Menu principale:
CENTRALI NUCLEARI, ZELENSKY
RESPINGE LA PROPOSTA DI TRUMP
"LA CENTRALE DI ZAPORIZHIA E
LE ALTRE SONO DELL'UCRAINA"
di Augusto Maccioni
(20-3-2025) Zelensky respinge la proposta di Trump di acquisire le centrali nucleari ucraine per non essere bombardate dai russi. Il 19 marzo durante l'incontro telefonico col presidente ucraino, Trump aveva in animo di assumere il controllo delle centrali nucleari ucraine, ma Zelensky boccia questo progetto e durante una conferenza stampa a Oslo ha affermato che è disposto a investire e modernizzare la propria infrastruttura nucleare, continuando ad essere una proprietà del Paese. Le parole del presidente ucraino sono chiare: "Tutta l'energia nucleare appartiene allo Stato ucraino, compresa la regione di Zaporizhia temporaneamente occupata". Infatti questa centrale nucleare, la più grande d'Europa, è sotto il controllo russo dal 2022. La questione energetica è di vitale importanza per l'Ucraina. Nel suo territorio ci sono quattro centrali nucleari compresa Zaporishia, e 15 reattori. Nonostante l'accordo raggiunto tra Trump e Putin, i russi continuano a bombardare gli impianti energetici. Zelensky ha anche partecipato in videoconferenza alla riunione del Consiglio europeo chiedendo più investimenti per la produzione di armi. Inoltre il presidente ucraino ha chiesto con forza almeno 5 miliardi di euro il prima possibile "per i proiettili di artiglieria". Ancora una volta Zelensky ha chiesto l'adesione dell'Ucraina alla Nato e "penso che sia un grande regalo a Mosca che questa questione venga eliminata dai negoziati".
TELEFONATA TRUMP-ZELENSKY, IL
PRESIDENTE AMERICANO PROGETTA
DI ASSUMERE IL CONTROLLO DELLE
CENTRALI NUCLEARI UCRAINE
di Augusto Maccioni
(19-3-2025) Donald Trump e Volodymyr Zelensky (foto dal web/Social) ancora insieme e questa volta telefonicamente dopo l'umiliazione pubblica che tutti abbiamo visto nello Studio Ovale il 28 febbraio. Si sono parlati, dopo la conversazione, sempre telefonica, del giorno prima, tra Trump-Putin. Cosa si sono detti? Intanto c'è da dire che l'antipatia tra i due sembra essersi dissipata poi hanno confermato il cessate il fuoco temporaneo in Ucraina. Trump, anche questa volta, ha ripetuto, come aveva fatto con Putin, che "siamo sulla strada giusta" e la conversazione col presidente ucraino è stata "molto buona" mentre Zelensky ha detto che la conversazione col presidente degli Stati Uniti è stata "positiva, molto sostanziale e schietta". Anche Zelensky ha approvato la tregua sulle infrastrutture energetiche concordata martedi da Mosca. Questa volta Trump avrebbe concordato col presidente ucraino l'acquisizione da parte americana del settore nucleare dell'Ucraina. Le buone parole di martedi di Putin che ha accettato una tregua sulle infrastrutture energetiche, non hanno avuto conferma sui fatti perché proprio quando il presidente russo accoglieva la tregua i due Paesi si sono scambiati attacchi proprio contro quelle strutture e i russi sono andati oltre colpendo obiettivi civili sul territorio ucraino. Zelensky ha chiesto a Trump una maggiore difesa aerea col sistema missilistico Patriot, una richiesta che il presidente americano avrebbe accolto. Sui territori occupati dai russi, il presidente ucraino è convinto che si debba ancora trattare nei prossimi negoziati anche se pare scontato che l'Ucraina dovrà fare alcune concessioni sui territori occupati dalla Russia dal 2014. Intanto sulle conversazioni telefoniche c'è una buona notizia: lo scambio di 175 prigionieri di guerra da ciascuna parte e Zelensky in proposito ha detto: "Questo è uno degli scambi più grandi di sempre, stanno tornando guerrieri che hanno combattuto per la nostra libertà".
TELEFONATA TRUMP-PUTIN:
PRIMO PASSO VERSO LA TREGUA?
IL PRESIDENTE RUSSO: STOP AGLI
ATTACCHI ALLE CENTRALI PER 30 GIORNI
ZELENSKY: IL CREMLINO RESPINGE IL CESSATE
IL FUOCO E VUOLE INDEBOLIRE L'UCRAINA
di Augusto Maccioni
(18-3-2025) Un pò (molto) delusi e un pò contenti per i primi passi verso il cessate il fuoco immediato in Ucraina. La telefonata tra Trump e Putin (foto dal web/Social), due ore e mezza di conversazione, non ha portato a una immediata tregua, come era del resto nelle previsioni, ma ha raggiunto un minimo risultato che è poca cosa per le aspettative che stavano dietro a questa telefonata che tutti pensavano conclusiva per la tregua. Invece il presidente russo ha accettato solo "un cessate il fuoco nei settori dell'energia e delle infrastrutture, nonché negoziati tecnici per attuare una cessazione delle ostilità marittime nel Mar Nero", in pratica una cessazione delle ostilità molto limitata rispetto a quanto concordato in precedenza dagli ucraini. Putin quindi puntava alle cose che riguardavano la Russia e in modo particolare a non continuare a colpire le centrali elettriche, che ha conquistato, dai droni ucraini e a non subire altri danni e vittime nel Mar Nero, zona marittima strategica più utile alla Russia che all'Ucraina. Sembrerebbe una prima tappa importante e preliminare per un "un cessate il fuoco completo e una pace permanente", quasi una prova che gli ucraini devono mettere in pratica subito, poi si vedrà. Solo che anche questa volta Stati Uniti e Russia hanno gettato le basi per un possibile accordo sull'Ucraina senza la diretta interessata e questo fatto, col minimo risultato, ha fatto gridare vittoria immediata sia a Trump che a Putin. Per il presidente americano la telefonata con Putin "è stata molto positiva e produttiva. Abbiamo concordato un cessate il fuoco immediato su tutte le infrastrutture e l'energia, con l'intesa che lavoreremo rapidamente per raggiungere un cessate il fuoco globale". E' un accordo che non soddisfa perché non prevede il ritiro delle truppe russe né il congelamento del fronte, quindi il conflitto può continuare, come se non fosse successo niente di importante. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede una pace stabile a fronte di enormi sacrifici di vite umane e territoriali e comunque ogni accordo dovrà rispettare la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina, che sarà difficile portare avanti. Comunque Putin è disposto a rispettare la tregua di 30 giorni, già concordata da Washington e Kiev, durante i prossimi colloqui in Arabia Saudita ma solo per gli attacchi reciproci alle infrastrutture energetiche. Putin ha inoltre chiesto che per evitare l'escalation del conflitto, Kiev debba cessare di avere aiuti militari esteri e il blocco delle informazioni di intelligence. Sulla regione di Kursk, Trump ha chiesto a Putin di risparmiare la vita dei soldati ucraini circondati in quel territorio e il presidente russo ha confermato che si lascerà guidare da considerazioni umanitarie e garantirà loro, se gli ucraini si arrenderanno, la vita e un trattamento dignitoso. Molto comunque resta da fare per arrivare alla tregua e non è detto che le richieste di Putin siano accettate in toto da Zelensky anche se, alla fine e per la tranquillità del cessate il fuoco, dovrà in qualche modo accettarle per non creare ulteriori attriti che potrebbero compromettere la stessa tregua. Riguardo alle notizie sulla telefonata Trump-Putin, il presidente ucraino ha affermato che Putin non è pronto a "porre fine alla guerra e punta a indebolire l'Ucraina".
