in Usa che, secondo il ministro cinese, dovrebbero frenare le proprie ambizioni e non accelerare sulla strada sbagliata perché altrimenti "sicura sarebbero stati conflitti e scontri". Parole che vengono interpretate come altra propaganda che non portano niente di nuovo nella visione politica e strategica della Cina. Il caso dei presunti palloni spia cinesi ne è un chiaro esempio, un incidente molto criticato da Pechino, soprattutto perché gli Stati Uniti credevano che questi oggetti rappresentassero una minaccia fisica. La loro distruzione ha poi creato una crisi, dice il ministro cinese, che poteva essere evitata con la diplomazia. Sulla questione Taiwan Qin Gang è stato chiaro, chiedendo agli Usa di "non interferire negli affari interni della Cina" e ha paragonato la situazione all'Ucraina verso la quale, ha detto, la Cina non ha fornito armi. Pechino è interessata al Medio Oriente e all'Europa verso le quali auspica un rafforzamento dei rapporti commerciali e diplomatici e si augura che la crisi in Ucraina si risolva e che " l'Europa raggiunga la sua autonomia strategica e una pace e stabilità durature" cercando di slegare i destini e l'amicizia tra Usa e Unione Europea-Nato.
LA RUSSIA INTENSIFICA GLI ATTACCHI
NELLA CITTA' DI BAKHMUT
NUOVI AIUTI MILITARI DEGLI
STATI UNITI ALL'UCRAINA
SCHOLZ DA BIDEN: PREOCCUPAZIONI
CHE LA CINA POSSA AIUTARE PUTIN
di Augusto Maccioni
(3-3-2023) E' trascorso un anno di guerra Russia-Ucraina (foto dal web/Social) e si continua a bombardare e a combattere. Ogni tanto si parla di pace, ma al momento è una parola vuota che nessuno ha la voglia e la determinazione di renderla praticabile. C'è stata la buona volontà, si fa per dire, della Cina che ha proposto dodici condizioni per trovare l'accordo, subito bloccato da Zelensky e da Biden che non intendono favorire, nella trattativa, Putin. E' il 373esimo giorno dell'invasione e i russi sono impegnati a conquistare Bakhmut che da giorni è una città assediata. Secondo i vertici della Wagner la città è circondata ed è prossima a cadere. Agli ucraini resta una sola rotta per lasciare la città ai russi. Le truppe di Putin da giorni hanno continuamente bombardato la città rendendola inoffensiva, ed è proprio in questo territorio orientale che gli ucraini da giorni stavano impedendo l'accesso alle forze di terra russe che adesso, con nuove forze e nuovi armamenti, hanno deciso di compiere l'ultima spallata. Tra le truppe russe in campo ci sono anche le unità più esperte del gruppo mercenario Wagner. Il punto è difendere Bakhmut o lasciarla ai russi. Una settimana fa Zelensky aveva chiesto alle sue truppe di difendere ad ogni costo il territorio, adesso, però, "la situazione sta diventando sempre più difficile", ha riconosciuto il presidente dell'Ucraina, e ci sarebbe l'opzione che le truppe ucraine si ritirino da quelle posizioni fortificate, a difesa della città. Una ritirata che consentirebbe al Cremlino di riprendersi ma darebbe il vantaggio a Kiev di pensare alle successive contromosse. La conquista di Bakhmut è un punto fermo dei russi dopo che i militari di Putin hanno accumulato disastri strategici, e questa vittoria sarebbe un riscatto di grande portata militare. L'assalto russo è comunque implacabile e sul posto, nella postazione ucraina, il governo Zelensky ha inviato rinforzi e nuove attrezzature e non è chiaro se per contrastare le forze russe, mantenendo quindi il controllo della città, o fornire copertura militare in caso di ritirata per evitare una nuova Mariupol. In questo senso, secondo gli esperti, le forze ucraine hanno fatto saltare un ponte ferroviario all'interno della città orientrale assediata, un segno che forse le truppe di Zelensky stiano decidendo la ritirata. I continui bombardamenti sulla città, dove vivevano almeno 100mila persone prima dell'invasione, l'hanno ridotta in macerie, le linee elettriche sono interrotte, manca il gas, l'acqua, non c'è cibo e non ci sono farmaci. Kiev pianifica a breve una controffensiva nel Donbass, creando un solco territoriale tra la stessa regione e la Crimea, annessa illegalmente nel 2014. Nella giornata di aspri combattimenti nella città di Bakhmut, c'è la notizia, dagli Stati Uniti, di un nuovo pacchetto di aiuti militari all'Ucraina per 400 milioni di dollari. Intanto il cancelliere tedesco Olaf Scholz è andato da Biden per fare il punto sulla guerra in Ucraina. C'è sempre la preoccupazione che la Cina possa fornire aiuti letali alla Russia, un argomento che metterebbe in allerta l'Occidente con sviluppi non decifrabili.
I FUNERALI DI MAURIZIO
COSTANZO,L'ULTIMO SALUTO AL
GIORNALISTA E CONDUTTORE TV
IL RICORDO DEGLI AMICI, IL
LUNGO APPLAUSO E LE LACRIME
DELLA MOGLIE MARIA
di Augusto Maccioni
(27-2-2023) Martedi 28 non andrà in onda "Uomini e Donne" e "Amici" con Maria De Filippi, il dolore è grande per la morte del grande Maurizio Costanzo, giornalista e conduttore tv. Tanti colleghi e volti noti della televisione si sono stretti attorno a Maria De Filippi durante la cerimonia per l'ultimo saluto al grande personaggio pubblico scomparso il 24 febbraio scorso a 84 anni. Poco si è saputo sulle cause della sua morte che ha sconvolto tutti perché inattesa e che ha commosso il mondo dello spettacolo e quello politico. Nulla si è saputo di Maurizio Costanzo in ospedale, alla clinica Paideia di Roma, e nessuno pensava che fosse in fin di vita. Le sue condizioni erano rimaste segrete fino al giorno del funerale e secondo indiscrezioni il grande conduttore tv era in ospedale per problemi di salute. In tantissimi si chiedevano cosa avesse, quale malattia lo tratteneva in una struttura ospedaliera e nessuno sapeva della sua assenza dal salotto buono dal quale conduceva programmi di successo mettendo a nudo i veri problemi che agitano il mondo culturale, politico e sociale italiano. Soffriva da tempo di problemi cardiaci che si sarebbero ultimamente aggravati al punto da provocarne la morte. Nonostante fosse in fin di vita il giornalista è sempre stato vigile e lucido. Del resto la sua morte è stato uno shock per la moglie Maria De Filippi che con Costanzo aveva condiviso 30 anni di vita, tra amore, palcoscenico e carriera. Lo andava a trovare spesso in clinica, lui non si lamentava ed era nella struttura per un'operazione di ruotine, un intervento semplice al colon. Poi però l'improvviso peggioramento, causata da una polmonite e il cuore non ha retto. All'ultimo saluto nella Chiesa degli Artisti a Roma, c'erano tutti i volti noti del cinema e della tv. Decine di protagonisti del mondo del giornalismo, della politica e dello spettacolo erano presenti a gremire la basilica, fuori tantissima gente che non voleva mancare all'ultimo appuntamento come se fosse lo show ultimo, quello per l'eternità. Maria De Filippi era accanto al figlio Gabriele e poi tante personalità da Pier Silvio Berlusconi a Gerry Scotti, a Sabrina Ferilli ma anche il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, al sindaco di Roma Gualtieri. Poi Mara Venier, Enrico Mentana, Carlo Conti, Amadeus, Giorgio Panariello. Un lungo elenco di personaggi che volevano essere presenti per l'ultimo abbraccio all'amico Maurizio. Poi il ricordo degli amici, i silenzi, gli applausi e le lacrime della moglie Maria (foto dal web/Social). Di lui don Walter Insero, nell'omelia, ricorda il giornalista come "un uomo molto intelligente, estremamente curioso, portato sempre a cercare novità, a scoprire, non riusciva a stare fermo, era molto attivo, anche negli ultimi giorni in clinica" poi " umile, leale, manteneva la parola data e rispettava opinioni degli altri, senza giudicare le diversità, propenso a capire le ragioni degli altri. Era tendenzialmente pigro, amava la Roma". Era semplicemente un gigante della televisione italiana, l'inventore dei talk show e quel programma "Bontà loro" che ha fatto la nostra storia, in cui convergevano personaggi importantissimi spesso affiancati da persone qualunque. Poi "Maurizio Costanzo Show" che era la summa del giornalismo, dove per esistere e per contare di più era indispensabile farsi intervistare da lui, tenace, curioso e inflessibile. Immancabili e indimenticabili le sue interviste, con puntate, tra il serio e le divagazioni, a persone poi diventate grandi personaggi come Vittorio Sgarbi, Gianpiero Mughini ma anche Enzo Iachetti e Giobbe Covatta. Il salotto buono era il più delle volte quello di tutti gli italiani, che l'hanno apprezzato e lo hanno amato. Come non ricordare, infine, il suo impegno contro la mafia proprio negli anni più tormentati e complicati della nostra Storia. Numerose le puntate sull'argomento con interviste e prese di posizioni, ad esempio, del giudice Giovanni Falcone. Un impegno che però gli costò quasi la vita perché, nel 1993, un anno dopo la strage di Capaci e via D'Amelio, Costanzo e la moglie Maria De Filippo scamparono ad un attentato. Con Maurizio Costanzo se ne va parte della nostra vita, mentre il sipario non si chiude perché lo show deve continuare.
A CROTONE STRAGE DI MIGRANTI, BARCA
A PICCO: ALMENO 60 MORTI, MOLTI BAMBINI
MATTARELLA: "L'EUROPA SI ASSUMA LA RESPONSABILITA' DI GOVERNARE IL
FENOMENO MIGRATORIO"
di Augusto Maccioni
(26-2-2023) Doveva approdare a riva senza difficoltà, nonostante il mare proibitivo forza 5 e anche 6 proveniente da Smirne in Turchia. Quel motopeschereccio approssimativo si è schiantato sulla roccia davanti alla costa calabrese, località Steccato di Cutro in provincia di Crotone. Erano a bordo forse 250 migranti, uomini, donne e tanti bambini. Erano pachistani, siriani, afghani. Fuggivano dalla guerra, dalla povertà e volevano salvarsi andando in Italia. La morte era tra quelle onde, quelle rocce. Temperature rigide, mare in tempesta. Difficile fare l'attraversata in quelle condizioni, eppure non c'è meteo che tenga, quando si deve partire per salvarsi si deve farlo, senza "se" e senza "ma". Loro, tutti i migranti, volevano lasciarsi alle spalle la guerra, la paura, le difficoltà e momenti terribili di vita e avevano intrapreso un lungo, faticoso, terribile e forse assurdo viaggio verso l'Italia. Forse potevano rinunciare, ma non è stato fatto. Spinti dagli scafisti che avevano dipinto un mare tranquillo e un approdo senza problemi, si sono imbarcati tutti poi però una realtà diversa in mare, con onde alte anche quattro metri e la barca che vacillava, poi un'onda ha spezzato in due la carretta, smembrandola. La gente a bordo è subito in balia del mare. Chi sapeva nuotare ce l'ha fatta, altri sono morti. Adesso si contano le vittime, almeno 60, tra loro molti bambini e ragazzini. Subito le polemiche e gli interrogativi. Tragedie che si possono evitare promuovendo una politica saggia sull'immigrazione. L'Italia fa quello che può mentre l'Europa non ha mai affrontato con impegno questo problema. Una soluzione, è stato detto dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, è quello delle partenze: "C'è questa vocazione alle partenze sostenuta da un coro generale di consenso, come se la soluzione di questo fenomeno si risolva incoraggiando tutti a venire anche in condizioni drammatiche". La materia è complessa e non si tratta più di salvataggi o di Ong ma di responsabilità da parte dell'Europa, che deve vigilare i suoi confini e dare concretezza alle parole più volte enunciate ma mai calate nella realtà. Intanto, però, rimangono quelle immagini assurde come i resti dell'imbarcazione (foto dal web/Social) che le onde hanno trascinato a riva e quei corpi senza vita portati a terra. Immagini raccapriccianti, tra il silenzio dei sopravvissuti e il pianto di una madre disperata. Si sono salvati in 81, in maggioranza afghani, e un centinaio sono ancora i dispersi. E' un bilancio provvisorio e il numero delle vittime varia di ora in ora. La polizia ha arrestato un cittadino turco, sospettato di essere responsabile di questo traffico di esseri umani. E' choc in Italia e la Calabria è in lutto. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella:"È fondamentale che l'Unione Europea si assuma finalmente la specifica responsabilità di governare il fenomeno migratorio per separarlo dai trafficanti di esseri umani, sostenendo la cooperazione per eliminare le cause profonde dei flussi di migranti; guerre, persecuzioni, terrorismo, povertà, territori inospitali a causa del cambiamento climatico" mentre la premier Giorgia Meloni ha sottolineato che “è criminale varare una nave di soli 20 metri di lunghezza con fino a 200 persone a bordo e con previsioni meteo avverse. Il Governo – dice ancora Meloni – è impegnato a impedire le partenze e con esse la consumazione di queste tragedie, chiedendo la massima collaborazione dei Paesi di partenza e di provenienza".
I 12 PUNTI DEL PIANO DI PACE DELLA
CINA. L'EUROPA BOCCIA IL DOCUMENTO
IN UCRAINA CONTINUANO A
INFURIARE I COMBATTIMENTI
ZELENSKY: I NEGOZIATI CI
SARANNO, SERVE UN VERTICE
di Augusto Maccioni
(24-2-2023) Se dal 24 febbraio 2022 è scoppiata la guerra, con l'invasione russa in Ucraina, all'avvio del secondo anno del conflitto è "esplosa la pace". La cercano disperatamente tutti. E' stata invocata alle Nazioni Unite a New York venerdi, ed è un tema strettamente d'attualità in queste ore. Tutti alla ricerca della pace: i cinesi, gli americani ma anche con approcci diversi i russi e gli ucraini. La Cina ha presentato un testo in dodici punti che mette in primo piano le garanzie per la sicurezza della Russia e quindi, di conseguenza, l'Ucraina deve allontanarsi dall'Europa e dalla Nato. Non solo: la Russia non è tenuta a ritirarsi dai territori occupati, in pratica dal Donbass. Ci si chiede se veramente quello presentato dai cinesi sia effettivamente un piano di pace, di una potenza che ha un'amicizia illimitata con la Russia e che, da questo punto di vista, "non è credibile perché non è stata in grado di condannare l'invasione illegale dell'Ucraina", ha detto il segretario generale della Nato Stoltenberg. C'è anche il sospetto che la Cina stia pianificando aiuti militari alla Russia, anche se, dice ancora il segretario generale Nato, non ci sono prove e che, comunque, nel caso dovesse farlo, la Cina " sosterrebbe una legge illegale di aggressione e violerebbe il diritto internazionale". Sempre sugli eventuali accordi Cina-Russia, si fa avanti il settimanale tedesco Der Spiegel che pubblica indiscrezioni di trattative della Russia con il produttore cinese di droni Xi'an Bingo Intelligent Aviation Technology per la produzione di droni-bomba. Tutte le accuse, naturalmente, sono state respinte da Pechino. C'è quindi molto scetticismo sul piano di pace della Cina, decisamente pro-Putin, ma è un tentativo positivo sul fatto che si parli di un cessate il fuoco, di una tregua in attesa di fatti concreti. I dodici punti cinesi (cessate il fuoco, la fine delle sanzioni contro la Russia e il rispetto dell'integrità territoriale) sono stati presentati poche ore dopo che la stessa Cina, con l'India, si era astenuta da una risoluzione delle Nazioni Unite che chiedeva la fine della guerra (141 voti favorevoli, 7 contrari e 32 astenuti). Sul piano militare non è cambiato nulla, perché in Ucraina continuano i combattimenti e secondo fonti di intelligence britanniche la Russia è pronta a lanciare una nuova offensiva sul fianco meridionale. A Kiev non piace il piano di pace cinese. Secondo Zelensky (foto dal web/Social) qualsiasi piano che pone fine alla guerra deve includere il ritiro delle truppe russe dal suolo ucraino, e l'occupazione russa del territorio ucraina non può riguardare la pace ma un congelamento della guerra. Stante queste posizioni sarà difficile arrivare alla pace, perché non è chiaro a quale pace si voglia arrivare. E' anche chiaro che non si arriverà alla pace senza la presenza degli Stati Uniti, una presenza ingombrante per la Cina che vuole estrometterla da ogni accordo per frantumare l'Occidente e cogliere ulteriormente la debolezza economica e militare dell'Europa.