E' IL GIORNO DELLA TELEFONATA TRUMP-PUTIN: MOLTE CONCESSIONI PER LA FINE DELLA GUERRA IN UCRAINA
di Augusto Maccioni
(17-3-2025) Tutti guardano a martedi 18 marzo per capire se ci sarà la pace o tregua o cessate il fuoco in Ucraina, una data che potrebbe diventare storica perché l'attesa telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin (foto dal web/Social) dirà a chiare lettere se ci sarà l'aspettativa di tregua che stiamo aspettando da oltre tre anni. "Parlerò con il presidente Putin martedi" ha assicurato il presidente degli Stati Uniti ai giornalisti che viaggiavano sull'Air Force One che riportava il presidente a Washington. Si sa che la conversazione punterà dritto sulla tregua di 30 giorni iniziali e toccheranno argomenti sui territori e sull'energia e in particolare sulla centrale nucleare di Zaporizhia, la più grande d'Europa, conquistata dai russi ma molto importante per tutta l'Ucraina e cederla sarebbe un danno enorme per il futuro del Paese. Meglio sarebbe se il controllo della centrale nucleare fosse data a un Ente terzo per non creare favoritismi politico-militari. Trump tenterà di portare Putin alla proposta di un cessate il fuoco di 30 giorni accettata dall'Ucraina la scorsa settimana. Sarà convincente il presidente degli Stati Uniti a porre gli argomenti per mettere nelle condizioni il presidente russo ad accettare la tregua? Alcuni punti per un accordo sono stati già affrontati, come il controllo dei territori già conquistati, compreso il Donbass, anche se alcune città sono ancora ucraine, e ci sono altri accessi ancora da risolvere come i porti e il Mar Nero. L'Ucraina sta a guardare anche perché non può far molto in una situazione tremenda nella quale si trova con la massiccia minaccia delle armate russe che stanno ottenendo importanti successi. Per raggiungere la tregua l'Ucraina sa che dovrà rinunciare al 20% del Paese nonostante Kiev insista nel preservare l'integrità del suo territorio. E la pace a queste condizioni potrebbe essere ingiusta ma non è realistico soprattutto se si guarda la realtà sul campo e se si vuole raggiungere un accordo con Putin, altrimenti l'alternativa sarebbe una guerra ancora lunga fino alla Terza Guerra Mondiale. Da questo punto di vista l'impegno di Trump è massimo per arrivare al cessate il fuoco in Ucraina. Ci riuscirà? O troverà il telefono di Putin "occupato" nel senso che il presidente russo cercherà di prendere altro tempo per mettere a fuoco altri argomenti da intavolare nella trattativa. Il presidente russo giovedi scorso ha anche chiarito che "il cessate il fuoco è corretto di per sé, ma ci sono aspetti che devono essere ancora discussi" per raggiungere una pace non temporanea " ma duratura ed elimini le cause della crisi" fino alla sostituzione del presidente ucraino Zelensky, ma anche che il Paese non faccia parte in futuro della Nato e che venga vietato l'invio di truppe di peacekeeping della Nato in Ucraina. Quella di Trump equivale ad una missione impossibile e dovrà sudare sette camicie per convincere Trump ad accettare l'accordo che non è scontato. Il presidente degli Stati Uniti ha anche un altro asso nella manica: dare la Crimea alla Russia.
UCRAINA-RUSSIA, PUTIN CHIEDE
"UNA PACE DURATURA" E
SOLLEVA DUBBI SULLA TREGUA
PROPOSTA DAGLI STATI UNITI
di Augusto Maccioni
(13-3-2025) Dopo un giorno di silenzio è arrivata la risposta di Vladimir Putin all'accordo di 30 giorni di tregua in Ucraina siglata da Stati Uniti e Ucraina. Il presidente russo "è favorevole a una tregua" ma a determinate condizioni e comunque, dice, meglio una "pace duratura". Fin qui tutto va bene, perché è quello che ci si aspetta dopo tre anni di guerra in Ucraina, quello più problematico che crea dubbi e ancora tanta confusione è come arrivare al cessate il fuoco. Molte parole sono state dette da Putin che comunque insiste sull'eliminazione "delle cause profonde del conflitto", e già qui si aprirebbero altri argomenti che non agevolano la tregua. Durante la conferenza stampa, presente il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, Putin solleva numerosi interrogativi e la sua decisione finale dipenderà da come finirà la guerra. Quindi sembrerebbe che il conflitto con gli ucraini continuerà fino a quando "lo deciderà lui" poi il presidente russo concorderà i prossimi passi per raggiungere ad un accordo. Putin non usa termini diplomatici ma continua a stare sul campo, a sviluppare strategie per la riconquista della regione russa di Kursk e i soldati ucraini dovranno arrendersi o morire. E' nell'interesse dell'Ucraina, ha detto il presidente russo, raggiungere un cessate il fuoco dato che le truppe nella regione di Kursk sono circondate. Putin fila dritto: vuole concludere il capitolo Kursk per dare valore alle sue rivendicazioni. Durante la conferenza stampa, Putin ha sollevato le questioni del monitoraggio e della verifica della tregua, considerando che la linea di contatto in Ucraina è lunga 2mila chilometri. Una tregua di 30 giorni? Non porta a nulla. Meglio non avere fretta per costruire una pace duratura. E' quello che vorrebbe Putin per continuare a conquistare altri territori ucraini, oltre il Donbass, e piegare definitivamente l'Ucraina e umiliare ulteriormente Volodymyr Zelensky. I media russi sostengono che sia prematuro parlare di tregua perché "dovremo lavorare, riflettere e anche tenere conto della nostra posizione". Gli Stati Uniti e l'Ucraina hanno già discusso sulle parti del territorio che il Paese perderebbe in caso di pace con la Russia. Fa parte già dell'accordo, ha detto Trump durante l'incontro nello Studio Ovale con il Segretario generale della Nato Mark Rutte (foto dal web/Social), e si sa già quali territori l'Ucraina dovrà cedere e quali dovrà mantenere per un accordo finale. Tra i "pezzi" che Zelensky perderà, c'è la centrale elettrica di Zaporizhia, una centrale elettrica molto grande, conquistata dalla Russia durante la guerra. Secondo il presidente ucraino Zelensky, Putin intende respingere la proposta di cessate il fuoco di 30 giorni e ha paura di dirlo apertamente a Trump perché, dice il presidente ucraino, "Putin vuole continuare questa guerra e vuole uccidere gli ucraini". Col suo modo di fare Putin, continua Zelensky, vuole creare ulteriori condizioni e rinviare un eventuale cessate il fuoco o addirittura impedirne del tutto l'attuazione. Qualcosa di più preciso si saprà quando Putin e Trump si parleranno al telefono, ma sicuramente i tempi non saranno brevi e si continuerà a combattere in Ucraina dove la guerra ha già segnato il 1.114° giorno, tra morti, feriti e grande devastazione.
TREGUA IN UCRAINA, PUTIN NON
HA FRETTA. KIEV LASCIA KURSK?
TRUMP: "RAPPRESENTANTI USA
STANNO ANDANDO IN RUSSIA"
di Augusto Maccioni
(12-3-2025) Vladimir Putin (foto dal web/Social) non ha fretta, del resto perché dovrebbe fermare la guerra mentre la sta vincendo? Non c'è ancora l'ultimatum di Donald Trump e forse non ci sarà, ma sarà inevitabile arrivare alla tregua con l'Ucraina, prima decisione sancita dall'incontro a Gedda tra Stati Uniti e Ucraina martedi 11 marzo. Putin ha sempre detto che la parola "fine" alla guerra a Kiev sarà posta solo e soltanto da lui. Dirà "si" a Trump o continuerà a combattere in Ucraina? Una cosa è certa: il presidente russo evita di commentare apertamente la proposta di tregua di 30 giorni tra Stati Uniti e Ucraina allo scopo di guadagnare tempo nei negoziati. "Vi state muovendo un pò troppo velocemente" ha detto il portavoce di Putin Dmitry Peskov ai giornalisti e chiede maggiori dettagli da Washington, e altri dicono che "qualsiasi accordo sarà alle nostre condizioni, non a quelle americane". Si parla per slogan per evitare di entrare nel merito anche se Marco Rubio, il segretario di Stato americano, ha annunciato che Washington e Mosca si contatteranno mercoledi 13 per discutere la proposta di tregua. Sul campo di battaglia l'offensiva russa nell'Ucraina orientale si è ultimamente arenata, perché dagli accordi il Donbass dovrebbe passare, senza essere conquistata, ai russi mentre c'è l'impegno prioritario di riconquistare il proprio territorio nella regione di Kursk, parzialmente occupato dagli ucraini dallo scorso agosto. Mosca fa sapere che è riuscita a sfondare le linee difensive ucraine per espellere i soldati di Zelensky e dalla principale città di Sudzha ha iniziato a ritirarsi dalle proprie posizioni. Per riconquistare il territorio Putin ha schierato oltre 50mila soldati oltre 12mila nordcoreani, un massiccio intervento per riprendersi la regione di Kursk e far perdere di fatto a Zelensky la forza di negoziare territori con la Russia.
L'UCRAINA ACCETTA LA PROPOSTA DEGLI
STATI UNITI DI UN CESSATE
IL FUOCO DI 30 GIORNI CON LA RUSSIA
TRUMP CONVINCERA' PUTIN
di Augusto Maccioni
(11-3-2025) Adesso la parola passa alla Russia. L'incontro di martedi tra gli Stati Uniti e l'Ucraina (foto dal web/Social), durato più di otto ore, ha avuto successo raggiungendo un accordo per un cessate il fuoco provvisorio di 30 giorni con la Russia e si sono impegnati ad avviare un percorso verso la firma sui minerali essenziali. Mosca accetterà? Sicuramente non subito e avrà bisogno di ragionarci sopra soprattutto perché Mosca e la sua regione hanno subito da parte di droni ucraini il più grande attacco dall'inizio della guerra. I raid sono avvenuti poche ore prima dell'inizio dei colloqui tra gli Stati Uniti e l'Ucraina a Gedda in Arabia Saudita, incontro importante per stabilire le condizioni della pace con la Russia. Le notizie sono contrastanti. La portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha dichiarato che "non si possono escludere contatti tra russi e americani nei prossimi giorni" anche se autorità russe si sono espresse contro un cessate il fuoco con l'Ucraina perché permetterebbe al paese di riorganizzarsi e rafforzarsi. Trump tira dritto e ha detto che sentirà Putin per stabilire le modalità di questo cessate il fuoco immediato di 30 giorni preludio per un processo verso una pace duratura. La proposta degli Stati Uniti è stata accettata da Kiev e potrà partire una volta che la stessa sarà accettata anche dalla Russia. Con l'accettazione dell'accordo, gli Stati Uniti revocheranno immediatamente la sospensione della condivisione di intelligence e riprenderanno l'assistenza alla sicurezza dell'Ucraina. Un passo importante per il presidente ucraino Zelensky che potrà contare sull'intelligence americana per istruire a dovere missili e droni e colpire siti sensibili russi con assoluta precisione. Da adesso in poi bisognerà capire se la Russia di Putin è per la pace o per la guerra. Il segretario di Stato americano Marco Rubio, presidente del vertice a Gedda, ha trasmesso la proposta alla parte russa: "La nostra speranza è che venga accettata". Il presidente russo accetterà subito la proposta americana del cessate il fuoco di 30 giorni? Sicuramente farà passare del tempo: Putin dovrà riscattare l'azione massiccia di droni ucraini, poi c'è da riconquistare la regione di Kursk, ancora in buona parte degli ucraini, e finire di annettere completamente il Donbass. Poi, forse, si farà sentire e parlerà con Trump.