DA OGGI IN UCRAINA INIZIA
IL SECONDO ANNO DI GUERRA
E' ARRIVATO IL MOMENTO DI
COME PORRE FINE AL CONFLITTO
C'E' LA PROPOSTA CINESE: OGGI SARA'
SVELATA LA SOLUZIONE POLITICA
di Augusto Maccioni
(23-2-2023) Da oggi la guerra in Ucraina si trascina per un secondo drammatico e terribile anno (foto dal web/Social). Abbiamo assistito, a qualche giorno dall'anniversario della guerra, ai discorsi dei presidenti Biden e Putin e, per dire la verità, i toni non sono stati né di tregua e né di pace. Forse ci sarebbe l'intenzione ma manca la mossa di uno delle parti, cosa che non è avvenuta per non indebolire strategicamente quanto è stato fatto in un anno di impegno bellico. Gli esperti militari hanno da tempo detto che nessuno può vincere questa guerra. Putin ci prova e punta, non solo al Donbass ma a ricostituire, col tempo, il grande impero sovietico, un progetto cui sta lavorando da tempo e che solo da qualche anno è intenzionato a perseguire. Il presidente russo pensava di conquistare con poche mosse l'intera Ucraina, ma ha trovato non solo un popolo ma un presidente, Zelensky, decisi a resistere fino alla morte e adesso sono tutti pronti ad attaccare per riconquistare zone passate ai russi. Dall'incertezza di un Occidente diviso si è passati a una grande alleanza Europa-Stati Uniti per ostacolare, con aiuti militari e tanti euro e dollari, l'arrogante invasione russa. Kissinger tempo fa aveva detto che era arrivato il momento di fermarsi, ma le condizioni non offrivano soluzioni per chiudere tanta devastazione. Soprattutto manca il vantaggio di chi deve cambiare strategia. Non può sostenerlo l'Ucraina, che è paese sovrano che si sta difendendo, sicuramente potrà farlo la Russia che potrebbe fermarsi dopo la conquista del Donbass, atteso che, concretamente e realisticamente, non può avere i mezzi e il tempo per andare oltre secondo la sua linea imperialistica. Chi può inoltre trarre vantaggio è la Cina che intende porre fine alla guerra in Ucraina. Il ragionamento del responsabile della strategia internazionale cinese Wang Yi, molto attivo in queste settimane, è che l'Europa non ha una propria strategia e viva su quella degli Stati Uniti, quindi, dal suo punto di vista, potrebbe cogliere molte opportunità con l'azione della Cina sulla Russia, visto che con gli americani il rapporto è ultimamente molto inclinato. La proposta cinese di una eventuale pace, o trattativa per la pace, è una soluzione politica che è già nelle mani di Putin e che potrebbe essere resa nota il 24 febbraio, nel primo anniversario dell'invasione russa che Xi Jinping non ha mai condannato. Quali siano i termini per risolvere il conflitto ucraino non si sa, sicuramente è nell'interesse della Cina la quale, tra l'altro, è sintonizzata con la Russia per distogliere gli Usa dal Pacifico. Altro motivo è anche quello che la Cina ha tutto l'interesse di spaccare l'Occidente e c'è anche il sospetto, secondo gli Stati Uniti, che Pechino è pronto a inviare armi letali ai russi. Se queste informazioni dovessero essere confermate, fa sapere il Wall Street Journal, gli americani sono pronti, attraverso l'intelligence, a divulgare queste notizie. Pronta la risposta cinese: quelle americane sono solo speculazioni e calunnie. Anche l'Ucraina deve prendere delle decisioni. Certo, Zelensky senza i soldi dell'Occidente e le nostre armi sarebbe stato schiacciato ed è per questo motivo che un pò tutti adesso ci chiediamo se ci sono segnali ragionevoli per accettare un trattato di pace. E non sarebbe al momento vergognoso neanche la rinuncia della Crimea e del Donbass ma un atto giusto, in questo momento storico, per ragionare sul futuro di una Ucraina libera e democratica. C'è il caso della Corea. Da una parte quella dittatoriale, dall'altra, la Corea del Sud, quella democratica, ricca e libera. Potrebbe succedere anche per l'Ucraina che, senza il Donbass e la Crimea, avrà il vantaggio di recuperare e di diventare, anch'essa, libera, prospera e appartenente all'Unione Europea e alla Nato. Il problema è come porre fine alla guerra. Di sicuro, dice Macron, Putin non deve perdere perché se l'Ucraina dovesse vincere, il presidente russo potrebbe usare le armi nucleari, un comportamento lineare da parte dello zar che ha sempre dimostrato di non avere mai nulla da perdere.
LE FORZE RUSSE HANNO SFONDATO IL FRONTE
DI LUGANSK, POI PERO' SONO STATE CACCIATE
BIDEN HA ASSICURATO CHE LA NATO
DIFENDERA' "OGNI CENTIMETRO DI TERRENO"
STOP AL TRATTATO E PUTIN INIZIERA' A
SCHIERARE MISSILI IPERSONICI MARINI
di Augusto Maccioni
(22-2-2023) Dopo le rassicurazioni di Biden a Zelensky e l'impegno degli Stati Uniti a rafforzare i rapporti di aiuti all'Ucraina, Putin non cambia il suo progetto militare di annettere l'Ucraina e in un discorso di fuoco non rinuncia alla conquista del vasto territorio confinante. Non solo, quindi, il Donbass. A quasi un anno dall'invasione russa, iniziata il 24 febbraio 2022, a dare il senso della continuità della guerra è stato il discorso di Biden, che per la prima volta è andato a Kiev a incontrare Zelensky, ma soprattutto l'intervento, molto atteso, del presidente russo che non intende fermare i suoi cannoni ma anzi continua la sua "operazione speciale" raddoppiando gli uomini e i mezzi per avere una vittoria sul campo. L'obiettivo minimo di Putin è la conquista del Donbass. Notizie di mercoledi 22 febbraio dicono che le forze russe sono riuscite a sfondare il fronte nella città di Kreminna martedi scorso, una vittoria apparente perché, ha detto il governatore di Lugansk Serhiy Gaidan, le stesse milizie di Putin sono state cacciate lasciando sul campo buona parte dell'equipaggiamento pesante. Come si può notare non è ancora facile per i russi conquistare quella porzione di territorio, mentre i combattimenti si fanno sempre più aspri e devastanti. Da parte dell'Occidente c'è la ferma posizione di difendere "ogni centimetro di terreno" del suolo Nato e, di più, in un messaggio all'Alleanza, Biden ha offerto ogni azione possibile per contrastare le mire espansionistiche di Putin. Il presidente russo è tornato a parlare dell'Ucraina in occasione della Giornata dei difensori della patria, che è giovedi 23 febbraio. Ha detto che le sue forze armate inizieranno a dispiegare i missili ipersonici Zirkon, trasportati da sottomarini e a rafforzare il suo arsenale nucleare dopo l'annuncio del ritiro da parte del Paese dai nuovi accordi Start, quindi nessun controllo e nessuna riduzione delle armi nucleari ("Se gli Stati Uniti vogliono sconfiggere la Russia, allora abbiamo il diritto di difenderci con ogni arma, comprese quelle nucleari"). Per Putin è un bagno di folla. Circa 200mila persone hanno partecipato allo stadio Luzhniki di Mosca alla campagna per il sostegno dei militari russi in Ucraina: "Ancora una volta ricordiamo al mondo: non combattete i russi" dicendo anche: "Nei nostri territori storici, è in corso una battaglia per il nostro popolo. Oggi tutti sono difensori della Patria". Si ha l'impressione che dopo i discorsi dei presidenti si aprirà la stagione dei fatti che non sono più racchiuse sulle parole, di Putin o dell'Occidente, ma quelle più devastanti delle armi. Più passa il tempo e più la Russia ha la possibilità di aumentare le sue potenzialità offensive, di aggredire con più forza i territori e di conquistare più città. Per il momento non c'è la parola "pace" o "trattativa". C'è solo la speranza che la Cina possa convincere la Russia a sedersi al tavolo per una tregua o per capire la convenienza di una pace limitata. Sono solo mosse, mentre la guerra continua e la povera Ucraina soffre sotto le bombe e i tanti massacri di civili (foto dal web/Socail).
PUTIN E' DECISO A PORTARE FINO IN FONDO
LA GUERRA IN UCRAINA E SOSPENDE
L'ULTIMO ACCORDO PER IL CONTROLLO
DELLE ARMI NUCLEARI
BIDEN DA VARSAVIA: "L'UCRAINA NON
SARA' MAI UNA VITTORIA PER PUTIN"
GIORGIA MELONI: "L'ITALIA NON
INTENDE TENTENNARE SUGLI AIUTI"
di Augusto Maccioni
(21-2-2023) E' il giorno dei discorsi dei presidenti, quelli che contano e quelli che potrebbero decidere il futuro dell'Ucraina massacrata dai russi. L'arrivo di Biden a Kiev e l'incontro con Zelensky il 20 febbraio (foto dal web/Social), tra tanta sicurezza al seguito, ha velocizzato gli avvenimenti bellici e ha consentito a Putin di confermare il suo disegno militare fino alla fine difendendo l'invasione di un paese sovrano ("La Russia difende la sua casa") arrivando a dire che "più risorse l'Occidente darà a Kiev nel lungo periodo, più la Russia sarà costretta a scongiurare la minaccia stessa". Due discorsi diversi, diametralmente opposti, quelli di Putin e Biden a tre giorni dal primo anniversario dell'invasione russa all'Ucraina. Chi si aspettava parole di pace o di trattative ha sbagliato di grosso perché il presidente russo è stato chiaro e non intende mollare anzi ha detto che vuole continuare la guerra fino alla vittoria. E per arrivare all'obiettivo Putin continua a bombardare le città e a mettere sotto pressione i suoi eserciti in diversi punti del Donbass, perché è proprio lì che si stanno concludendo le operazioni militari, tra scenari terribili e devastazioni impietosi, per la conquista della regione sud orientale dell'Ucraina. Anche se c'è un altro disegno militare del presidente russo che potrebbe non riguardare solo il Donbass, ma anche altre regioni fino ad Odessa per consentire ai russi di avere accesso indisturbato non solo alla città portuale ma anche al sud del'Ucraina, guardando il Mar Nero. Il presidente russo è stato chiaro: l'Ucraina è territorio russo e "lo scopo dell'Occidente è togliere alla Russia quel territorio", dimenticando che l'Ucraina è un paese sovrano e che non appartiene a Putin. Per arrivare a ciò il presidente russo brandisce l'arma nucleare e per farlo ha annunciato la sospensione unilaterale dell'accordo New Start, per essere libero di poter utilizzare l'arma estrema in caso di necessità. E' lo scenario più volte richiamato da Putin, quello della minaccia nucleare, e stando fuori dal trattato, che era stato prorogato lo scorso anno fino al 2026, ha una forza in più contro l'Occidente. Più armi nucleari e meno controllo sugli armamenti significa rendere il mondo più pericoloso, uno scenario devastante se si dovesse verificare. Purtroppo è solo di armi che si parla mentre viene bandita la parola pace e non c'è più notizia di trattative per arrivare almeno a una tregua. L'altro discorso, anch'esso importante per il futuro dell'Ucraina, è quello di Biden che da Varsavia ha detto: "L'Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia". E a poche ore dal discorso di Putin, il presidente degli Stati Uniti ha accusato l'esercito russo di aver commesso "crimini contro l'umanità in Ucraina" e che gli Stati Uniti sosterranno l'Ucraina ma anche la Moldavia, altro paese che potrebbe finire nelle mani di Putin. Anche Giorgia Meloni è a Kiev. Incontrando Zelensky, il premier ha detto che " l'Italia non tentennerà" e farà la sua parte per aiutare quel Paese. Meloni ha anche detto: "L'Italia darà ogni possibile assistenza perché si creino le condizioni di un negoziato, ma fino ad allora darà ogni genere di supporto militare, finanziario, civile. Chi sostiene anche militarmente l'Ucraina è chi lavora per la pace". Rispondendo a Putin, che aveva ricordato che la Russia ha aiutato l'Italia durante il covid, il premier ha sottolineato, sempre da Kiev, "Non so se quello di Putin era un avvertimento ma il tempo del Covid era un altro mondo. Il mondo è cambiato dopo il 24 febbraio e non è una scelta che abbiamo fatto noi".
IL PREMIER GIORGIA MELONI INCONTRERA'
IL PRESIDENTE DELL'UCRAINA
BIDEN FA VISITA A SORPRESA A KIEV PER
INCONTRARE ZELENSKY: "L'AMERICA E' CON VOI"
di Augusto Maccioni
(20-2-2023) Si ha l'impressione che la guerra in Ucraina stia per prendere velocemente una piega diversa, forse quella decisiva per chiudere un conflitto iniziato quasi un anno fa con l'invasione ordinato da Putin che intendeva con poche mosse spodestare il presidente Zelensky e conquistare l'Ucraina. Sappiamo come è andata, un pò meno non si sa come andrà a finire. Di certo siamo ad una realtà tremenda con le truppe russe, e i suoi micidiali armamenti, che stanno mettendo a ferro e fuoco le città, radendole al suolo, uccidendo i civili e distruggendo strutture sanitarie. L'Ucraina non può lasciarsi prendere passivamente, combatte e non si arrende. Zelensky chiede armi e vuole un ombrello europeo e americano. Si va avanti mentre si garantisce all'Ucraina armi, dollari, euro per difendersi e per bloccare, eventualmente, l'avanzata russa oltre quei confini. La presenza di Joe Biden a Kiev (foto dal web/Social) è forse la fase che porterà a chiudere il cerchio della guerra. Non si sa in che modo e oltre alla guerra in corso è in fermento la diplomazia che cerca disperatamente di mettere la parola fine alla contesa e costringere le parti al tavolo della pace, un rito che prima o poi si farà ma che non avrà gli obiettivi che i russi e gli ucraini si aspettano. Con la guerra si perde sempre e la vittoria, se ci sarà, sarà conquistata a caro prezzo e forse con altro conflitto più duro con protagonisti più potenti. Mi riferisco alla Cina che al momento non intende proporsi in una guerra dispendiosa avendo obiettivi diversi. L'arrivo di Biden in Ucraina non era previsto. Era un viaggio programmato, preparato da mesi, che ha solo l'obiettivo di dire alla Russia che da adesso in poi si fa sul serio. Putin è avvisato anche se il presidente russo andrà per la sua strada e continuerà a far parlare i cannoni. Ma fino a quando? Gli esperti dicono che potrebbe finire con la conquista del Donbass anche se gli obiettivi potrebbero essere diversi. Biden chiede la svolta e il suo arrivo a kiev è il più grande gesto possibile di sostegno all'Ucraina. Il presidente degli Stati Uniti ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari da mezzo miliardo di dollari, più munizioni, ma anche sistemi anticarro e radar di sorveglianza per proteggere la popolazione dagli attacchi aerei. Biden ha fatto altre aperture e potrebbe consegnare all'Ucraina anche i caccia che Kiev chiede da tempo "per vincere la guerra". Zelensky sa che le sorti della guerra potrebbero essere decise in primavera e sta movimentando l'Occidente per ottenere quelle armi che potrebbero essere determinanti per affrontare con forza i russi. La visita a sorpresa di Biden, che Putin ha paragonato a Hitler, a soli 4 giorni dal primo anniversario dell'invasione lanciata dal presidente russo, arriva quando il Cremlino si sta preparando per dare la spallata finale in diversi punti del Donbass e, ancora peggio, sta preparando un altro bombardamento su larga scala con missili e caccia che coinciderà con l'anniversario del conflitto. In un clima incandescente con una data da rispettare, si inserisce la visita del premier italiano Giorgia Meloni a Kiev dove incontrerà Zelensky e, forse in Polonia, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
ELEZIONI REGIONALI IN LOMBARDIA E
LAZIO: FONTANA E ROCCA SOPRA IL 50%
TRIONFO DEL CENTRODESTRA,
OPPOSIZIONI SPROFONDANO
MELONI: RISULTATO CONSOLIDA
E RAFFORZA IL GOVERNO
di Augusto Maccioni
(13-2-2023) Prima o poi doveva arrivare il sereno o qualche rivincita per sorridere e rimettersi in carreggiata con più forza. E in effetti per il premier Giorgia Meloni (foto dal web/Social) le cose ultimamente non sono andate proprio bene. A parte le tensioni interne, che ogni tanto si verificano con Salvini, che attende un nuovo posizionamento per il suo partito nelle preferenze e nei sondaggi, ma anche con Berlusconi che ultimamente ha mandato un siluro alla premier andando contro Zelensky e a favore del dittatore russo Putin, per non parlare delle critiche al festival di Sanremo. All'estero come non ricordare la sua esclusione alla cena all'Eliseo organizzata da Macron con Zelensky e col cancelliere tedesco Scholz. Tutti fatti che hanno in qualche modo fatto "soffrire" Giorgia Meloni molto impegnata sia per spegnere "il fuoco" interno e sia per rimediare a una caduta di stile da parte di Francia e Germania sul suolo europeo. L'occasione della rivincita, quando l'asticella si è spostata di oltre 100 giorni dalla vittoria elettorale del Centrodestra alle politiche, sono state le elezioni regionali in Lombardia e Lazio, due regioni tra le più popolose del Paese e veri motori politici ed economici d'Italia. Anche se i dati non sono ufficiali, la coalizione del Centrodestra è risultata la più votata ed è un risultato che indubbiamente rafforza la coalizione, il governo e la politica che stanno portando avanti. Una brutta notizia è l'astensionismo che ha toccato il triste record del 41,61% in Lombardia e del 37,20% nel Lazio, una mancata partecipazione che si sta sempre più verificando ad ogni elezioni e che colpisce indistintamente un pò tutti i partiti, segno evidente che c'è uno scollegamento tra la realtà vissuta e quella politica. Se ha vinto, o stravinto, il Centrodestra ha invece perso pesantemente il Pd e il M5S. Nel caso del Partito Democratico si è di fronte a un partito ancora senza un programma, senza idee e senza un segretario. E' un Pd in fase di riorganizzazione e per questo motivo è in attesa di eleggere il nuovo segretario dopo che Letta, a seguito della sconfitta elettorale delle politiche, aveva chiuso la sua legislatura dichiaratamente, secondo alcuni, non aggressiva e confusionaria. In Lombardia ha vinto, quindi, il Centrodestra, la coalizione in pratica che da molto tempo governa la regione (dal 1994) facendo tabula rasa sulle opposizioni. Confermato l'attuale presidente Attilio Fontana (54,66%) mentre l'opposizione, Pd e M5S, ha sostenuto Majorino (33,96%) e il Terzo Polo non è andato oltre il 10% con Letizia Moratti, ex Centrodestra fino al 2022. Nello specifico Fratelli d'Italia, secondo le proiezioni, sarebbe il primo partiti con oltre il 26% dei consensi, la Lega è al 16% e Forza Italia all'8%. Dati che confermano la buona salute della coalizione e la tenuta del progetto della premier Giorgia Meloni. Altra prova importante nel Lazio dove la sinistra ha governato dal 2013. Anche in questa regione a vincere è stato il candidato della coalizione di Centrodestra Francesco Rocca, ex presidente della Croce Rossa, che, stando agli ultimi dati, avrebbe vinto con il 53,87% dei voti. Nel Lazio, contrariamente alla Lombardia, il Pd e il M5S hanno espresso due candidati, rispettivamente Alessio D'Amato (33,39%), assessore regionale alla Sanità durante la pandemia, e Dontatella Bianchi, giornalista che cura una trasmissione di successo in Rai, che non è andata oltre l'11%. E' insomma un trionfo del Centrodestra e un successo personale per Fontana, in Lombardia, e Rocca nella regione Lazio, un risultato che non lascia alcun dubbio e che conferma la buona salute della coalizione a guida Giorgia Meloni che può finalmente sorridere e incassare il successo di queste elezioni. Un successo che non sarebbe stato scalfito neanche con l'ammucchiata Pd,5S e Terzo Polo e anche per questo motivo una maggioranza assoluta. La sconfitta delle opposizioni è ancora peggiore perché non riescono a fornire agli elettori una valida alternativa al Centrodestra che ora governa ben 14 regioni su 18 e per il Pd, e il M5S, la rassegnazione è totale se non immersa nel caos.