NUOVA OFFENSIVA RUSSA SU KURSK
LA NUOVA FASE COINCIDE CON
LA FINE DELLA FORNITURA USA
DI INFORMAZIONI ALL'UCRAINA
di Augusto Maccioni
(8-3-2025) Vladimir Putin sta approfittando delle restrizioni agli aiuti americani per l'Ucraina per vincere facile sul suolo avversario e questa mossa del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sta di fatto agevolando il presidente russo che non ha nessuna intenzione di aprire il dialogo per la pace. E mentre Volodymyr Zelensky è pronto all'accordo per la firma delle terre rare per arrivare subito al cessate il fuoco, Putin va per la sua strada continuando l'assalto di altre zone del Donbass ma anche a riconquistare parte della regione di Kursk (foto dal web/Social) sul suolo russo, conquistata dagli ucraini a sorpresa nell'agosto 2024. Per Zelensky Kursk è una merce di scambio in cambio dei suoi territori occupati dalla Russia, e questo fatto fa infuriare Putin che da tempo sta cercando di riprendere la regione. Sembrerebbe che questa volta i russi abbiano trovato il modo di prendere il controllo della strada che va dalla città ucraina di Yunakivka a Sudzha e la propaganda russa è intervenuta per dire che gli ucraini hanno abbandonato le loro postazioni e abbiano lasciato ai russi Kursk. Gli ucraini, invece, non hanno confermato l'abbandono della regione dicendo che Kursk è ancora nelle loro mani anche se c'è l'evidente offensiva russa sulla località strategica che ha coinciso con l'annuncio di Trump di sospendere ogni aiuto militare oltre la fornitura di informazioni di intelligence, che sono fondamentali per la resistenza Ucraina e per contrastare l'invasione russa lungo oltre mille chilometri di fronte. La decisione di Trump è stata adottata per convincere l'Ucraina ai negoziati, anche se Zelensky è pronto da giorni al cessate il fuoco alle condizioni del presidente americano, mentre Trump non ha ancora adottato, nonostante le ripetute minacce al presidente russo per chiudere la guerra, misure simili contro la Russia per costringere Putin al tavolo della pace.
RIPRESI I COLLOQUI CON GLI USA,
ZELENSKY: INCONTRO CON TRUMP
LA PROSSIMA SETTIMANA
MACRON: " L'EUROPA E' PRONTA SE
GLI USA SI SFILANO. SUBITO UNA
RIUNIONE PER LA PACE"
di Augusto Maccioni
(5-3-2025) Si lavora per favorire un nuovo incontro di Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca dopo il burrascoso litigio col presidente degli Stati Uniti Donald Trump nello Studio Ovale del 28 febbraio scorso. "Speriamo di vedere i primi risultati la prossima settimana" scrive sui Social il presidente ucraino. Anche Trump è favorevole a rivedere Zelensky per firmare l'accordo delle "terre rare" nel corso di una cornice che dovrebbe garantire più sicurezza per una pace "più duratura" in Ucraina. Si parla tanto di Stati Uniti e di Ucraina ma poco di Russia che continua le sue incursioni letali sul suolo ucraino. Trump nel discorso pronunciato martedi davanti al Congresso ha polarizzato l'attenzione dell'Assemblea parlando molto di sé, esagerando parecchio in un clima decisamente trionfalistico. "L'America è tornata" ha detto ed è stata inaugurata "l'era più grande e di maggior successo nella storia del nostro Paese". Nel discorso presidenziale al Congresso più lungo della storia moderna, un'ora e 40 minuti, ha consolidato la sua sfida: "Abbiamo ottenuto di più in 43 giorni di quanto la maggior parte delle amministrazioni ottenga in quattro o otto anni, e siamo all'inizio". Di cosa ha parlato Trump? Ha difeso i tagli di Elon Musk, ha rivendicato la sua crociata contro l'immigrazione illegale, la guerra dei dazi e il cambio radicale della politica Usa nei confronti dell'Ucraina. E sull'ultimo argomento, Trump ha detto di aver ricevuto una lettera da Zelensky in cui esprimeva la sua disponibilità a negoziare. Tra un volo pindarico e l'altro, Trump ha anche tempo per parlare dell'annessione del Canale di Panama e della Groenlandia:" prima o poi lo otterremo". Il punto più importante e delicato è la pace in Ucraina. Trump ha apprezzato la decisione di Zelensky di riprendere il dialogo alla Casa Bianca. "Allo sesso tempo, ha detto ancora Trump al Congresso, abbiamo avuto colloqui seri con la Russia e abbiamo ricevuto forti segnali che indicano che sono pronti per la pace. Sarebbe meraviglioso. E' tempo di fermare le uccisioni, è tempo di porre fine a questa guerra insensata". Ma non si fida molto di Zelensky e per questo motivo, e per costringerlo alla firma dell'accordo per le terre rare, Trump ha ordinato la sospensione dei trasferimenti di armi all'Ucraina e interrotto la fornitura di informazioni di intelligence al Pentagono, importanti e essenziali per controbattere l'offensiva russa. Gli Stati Uniti hanno fatto un passo indietro e hanno rivisto tutti gli aspetti dei loro legami di intelligence con l'Ucraina che da adesso in poi si sente più vulnerabile senza "lo scudo Usa" e preda degli assalti russi. E' noto che l'assistenza militare americana è fondamentale per la difesa ucraina, sia per quanto riguarda i sistemi di difesa antiaerea, sui sistemi di comunicazione, sui componenti tecnologici ma anche sul sistema di difesa satellitare Starlink di Elon Musk, indispensabile, tra l'altro, per i droni. Parlando alla nazione, il presidente francese Emmanuel Macron (foto dal web/Social) si è detto pronto a sostituire gli Stati Uniti se lasceranno l'Ucraina: "Gli Stati europei devono essere in grado di difendersi meglio e scoraggiare ogni nuova aggressione. Qualunque cosa accada, dobbiamo attrezzarci meglio" ha detto il presidente francese.
IL PIANO DI VON DER LEYEN PER IL RIARMO
DELL'EUROPA: 800 MILIARDI PER LA DIFESA
FIRMA USA-UCRAINA, TRUMP PRONTO AD
ANNUNCIARE L'ACCORDO SULLE "TERRE RARE"
di Augusto Maccioni
(4-3-2025) Forse questa volta ci siamo. Dopo 1.105 giorni di guerra in Ucraina la pace è sempre più vicina e il momento che definirà meglio il confine per il cessate il fuoco saranno le parole del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che, nel corso del Congresso di questa sera (ore 3 del mattino in Italia), dirà che Volodymy Zelensky (foto dal web/Social) è pronto a firmare l'accordo sulle terre rare, saltato dopo il disastroso incontro di venerdi scorso nello Studio Ovale della Casa Bianca. I segnali per riprendere il dialogo, ci sono stati quasi subito quel litigio devastante, preparato o meno, sicuramente con una regia da Oscar, solo che il presidente ucraino Zelensky voleva essere convinto dai membri dell'Europa per ritornare alla Casa Bianca. La decisione è saggia perché si pone un tassello importante, dopo 3 anni di guerra e di incomprensibili dialoghi di trattative che non hanno mai portato a nessuna soluzione positiva, per raggiungere il cessate il fuoco. Zelensky, questa volta più disponibile al dialogo e alla pace, ha scritto sul suo profilo X: "Il nostro incontro alla Casa Bianca non è andato come avrebbe dovuto. È deplorevole che sia andata in questo modo. È tempo di sistemare le cose. Vorremmo che la cooperazione e la comunicazione future fossero costruttive" e poi un finale che chiude tre anni di guerra: "Il mio team ed io siamo pronti a lavorare sotto la forte leadership del presidente Trump per ottenere una pace duratura". Nelle prossime ore, quindi, Zelensky varcherà nuovamente lo Studio Ovale della Casa Bianca e questa volta l'accordo sarà firmato col presidente Trump che ha un merito enorme che è quello di aver convinto Putin al tavolo della trattativa. Non è detto che tutto andrà per il verso giusto, perché ci saranno diversi problemi da risolvere anche sul versante russo. E nel momento che si cerca disperatamente la pace in Ucraina, l'Europa è pronta ad investire massicciamente nella difesa. La Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha annunciato il piano di difesa dell'Ue "riarmare l'Europa", sperando che gli Stati membri investano congiuntamente altri 800 miliardi di euro nella difesa ma anche su questi investimenti non tutti sono d'accordo.
STARMER: "PIANO PER LA PACE CON GLI USA",
MACRON: ABBIAMO BISOGNO DI ROMA
GIORGIA MELONI:EVITARE DIVISIONI TRA
I PAESI OCCIDENTALI SULL'UCRAINA
di Augusto Maccioni
(2-3-2025) Conferenza stampa del primo ministro britannico Keir Starmer dopo il vertice di domenica sulla difesa da lui convocato a Londra (foto dal web/Social) con la priorità di un piano per porre fine ai combattimenti in Ucraina. Il primo ministro inglese ha posto l'attenzione che il Regno Unito, la Francia e gli altri alleati collaborino con l'Ucraina per arrivare alla pace, argomenti che poi saranno discussi con gli Stati Uniti per garantirne l'attuazione congiunta. Ma all'interno stesso dell'Ue non c'è un accordo unanime su come arrivare alla pace in Ucraina e come porsi nei confronti degli Stati Uniti per continuare la trattativa per arrivare alla pace con la Russia. C'è anche l'obiettivo, emerso nel corso del vertice di Londra, di rafforzare la posizione dell'Ucraina sul campo di battaglia perché, è stato detto, "possa negoziare da una posizione di forza". Ecco perché il premier inglese ha finanziato 1,6 miliardi di sterline per acquistare più di 5mila missili per la difesa aerea, "ciò, ha detto Starmer, sarà fondamentale per proteggere ora le infrastrutture critiche dell'Ucraina e rafforzare la sua capacità di garantire la pace quando arriverà il momento". Si è anche discusso sulla necessità di creare una coalizione, in maniera volontaria, disposta a garantire la pace in caso di accordo con "truppe a terra e aerei in aria". A guidare gli sforzi militari saranno il Regno Unito e la Francia mentre l'Italia, ha detto la premier Giorgia Meloni è perplessa sull'utilizzo di truppe europee in Ucraina. Per avere una linea sicura e credibile il presidente francese Macron, in un'intervista al Foglio, ha detto che "è necessario che l'Italia sia al nostro fianco, che si impegni in questo percorso e che lo faccia da grande paese europeo sulla scia di quanto fece Draghi. Ora restiamo Uniti". Per Giorgia Meloni non esiste al momento un piano specifico per l'invio delle truppe. Ha elogiato i colloqui di Londra su una situazione molto delicata e complessa affermando, comunque, che è importante e necessario che l'Occidente eviti divisioni tra i paesi occidentali sull'Ucraina. Finalmente l'Ue ha capito che è arrivato il momento della verità ma che al momento è scontato che qualsiasi accordo di pace tra Kiev e Mosca richiederà garanzie di sicurezza da parte di Washington. Il leader britannico ha lasciato intendere che le misure concordate a Londra hanno il sostegno del presidente Usa Donald Trump il quale potrebbe riprendere il dialogo col presidente ucraino alle stesse condizioni precedenti. Il presidente degli Stati Uniti ha chiarito: o Kiev accetta il cessate il fuoco o dovrà combattere da sola e rischiare di scomparire come Paese tenendo conto che l'Europa non può garantire molto contro la Russia. Tutti ne sono consapevoli: senza gli Stati Uniti non si va da nessuna parte, prendere o lasciare. Ecco perché di fronte a questa situazione drammatica è necessario ristabilire i legami, con le pressioni su Zelensky il quale ha bisogno che Washington fermi Mosca. E Zelensky potrebbe tornare presto alla Casa Bianca. La partita più dura e complessa, anche per gli Stati Uniti e Trump sarà dopo con la Russia di Putin.