TERREMOTO IN TURCHIA E SIRIA, CRESCE
IL MALCONTENTO TRA LA POPOLAZIONE A CAUSA
DELLA PRECARIA RISPOSTA DELLE AUTORITA'
IL BILANCIO DEI MORTI SALE A 20.OOO,
PER L'OMS LE PERSONE COLPITE DAL
SISMA AMMONTA A 23 MILIONI
di Augusto Maccioni
(9-2-2023) Monta la rabbia e si accendono le polemiche contro la macchina dei soccorritori che hanno tardato a intervenire sul ritrovamento dei sopravvissuti del terribile terremoto che ha colpito in maniera devastante la Turchia e la Siria. Molte persone sono ancora in ansia per ritrovare in vita amici, parenti e familiari. Purtroppo intere famiglie giacciono sotto i blocchi di mattoni di case e condomini sbriciolate in pochi istanti dalla furia delle scosse. Più di una, terribili. Città con oltre un milione di abitanti sconvolte e con una vita molto approssimativa e complicata: case abbandonate perché lesionate o invivibili, popolazione stanca ma decisa a reagire, anche se le difficoltà sono molte per via delle condizioni climatiche, molto rigide, per la pioggia e la neve. Si continua a scavare anche a mani nude. Con fatica. E' inevitabile sentire l'odore della morte a 72 ore dalle scosse a ripetizione. Però si aspetta, perché si spera che i soccorritori portino in superfice i corpi senza vita perché i familiari possano seppellirli. Non si spera più di ritrovarli vivi, di riabbracciarli, di piangere di felicità (foto dal web/Social Gioia per il salvataggio di un ragazzo) . I giorni, purtroppo, passano ed è inevitabile ripercorrere quei momenti di paura per il sisma. Molti non ce l'hanno fatta e cresce il numero dei morti che superano quota 20mila tra Turchia e Siria. Ma alla fine saranno molto di più perché le scosse letali hanno colpito in maniera devastante un'area di circa 110mila chilometri quadrati, quanto l'area di molti paesi europei. Gli esperti dicono che il sisma che ha colpito la Turchia e la Siria è il terzo più grande negli ultimi 2mila anni, si cita il terremoto del 1668 e quello di Erzincan nel 1939 che uccise più di 32mila persone ed è il disastro naturale più devastante di tutti i tempi. Poche le case miracolosamente in piedi e il viavai delle ambulanze colpiscono al cuore, perché c'è l'ansia per il ritrovamento di un sopravvissuto o di una persona che poi morirà per le complicazioni. Molte ambulanze diventano auto mortuarie che vanno verso il cimitero. Sono tanti i morti e si fa fatica a identificarli. Spesso vengono messi fianco a fianco in una lunga fila poi una macchina li ricopre di terra. Qualche familiare mette un fiore o un pezzo di legno col nome per identificarlo. Una preghiera, una lacrima. E' terribile vivere lo strazio dell'ultimo saluto. Un terremoto annunciato, si dirà, anche se poco o niente è stato fatto per evitare i danni maggiori. La penisola anatolica è posta su quattro placche tettoniche e quando vibrano e urlano distruggono centinaia di migliaia di edifici in Turchia e Siria e uccide tantissimi cittadini. E' inevitabile e nessuno può evitare queste stragi. Molto però dipende anche da un governo efficiente e da uno Stato che deve garantire una minima sicurezza ai propri cittadini per cercare di non avere enormi numeri di morti, sia dalla parte turca, ma anche dalla parte della dittatura di Bashar al-Assad ancora in guerra contro Damasco. Più passa il tempo è più ci si accorge che l'isolamento è peggiore della strage. C'è carenza di medicinali e attrezzature, c'è molto freddo e la fame si fa sentire. Centinaia di migliaia di persone si trovano senza casa e vivono non si sa come e non si sa con quali risorse. Secondo le autorità turche oltre 13 milioni di persone sono state colpite dalla catastrofe mentre in Siria le vittime si trovano fino a 250 chilometri di distanza dall'epicentro. Secondo l'Oms le persone colpite dal terremoto ammontano a 23 milioni.
LA PICCOLA NOUR SALVATA DALLE
MACERIE: "PAPA' E' QUI, NON AVER PAURA!"
LA DISPERAZIONE DEI
SUPERSTITI: "AIUTATECI!"
L'APOCALISSE CONTINUA, 300
SCOSSE DI ASSESTAMENTO
di Augusto Maccioni
(7-2-2023) Tutti a letto, doveva essere una notte tranquilla, fuori faceva freddo e il meteo non scherza in Turchia. Nel cuore della notte, quando tutti sono nel mondo dei sogni e si staccano dalla realtà, ha bussato l'apocalisse, quello che nessuno si aspettava. Da queste parti il terremoto è sinonimo di distruzione, di devastazione. Quando arriva non perdona. Come questa volta. Alle quattro del mattino del 6 febbraio c'è una prima devastante scossa di 7,8 gradi Richter tra la Turchia e la Siria, con epicentro vicino alla città di Gaziantep. Anche i bambini, tranquilli, con i loro pigiami, sotto le coperte a sognare il grande paladino e quel mondo dove tutto può succedere. Non cose brutte perché i ragazzi non piangono e non si disperano durante il sonno. Poi il risveglio, il tormento, il gelo e il freddo sotto le macerie. Molti ragazzi hanno trovato la pace eterna, un volto e una mano tra i sassi, ma altri sono stati salvati anche a distanza di tante ore. Ed è un miracolo, un evento, un fatto che ti sprigiona di gioia in mezzo a tanta tristezza, poi però ci prende la realtà, terribile e devastante di due Paesi, la Turchia e la Siria, che stanno vivendo una vera e propria apocalisse dove già le popolazioni vivono tra le varie precarietà, in povertà e in guerre civili. Vedere poi gli scenari dei terremoti è come ricevere un sasso in faccia: palazzi venuti giù come castelli di sabbia, case strasformate in cumuli di pietre, infrastrutture livellate e rase al suolo. Centinaia di morti, molti feriti e gli sfollati in continuo aumento. Una tragedia nella tragedia in una terra già martoriata dalla povertà e dalle guerre. Altre scosse di terremoto, molto alte, una, due, tre, scosse di assestamento sempre terribili, e la terra si è spaccata anche di oltre 3 metri e l'onda micidiale e fatale si è sentita persino in Egitto. Persone che erano fuori per lavoro e che rientrando dopo le prime forti scosse, non hanno trovato le loro case perché completamente distrutte, altri uomini non potranno rientrare nelle loro case perché lesionate e si chiedono "quando tornerò a casa?". I morti intanto superano già i 7.800, e quasi sicuramente dovrà essere presto aggiornato, e i feriti sono circa 39 mila, cifre che sicuramente continueranno ad aumentare. E se in Turchia già si registrano 5.894 morti e il crollo di oltre 5 mila edifici il presidente Erdogan ha annunciato lo stato di emergenza per un minimo di tre mesi nelle 10 province colpite tutte nel sud est del Paese. La Siria non sta meglio in quanto è immersa in una guerra civile da più di un decennio e il terremoto ha fatto il resto continuando a distruggere quanto la guerra non aveva ancora fatto. In una scossa di assestamento, ad esempio, è stato demolito un edificio di otto piani per non parlare di danneggiamenti e altre distruzioni. Il meteo è impietoso e le temperature sono sotto zero e in un clima invernale rigido sotto i continui terremoti, se ne sono contate 300 secondo l'agenzia turca che gestisce le emergenze, i soccorsi fanno fatica a svolgere il lavoro e non si fermano perché continuano a sperare di trovare sopravvissuti sotto le macerie. Le prime 48-72 ore sono importanti per far emergere nuovamente le persone a questa triste realtà e sono al momento 8 mila le persone salvate dalle macerie. Lo schieramenteo dei volontari e dell'esercito è straordinario e sono stati utilizzati anche i cani specializzati nell'individuare i sopravvissuti. Intanto squadre di soccorso e di emergenze mediche stanno arrivando un pò da tutte le parti, dall'Europa alla Russia e agli Stati Uniti. Anche l'Italia è impegnata in questo meccanismo di protezione civile. Tra le immagini diffuse dalla Protezione civile siriana, dove i "caschi bianchi" sono impegnati in una corsa contro il tempo per salvare vite umane, c'è l'immagine di Nour, una ragazzina strappata alla morte (foto dal web/Social): "Papà è qui, non aver paura" dice il padre mentre un soccorritore la trascinava in superfice dalle trave di un edificio crollato. Un'altra storia diffusa sui social riguarda una famiglia rimasta quasi completamente intrappolata in un edificio residenziale. Anche in questo caso i soccorritori vedono una mano muoversi e alla fine finiscono per soccorrere diversi bambini. Le immagini però mostrano i bambini che si salvano mentre i genitori non sopravvivono in quanto hanno protetto fino in fondo i propri figli dai blocchi di cemento caduti dopo il terremoto. Sono invece sopravvissuti due fratellini, dopo almeno 17 ore: la più grande ha protetto il fratellino con un braccio dai detriti. Ad Aleppo, in Siria, un volontario riesce a estrarre dalle macerie un bambino appena partorito mentre la madre è morta poco dopo. Storie che danno speranza e che contribuiscono a rendere meno triste la tragedia e il calvario dei turchi e dei siriani.
DUE TERREMOTI IN SIRIA E TURCHIA
PROVOCANO PIU' DI 3.700 MORTI E
DISTRUGGONO OLTRE 3.200 EDIFICI
CORSA CONTRO IL TEMPO
ALLA RICERCA DI SOPRAVVISSUTI
"LA PIU' GRANDE TRAGEDIA DAL TERRIBILE
TERREMOTO DI ERZINCAN DEL 1939"
di Augusto Maccioni
(6-2-2023) Un terremoto devastante, mai visto negli ultimi 24 anni, ha colpito la Turchia e la Siria quando in Italia erano da poco trascorse le 2 di notte. Milioni di persone lo hanno avvertito anche in Libano, Siria, Cipro, Giordania e Israele. Il presidente Turco Erdogan proclama 7 giorni di lutto nazionale. Terribili scosse in successione hanno colpito il sud del Paese coinvolgendo l'area del confine con la Siria, nella regione dell'Anatolia sud-orientrale. Le rilevazioni dicono 7.9 di magnitudo, poi anche altre di intensità elevata. Tra le città più grandi della Turchia, troviamo Gaziantep, a 30 chilometri dall'epicentro, mentre l'ipocentro è di circa 20 chilometri di profondità fortemente risentito in un'ampia area meridionale tra la Turchia e la Siria. Le scosse terrificanti hanno convinto gli esperti italiani a dare l'allerta rosso alle 5 della mattina del 6 febbraio per "possibili onde di maremoto sulla costa pugliese a partire dalle ore 6:44" a seguito del terremoto in Turchia. L'allerta non riguardava solo le coste pugliesi ma anche quelle di altre regioni oltre a tutto il Mediterraneo. Secondo le indicazioni della polizia e delle varie amministrazioni comunali il livello rosso (watch) dice che le coste potrebbero essere colpite da onde anche superiore a un metro sul livello del mare. Quindi, raccomandano gli esperti, è fondamentale non andare a correre o stazionare sul lungomare. L'allerta è stata poi revocata dal Centro Allerta Tsunami (CAT) dell'Ingv facendo riprendere regolarmente anche la circolazione ferroviaria in Sicilia, Calabria e Puglia. I morti sono moltissimi e molti sono ancora sotto le macerie. Secondo l'United States Geological Survey (Usgs) il numero di morti potrebbe arrivare a diecimila, ma c'è anche il 30% di probabilità che i morti potrebbero avvicinarsi ai 100mila. La nota più dolorosa, in un dramma senza fine, è che il pericolo non è passato perché le scosse di assestamento continuano e potrebbero verificarsi anche nelle prossime ore danneggiando infrastrutture e case già compromessi e con soccorsi in corso col rischio che altre distrazie potrebbero ripetersi in una devastazione continua. Il terremoto si è acceso con intensità devastante in un'area dove la placca araba e la sottoplacca anatolica entrano in contatto: queste enormi lastre di roccia solida spingono l'altra attraverso una linea di faglia verticale scivolando poi in un movimento orizzontale, rilasciando contemporaneamente un'enorme quantità di energia che da poi vita all'evento terribile del terremoto. La prima scossa, di magnitudo 7.9, è avvenuta all'alba lungo quasi 200 chilometri, nella faglia dell'Anatolia orientale, con spostamenti di 3 metri secondo i Servizio Geologico americano. Poi altre scosse, la seconda, dopo 10 minuti, con 6,7 di magnitudo. Nove ore dopo altro terremoto di magnitudo 7.5 nella Turchia centrale che avrebbe rotto, con la sua forza, una faglia lunga 120 chilometri e larga 18 chilometri. Alle ore 23 il bilancio dei morti era a 3.760 tra le popolazioni siriane e turche e oltre 16.500 feriti (foto dal web/Social). C'è anche un italiano tra i dispersi in Turchia, mentre l'Oms prevede che i morti potrebbero essere 8 volte di più di quelle indicate in un primo momento. La Turchia ha chiesto aiuto alla Nato e specifica che servono medici e ospedali da campo. Sono pronti a partire un team dei vigili del fuoco italiani ma anche Putin si fa avanti e chiama Assad: "Presto soccorsi russi in Siria". Intanto numerose squadre di soccorso stanno cercando le persone intrappolate nei numerosi edifici crollati sia nel sud est della Turchia e nel nord della Siria in quella che viene chiamata "la più grande tragedia" dal grande terremoto di Erzincan del 1939 che provocò 30 mila morti.
GUERRA IN UCRAINA, L'OROLOGIO
DELL'APOCALISSE DICE CHE SIAMO
A 90 SECONDI ALLA MEZZANOTTE,
VERSO LA FINE DEL MONDO
GERMANIA,POLONIA E STATI UNITI
STANNO INVIANDO CARRI
ARMATI LEOPARD IN UCRAINA
di Augusto Maccioni
(24-1-2023) E' il primo giorno dell'undicesimo mese di conflitto in Ucraina, che continua a non avere pace con trattative che si allungano o sono inesistenti e con Putin più deciso che mai a stroncare ogni slancio bellico di Zelensky. Il presidente ucraino non demorde e resiste e le sue armate si fanno pericolose in diversi fronti nel Donbass. "Per la vittoria dell'Ucraina, dice Zelensky, l'Occidente deve fare di più". Il presidente ha chiesto da diverso tempo armamenti pesanti e complessi per far fronte e combattere la supremazia russa, e in modo particolare i carri armati Leopard (foto dal web/Social) di tipo I e di tipo 2. Dopo silenzi e perplessità Berlino, sotto pressione della Nato e degli Stati Uniti, ha deciso di trasferire un primo gruppo di 139 tank e su autorizzazione tedesca anche la Polonia è pronta a inviare in Ucraina i carri armati Leopard 2. Anche la Spagna farà partire i suoi Leopard alla volta dell'Ucraina, secondo quanto ha riferito il ministro degli Esteri spagnolo Jose Manuel Albares. Gli Stati Uniti faranno la loro parte. Secondo il quotidiano statunitense "Wall Street Journal" Washington consegnerà carri armati Abrams all'Ucraina, attenendosi a una strategia comune per non far mancare all'Ucraina un quantitativo importante di Pardi per contrastare le azioni russe. Perché Zelensky vuole a tutti i costi i carri armati Leopard? Secondo il presidente ucraino, ma anche gli esperti sul campo, il carro armato Leopard potrebbe cambiare le sorti del conflitto anche in vista di una nuova, massiccia penetrazione russa sul suolo ucraino. Si pensava che l'inverno, freddo e nevoso, avrebbe contrastato e fermato la potenza di fuoco di Putin, ciò non è avvenuto e, secondo gli 007 inglesi, il presidente russo sarebbe pronto a dare una spallata definitiva a fine febbraio, a un anno dall'inizio dell'invasione con la sua "operazione speciale". Putin però guarda anche alla primavera quando il fango e il ghiaccio lasceranno il posto a una temperatura idonea per i successivi combattimenti fino alla capitolazione di Kiev. A questo punto i Leopard potrebbero fare la differenza e potrà consentire agli ucraini o di resistere a una nuova offensiva russa o addirittura contrattaccare. La fornitura ha numerosi vantaggi: è un carro veloce, potentemente armato, dotato di sistemi di puntamento, sistemi di comunicazione e di calcolo e altri strumenti tecnologici che lo rendono efficace sul campo. In questi giorni Zelensky è impegnato in un'altra battaglia interna, quella della corruzione nel suo Paese. E' il primo scandalo che travolge il suo governo e i responsabili sono stati subito silurati, tra gli altri il vicecapo dell'ufficio presidenziale Kyrylo Tymoshenko, ma anche quattro viceministri arrestati per tangenti il 21 gennaio. Non solo: 5 governatori si sono dimessi alcuni di regioni-chiave come Kherson e Zaporizhzhia. Il conflitto è, secondo diversi scienziati, a un punto di non-ritorno e l'Ong americana "Bulletin of the Atomic Scientists" dice che ci troviamo nell'-orologio dell'apocalisse- a 90 secondi dal fatidico gong di mezzanotte, un orario che simboleggia la vicinanza di un cataclisma planetario. Il Bulletin è stato ideato nel 1947 per ricordare al mondo le minacce atomiche, anche se dal 2007 sta valutando anche i rischi tecnologici e ambientali. L'orologio simbolico indica, di volta in volta, ogni anno, due o più eventi prossimi a subire un disastro atomico. Più le lancette si avvicinano a mezzanotte più c'è il rischio di una grande catastrofe che minaccia la nostra specie e quindi la fine del mondo. Quest'anno l'evento è la guerra in Ucraina, iniziata il 20 febbraio 2022, e l'orologio è stato aggiornato. Il 27 gennaio 2021 era impostato su 100 secondi a mezzanotte e l'evento faceva riferimento alla pandemia di coronavirus. Da questo martedi gli scienziati hanno posizionato le lancette a soli 90 secondi perché "viviamo in un momento di pericolo senza precedenti".