DOPO LA LITE CON TRUMP, ZELENSKY
E' A LONDRA PER IL VERTICE UE
"SIAMO CON VOI" E SI LAVORA PER
IL DIALOGO TRUMP-ZELENSKY
di Augusto Maccioni
(1-3-2025) La guerra e la pace in Ucraina avranno le immagini e i video dello scambio di battute tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump (e JD Vance) di questo venerdi nello studio Ovale della Casa Bianca. In diretta mondovisione il dialogo è stato devastante e ha dato l'impressione che ci si avvicini alla fine di un'epoca che potrebbe confermare il brusco cambiamento, nella sostanza e nella forma, degli Stati Uniti rispetto a ciò che è stato negli ultimi 80 anni. Diversi i significati come un modo diverso di approccio tra Usa e Ucraina per la pace in Ucraina attraverso la firma dell'accordo delle terre rare, l'allontanamento dell'America dall'Europa, accordo tra Stati Uniti e Russia. E' una spinta vertiginosa verso chi conta, ha le carte e chi deve obbedire, accettare ed essere sottomesso. Ma è proprio così? La partita è appena iniziata. Da una parte c'è una pratica importante da sbrigare subito: mettere la parola fine alla guerra in Ucraina e per far cessare le armi Donald Trump ha un piano, uno solo quello di garantire sicurezza all'Ucraina nei confronti della Russia cercando una compensazione per gli sforzi passati attraverso l'estrazione di benefici sui minerali. L'Europa non ha i numeri, i mezzi militari, le risorse per competere. Ci vorrà del tempo, ma l'Ue può comportarsi alla pari con la diplomazia e col dialogo. Agli attacchi e alle aggressioni l'Ue risponde con un vertice straordinario a Bruxelles giovedi ma già le prime battute sono precise da sabato con un'attenzione particolare all'Ucraina. Tutti i paesi membri sono con Zelensky (foto dal web/Social con Starmer a Londra) ma attenzione a non offrire l'immagine di una partita contro, perché si alzerebbe il livello dello scontro e questo non faciliterebbe l'impresa di garantire la pace in Ucraina. Senza menzionare direttamente Trump o il suo vicepresidente JD Vance, il primo ministro polacco Donald Tusk ha detto senza mezzi termini: "Caro Zelensky, cari amici ucraini, non siete soli". Sarà difficile ma sarà compito dell'Ue riaprire le trattative tra Ucraina e Stati Uniti attraverso l'ombrello europeo, una condizione che potrebbe funzionare dando nuova vitalità al presidente degli Stati Uniti di riprendere un dialogo per arrivare alla sospirata pace. E' questione di tempo, forse ore e le diplomazie si stanno già muovendo perché tutti riconoscono le capacità e la forza di Trump per chiudere la vertenza.
CASA BIANCA, TRUMP LIQUIDA
ZELENSKY IN MONDOVISIONE:
"SENZA DI NOI NON HAI CARTE"
NON E' STATO FIRMATO L'ACCORDO SUI
MINERALI. MELONI: VERTICE USA-EUROPA
di Augusto Maccioni
(28-2-2025) La visita di Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca (foto dal web/Social) doveva essere una passeggiata con la conclusione logica della fine della guerra in Ucraina e l'accordo della firma per l'acquisizione delle terre rare. L'incontro, anzi il terribile scontro, è stato un disastro assoluto, anzi storico, mai verificatosi nello studio ovale della Casa Bianca fra il presidente ucraino e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a vantaggio dei media che hanno registrato, in mondovisione, lo strappo per niente preventivato e forse per questo motivo più catastrofico per le dimensioni delle urla e delle polemiche. Niente firma, tante battute, tutto cancellato. Ci vorrà del tempo, delle ore, per capire cosa è realmente successo. Di sicuro la cronaca è trasparente: Trump umilia Zelensky che fa valere le sue ragioni e che vuole pace e più attenzione verso il suo paese e meno terreni ai russi e terre rare agli Usa. Del resto se ci si impegna per la pace come si fa ad affossare ulteriormente un paese che ha già pagato pesantemente con vite umane e disastri di guerra. Un giorno si capirà cosa è successo veramente. Perché Zelensky si è impegnato parecchio per incontrare Trump alla Casa Bianca per firmare l'accordo delle terre rare e poi è venuta fuori la litigata che ha chiuso qualsiasi canale di trattativa? Come mai Trump ha preteso che anche J.D.Vance partecipasse all'incontro per influenzare pesantemente il presidente ucraino, dandogli del bugiardo e mettendolo più volte alle corde? Tutto calcolato a vantaggio di Putin che, con questa nuova "prova", ha la possibilità di stringere ulteriormente l'alleanza con Trump? Di sicuro il presidente degli Stati Uniti ha minacciato di ritirarsi completamente dall'Ucraina: "Se ce ne andiamo, ce ne andiamo e vedrete cosa succede, la terza guerra mondiale" ha detto Trump con tono minaccioso difendendo Putin che non ha violato nessun accordo e non ha invaso l'Ucraina. Sull'argomento Zelensky è stato esplosivo spiegato al presidente Usa che Putin ha invaso l'Ucraina dal 2014 e non ha rispettato i termini di alcun cessate il fuoco. Vance ha ripreso il presidente ucraino: "con tutto il rispetto, è irrispettoso da parte sua venire qui nello Studio Ovale e cercare di discutere con noi di fronte a tutti i media, quando dovrebbe costringere le reclute ad andare al fronte perché non ha abbastanza truppe". A un certo punto Trump ha perso la pazienza quando Zelensky ha dichiarato che anche gli Stati Uniti avrebbero sofferto per una sconfitta ucraina e una vittoria russa. Trump ha ricordato a Zelensky che "lui non ha le carte in regola e non si trova in una buona posizione. State giocando con la vita di milioni di persone, state giocando con la Terza Guerra Mondiale". Tante prese di posizioni, urla ma il famoso accordo richiesto da Trump per garantire agli Stati Uniti l'accesso alle terre rare non è stato firmato. Trump sui social: "Ho stabilito che il presidente Zelensky non è pronto per la pace se saranno coinvolti gli Stati Uniti, perché ritiene che la nostra partecipazione gli dia un grande vantaggio nei negoziati. Non voglio vantaggi, voglio la pace. Ha mancato di rispetto all'America nel prezioso Studio Ovale. Potrai tornare quando sarai pronto per la pace". Tutto però deve essere ricomposto ad iniziare dagli Stati Uniti e dall'Ucraina. E' necessario, come ha scritto la premier Giorgia Meloni sui social, un immediato vertice tra Stati Uniti, Stati europei e alleati per parlare in modo franco di come intendiamo affrontare le grandi sfide di oggi, a partire dall'Ucraina, che insieme abbiamo difeso in questi anni, e di quelle che saremo chiamati ad affrontare in futuro".
PACE IN UCRAINA, E' IL GIORNO DEL
DISGELO: PER ZELENSKY C'E'
DISPONIBILITA' A RAGGIUNGERE
UN ACCORDO CON TRUMP SU
"SICUREZZA E INVESTIMENTI"
di Augusto Maccioni
(20-2-2025) E' il giorno del disgelo tra Stati Uniti, Ucraina e Unione Europea. Dopo le frasi di Trump contro Zelensky definito comico e dittatore senza elezioni, ci sono stati frasi che fanno pensare a mandare avanti un accordo per arrivare alla pace in Ucraina. Dopo l'incontro a Kiev con l'inviato statunitense Keith Kellog (foto dal web/Social), il presidente ucraino ha dichiarato di essere disposto a raggiungere un accordo solido e veramente vantaggioso con gli americani soprattutto sul tema "sicurezza e investimenti". Questo leggero allentamento delle tensioni tra Ucraina e Stati Uniti arriva nel giorno in cui anche l'Unione Europea ha messo a fuoco il tema della pace oltre ad riaffermare la legittimità del leader ucraino come presidente dell'Ucraina. L'escalation verbale scatenato da Trump sembra essere alle spalle perché c'è la convinzione che si deve fare presto per arrivare alla pace possibilmente giusta. Tra i temi ancora aperti tra Stati Uniti e Ucraina ci sarebbe l'accordo in sospeso sullo sfruttamento dei minerali ucraini. Trump vorrebbe su questo argomento l'accordo per i servizi forniti sotto forma di aiuti militari durante questi tre anni di guerra, mentre Zelensky è disponibile ma non vuole la resa dell'Ucraina. E' in gioco, dice il presidente ucraino, la garanzia di sicurezza che Washington dovrebbe dare in cambio di questa concessione e soprattutto l'aiuto militare completo americana su una eventuale aggressione futura russa. La Commissione europea, inoltre, ha messo da parte le polemiche di fronte alle bordate di Trump chiarendo che per l'Europa Zelensky è un "presidente legittimo eletto in elezioni libere, giuste e democratiche" ma anche sottolineato che per la soluzione della vertenza Ucraina ci deve essere il coinvolgimento dell'Ucraina e dell'Ue per "la sicurezza dell'Ucraina e dell'Unione europea". L'alleanza tra Europa e Ucraina sarà ancora più salda lunedi prossimo, 24 febbraio, nel terzo anniversario dell'invasione russa. E mentre il primo ministro britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron saranno a Washington per incontrare Trump, i vertici dell'Unione Europea saranno a Kiev per confermare la vicinanza e l'apporto finanziario dell'Europa all'Ucraina.
SCONTRO TRUMP-ZELENSKY: E' UN
DITTATORE, SI RIFIUTA DI INDIRE
ELEZIONI E HA MANIPOLATO BIDEN
L'UE APPROVA NUOVE SANZIONI
CONTRO LA RUSSIA E CONCORDA UNA
POSIZIONE COMUNE SULL'UCRAINA
di Augusto Maccioni
(19-2-2025) Si tenta la pace in Ucraina e tutti fanno la loro mossa: gli Stati Uniti che dialogano con la Russia, l'Europa e l'Ucraina che vorrebbero il cessate il fuoco ma non sono protagonisti in questa stagione nella quale c'è solo il "mediatore" Donald Trump che non dovrebbe scontentare gli avversari in guerra e dovrebbe collocarsi in mezzo alla vicenda bellica per costruire la pace. Il presidente degli Stati Uniti ha una sua strategia e poiché sa perfettamente cosa vuole Zelensky (foto dal web/Social) deve convincere Putin e per farlo gli fa vedere quello che potrebbe fare senza l'Europa e col presidente ucraino Volodymyr Zelensky alle corde. Evidentemente Vladimir Putin non è convinto della bontà di Trump e allora il presidente americano intensifica le critiche al presidente ucraino definendolo un "dittatore" un "comico" che ha convinto Washington a spendere 350 miliardi di dollari per una guerra che, secondo Trump, non sarebbe mai dovuta iniziare perché non poteva essere vinta. Non solo. L'attacco di Trump è feroce contro Zelensky: si rifiuta di indire elezioni, ha i sondaggi molto bassi ed è riuscito a manipolare Biden. Poco importa se le cose che ha detto siano vere, l'importante è che Putin ci creda e sia convinto che Trump sia dalla sua parte perché i negoziati con la Russia sono l'unico modo per porre fine al conflitto. Trump probabilmente incontrerà Putin prima della fine di febbraio, manca solo da confermare una data. Intanto, però, i due leader hanno parlato al telefono per 90 minuti la scorsa settimana e questo è un fatto importante che segna una svolta nei rapporti tra Washington e Mosca. E mentre Trump e Putin vogliono risolvere la guerra, e il presidente americano vuole evitare ulteriori spese statunitensi in Ucraina ma voglia puntare alle "terre rare" del Paese, Zelensky, forte del sostegno dell'Unione Europea ma anche del Regno Unito, Canada e Giappone, ha respinto qualsiasi accordo che implichi la cessione di territorio alla Russia. E mentre si fa più realistico l'incontro Trump- Putin per la pace in Ucraina, l'Unione Europea ha approvato mercoledi un nuovo ciclo di sanzioni contro Mosca, il sedicesimo, alla vigilia del terzo anniversario dell'invasione russa che cade lunedi. L'accordo del Consiglio sarà ratificato dai ministri degli Esteeri nella riunione di lunedi prossimo.