MATTEO MESSINA DENARO, LA CATTURA DELL'ULTIMO DEI CORLEONESI
CON LUI I SEGRETI SULLE STRAGI E L'ARCHIVIO DEL BOSS RIINA
PARLERA' O NON PARLERA'?
di Augusto Maccioni
(17-1-2023) La notizia dell'arresto di Matteo Messina Denaro ha fatto subito il giro del mondo e i media (foto dal web/Social) si sono interessati a lui perché è stato il boss più ricercato, più sanguinario e più vendicativo di quel gruppo criminale che comprendeva anche Totò Riina e Bernardo Provenzano che negli anni Ottanta fecero piazza pulita della vecchia mafia per imporre la legge dei corleonesi che utilizzava l'arma brutale del terrore. Col tempo la loro azione assassina ha avuto la meglio sulle altre componenti di Cosa Nostra e per ottenere rispetto e potere hanno messo in piedi un progetto che piegava le istituzioni assassinando magistrati e agenti di polizia e ponendo anche uno stop all'informazione libera facendo uccidere giornalisti. In quel clima di terrore e paura vennero assassinati anche politici e centinaia di mafiosi rivali e le loro famiglie. Si sentivano invincibili perché destinati a dire l'ultima parola sulla vita e la morte di molte persone. Fino a quando due giudici, Falcone e Borsellino, hanno infranto il loro gioco criminale portando in tribunale Cosa Nostra e facendo condannare quasi 500 mafiosi, una decisione che però segnava anche la fine dei due magistrati che pagarono con la vita la loro azione giudiziaria. Si era nel 1992, l'anno più terribile per la democrazia in Italia ma anche l'inizio della fine, lenta ma inesorabile, del declino dei suoi boss. Riina cadeva 30 anni fa (1993), il suo successore, Provenzano, nel 2006 e ora Matteo Messina Denario il 16 gennaio 2023. Con loro, dicono gli analisti, si è chiusa la stagione degli assassini e del terrore a vantaggio dell'ala più conservatrice di Cosa Nostra che non ama farsi notare con bombe e omicidi eccellenti, ma lavora sottotraccia perché, sostengono, con l'invisibilità si raggiungono obiettivi precisi. Ogni volta che veniva catturato un boss ci si chiedeva cosa avrebbe fatto la mafia, quale sarebbe stata la risposta. Con la cattura di Riina ma anche con l'arresto di Brusca e dei fratelli Graviano, Cosa Nostra non fece niente, però non si sentiva sconfitto anche se gestiva la situazione stando più invisibile che mai. Con l'arresto di Matteo Messina Denaro si chiude il clan sanguinario dei corleonesi. E' l'uomo che conserva i segreti di Cosa Nostra ed è l'ultimo custode di una casta che ha terrorizzato e messo a morte tantissime persone contribuendo a creare una ferita profonda nella società e nel tessuto statale. Matteo Messina Denaro era l'alleato fedele e amico strettissimo di Riina e dopo la sua cattura si dice che sia stato proprio Messina Denaro a prendere le numerose carte compromettenti dal suo nascondiglio reso possibile perché nessuno l'aveva perquisito. Adesso che si trova nel carcere dell'Aquila in regime del 41 bis i magistrati dovranno capire molte cose della sua latitanza durata 30 anni. Molti infatti sono gli interrogativi per risolvere i misteri della storia recente del nostro Paese, comprese le tante volte che è riuscito a sfuggire alla cattura all'ultimo momento e se è stato sempre nella sua Sicilia. I magistrati stanno anche seguendo la traccia dell'impero economico del capo dei capi che, secondo la magistratura, ammonterebbe a quasi 4 miliardi di euro in beni mobili, beni immobili e patrimoni alla disponibilità di amici e prestanomi. C'è già un calendario degli interrogatori nel carcere dove il boss si trova, in una cella di 10 metri quadri. Nel polo di massima sicurezza de L'Aquila c'è un reparto per curare i malati di cancro e prenderà in carico Messina Denaro che da più di un anno si stava sottoponendo a sedute di chemioterapia in una clinical privata di Palermo dove è stato arrestato lunedi scorso. Nei prossimi giorni si capirà se il boss deciderà di collaborare con i magistrati o preferirà il silenzio.
RANIERI SI COMMUOVE ALLA SUA PRIMA
PARTITA DEL CAGLIARI CONTRO IL COMO
CAGLIARI TRASFORMATO, BENE TUTTI:
PIU' IMPEGNO E OGNI GIOCATORE
SAPEVA COSA FARE IN CAMPO
di Augusto Maccioni
(14-1-2023) E' arrivato il giorno di Claudio Ranieri (foto dal web/Social) e il pubblico allo stadio lo ha applaudito lungamente appena ha fatto il suo ingresso nel rettangolo di gioco. La lunga attesa è stata ripagata ampiamente, la storia dice 31 anni, dall'ultima impresa che lui, al timone del Cagliari, ha impresso alla squadra portandola dalla C alla serie A. Si è fatto attendere anche recentemente, non iniziando subito il contatto con la squadra e con i tifosi ma preferendo aspettare il nuovo anno e significativamente il primo impegno del girone di ritorno, quasi a rimarcare il periodo nefasto col nuovo cammino sotto la sua guida. In entrambi i casi l'attesa ha portato i tifosi ad assaporare meglio il riscatto della squadra, la rivincita di una compagine che ha mostrato il lato peggiore della sua lenta agonia, già avvertita con la retrocessione, con la gioia e la certezza che comunque, con Ranieri, nel Cagliari le cose sicuramente sarebbero andate meglio. Così è stato. Si diceva da tempo che era necessaria una scossa, che finalmente c'è stata, col cambio di allenatore, allontanare il vecchio, cioè Liverani, che aveva creato situazioni peggiorativi portando la squadra verso la retrocessione del campionato di serie B, con un nuovo mister, non uno qualsiasi, ma una persona che voleva bene, veramente, alla squadra, alla città e alla Sardegna. L'uomo giusto, il mister di spessore è stato da tempo bisbigliato, ma questa volta è stato gridato, voluto, acclamato. Eccolo, dunque, e Giulini, il presidente della Società, ha compiuto il miracolo, anche se tardivamente, anche se ha sborsato molti soldi e per lui non ha avuto sonni tranquilli. I tifosi invece sono stati subito felici e si sono schierati dalla sua parte. E per l'incontro col Como, alla sua "prima" della nuova avventura nel Cagliari, il tecnico che ha vinto tutto, in Italia e all'estero, non trattiene l'emozione e il suo pensiero corre a 31 anni fa, quando, giovane mister, aveva compiuto il miracolo portando la squadra rossoblù alla massima serie. Adesso deve compiere un altro miracolo. Tutti vogliono partecipare a questa nuova sfida: i giocatori, per primi, ma anche i tifosi che già sono accorsi numerosi, oltre 16 mila, per dare forza e concretezza al nuovo cammino della squadra. Il Cagliari ha vinto per 2 a 0 e la cronaca dice che non ha fatto molto rispetto alle altre partite del girone d'andata, questa volta, però, c'era in campo il dodicesimo uomo, un tenace e combattivo mister che non ama le mezze misure, le sconfitte e le amarezze. Questa vittoria è per la squadra e per i tifosi, ne arriveranno altre, speriamo, per dare ancora forza al disegno tecnico-tattico del tecnico del Leicester. I rossoblù hanno vinto perché sono stati più responsabili in campo e hanno seguito lo straordinario lavoro del tecnico in queste ultime settimane. Il tecnico romano ha avuto la capacità di imprimere la sua idea di calcio valutando le risorse umane a disposizione e sfruttando al meglio le capacità di ogni elemento. Finalmente abbiamo visto che ogni giocatore sapeva esattamente cosa fare, i suoi compiti ma soprattutto abbiamo notato l'impegno e il sacrificio di ognuno di loro per un obiettivo preciso e per il bene della squadra. E' la prima vittoria dell'era Ranieri e il cammino è lungo e non sempre sarà una luna di miele, ma c'è un nuovo Cagliari che va avanti e che chiede spazio per risalire in classifica.
FOCUS SULLA CINA DOVE IMPROVVISAMENTE
NON MUORE PIU' NESSUNO DI COVID
PARADOSSO DI PECHINO: CODE DAVANTI
AI CREMATORI E PICCO DI CONTAGI
di Augusto Maccioni
(10-1-2023) Da "covid zero" a liberi tutti, e la Cina (foto dal web/Social) si scopre improvvisamente più contagiosa che mai: non c'è più un freno per i contagiati che sono autorizzati a vivere in libertà, tra la gente e il rischio alla fine è che ci siano più morti di quelli che la propaganda cinese invece pubblicizza, anzi, per dirla tutta, non muore nessuno secondo il nuovo conteggio delle vittime. Questo succede dal 20 di dicembre 2022 quando le autorità cinesi hanno deciso che si muore solo a causa di polmonite e incapacità respiratoria e non vengono considerati neanche i casi di contagiati con patologie pregresse. Se nessuno muore c'è da pensare anche che non ci siano contagiati, si è quindi in una Cina che ha risolto il problema covid-19, fino ad arrivare che la pandemia non è un "affare cinese". Eppure in Cina si muore, ma non di covid. Nei certificati di morte i decessi vengono registrati come arresto cardiocircolatorio o altre patologie che colpiscono gli organi vitali, ma non si cita mai il covid. Ci ricordiamo però che in Cina, dove tutto ha avuto origine, vigeva il "covid zero", i lockdown e le quarantene obbligatorie anche per piccoli sintomi e con la ricerca spasmodica dei loro contatti. Poi tamponi per tutti a caccia del covid. Un Paese in trincea e sempre in guerra per sconfiggere la pandemia che stava lacerando politicamente e economicamente la Cina con i problemi connessi che stavano creando seri problemi sociali nella quotidianità. Dal 7 dicembre la Cina ha fatto marcia indietro e ha ridato "ossigeno" ai suoi 1,412 miliardi cancellando di fatto le quarantene obbligatorie, i lockdown: niente positivi, niente tamponi. Il tracciamento delle infezioni? Abbandonato. E se si registra qualche morto sicuramente è a Pechino e non vengono citati i morti nel resto della Repubblica. Questa situazione di no-covid è assurda soprattutto per i tantissimi morti e i molteplici positivi che sono stati dichiarati, e per le misure che sono state messe in campo, in questi ultimi tre anni di pandemia in Cina. Assurda anche per i dati che invece vengono fuori da un'inchiesta del Washington Post che sbugiarda le autorità cinesi che sono dentro più che mai nel covid con immagini satellitari in molte principali città dove si notano lunghe file davanti ai crematori, in servizio 24 ore su 24, una situazione che rilanciano molti dubbi sulla reale ondata di covid e soprattutto sull'attendibilità dei dati forniti dalle autorità quasi a sottolineare che il problema covid non c'è più. E se di fronte invece alla realtà, in tutti gli altri Paesi chiedono misure stringenti quali l'obbligo del tampone negativo entro le 48 ore dall'imbarco (stesso procedimento che la Cina chiede per gli ingressi dall'estero), Pechino risponde con altri divieti come quello di bloccare l'emissione dei visti ai cittadini, ad esempio, del Giappone e della Corea del Sud. Il paradosso è che i dati reali non sono quelli delle autorità provinciali cinesi dove, ad esempio, nelle province popolose come l'Henan e il Sichuan, 100 e 80 milioni di abitanti, i tassi di infezione sono tra l'80% e il 90% dei residenti, mentre a Shanghai il 70% degli oltre 20 milioni di residenti sarebbe stato contagiato. Conti che indubbiamente non tornano e che comunque mettono in allarme tutti gli altri Paesi che si sono attrezzati chiedendo tamponi e quarantene per gli arrivi dalla Cina con la speranza che non ci sia un rilancio della pandemia.
IL CORDOGLIO DEL MONDO DEL CALCIO
PER LA MORTE DI GIANLUCA VIALLI
ADDIO AL "CAPITANO PER SEMPRE",
GRANDE EX ATTACCANTE DI SAMP,
JUVENTUS E CHELSEA
I FUNERALI A LONDRA
IN FORMA PRIVATA
di Augusto Maccioni
(6-1-2023) Un altro leggendario attaccante è morto, un simbolo e un esempio del calcio italiano. Gianluca Vialli è morto a Londra a 58 anni. Ex calciatore della Nazionale e grande interprete del miglior calcio nelle squadre della Cremonese, Sampdoria, Juventus e Chelsea ha perso l'unica battaglia ancora aperta, una partita assurda da vincere, ma lui ha tentato con tutte le sue forze di non perderla fino alla fine. E' stato anche giocatore-allenatore di successo al Chelsea e spesso i suoi commenti televisivi, mai banali, accendevano passione e professionalità. Era malato di tumore al pancreas dal 2017 e recentemente aveva spiegato la sua malattia lasciando ogni suo ruolo dirigenziale, era capo delegazione della Nazionale italiana al fianco dell'allenatore-amico e compagno di squadra alla Sampdoria Roberto Mancini, per dedicarsi alla nuova fase di cura a Londra. I funerali saranno a Londra, in forma privata. Molti i successi sportivi ma di Gianluca Vialli si ricorda in modo particolare il suo carattere gentile, sempre disponibile con un sorriso che illuminava la scena e che creava ottimismo, ammirato, poi, per il coraggio e la dignità con cui si addossava la malattia. Ha affrontato la sua "nuova partita", l'ultima, senza retorica, mai nascondendo i termini dei rischi anzi dando consigli e avanzando speranze. Nel 2020 un pò di luce, il male sembrava fare marcia indietro, poi le complicazioni fino ai giorni recenti. Lui ha sempre detto che è necessario essere forti anche nelle difficoltà, anche in questa malattia, e diceva: "La gente vede in me un uomo forte, ma anche fragile. Penso che qualcuno possa riconoscersi in me, con i miei difetti, le mie tante paure. Non sto combattendo contro il tumore, perché è molto più forte di me. È un compagno di viaggio indesiderato, devo tenere la testa bassa, non mollare mai, sperando che si stanchi e mi lasci vivere ancora per molti anni". La notizia della sua morte ha sconvolto non solo il mondo sportivo italiano, ma anche gli ambienti culturali e politici. Tanti i post da tutte le parti del mondo perché Vialli è stato un giocatore gentile, amato da tutti e rispettato in ogni campo di calcio, in Italia e all'estero. Cercava di essere sempre positivo, di non abbassare la testa e di guardare in faccia il mondo, il creato e le bellezze che ci circondano. E alle figlie diceva che la felicità dipende dalla prospettiva con cui guardi la vita, che non devi metterti in mostra, devi ascoltare di più e parlare di meno. Poi : ridere spesso e aiutare gli altri. Tutti consigli per la pace nei cuori e scoprire il vero segreto della felicità. E' stato un grande campione. Nella Nazionale italiana ha giocato 59 partite, segnando 16 volte e ha partecipato in due Mondiali (Messico 1986 e Italia 1990). Alla Sampdoria arrivò a 20 anni e vinse lo scudetto in serie A nel 1991, vincendo anche 4 Coppe Italia e la Coppa delle Coppe. Con la Juventus vinse un altro scudetto, nel 1992, e la soddisfazione maggiore è stato quello di alzare la Coppa per la vittoria nella Champions Leage da capitano bianconero nel 1966 dopo la sconfitta a Roma contro l'Ajax in finale ai rigori. La sua lunga carriera finisce in Inghilterra nel Chelsea (1996-2000), a 35 anni, da giocatore e da allenatore vincendo 4 titoli in 3 stagioni (Foto dal web/Social Vialli dopo aver vinto un titolo con il Chelsea).
FUNERALI DI BENEDETTO XVI, OMELIA
DI PAPA FRANCESCO: "FEDELE AMICO DI
DIO, CHE LA TUA GIOIA SIA PERFETTA"
IL PAPA EMERITO E' STATO
SEPOLTO NELLA CRIPTA SOTTO
LA BASILICA DI SAN PIETRO
DOPO LE ESEQUIE APPLAUSI
E IL GRIDO "SANTO SUBITO"
di Augusto Maccioni
(5-1-2023) Anche il meteo protagonista ai funerali di Benedetto XVI. L'8 aprile 2005 in Piazza San Pietro all'addio di Giovanni Paolo II il vento soffiava in lungo e largo, come il soffio dello Spirito, e spingeva le pagine del Vangelo posto sulla sua bara, oggi, 5 gennaio 2023, altro fenomeno meteo, questa volta una fitta nebbia su Roma e la Città del Vaticano nel giorno dell'ultimo saluto a Benedetto XVI ( foto dal web/Social). Le esequie sono state comunque "solenni" e per molti versi straordinari e nel contempo anche nel "segno della semplicità". Non si celebravano i funerali di un Papa regnante ma pur sempre di un Papa, ma emerito, che a un certo punto ha deciso di annunciare, l'11 febbraio 2013, con effetto alle ore 20 del 28 febbraio seguente, le sue dimissioni.
Un fatto inedito che, all'epoca, sconvolse gli animi e misero in subbuglio la Chiesa, anche se nella storia un altro pontefice fece lo stesso, si era nel 1415 e a dimettersi fu Gregorio XII. Altri tempi anche se questo atto inedito di Joseph Ratzinger pone ancora dubbi e polemiche.
Sulla lapide della bara di cipresso con un vangelo aperto, davanti a quasi 100 mila fedeli, alcuni hanno persino chiesto che il defunto Papa emerito, morto a 95 anni, fosse canonizzato e fatto "santo subito", a celebrare il rito è stato Papa Francesco aiutato all'altare dal decano del collegio cardinalizio Giovanni Battista Re. Molti i presidenti, capi di governo e regnanti presenti ai funerali, tra questi il presidente italiano Sergio Mattarella, il premier Giorgia Meloni, ma anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz e la regina Sofia di Spagna.
Nell'omelia Francesco ha detto "Benedetto, fedele amico dello Sposo, sia perfetta la tua gioia quando ascolterai la sua voce definitivamente e per sempre", un'omelia molto religiosa e con pochi riferimenti diretti al defunto. Messa comunque solenne che si discostava da quella di un papa regnante. All'interno della bara di tre casse (cipresso, quercia e zinco) i baldacchini usati e le monete del pontificato: 7 d'oro, indicando il numero degli anni, 10 d'argento, per il numero dei mesi, e nove di bronzo per i giorni della sua durata. Alla fine della cerimonia alle 10,48 dodici dipendenti vaticani hanno preso in spalla il feretro di Benedetto XVI per portarlo nelle grotte sotto la Basilica di San Pietro.
Dentro la bara è stato deposto, oltre alle monete, anche un resoconto scritto del suo storico pontificato detto rogito, poi le stole del pallio, l'indumento religioso indossato sopra le vesti del pontefice. Il feretro è stato collocato, su sua richiesta, nel luogo dove era sistemato Giovanni Paolo II prima della sua canonizzazione. Il Vaticano ha fatto sapere che il pubblico potrà visitare la tomba di Benedetto dopo la prossima settimana per consentire l'ultimazione dei lavori nella cripta. Papa emerito Benedetto XVI, morto il 31 dicembre 2022, è considerato uno dei più grandi teologi del XX secolo e ha trascorso la sua vita a sostenere e a dare un impulso costruttivo alla dottrina della Chiesa, ma passerà alla storia per un atto rivoluzionario che, ritirandosi, ha cambiato il futuro del papato.
ADDIO A BENEDETTO XVI, IL PRIMO PAPA
"EMERITO". IL 5 GENNAIO I FUNERALI
IL PAPA CHE HA APERTO LA STRADA
A UNA RINUNCIA RIVOLUZIONARIA
di Augusto Maccioni
(31-12-2022) Mercoledi Papa Francesco aveva allarmato il mondo chiedendo preghiere per Benedetto XVI che stava molto male ( “Vorrei chiedere a tutti voi una preghiera speciale per il Papa emerito Benedetto XVI, che nel silenzio sostiene la Chiesa: ricordatelo, è molto malato, chiediamo al Signore di consolarlo e sostenerlo in questa testimonianza di amore per la Chiesa fino alla fine”). Le sue condizioni sono sempre state gravi anche se stabili, poi le complicazioni e infine il comunicato della Sala Stampa vaticana: “Con dolore informo che il Papa Emerito, Benedetto XVI, è deceduto oggi alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano". Aveva 95 anni e da diversi anni era in declino fisico e nell'ultima settimana le sue condizioni erano peggiorate. E' stato il 265esimo Papa, il primo "emerito". Lunedi 2 gennaio sarà allestita la cappella funeraria nella Basilica di San Pietro e giovedi 5 gennaio alle 9:30, sempre in piazza San Pietro, Papa Francesco presiederà i funerali. Dopo la cerimonia solenne, sarà sepolto nelle grotte vaticane nella tomba lasciata libera da Wojtyla, la cui urna è stata trasferita in una cappella vicino alla Pietà di Michelangelo dopo la sua canonizzazione. E' stato lo stesso Ratzinger ad aver indicato, nel 2020, il luogo dove doveva essere sepolto e che era scelto per Giovanni Paolo II, nella cripta di San Pietro, prima che diventasse Santo, smentendo quanti sostenevano che avrebbe voluto essere sepolto nella sua Baviera accanto al fratello Georg. Seguendo lo stesso scenario si è anche smentita la voce di un trasferimento di Ratzinger in Germania per i suoi ultimi anni di vita e questo per evitare il dualismo che molti hanno creato tra Papa emerito e Papa regnante. Naturalmente questi scenari si sono verificati. Ratzinger è sempre stato nel convento Mater Ecclesiae, dove viveva dal 2013, non ha mai pensato di trasferirsi in Germania e non ha mai esercitato "pressioni" verso il Papa regnante, con il quale, anzi, trascorrevano momenti di serenità e di reciproco rispetto dei ruoli. La figura di Benedetto XVI è legata a un pontificato breve e molto intenso segnato dalla sua rinuncia alla sede di Pietro, una decisione non capita ma sicuramente coerente col personaggio che ha capito di essere fragile, umile e cristiano. Dopo il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, col suo slancio travolgente e con la sua simpatia per i suoi gesti, le sue parole e i suoi comportamenti molto amati, la figura di Ratzinger si esprime per la squisita sensibilità teologica, dando continuità a uno dei grandi punti della sua teologia con spazio alla fede del credente contrapposta alla fede dei filosofi. Era consapevole del momento critico per la Chiesa e cercava un equilibrio pur tra le difficoltà degli errori umani e il ruolo della Chiesa nella società moderna. Con le sue dimissioni, nel 2013, ha riconosciuto il suo amore per la Chiesa e l'incapacità fisica di portare avanti i tantissimi problemi che stavano emergendo. La sua rinuncia deve essere apprezzata per l'elezione storica di Jorge Bergoglio (FOTO DAL WEB/SOCIAL).
TRE GIORNI DI LUTTO IN BRASILE
E SETTE NELLA COSTA DI SANTOS
L'ADDIO AL GRANDE PELE',
MARTEDI I FUNERALI
di Augusto Maccioni
(31-12-2022) Il governo del Brasile ha decretato 3 giorni di lutto ufficiale, ma è esteso a sette giorni sia nella costa di Santos e sia nel resto dello Stato di San Paolo. Sicuramente, però, i giorni per ricordare e piangere Edson Arantes do Nascimento, conosciuto in tutto il mondo come Pelé (foto dal web/Social), deceduto giovedi 29 dicembre a San Paolo all'età di 82 anni, per l'aggravarsi di un'insufficienza multiorgano causata da un cancro al colon, saranno molti di più per l'uomo che ha trasformato il calcio in uno spettacolo di massa e ha messo sul podio, quello più alto, un personaggio che ha appassionato e ha fatto gridare di gioia intere generazioni portandole a un delirio, quello più sano e più completo per i sentimenti umani, che non ha eguali nella storia del calcio mondiale. Quando tutto sarà finito e il lutto sarà passato, sarà bello e commovente pensare al "o rei", al re del calcio, che tutti hanno amato e hanno applaudito. A quelli che sono sotto i 50 anni, e che non hanno avuto il privilegio di vederlo giocare dal vivo, il suo nome e la sua immagine non dirà molto anche se, in un mondo superconnesso, sarà facile aprire il grande libro del calcio e vederlo nell'aprire spazio tra i difensori, segnare di testa e di piede e esultare in bianco e nero. Le immagini scorrono e i ricordi ci fanno vibrare di passione e di gioia, ci fanno tornare più giovani, spensierati e vincenti come le sue vittorie. Sarà anche facile paragonarlo ad altri eroi, ad altri personaggi come Maradona o quello più recente Messi, in una sfida senza fine per capire e "decidere" chi è il migliore. I confronti sono naturali, giusti e a volte ingiusti, sicuramente non paragonabili, però si fanno, nella vita come nello sport anche se è necessario sempre mantenere equilibrio, senso critico e non badare all'eccitazione del momento. Pelé è stato grandissimo ed è morto senza che nessuno fosse più grande di lui nei campi. E' stato il simbolo di un'epoca, di un club, di un paese e per questo motivo il suo nome sarà gridato forte e le sue gesta saranno moltiplicate nel tempo anche se i mezzi televisivi e social, all'epoca, non hanno fatto a tempo a cristallizzare quei momenti straordinari e irripetibili. Pelé è entrato nella leggenda. Il suo nome faceva paura ed è stato uno spauracchio delle difese avversarie. Ne sa qualcosa il difensore azzurro Tarcisio Burgnich che il 21 giugno 1970 ha avuto l'ingrato compito di "neutralizzare" la perla, "o rei", del Brasile. Cercava di convincersi che doveva fermare Pelé, non farlo avanzare nell'area azzurra:"E' in carne e ossa come tutti", ripeteva a se stesso. All'epoca Pelé era già una leggenda vivente:950 partite con 1.029 reti segnate dei 1.283 gol che avrebbe realizzato a fine carriera. Il finale dell'incontro tra Italia e Brasile? Gli azzurri sono stati battuti per 4 a 1 e Pelé è diventato tre volte campione del mondo. Dopo l'incontro Burgnich si è ricreduto: "Ho sbagliato" e in effetti Pelé poteva essere in carne ed ossa, ma non era come gli altri, era un supereroe del pallone. Grazie a lui ha fatto grande la squadra del New TYork Cosmos, nel 1975, l'unico club professionistico in cui ha giocato oltre al Santos dove è rimasto per 18 anni. L'ultima partita è stata un'amichevole contro il Santos nel 1977. Pelé ha giocato nel primo tempo col Cosmo e nel secondo tempo con la squadra brasiliana, segnando solo per il Cosmos. Addio Pelé. In questi giorni è un continuo pellegrinaggio per rendere omaggio all'uomo che ha fatto grande non solo la squadra del Santos ma ha portato tanta gioia in Brasile. La veglia sarà lunedi 2 presso la sede del Santos, che si trova nell'omonima città a 70 chilometri da San Paolo. Dopo la bara percorrerà la città costiera fino al luogo dove vive sua madre, Celeste, che recentemente ha compiuto 100 anni. Sarà sepolto martedi 3 gennaio nel cimitero che si affaccia sullo stadio Vila Belmiro, dove ha esordito e dopo aver detto addio al calcio brasiliano dopo 18 stagioni. Che dire alla fine di questo grande giocatore? Sicuramente Pelé sarà ricordato per aver trasformato il calcio in spettacolo e per aver " dato voce ai poveri, ai neri e soprattutto aver messo sul podio, con grande visibilità, il Brasile con le sue bellezze e le sue contradizioni". L'ultima annotazione: il Santos non ritirerà la maglia numero 10 per onorare Pelé. I vertici della società sportiva non ha accolto il suggerimento della famiglia del Re e rispetterà, invece, i desideri del 3 volte campione del mondo che aveva detto che "non gli sarebbe piaciuto vedere la maglia numero 10 del Santos ritirata", un altro segno della grande umanità e intelligenza calcistica di questo gigante del calcio mondiale.
E' UFFICIALE, RANIERI AL
CAGLIARI: BENTORNATO MISTER
"TUTTI INSIEME A SPINGERE
LA SQUADRA ROSSOBLU'"
SIR CLAUDIO, FACCI
NUOVAMENTE SOGNARE!
di Augusto Maccioni
(23-12-2022) Quello che si bisbigliava da qualche giorno, con toni diversi, è adesso una realtà. Perché il ritorno al Cagliari di Claudio Ranieri (foto dal web/Social) è ufficiale e la nomina, seguita con passione mista a incredulità per tante ore e per qualche giorno di troppo, ha fatto esplodere la tifoseria rossoblù convinta che sir Claudio tornerà a ripetere il miracolo dello scorso secolo quando, tra il 1988 e il 1991, portò con forza la squadra dalla serie C alla serie A. Si dirà: altri tempi, ma l'entusiasmo è tanta e la voglia di ricominciare con "un vero tecnico" è il punto fondante di questo nuovo corso del Cagliari. Sul taccuino il presidente Giulini aveva diversi nomi, c'era anche quello di Ranieri, un allenatore saggio e campione di successi, in Italia e all'estero, che però non riscuoteva molta attenzione non fosse altro perché è un mister tutto d'un pezzo, ha le sue idee, vuole una formazione all'altezza delle sue aspettative e poi è troppo costoso per la squadra e anche per la serie B. Sulla paginetta presidenziale c'erano anche i nomi di Ballardini e Iachini, persone di levatura degna di ricoprire il ruolo del dopo Liverani. Che fare? In effetti Giulini aveva diverse strade, tutte percorribili e tutte da ispezionare, questa volta con molta attenzione perché, era una priorità assoluta, non si doveva sbagliare e il Cagliari attendeva un mister in grado di rimettere a posto una formazione allo sbando, senza identità e incapace di fare risultati neanche con squadre alla sua portata. Nel frattempo entra in scena, in maniera esplosiva il mondo del web e la tifoseria è più agguerrita, non ammette distrazioni o errori e punta dritto su Ranieri, un mister e una garanzia. Passano le ore e c'è il primo contatto con Ranieri, non ci va Giulini convinto, forse, che tutto si risolverà come le altre volte quando ad ogni esonero si tirava in ballo il nome di Ranieri, il quale puntualmente rifiutava. I tifosi insistono e sulle pagine web si continuava a preferire sir Claudio escludendo con forza tutte le altre candidature. Si vuole Ranieri, l'uomo che ha portato il Cagliari nuovamente in A, costi quel che costi, Giulini doveva aprire la borsa e doveva, questa volta, accettare le sue condizioni. Altre ore di attesa, poi l'incontro tra Giulini e Ranieri. L'incontro, immaginiamo, è stato cordiale ma non decisivo perché il presidente del Cagliari non vuole essere dietro a nessuno. Questa volta la folla rossoblù è una valanga che sarebbe esplosa se Ranieri non fosse arrivato a Cagliari. Per farlo Giulini doveva accettare in pieno tutte le condizioni, difficile da mandare giù, ma, spalle al muro, da portare avanti per il bene di tutti. Poi l'ufficialità, la gioia e l'entusiasmo convivono, finalmente, dopo tanta rabbia e amarezze dei risultati della squadra in questo girone di andata e per questa retrocessione assurda e mai digerita. Il sì di Ranieri è stata una benedizione per Giulini, per la squadra, per i tifosi e per l'intera Sardegna. Da adesso in poi si fa sul serio e per il Cagliari inizia la scalata verso la massima serie. Adesso si tratta di mettere a posto questa formazione, mettere i giocatori al punto giusto, motivarli e renderli "cinici" e "affamati". Poi nuovi rinforzi, quelli più idonei per far volare la squadra. Tutto deve funzionare come un orologio svizzero, è vietato sbagliare se si vuole raggiungere l'obiettivo. Il Cagliari deve dare il meglio di sé in ogni partita e quindi via al nuovo modulo, il 4-4-2, che da solidità difensiva alla squadra e la mette nelle condizioni più efficaci nelle manovre di contropiede. Il 23 dicembre 2022 è annunciato il suo ritorno sulla panchina del Cagliari, compagine che 35 anni prima lo lanciò nel grande calcio andando, dopo il Cagliari, al Napoli (1991), Fiorentina (1993) poi parentesi all'estero: Valencia (1997), Atletico Madrid (1999), Chelsea (2000), poi nuovamente Valencia (2004). Torna in Italia: Parma (2007) poi Juventus (fino al 2009), Roma (2011), Inter (fino al 2012) poi nuovamente Monaco, Leicester City, Nantes, Fulham, Roma, Sampdoria e fino al gennaio 2022 mister nella squadra del Walford. Una vita come protagonista in Italia e all'estero, e adesso nuovamente al Cagliari dove tutto è iniziato, un amore lungo oltre 30 anni. Bentornato sir Claudio Ranieri!, facci nuovamente sognare!
IMPROVVISA VISITA DI ZELENSKY A
WASHINGTON: "LA GUERRA NON E' FINITA"
IL PRESIDENTE UCRAINO: "VOGLIO
VERAMENTE VINCERE LA GUERRA"
PUTIN: PRONTA LA CAMPAGNA D'INVERNO
PER REALIZZARE TUTTI GLI OBIETTIVI
di Augusto Maccioni
(21-12-2022) L'invasione russa in terra ucraina entra nell'undicesimo mese con una novità: Zelensky è arrivato a Washington per incontrare Biden (foto dal web/Social) e fare il punto sulla guerra. Il presidente ucraino sa che le sorti della guerra stanno prendendo un'altra piega, forse quella decisiva perché il campo di battaglia è sempre quello e il nemico da affrontare, oltre ai soliti, è anche il duro inverno, col freddo e la neve che rallentano le operazioni e destabilizzano tattiche e posizioni. E non sempre si ha chiaro il vincitore e il vinto, ma anche i territori conquistati. Zelensky chiede più armi pesanti per far fronte alle risorse di mezzi e uomini messi in campo da Putin, più gruppi elettrogeni perché i russi si stanno accanendo sulle centrali elettriche oltre a difese aeree per difendere le città e in modo particolare Kiev. La guerra va avanti da troppo tempo ed è arrivata al 301esimo giorno e mentre in Ucraina è viva la partecipazione per la difesa della patria, fino alla morte, in Occidente ci sono i primi segni di stanchezza che stanno mettendo a dura prova l'Europa costretta a rivedere le proprie politiche di sicurezza ma anche gli equilibri politici. Con la guerra di Putin sono saltate le politiche energetiche, militari e ambientali scuotendo equilibri consolidati e ponendo in prima battuta questioni imprevedibili all'interno dell'Unione europea. La situazione ci ha cambiato enormemente. Prima con la pandemia, con le conseguenze che sono ancora vive tra noi, poi con la guerra che l'Europa e i singoli stati stanno facendo fronte facendosi carico degli enormi problemi della sicurezza energetica, militare e sociale. Certo, l'inadeguatezza della politica europea è stringente anche se ha cercato di mettersi in moto con nuovi equilibri politici che in qualche modo stanno prendendo di peso, con qualche successo, i gravi problemi maturati in tutti questi giorni di guerra. Un pò di stanchezza c'è anche negli Stati Uniti, il paese che ha sostenuto con forza Zelensky nella dura battaglia contro le truppe di Putin. Il Congresso più volte si chiedeva: perché continuare ad aiutare il presidente ucraino con risorse economiche importanti e il trasferimento di armi e munizioni? Zelensky non si è mai mosso dalla sua Ucraina. Era irremovibile e diceva che avrebbe lasciato la patria solo dopo la sconfitta di Putin. Lui è stato sempre fedele alla patria e ai suoi abitanti: non è andato via nei giorni successivi all'invasione di febbraio e si rifiuto di fuggire. E' rimasto a Kiev a soffrire, a combattere e a stringersi con i suoi militari contro chi voleva conquistare una nazione sovrana. Alla fine gli Stati Uniti hanno ceduto, anche l'Europa e il Regno Unito, dandogli una mano per combattere e respingere l'invasore russo. Di fronte a incertezze però Zelensky ha preso l'aereo e per la prima volta è andato all'estero, negli Stati Uniti, su invito personale del presidente Biden. E' un momento cruciale della battaglia e dall'incontro con Biden, ma anche con Congresso degli Stati Uniti, si deciderà il finale di questa guerra. Zelensky dovrà convincere i conservatori americani, che più volte avevano messo in dubbio le enormi quantità di aiuti militari ed economici su Kiev, ma anche i repubblicani che stanno per prendere il controllo della Camera dei Rappresentanti. Il messaggio del presidente ucraino sarà netto: la guerra in Ucraina non è un conflitto locale tra due vicini ma è molto di più fino alla lotta per la democrazia e il futuro dell'ordine mondiale. In pratica se la Russia vince perde la democrazia e se Kiev prevale è "una vittoria per le norme internazionali basate sul diritto e le idee di libertà e autodeterminazione". Alla base di tutto c'è il consolidamento degli aiuti verso l'Ucraina e gli ulteriori finanziamenti aggiuntivi che il Congresso dovrebbe approvare per quasi 45 miliardi di dollari oltre a importanti sistemi Patriot che metteranno in sicurezza lo spazio aereo Ucraino. Sull'altro fronte, la Russia non vede alcuna possibilità di trattative per la pace con Kiev e dice anche che il viaggio di Zelensky a Washington non porterà nulla di concreto. Il Cremlino sostiene che la continua fornitura di armi occidentali all'Ucraina potrebbe ritorcersi contro Kiev. Putin alza il tiro e va avanti con la sua "campagna d'inverno" pronto a realizzare tutti gli obiettivi e si assicurerà "che le forze nucleari russe siano pronte al combattimento".
ADDIO ALL'EX MISTER, E'
MORTO SINISA MIHAJLOVIC
AVEVA DETTO DELLA MALATTIA:"LA
BATTERO' GIOCANDO ALL'ATTACCO"
di Augusto Maccioni
(16-12-2022) Il duro dal cuore grande ha ceduto. E' morto a 53 anni dalla leucemia Sinisa Mihajlovic (foto dal web/Social). L'ex mister del Bologna si è spento in un ospedale romano e il mondo del calcio, ma non solo, è in lutto per il giocatore, per l'allenatore ma anche per l'uomo disponibile e buono con tutti. Ha lottato coraggiosamente fino alla fine, anche se a volte non è facile vincere contro un male che non perdona e che non crede ai tatticismi. Il comunicato della famiglia è come un pugno al cuore: la moglie Arianna, i figli, la mamma e il fratello "nel dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare Sinisa Mihajlovic". Il comunicato ricorda l'uomo unico e professionista straordinario, ma anche il personaggio che ha sempre lottato con forza contro la malattia. Già, la malattia. L'ex allenatore del Bologna aveva annunciato la scoperta del male in conferenza stampa il 13 luglio 2019: "Ho la leucemia, ma la batterò giocando all'attacco". Tra i giornalisti, all'epoca, ci fu un silenzio tombale e nessuno pensò ad uno scherzo e tutti, però, erano convinti che Sinisa avrebbe portato a termine anche questo progetto, però difficile da realizzare soprattutto perché a volte il nemico da battere è insidioso, imprevedibile e bastardo. Lui non si è dato per vinto e ha continuato a lottare, in silenzio, seguendo un percorso preciso, scrupoloso nelle terapie e determinato a raggiungere l'obiettivo. Il 29 ottobre 2019 il trapianto di midollo osseo al Sant'Orsola di Bologna, il 22 novembre le dimissioni e all'inizio 2022 alcuni fatti sanitari precisi che avrebbero messo in ginocchio chiunque. Ma lui è una roccia e non è facile piegarlo e si aggrappava alla speranza che lo legava con le tante cose lasciate in sospeso, la sua vita da mister ma anche alla sua grande bontà nei confronti del prossimo. E' facile ricordarlo nella sua carriera di giocatore, un vero fenomeno. Dalla Stella Rossa approda nel 1992 alla Roma e da quel momento l'Italia diventa la sua seconda patria lasciando il segno nella Sampdoria, Lazio e Inter. Poi il ritiro nel 2006 dopo aver realizzato 69 gol in 455 partite. Grande giocatore ma anche grande mister. Aveva iniziato come vice di Mancini all'Inter, poi la sua avventura da tecnico al Bologna, Catania, Fiorentina, Sampdoria, Milan, Torino. Parentesi allo Sporting Lisbona, poi alla nazionale Serba per approdare nuovamente al Bologna fino alla fine. E' sempre stato un grande protagonista nella storia del calcio italiano e internazionale lasciando una traccia indelebile che tutti hanno saputo apprezzare. Era un amico con un cuore buono e generoso come pochi, ma allo stesso tempo era un grande combattente, un vero guerriere dal carattere forte e deciso. Per questo motivo sarà ricordato come professionista leale, appassionato e coraggioso in tante iniziative che ha saputo portare avanti in campo e fuori. Un personaggio che sarà facile amare ancora di più nel tempo, quando la sua mancanza si continuerà a sentire nel vuoto degli stadi e nel cuore di tante persone che lo hanno seguito in tantissimi anni.
FRANCESCO SI E' COMMOSSO DAVANTI
ALL'IMMACOLATA CONCEZIONE
IL PAPA SCOPPIA IN LACRIME
PARLANDO DELL'UCRAINA
"LA GUERRA E' UNA SCONFITTA
PER L'UMANITA'"
di Augusto Maccioni
(8-12-2022) Ha pianto davanti alla statua dell'Immacolata Concezione in piazza di Spagna a Roma. Papa Francesco (foto dal web/Social) lo ha fatto poche volte durante il suo pontificato, questa volta si è commosso in una delle scene più emozionanti dell'anno quando, alzandosi in piedi, ha recitato ad alta voce una preghiera da lui stesso composta:" Vergine Immacolata, oggi avrei voluto portarvi la gratitudine del popolo ucraino per la pace che da tanto tempo chiediamo al Signore", poi successivamente la sua voce si è attenuata e solo un soffio ha rotto un silenzio irreale e a fatica Francesco è riuscito a trattenere le lacrime, tenendo gli occhi bassi e aggrappandosi saldamente alla sedia per non perdere l'equilibrio: "Invece devo ancora presentarti la supplica dei bambini, degli anziani, dei padri e delle madri, dei giovani di quella terra martoriata. Ma in realtà noi tutti sappiamo che tu sei con loro e con tutti i sofferenti, così come fosti accanto alla croce del tuo Figlio". Poi più serenamente e con forza ha aggiunto: "Che l'amore vince sull'odio, che la verità prevale sulla menzogna, che il perdono vince sulle offese, che la guerra è sconfitta dalla pace". La tradizionale preghiera alla statua dell'Immacolata in piazza di Spagna non si è mai interrotta nemmeno durante il periodo della pandemia e negli ultimi due anni il Papa si è recato prima dell'alba davanti alla statua per evitare la gente. Prima di rientrare in Vaticano Francesco ha voluto salutare decine di pazienti anche loro su barelle e sedie a rotelle. Diverse ore prima, all'Angelus, Papa Francesco aveva chiesto ai fedeli in piazza S.Pietro di unirsi spiritualmente a lui affidando all'Immacolata Concezione "l'universale desiderio di pace, specialmente per la martoriata Ucraina che soffre tanto".
MONDIALI, IL QATAR RICONOSCE LA
MORTE DI ALMENO 400 LAVORATORI MIGRANTI
PER LA COSTRUZIONE DEGLI STADI
di Augusto Maccioni
(29-11-2022) Quanti migranti sono morti durante i lavori degli stadi del Qatar in vista dei Mondiali 2022? Ufficialmente non ci sono numeri né del resto il Comitato supremo dell'Organizzazione ne aveva fornito, preferendo puntare sulla vicenda del calcio, sul risultato delle partite e sulle enormi possibilità turistiche del paese della penisola araba ma anche mettere sul podio la cultura e le tradizioni islamiche oltre a tante cose sulla vita del paese con i suoi grattacieli avveniristici e la lunga costa di spiagge e dune sul Golfo Persico. Il primo giornale a parlare delle morti nell'emirato in maniera diffusa e esaustiva, durante la costruzione degli stadi, è stato il quotidiano britannico The Guardian che ha messo sul piatto qualcosa come 6.500 lavoratori migranti morti appunto in Qatar da quando l'emirato ha preso il controllo dei Mondiali di calcio. Questa situazione era nota in un'inchiesta nel febbraio 2021, ma già nel settembre 2013 l'International Trade Union Confederation aveva detto che il Mondiale avrebbe potuto costare la vita a circa 4 mila persone e subito dopo Amnesty International aveva diffuso un report che denunciava lo sfruttamento dei lavoratori migranti nell'emirato. Di più: Washington Post, dopo il resoconto dettagliato del Guardian del gennaio 2014, è stato sulla notizia e in una inchiesta giornalistica del maggio 2015 aveva individuato 1.200 operai morti nei cantieri qatarioti. Tanto rumore, molte denunce per lo sfruttamento e morti che diventano sempre numeri "importanti". Il Comitato organizzatore prima e l'emirato dopo non hanno mai mostrato interesse sull'argomento e ultimamente hanno chiuso ogni problema, non solo sulla corruzione e concussione nell'assegnazione della sede dei Mondiali, dicendo che ci si doveva " concentrare sul calcio" (foto dal web/Social)bendando quei diritti umani violati che, tra l'altro, sono stati prontamente condannati dal Parlamento europeo che aveva anche deplorato la mancanza di tutele per i tanti lavoratori migranti morti costruendo gli stadi. Adesso, dopo tanti anni, c'è il chiarimento da parte del segretario generale dell'ente organizzatore del torneo Hassan Al Thawadi, il quale riconosce che ci sono stati molti morti e fa il numero "tra 400 e 500 lavoratori migranti" in relazione alla preparazione del torneo aggiudicato all'emirato nel dicembre 2010. Non parla di sfruttamento e di condizioni quasi "degradanti", oltre al fatto che i lavoratori hanno lavorato per anni a temperature disumane anche a 50 gradi in estate. Poi lo stesso direttore generale, parlando al canale tv britannico Talktv, dice anche che gli standard di sicurezza "non stanno migliorando" come se quelli esistenti siano stati ottimali per la difesa dei diritti umani. Stando ai responsabili sport e diritti umani di Amnesty International però la situazione è ben diversa perché la maggior parte dei morti non sono, come hanno fatto credere, deceduti "per cause naturali". Al riguardo sono stati fatti studi sui lavoratori nepalesi che sono morti per le condizioni invivibili e che potevano essere salvate con adeguate misure di salute e sicurezza. Sull'argomento, naturalmente, ci saranno i pro e i contro ma gli interrogativi rimangono : perché tanti morti e perché sono deceduti e soprattutto sarebbe interessante conoscere le condizioni in cui lavoravano i tanti migranti che non godevano di nessun diritto e spesso erano equiparati a schiavi.
IL PARLAMENTO EUROPEO DEFINISCE LA RUSSIA
UNO "STATO SPONSOR DEL TERRORISMO"
NUOVO RAID MISSILISTICO RUSSO, ZELENSKY:
"E' UN CRIMINE CONTRO L'UMANITA' "
BOMBE SULLA MATERNITA': MUORE UN
NEONATO, SALVATI MEDICI E DIVERSE DONNE
di Augusto Maccioni
(23-11-2022) E' il 270° giorno di guerra in Ucraina (foto dal web/Social) e ancora missili russi a volontà in tutta l'Ucraina dove si registrano massicci blackout e dove la gente soffre e ha paura non solo per la mancanza di elettricità ma anche per il freddo che sta mettendo a dura prova la popolazione che ha difficoltà anche a trovare cibo e acqua. La situazione è drammatica e i vari appelli a lasciare le città per zone più tranquille, si fa per dire, non trovano consensi perché la gente non vuole andare via e continua a trascorrere, tra mille difficoltà, la quotidianità tra i rifugi e le poche ore di "pausa" concessi dai raid russi. Questa ferocia russa è arrivata dopo la decisione del Parlamento europeo che ha adottato a larga maggioranza una risoluzione che definisce la Russia uno "Stato sponsor del terrorismo". Meglio tardi che mai perché questa condanna unanime arriva dopo 9 mesi dall'invasione di Putin, durante i quali l' -operazione speciale- ha messo a ferro e fuoco una nazione sovrana e il Cremlino si è macchiato di atroci crimini di guerra. Di pace non c'è traccia all'orizzonte. Putin continua a dare risposte di guerra e questa volta, indurito dalla risoluzione dell'Europa, ha bombardato con missili da crociera infrastrutture energetiche e obiettivi civili in diverse città ucraine. Gli attentati sono precisi e calibrati per mettere in ginocchio la tempra combattiva del popolo ucraino e dare un segnale forte al presidente Zelensky che vuole osteggiare le mire russe. La nuova strategia di Putin è colpire le infrastrutture energetiche e far mancare alla popolazione ucraina acqua e cibo. La popolazione, poi, sta combattendo anche un'altra guerra, quella del freddo. Da una settimana è scesa copiosa la neve, molte zone sono impraticabili e c'è molto freddo. Manca l'elettricità e non c'è la legna per il fuoco. Si muore dal freddo ma anche dai bombardamenti: sono stati registrati almeno 3 morti, tra cui un minore di 17 anni, durante l'ultima incursione, mentre la Moldavia è stata privata dell'elettricità. Durante la nottte in un ospedale di maternità nella regione di Zaporizhia ha trovato la morte un neonato e dall'edificio di due piani della struttura sanitaria sono stati estratti vivi dalle macerie la madre e il medico, molti altri sono rimasti feriti. Nuovo appello di Zelensky al Consiglio di Sicurezza Onu. In un video il presidente ucrino ha detto che "milioni di persone sono al gelo, senza riscaldamento, luce, acqua. Le temperature sotto zero" . Poi ha aggiunto:"In risposta alle nostre proposte pacifiche la Russia risponde con azioni di terrore. Oggi abbiamo ricevuto 70 missili, questo è il terrore russo". L'Onu condanna questi attacchi: "Russia li fermi immediatamente" perché c'è il timore che si presenti un inverno catastrofico per milioni di persone".
QUESTA VOLTA LA FIGURACCIA E'
DI MACRON CHE RILANCIA LA
COLLABORAZIONE CON L'ITALIA
OCEAN VIKING: GIA' ESPULSI
I MIGRANTI DELLA OCEAN VIKING
LE PEN: "INCOMPETENTE MACRON"
E "FUGA" DI 20 MINORI
di Augusto Maccioni
(18-11-2022) La Francia in primo piano per la questione Ocean Viking (foto dal web/Social), la nave che trasportava 230 migranti che in un primo tempo dovevano sbarcare in Italia poi, forse richiesti da Macron, dirottati in Francia. Figuraccia, a sentire i francesi, dell'Italia che non ha accolto i migranti con scontro diplomatico che si sta stemperando. Qualche ora prima però Macron e il suo ministro dell'Interno Gerald Darmanin avevano tuonato contro il nostro Paese con accuse che ci mettevano all'angolo: "perdenti", "incapaci". Osando anche a darci lezioni di umanità e di grande attivismo nell'accogliere gli sfortunati passeggeri della Ong. Le accuse si sono susseguite anche nei giorni successivi all'atterraggio dei migranti a Tolone. Tutto liscio e tutto risolto? Neanche per sogno perché alla fine Macron si è calato le brache, ha dovuto, quindi, cedere perché ha cancellato la ritorsione per i 230 immigrati della Ong che l'Italia "ha spedito in Francia" e ha riconfermato quello che non voleva fare, incitando anche gli altri Paesi europei a seguire il suo esempio, cioè l'accoglienza nel suo suolo dei 3.500 migranti nell'ambito del progetto di ricollocamento dall'Italia. Contrordine, quindi, con la frase che è tutto un programma, cioè la "collaborazione va avanti" e continueranno a pigliarsi i 3.500 richiedenti asilo. Lo ha dovuto fare perché il governo Meloni non si è abbassato ai suoi livelli, non ha parlato a sproposito e non ha usato l'arma della ritorsione ma anche perché i paesi europei non lo hanno seguito, primo fra tutti la Germania. Macron ha dovuto piegarsi, sia per questioni politiche interne, combattuto com'è da una sinistra che puntava all'accoglienza dei migranti e la destra che non ne voleva sapere, dimostrando ulteriore figuraccia e "incompetenza" nel gestire i 230 migranti che ancora stanno a Tolone. Che dire poi, come ha tuonato Marine Le Pen, della "fuga" di una ventina di 26 minori non accompagnati. Non solo, dei 230 migranti 123 sono stati rifiutati quindi dovranno essere riportati nel loro Paese di origine. Sul numero, naturalmente, poco si sa. Alcuni dicono che invece sono 44, altri di più sicuramente, però, i francesi sono stati velocissimi a "scegliere" le persone, quelle da ricollocare, quelle da rispedire e quelle, forse, da trattenere. Il ministro Darmanin non vuole perdere del tempo e pare che abbia preso subito contatti per l'espulsione. Le politiche francesi non sono così diverse da quelle italiane. Anche loro fanno la distinzione tra accoglienza per chi fugge dalla guerra e espulsione per i clandestini economici. Loro sono più bravi a far tacere tutti, anche la stampa, perché la critica è "addolcita" e la sola Le Pen ha messo in chiaro l'incompetenza e la inadeguatezza del governo nella gestione degli immigrati che, per loro fortuna, sono solo 230, un numero gestibile, e non, in continua "sofferenza", i 90 mila immigrati che sono approdati in un anno in Italia. La nota confortante è la frase francese:" la collaborazione con l'Italia va avanti", ciò significa che tra la Francia e l'Italia non è cambiato niente, sulla questione immigrazione, ma allora non si capisce la battaglia e lo scontro che hanno portato avanti da giorni contro il nostro governo, impallinando a turno sia la premier Meloni, il ministro dell'Interno Piantedosi ma anche il ministro Salvini che sull'argomento ha un'esperienza da vendere. Se poi guardiamo e valutiamo quello che sta succedendo in queste ore, possiamo concludere che sulla vicenda dell'Ocean Viking aveva ragione il governo Meloni che ancora una volta sta mettendo a fuoco la nuova politica dell'immigrazione in una situazione non facile e sicuramente complicata.
MISSILE SUL SUOLO POLACCO: SI E'
RISCHIATA LA TERZA GUERRA MONDIALE
ZELENSKY INSISTE: "NON E' NOSTRO",
E PARTECIPERA' CON LA POLONIA
ALLE INDAGINI NONOSTANTE LA
VALUTAZIONE DEI FATTI DELLA NATO
di Augusto Maccioni
(17-11-2022) I missili non sono russi ma ucraini. E' il responso ufficiale degli Stati Uniti e a seguire da tutti gli altri Paesi che hanno seguito, in maniera drammatica e increduli, all'esplosione dei missili in Polonia che hanno provocato due morti durante la notte. Una tragedia che si unisce alle tante altre che continuano a piegare l'Ucraina con tantissimi morti e con una situazione devastante. E proprio nel giorno dell'ondata di missili russi che si sono riversati su Kiev e in altre città c'è stata la difesa aerea ucraina che aveva mancato l'obiettivo russo ed è finito sul suolo polacco. Un errore ucraino, ma per diverse ore c'è stato chi sosteneva con forza che il missile in Polonia fosse stato lanciato deliberatamente dai russi. Se fosse stato così si poteva già parlare dell'attivazione della terza guerra mondiale, una svolta molto pericolosa perché la Polonia, membro della Nato, poteva invocare l'articolo 4 dell'Alleanza per richiedere aiuti militari agli altri alleati e quindi, di fatto, poteva significare un'escalation senza precedenti con risvolti militari devastanti non solo in Europa. E' stato Biden che ha mostrato cautela sulle responsabilità dell'esplosione dicendo, quando si stava delineando la verità: "è improbabile che sia stato lanciato dalla Russia". Poi la verità è venuta fuori: non due ma un missile (foto dal web/Social), mancando il missile russo, è finito per errore sul suolo polacco. Ma c'è chi non crede a questa verità. La Polonia sta facendo le sue indagini, ma è soprattutto il presidente ucraino Zelensky che continua a dire che il missile esploso in Polonia è stato lanciato deliberatamente dai russi contro la valutazione dei fatti della Nato. Comunque si va avanti con indagini non solo da parte della sicurezza polacca, ma anche degli ucraini e questa nuova mossa di Zelensky ha trovato d'accordo anche gli Stati Uniti. Del resto il presidente ucraino mercoledi scorso ha chiesto la partecipazione del suo paese alle indagini convinto sul fatto che "non sia stato il nostro missile" ad esplodere in Polonia. Il primo ministro polacco Morawiecky è stato più esplicito: "Si tratta di un razzo di fabbricazione sovietica, probabilmente degli anni '80 che può colpire bersagli a una distanza ancora maggiore 150 chilometri. Non sappiamo esattamente da dove sia stato lanciato perché non voglio speculare".
MISSILI RUSSI IN POLONIA,2 VITTIME.
MOSCA SMENTISCE, KIEV: NON SONO NOSTRI
MASSIMA ALLERTA: OGGI CONSIGLIO
DI SICUREZZA ONU E RIUNIONE NATO
PENTAGONO: "USA DIFENDERANNO
OGNI CENTIMETRO DELL'ALLEANZA"
di Augusto Maccioni
Sono stati i russi? E' la domanda cruciale alla base della morte di almeno due persone a Przewodow (foto dal web/Social), in Polonia, vicino al confine con l'Ucraina, dopo l'impatto di due missili attribuiti alla Russia. E' il 265esimo giorno dell'invasione delle truppe di Putin in Ucraina ed è anche un altro momento triste, assurdo e pieno di altre complicazioni se si dovesse confermare il gravissimo incidente su un territorio Nato nel corso della guerra con l'Ucraina. Subito la risposta di Mosca: i missili non sono i nostri. Ma c'è allerta e c'è un viavai nelle stanze segrete delle capitali europee e degli Stati Uniti per trovare conferme e per capire la dinamica dell'accaduto. Non è facile anche se la Nato potrebbe dare, in tempi brevi, il verdetto grazie alle apparecchiature satellitali sofisticate che hanno in dotazione. C'è la massima attenzione. Il premier polacco ha convocato subito una riunione urgente del Comitato per la sicurezza nazionale e ha messo in stato d'allerta l'esercito, mentre la Casa Bianca mostra cautela: vogliamo capire la verità sul terreno. Ma c'è anche chi, a Varsavia, dice che potrebbe trattarsi di resti di missili russi colpiti dalla contraerea ucraina e mandati fuori rotta. Si fanno naturalmente ipotesi in una giornata particolarmente dura per l'Ucraina bersagliata da più di 100 missili lanciati dai russi contro città in tutto il paese con obiettivi centrali elettriche ed edifici civili. Kiev è stata presa nuovamente di mira, l'ultima volta è stato il 17 ottobre, causando continui blackout e lasciando spesso al buio e al freddo la capitale proprio mentre la temperatura non è più sopportabile. Diversi missili russi sono stati abbattuti nella capitale dai sistemi di difesa aerea, ma nel complesso l'attacco missilistico russo, che è stato definito la più pesante in quasi nove mesi di guerra, è stato massiccio colpendo circa un terzo della capacità di generazione di energia dell'Ucraina. Un attacco missilistico sull'Ucraina, comunque, assurdo proprio nel momento in cui, a Bali, in Indonesia, si sta svolgendo il G20 e dove, tra l'altro, il tema dominante è anche porre termine alla guerra in Ucraina, portando Putin e Zelensky alla pace, temi trattati da Biden e Xi Jinping i quali si sono impegnati a trovare soluzioni per convincere Putin a sedersi al tavolo delle trattative. I due missili in Polonia rianimano nuovamente il vertice e al summit domani 16 novembe si farà il punto della situazione. Una cosa è certa: i due missili caduti in Polonia attendono urgentemente delle risposte. Secondo il quotidiano online inglese Mail, che ha sentito un alto funzionario dell'intelligence statunitense, coperto dall'anonimato, le esplosioni mortali sono state causate da un paio di missili russi ribelli. Forse erano diretti a Leopoli e che, per un gioco bizzarro della traiettoria, sono finiti oltre il confine ucraino all'interno della Polonia, membro della Nato, un errore che potrebbe costare l'entrata in guerra dell'Occidente contro la Russia. In base all'articolo 5, infatti, del trattato di Washington (l'accordo istitutivo della NATO) stabilisce che se un alleato della NATO è vittima di un attacco armato, "ogni altro membro dell'Alleanza considererà questo atto di violenza come un attacco armato contro tutti i membri e prenderà le azioni che ritiene necessarie per assistere l'Alleato attaccato". I russi, però, hanno detto che i missili esplosi in Polonia non sono suoi dicendo anche che è "una deliberata provocazione volta a peggiorare la situazione". Anche Kiev nega la "teoria del complotto" e dice che nessun missile ucraino è andato in Polonia. Domani 16 novembre riunione degli ambasciatori Nato per esaminare l'accaduto. In base all'articolo 4 dell'Alleanza, infatti, i membri possono porre all'attenzione degli altri Paesi un proprio motivo di allarme, in particolare relativo alla sicurezza. E' il caso della Polonia ma c'è allerta anche in altri Paesi di confine e in Estonia si è pronti a "difendere ogni centimetro del territorio Nato".
DUE NAVI ONG TEDESCHE ENTRANO IN ACQUE ITALIANE, SU UNA SEGNALATA "RIVOLTA A BORDO"
IL GOVERNO LE FARA' RESTARE IN RADA,
PIANTEDOSI: SI' AGLI AIUTI A DONNE E
BAMBINI, NO A CHI NON HA I REQUISITI
di Augusto Maccioni
(4-11-2022) Serve una risposta europea. Da tempo il nodo immigrazione è stato affrontato in maniera superficiale e spesso le promesse dei singoli paesi sono state sempre disattese. Adesso ci prova il governo Meloni deciso a mettere un freno a un problema che non può essere risolto solo dall'Italia. Il premier ha posto dei paletti seguendo un percorso che da un lato è improntato sull'emergenze umanitarie e sanitarie ma dall'altro pugno duro su quanti non sono malati e non abbiano i requisiti previsti dalle disposizioni dell'esecutivo. Questo in sintesi quello che è stato previsto dal premier Meloni e dai ministri competenti. C'è da dire, comunque, che la questione immigrazione non è per niente sentito in Europa. Meloni nel suo viaggio a Bruxelles ha solo ricevuto comprensione e attenzione, ma nulla di concreto. Né del resto sono state ottenute risposte da parte della Germania, che ha intimato all'Italia di "accoglierli tutti", né tantomeno dalla Norvegia che, anzi, rifiuta categoricamente la richiesta italiana di accogliere i migranti. La Francia, invece, è disposta ad accogliere 234 migranti della nave Ocean Viking, una buona risposta anche se è molto lontana dalle richieste italiane. E se le navi sono tenute lontane dalle acque italiane, c'è stata la "disobbedienza" di 2 delle 3 navi che hanno deciso di non rispettare le direttive del governo Meloni e si stanno dirigendo verso le coste italiane. La nave Humanity 1 (foto dal web/Social), battente bandiera tedesca, è entrata nelle acque territoriali italiane e punta verso Catania. Un'altra piccola imbarcazione, la Rive Above, con 95 persone, la metà donne e minori e 8 neonati, sta cercando riparo. Alla base della trasgressione delle direttive del Viminale c'è il maltempo, che è notevolmente peggiorato, ma anche le condizioni pessime in cui si trovano le persone a bordo sfinite e malate. La Ocean Viking, invece, resterà nelle acque internazionali e a causa del peggioramento delle condizioni meteo, si è spostata per evitare danni peggiori dal maltempo. A bordo, comunque, la situazione, fanno sapere, è pessima e le 234 persone sono esauste e molti hanno bisogno immediate di cure a terra. Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi in conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri ha detto, riferendosi alla nave Humanity 1, che ha "disobbedito" alle direttive del Viminale, che alla nave, quando arriverà a Catania, sarà consentito di fermarsi in rada "solo per il tempo necessario per consentirci di vedere se a bordo ci siano eventuali emergenze di carattere sanitario o di altro tipo", in quanto "è il primo provvedimento con il quale formalizziamo una presa di posizione nei confronti della prima nave delle ong che è entrata in acque territoriali italiane dirigendosi verso Catania. E lo ha fatto senza ottemperare alle richieste di fornirci l'identificazione delle persone a bordo, dove erano state salvate e quali erano le oggettive condizioni". Pur non rispettando la volontà dell'Italia, alla nave saranno concessi aiuti in un lasso limitato di tempo, per far sbarcare minori, donne incinte e malati nel rispetto delle esigenze umanitarie e sanitarie. Subito dopo la nave ong, dopo l'ispezione delle autorità competenti, dovrà tornare nelle acque internazionali con le persone che non si trovano in condizioni di emergenza. Soddisfazione da parte del vicepremier Salvini che ha firmato il provvedimento, insieme ai Ministri Piantedosi e Crosetto, il quale ha commentato "Difendere l'Italia non è un reato bensì un dovere". La partita comunque è tutta aperta, ed è una legittima e autorevole presa di posizione da parte dell'Italia che sicuramente scuoterà la paludosa situazione che si è sempre creata in Europa sull'argomento.
CORONAVIRUS, ADDIO AL
BOLLETTINO QUOTIDIANO
STOP ALL'OBBLIGO VACCINALE
PER MEDICI E INFERMIERI
MASCHERINE RESTANO
OBBLIGATORIE IN OSPEDALE E RSA
C'E' SEMPRE IL GREEN PASS
NEGLI OSPEDALI E RSA
di Augusto Maccioni
(31-10-2022) "Discontinuita'" subito sulla gestione del coronavirus dell'attuale esecutivo, rispetto al precedente, a otto giorni dall'insediamento del governo Meloni. Vediamo quali sono le novità e quali ancora rimangono in vigore. Lo abbiamo notato tutti, il 29 ottobre è stato l'ultimo giorno della diffusione del bollettino giornaliero dei casi di covid e questa nuova situazione è stata salutata bene anche dagli ambienti scientifici (forse diventerà report settimanale). La svolta, dopo due anni e mezzo, è arrivata con l'annuncio del neo ministro della salute Orazio Schillaci che intende avviare un progressivo ritorno alla normalità puntando ai criteri di responsabilità nei comportamenti rispetto alle norme passate. Come si ricorderà il primo bollettino, sui ricoveri e sui decessi, è stato emanato il 23 febbraio 2020 e dopo così tanto tempo si chiude il periodo più brutto della pandemia anche se vengono emanati i dati a livello regionale. Altro capitolo quello delle mascherine che continuano ad essere obbligatorie negli ospedali e nelle Rsa. In effetti il 31 ottobre 2022 dovevano scadere, in base all'ordinanza dell'ex ministro della Salute Roberto Speranza, l'obbligatorietà dei dispositivi di protezione nelle strutture sanitarie. Il nuovo esecutivo ha invece rinnovato il provvedimento restrittivo, quindi proroga al rinnovo dell'obbligo negli ospedali e nelle Rsa con l'obiettivo di proteggere gli anziani e i più fragili. Altra scadenza abbattuta è quella dell'obbligo, emanato dal precedente esecutivo, vaccinale per i medici e i sanitari al 31 dicembre. L'esecutivo Meloni, invece, ha anticipato al primo novembre, pertanto subito, l'abrogazione dell'obbligo vaccinale quindi medici, infermieri, operatori sanitari negli ospedali e nelle Rsa (foto dal web/Social), non dovranno più sottoporsi alla somministrazione dei vaccini. Lo stesso esecutivo ha sospeso le multe ai no vax mentre non si è espresso sull'obbligo di Green pass che saranno ancora in uso negli ospedali e nelle Rsa fino al 31 dicembre 2022.
ANCHE IL SENATO VOTA LA FIDUCIA
AL GOVERNO MELONI: 115 SI',
79 CONTRARI, 5 ASTENUTI
IL PREMIER: METTEREMO
MANO A TETTO CONTANTE
BERLUSCONI: "SEMPRE
DALLA PARTE DELL'OCCIDENTE"
di Augusto Maccioni
(26-10-2022) Altra prova superata per la premier Giorgia Meloni (foto dal web/Social) che può dirsi soddisfatta e iniziare a governare questa Italia in balia della "tempesta". Dopo la fiducia della Camera dei deputati, è arrivata anche la fiducia al Senato con 115 si', 79 no e 5 astenuti. Per dirla tutta, come risulta dai tabulati di Palazzo Madama, ad astenersi dal voto di fiducia sono stati i senatori del gruppo delle Autonomie (Julia Unterberger, Meinhard Durnwalder), i due senatori a vita Elena Cattaneo e Mario Monti, Dafne Musolino della lista di Cateno De Luca. Sei parlamentari non hanno partecipato al voto (Tatiana Rojc del Pd, Celestino Magni del gruppo Misto e i senatori a vita Liliana Segre, Giorgio Napolitano, Carlo Rubbia e Renzo Piano). Compatti i voti del Centrodestra, 115 su 116, tenendo conto che il centosedicesimo era Ignazio La Russa, il presidente del Senato, che per tradizione non vota mai in queste occasioni. Anche questa volta Giorgia Meloni ha difeso la sua "visione dell'Italia", fatta di risposte concrete, di interventi mirati e di scelte appropriate. Le opposizioni l'hanno attaccata, lei ha ascoltato con diligenza, tra un bicchiere di acqua e qualche caffè, lanciando sorrisi e disapprovazioni, e alla replica è un fiume convincente anche se ha la voce roca e qualche tosse di troppo (e si è scusata prima di iniziare il suo intervento). Diversi i temi toccati dal premier nel corso della sua replica, ampliando anche quelli messi a fuoco il giorno prima alla Camera, e il piglio è di quelli che appassionano e che rendono convincente questo nuovo corso della polita. Meloni è passata dal cuneo fiscale all'innalzamento del contante ( "lo ha detto Padoan"), al salario minimo ("che non è una soluzione") mentre sul Pnrr dice di non stravolgerlo ma che sarà adeguato secondo gli attuali scenari, connessi alla guerra in Ucraina. Questione a parte il Covid messo in campo da una politica che non ha rispettato la scienza ("non abbiamo condiviso che si scambiasse la scienza con la religione" poi "Non c’erano certezze che i vaccini facessero bene ai ragazzi di 12 anni"). Il premier ha anche ribadito il sostegno all'Ucraina, "una nazione invasa dai russi". E' anche il giorno di Silvio Berlusconi che si presenta al Senato dopo un'assenza di 9 anni. Le sue parole sono all'insegna della "lealtà" a Meloni e sta dalla parte "dell'Occidente, nella difesa dei diritti di un Paese libero e democratico come l'Ucraina" e ha fatto gli auguri a Giorgia Meloni "per i prossimi cinque anni di governo". Prima di lui ha parlato Renzi che ha aperto sul presidenzialismo e ha attaccato il Pd sulla scuola. Vediamo, in sintesi, le parole dei protagonisti nella giornata conclusiva del voto al Senato. C'era molta attesa per il discorso del Cavaliere: "Sono sempre stato un uomo di pace e i miei governi hanno sempre operato per la pace e sempre in pieno accordo con i responsabili di governo dell'Europa, della Nato e degli Stati Uniti. Come ho avuto modo di ricordare solennemente davanti al Congresso Americano" poi ha anche detto: "in questa situazione non possiamo che essere con l'occidente, nella difesa dei diritti di un paese libero e democratico come l'Ucraina. Noi dobbiamo lavorare per la pace e lo faremo in pieno accordo con i nostri alleati occidentali e nel rispetto della volontà del popolo ucraino. Su questo la nostra posizione è ferma e convinta, è assolutamente chiara e non può essere messa in dubbio da nessuno, per nessun motivo". Meloni ha anche detto che il governo metterà mano alla questione del contante:"Abbiamo assistito ad una discussione molto ideologica sul tetto al contante: non c'è correlazione fra limite del contante e la diffusione dell'economia sommersa", poi "Ci sono paesi in cui il limite non c'è, ma l'evasione fiscale è bassissima", e ha citando Pier Carlo Padoan: "Io sono d'accordo con lui. La Germania non ha un tetto, l'Austria pure. La moneta elettronica non è moneta a corso legale, penalizza i più poveri, per questo dico che metteremo mano al tetto al contante".
IL GOVERNO MELONI OTTIENE LA
FIDUCIA ALLA CAMERA CON 235 SI'
CONTRO 154 NO.OGGI AL SENATO
IL DISCORSO: "PRESIDENZIALISMO, MAI
SIMPATIE PER REGIMI" E ALLE DONNE:
"NON ABBIATE NULLA DA TEMERE CON NOI"
di Augusto Maccioni
(25-10-2022) Oggi altra formalità per il neopremier Giorgia Meloni che si presenterà al Senato alle 13 (il testo delle dichiarazioni programmatiche è stato depositato il giorno prima a Palazzo Madama) per chiedere la fiducia al governo vista l'ampia maggioranza ottenuta dalla coalizione di Centrodestra alle elezioni del 25 settembre. Il giorno prima, il 25 ottobre, il leader di Fratelli d'Italia aveva ottenuto alla Camera dei deputati la fiducia con 235 voti favorevoli, 154 contrari e 5 astenuti su un totale di 389 su 400. Le dichiarazioni programmatiche di Meloni (foto dal web/Social) sono durate oltre un'ora, interrotte da almeno 70 applausi dell'Aula. La neo premier non ha nascosto una certa emozione ma è apparsa determinata e convincente in ogni passaggio. Ha iniziato parlando del suo percorso politico di una "underdog" una sfavorita, ha detto, che per affermarsi ha dovuto stravolgere tutti i pronostici. Lo ha fatto tempo fa portando il suo partito al 26% e trainando alla vittoria il Centrodestra con gli alleati della Lega di Salvini e di Forza Italia di Silvio Berlusconi. E intende stravolgere tutti i pronostici delle opposizioni che la vorrebbero inadeguata e perdente nelle sfide che l'Italia dovrà affrontare tra bollette e energia, in una situazione già grave per la guerra in Ucraina, da una parte, e l'inadeguatezza dell'Europa incapace di affrontare i molteplici problemi economici connessi con l'invasione delle truppe di Putin in Ucraina. Giorgia Meloni è la prima donna a guidare il governo di Centrodestra, una circostanza che le fa onore e un impegno che porterà avanti con coraggio e determinazione senza mai indietreggiare, come del resto hanno fatto molte donne, e le ha elencate citando solo il nome, che nella storia si sono distinte per le loro doti e sono riuscite a occupare ruoli importanti: "Sento gravare sulle mie spalle oggi, il fatto di essere la prima donna a capo del governo in questa Nazione. Quando mi soffermo sulla portata di questo fatto, mi ritrovo inevitabilmente a pensare alla responsabilità che ho di fronte alle tante donne che in questo momento affrontano difficoltà grandi e ingiuste per affermare il proprio talento o il diritto di vedere apprezzati i loro sacrifici quotidiani", e cita oltre che Grazia Deledda anche Cristina Trivulzio di Belgioioso, Rosalie Montmasson, Alfonsina Strada, Maria Montessori, Tina Anselmi, Nilde Iotti, Rita Levi Montalcini, Oriana Fallaci, Ilaria Alpi, Mariagrazia Cutuli, Fabiola Giannotti, Marta Cartabia, Elisabetta Casellati, Samantha Cristoforetti, Chiara Corbella Petrillo. E con tanti esempi di donne che hanno affermato il proprio talendo al servizio dell'Italia, lei, ex ragazza di Garbatella oggi a Palazzo Chigi, non vuole fallire come timoniera perché "gli italiani hanno affidato a noi il compito di condurre la nave in porto in questa difficilissima tempesta". E' una Meloni rassicurante, decisa e promette impegno e coraggio per tutto quello che va fatto "persino a costo di non essere rieletta". Diversi i passaggi del suo programma. Come quello sul fascismo: "A dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso. Esattamente come ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre". Altro punto il presidenzialismo: "Negli ultimi vent’anni l’Italia ha avuto in media un governo ogni due anni, cambiando spesso anche la maggioranza di riferimento. E’ la ragione per la quale i provvedimenti che garantivano sicuro e immediato consenso hanno sempre avuto la meglio sulle scelte strategiche. E’ la ragione per la quale le burocrazie sono spesso diventate intoccabili e impermeabili al merito. E’ la ragione per la quale la capacità negoziale dell’Italia nei consessi internazionali è stata debole. Ed è la ragione per la quale gli investimenti stranieri, che mal sopportano la mutevolezza dei governi, sono stati scoraggiati. Ed è la ragione la quale siamo fermamente convinti del fatto che l’Italia abbia bisogno di una riforma costituzionale in senso presidenziale, che garantisca stabilità e restituisca centralità alla sovranità popolare. Una riforma che consenta all’Italia di passare da una “democrazia interloquente” ad una “democrazia decidente”. Vogliamo partire dall’ipotesi di semipresidenzialismo sul modello francese, che in passato aveva ottenuto un ampio gradimento anche da parte del centrosinistra, ma rimaniamo aperti anche ad altre soluzioni". Altra questione "il reddito di cittadinanza" caro al M5S: C’è un tema di povertà dilagante che non possiamo ignorare. Sua Santità Papa Francesco, a cui rivolgo un affettuoso saluto, ha di recente ribadito un concetto importante: “La povertà non si combatte con l’assistenzialismo, la porta della dignità di un uomo è il lavoro”. E’ una verità profonda, che soltanto chi la povertà l’ha conosciuta da vicino può apprezzare appieno. È questa la strada che intendiamo percorrere: vogliamo mantenere e, laddove possibile, aumentare il doveroso sostegno economico per i soggetti effettivamente fragili non in condizioni di lavorare: penso ai pensionati in difficoltà, agli invalidi a cui va aumentato in ogni modo il grado di tutela, e anche a chi privo di reddito ha figli minori di cui farsi carico. A loro non sarà negato il doveroso aiuto dello Stato. Ma per gli altri, per chi è in grado di lavorare, la soluzione non può essere il reddito di cittadinanza, ma il lavoro, la formazione e l’accompagnamento al lavoro, anche sfruttando appieno le risorse e le possibilità messe a disposizione dal Fondo sociale europeo. Perchè per come è stato pensato e realizzato, il rdc ha rappresentato una sconfitta per chi era in grado di fare la sua parte per l’Italia, oltre che per se stesso e per la sua famiglia". E sull'Ucraina : ""La guerra ha aggravato la situazione già molto difficile causata dagli aumenti del costo dell’energia e dei carburanti. Costi insostenibili per molte imprese, che potrebbero essere costrette a chiudere e a licenziare i propri lavoratori, e per milioni di famiglie che già oggi non sono più in grado di fare fronte al rincaro delle bollette. Ma sbaglia chi crede sia possibile barattare la libertà dell’Ucraina con la nostra tranquillità. Cedere al ricatto di Putin sull’energia non risolverebbe il problema, lo aggraverebbe aprendo la strada ad ulteriori pretese e ricatti, con futuri aumenti dell’energia ancora maggiori di quelli che abbiamo conosciuto in questi mesi". Infine Giorgia Meloni ha ricordato il momento difficilissimo:"Siamo nel pieno di una tempesta, con un'imbarcazione che ha subito diversi danni, e gli italiani hanno affidato a noi il compito di condurre la nave in porto in questa difficilissima traversata. Eravamo consapevoli di quello che ci aspettava come lo sono tutte le altre forze politiche, anche quelle che governando negli ultimi dieci anni hanno portato un peggioramento di tutti i principali fondamentali macroeconomici, e oggi diranno che hanno le ricette risolutive e sono pronte a imputare al nuovo governo, magari con il supporto di mezzi d'informazione schierati, le difficoltà che l'Italia affronta". Poi Giorgia Meloni Meloni chiude il discorso alla Camera: "A volte falliremo, ma non indietreggeremo e non tradiremo" e cita Papa Giovanni Paolo II: "La libertà" diceva "non consiste nel fare ciò che ci piace, ma nell'avere il diritto di fare ciò che si deve". Io sono sempre stata una persona libera, per questo intendo fare ciò che devo" ( video)
ORA TOCCA A GIORGIA MELONI,
SI VOTA LA FIDUCIA AL GOVERNO
ALLA CAMERA IL PREMIER
PRESENTERA' IL SUO MANIFESTO PROGRAMMATICO
di Augusto Maccioni
(24-10-2022) Ora tocca a Giorgia Meloni (foto dal web/Social). Esaurite le solenni cerimonie, indispensabili e toccanti oltreché straordinariamente efficaci in una democrazia repubblicana, che hanno portato la leader di Fratelli d'Italia a giurare dinanzi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a ufficializzare la sua presenza a palazzo Chigi dopo il passaggio della campanella (utilizzata dal capo del governo per aprire le riunioni del Cdm) di domenica scorsa da Mario Draghi al nuovo inquilino di piazza Colonna ( video ), c'è ancora un ultimo passaggio per entrare nel pieno delle sue funzioni, cioè la fiducia in Parlamento. Martedi 25 ottobre (esattamente un mese dalle elezioni) e il giorno successivo, l'esecutivo chiederà, prima alla Camera e poi al Senato, la fiducia, un atto necessario e fondamentale perché il governo possa esercitare le sue funzioni fondamentali di indirizzo politico regolamentato dall'articolo 94 della Costituzione. Con questo meccanismo ogni parlamentare è chiamato ad esprimere in maniera palese il suo voto a favore o contro il governo, motivando la decisione e ogni gruppo parlamentare, quindi, si assume la responsabilità politica delle proprie scelte. La fiducia si intende incassata se in entrambe le Camere l'esecutivo ottiene l'appoggio della maggioranza semplice, cioè la metà più uno dei votanti. In caso di mancata fiducia il governo appena nominato deve rassegnare le dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica che procederà a nuove consultazioni. Non è il caso del premier Giorgia Meloni che ha la maggioranza sia alla Camera che al Senato derivante dall'ampia vittoria del Centrodestra alle elezioni del 25 settembre 2022. In queste ore il premier sta limando il suo discorso che è atteso per le 11, poi sempre alla Camera, tra le 17:30 la replica e le dichiarazioni di voto. Molto ruoterà sulla crisi energetica e naturalmente, argomento "pesante" e devastante, l'emergenza caro bollette temi di strettissima attualità che hanno urgentemente bisogno di risposte chiare e risolutive. Argomenti che, comunque, la neopremier ha affrontato puntualmente con Mario Draghi nel corso del passaggio di consegne, col quale ha rivisitato tutti i problemi ( e possibili soluzioni) connessi " alla crisi energetica" in una disamina pacatamente costruttiva come se si trattasse di un "affare tra padre e figlio" in uno scenario realisticamente di pertinenza nazionale per il bene dell'Italia. Del resto Giorgia Meloni, come ha detto Draghi, è "persona intelligente" che "impara presto" motivo in più per darle ogni suggerimento per un buon governo. Il neopremier vuole essere leale, costruttiva e vuole essere al servizio della "nazione" italiana ed è anche logico, e giusto, che pretenda dai ministri lealtà e unità "è il momento di cominciare a lavorare, ma serve spirito di squadra", ha detto nel corso del suo primo Consiglio dei ministri. Il dossier più importante è il "tetto al prezzo del gas" un argomento scottante che ha diviso l'Europa. Se da una parte c'è la Germania, forte della sua scenda di andare da sola con uno scudo da 200 miliardi, dall'altra c'è l'Italia con la Francia, una partita non facile ma che potrebbe dare i suoi frutti sperando che vengano cementificati gli accordi presi in maniera informale durante l'incontro, non ufficiale, tra Macron, in visita in Italia, e Giorgia Meloni nella serata del 23 ottobre. Intanto, però, c'è la buona notizia: l'ex ministro alla tansizione ecologica Roberto Cingolani rimane a Palazzo Chigi come consigliere, un elemento importante per dare corpo e sostanza al grande lavoro che Giorgia Meloni intende fare in Europa, non nella continuità della linea Draghi ma andando oltre seguendo la strada di una squadra più coesa rispetto a quella "improbabile" del suo predecessore.
GIORGIA MELONI HA GIURATO DA PRIMO
MINISTRO: "SERVIREMO L'ITALIA CON
ORGOGLIO E RESPONSABILITA'"
LA PREMIER INCASSA L'APPOGGIO
DAI VERTICI UE: "PRONTI E LIETI DI LAVORARE INSIEME AL NUOVO GOVERNO"
di Augusto Maccioni
(22-10-2022) Oggi la tradizionale cerimonia del passaggio della "campanella" da Mario Draghi alla prima premier donna della storia d'Italia. Il giorno prima, 22 ottobre 2022, altra data importante della nostra storia repubblicana, la premier Giorgia Meloni ha recitato il giuramento a memoria senza guardare il testo ( video), così hanno fatto tutti gli altri ministri che faranno parte del prossimo esecutivo guidato da Meloni dinanzi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il primo ad arrivare al Quirinale è stato Gennaro Sangiuliano, scelto dalla premier per guidare il dicastero della Cultura. Dopo di lui è arrivata Anna Maria Bernini, ministro per l'Università, e Daniela Santanchè, ministro del Turismo poi Giuseppe Valditara , ministro dell'Istruzione e Merito. Sono 24 i ministri della squadra di Giorgia Meloni, si cui sei sono donne. Da notare i ministeri-chiave: Giorgetti al Mef, Salvini alle Infrastrutture, Nordio alla Giustizia. Cambia qualche nome: le politiche agricole saranno Agricoltura e Sovranità alimentare, mentre lo sviluppo economico in Imprese e Made in Italy. Attenzione particolare per il compagno di Giorgia Meloni. Si chiama Andrea Giambruno arrivato al Colle con la figlia Ginevra. La piccola è vestita di rosa ed è entrata nel grande salone delle feste mano nella mano con il papà, prendenso posto in prima fila. Giambruno è in abito scuro e cravatta con una piccola bandiera italiana sullo sfondo blu. Subito dopo il giuramento la foto di rito (foto dal web/Social) che Giorgia Meloni ha mandato sui social:"Ecco la squadra di Governo che, con orgoglio e senso di responsabilità, servirà l'Italia. Adesso subito al lavoro". E' una giornata all'insegna della sobrietà e anche in questi momenti solenni c'è il tocco della premier che ha chiesto di "non dare spettacolo" in una cerimonia tutta improntata controllando i particolari: niente ressa intorno al Quirinale nel giorno del giuramento (come avvenne per i governi Conte 1 e Conte 2) e la linea comunicativa è all'insegna della compostezza, controllando sia gli abiti e sia le parole. Come se la nuova premier volesse già dare un segnale forte per il prossimo futuro : "Concentrati e al lavoro". Per domenica 23 ottobre primo appuntamento per la nuova squadra Meloni, per il primo consiglio dei ministri. Congratulazioni dal resto del mondo e reazioni di vari leader. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue: "Congratulazioni a Giorgia Meloni per la sua nomina a presidente del Consiglio italiano, la prima donna a ricopire questo ruolo. Sono pronta e sono lieta di lavorare insieme al nuovo Governo in modo costruttivo per rispondere alle sfide che ci attendono". Pronta la risposta di Giorgia Meloni: " Molte grazie Presidente Von Der Leyen. Desiderosi e pronti a collaborare con voi per rafforzare la resilienza dell'Ue di fronte alle nostre sfide comuni"- Congratulazioni anche da parte di Joe Biden presidente Usa: "L'Italia è un vitale alleato Nato e un partner stretto mentre le nostre nazioni affrontano insieme le sfide comuni globali". Altri messaggi da parte di Zelensky ( "Attendo con impazienza una continua fruttuosa cooperazione per garantire pace e prosperità in Ucraina, in Italia e nel mondo!") e di Orban (" È un grande giorno per la destra europea!, rivolgo a Giorgia Meloni, nuova presidente del Consiglio dei ministri italiano, e a Matteo Salvini, vice premier, tutti i miei auguri di successo").
GOVERNO, GIORGIA MELONI ACCETTA L'INCARICO
SENZA RISERVA E PRESENTA LA LISTA DEI
MINISTRI: TAJANI E SALVINI VICEPREMIER
OGGI ALLE 10 IL GIURAMENTO: "ESECUTIVO DI ALTO PROFILO, LAVORERA' SPEDITO". TRA I MINISTRI LA SARDA MARINA CALDERONE
di Augusto Maccioni
(21-10-2022) Tempi rapidissimi per il nuovo governo. Consultazioni lampo del presidente della Repubblica Mattarella e incarico alla leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni, del Centrodestra riunito al Quirinale, col giuramento dei ministri per sabato mattina 22 ottobre. Meno di un mese per formare il nuovo governo dalle elezioni del 25 settembre, un record inevitabile vista la situazione economica nel quale l'Italia, e l'Europa, si sta trovando presa dalla guerra di Putin all'Ucraina e dai grossi problemi conseguenti. Tutto è avvenuto nella giornata del 21 ottobre: in mattinata delegazione del Centrodestra, con a capo Giorgia Meloni con Berlusconi e Salvini al seguito, da Mattarella e nota della leader di Fratelli d'Italia dopo il colloquio col presidente della Repubblica ( video) con accanto, ai lati, il leader di Forza Italia e della Lega. La nota, per inciso, è stata preparata il giorno prima che però doveva essere più strutturata rispetto a quello letto da Meloni per circa 80 secondi. Giorgia Meloni è stata rapidissima nelle parole tanto che Berlusconi non ha avuto il tempo di aggiungere nulla (come è solito fare) ma ha sorriso più volte e c'è stato lo sguardo esitante tra lui e Salvini, quando Meloni ha detto che il suo nome a premier è stata "indicazione unanime". Poco si sa sul colloquio tra Giorgia Meloni, Salvini e Berlusconi col presidente della Repubblica. A parlare è stata solo la leader di Fratelli d'Italia? Di sicuro, pare, non si è parlato di Russia, di rapporti con Putin, sulle frasi rubate al fondatore di FI. Si aveva fretta, una pratica da chiudere subito. I gregari Berlusconi e Salvini forse non ci stanno ma è il Centrodestra al governo, un'occasione d'oro per silenziare il Centrosinistra diviso e in stato confusionale. Poche ore dopo Giorgia Meloni è nuovamente al Colle, questa volta per l'incarico, che accetta senza riserva, ed elenca i nomi dei ministri ( video) - foto dal web/Social-. La nuova premier però, emozionata, sbaglia il ruolo di Paolo Zangrillo: sarà ministro della Pubblica amministrazione e non dell'Ambiente. Spiccano i nomi di Tajani e Salvini vicepremier. Poi, i ministeri più importanti: l’Interno va al prefetto di Roma Matteo Piantedosi, il Lavoro alla presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro Marina Elvira Calderone. E ancora: Giancarlo Giorgetti sarà il titolare dell’Economia, Carlo Nordio della Giustizia e Maria Elisabetta Alberti Casellati ministro delle Riforme. Il ministro della Cultura è Gennaro Sangiuliano, classe 1962, giornalista, direttore del Tg2 in carica, ma c'è anche la sarda Elvira Calderone, ministra del lavoro. Esercita la professione di Consulente del Lavoro ed è Presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro. Il 22 ottobre ore 10 il giuramento e poi primo Consiglio dei Ministri.