RIAD, TRUMP: "BENE I COLLOQUI CON
MOSCA", ZELENSKY DELUSO DAGLI USA
di Augusto Maccioni
(18-2-2025) A Riad c'è stato il primo incontro significativo in quasi quattro anni tra Stati Uniti e Russia per concordare i passi successivi per porre fine alla guerra in Ucraina. I temi però non riguardano solo la pace ma anche la cooperazione geopolitica ed economica postbellica e come arrivare alla risoluzione positiva del conflitto in Ucraina. Le delegazioni (foto dal web/Social) guidate dal segretario di Stato americano Marco Rubio e dal Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, sotto la mediazione saudita, non hanno portato a significativi passi avanti e hanno solo salutato con successo il ripristino delle loro missioni diplomatiche. Per il resto ci sono proposte e dinieghi e tutto viene rimandato all'incontro conclusivo tra Donald Trump e Vladimir Putin. Intanto però Lavrov ha respinto la proposta di un contingente europeo di mantenimento della pace sul suolo ucraino ma potrebbe essere favorevole ad un presunto piano in tre fasi per l'Ucraina fatto trapelare dalla tv Fox News che comprende una prima tregua, lo svolgimento delle elezioni in Ucraina e il terzo la pace. In quest'ultimo piano si intravede un contenitore pieno di insidie perché consentirebbe a Mosca di riamarsi, Kiev potrebbe essere costretto a eleggere un burattino di Putin e l'Ucraina non potrebbe ricevere alcun sostegno.
Naturalmente le delegazioni hanno dichiarato che l'incontro, durato quasi cinque ore, è stato positivo e "molto solido" anche se fonti russe si sono mostrate meno entusiaste dell'esito del vertice. Di sicuro è molto presto parlare di un riavvicinamento tra le posizioni di Mosca e Washington e molto si saprà dopo che Trump e Putin si incontreranno, forse, secondo l'agenzia americana Bloomberg, a partire dalla prossima settimana. Tutto però dipende non tanto da Trump e Putin quanto anche dall'Europa e dal presidente ucraino Zelensky che sta lottando per dare un futuro al suo Stato sovrano. Costruire una pace senza l'Ucraina e l'Europa, è come avventurarsi in un accordo rapido che avvantaggerebbe Putin e costringerebbe Zelensky alle corde e darebbe fiato a futuri conflitti o a guerriglie più dure della stessa guerra. Non quindi a una pace a tutti i costi ma ad una pace giusta "equa, duratura, sostenibile e accettabile per tutte le parti coinvolte", ha detto Rubio, una narrazione che potrebbe non essere condivisa da Trump che otterrebbe, con la pace a tutti i costi, più vantaggi da Putin che dall'Ucraina. Zelensky sa di non poter contare sul sostegno degli Stati Uniti che vorrebbe un'Europa debole ma che potrebbe essere utile per la causa ucraina, una presenza necessaria per livellare il campo delle trattative. Strategicamente Putin ha le idee più chiare di Trump al quale interessa solo sedersi al tavolo delle trattative e imporre agli ucraini la pace e in questo senso potrebbe essere spiazzato dal rivale-amico che non ha nulla da perdere: potrebbe continuare la guerra per consolidare il territorio acquisito nel sud-est ucraino e la Crimea e conseguendo la pace che Trump imporrà, guadagnare una vittoria che supererà i benefici dopo la revoca delle sanzioni statunitensi ed europee e dopo essere riammesso anche nel Gruppo delle otto nazioni industrializzate. Alla fine gli Stati Uniti lascerebbero campo libero alla Russia e Trump rinuncerebbe a oltre 80 anni di garanzie di sicurezza per i propri alleati.
VERTICE A PARIGI DEI LEADER EUROPEI
STARMER: FONDAMENTALE LA
PRESENZA DEGLI STATI UNITI PER
SCORAGGIARE ATTACCHI RUSSI IN UCRAINA
di Augusto Maccioni
(17-2-2025) I principali leader dell'Europa si sono incontrati a Parigi (foto dal web/Social) per discutere di pace e di un ipotetico invio di truppe in Ucraina per sostenere la sicurezza del Paese. Tre gli obiettivi raggiunti dai capi dei governi di Francia, Italia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Danimarca, Polonia e Olanda, oltre alla presenza dei vertici dell'Unione Europea e della Nato: condividere le scelte con gli Stati Uniti, garantire una pace giusta e proteggere l'Ucraina. Il vertice d'urgenza era stata convocata a Parigi dal presidente francese Emmanuel Macron in un momento cruciale per l'Europa, indebolita dallo shock scatenato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha preso l'iniziativa di porre fine alla guerra in Ucraina annunciando colloqui diretti con la Russia ed escludendo l'Ue e la stessa Ucraina. Lo stesso presidente francese aveva parlato per 20 minuti con Trump prima del vertice, ricevendo dal presidente Usa la conferma che al tavolo con la Russia l'Europa non sarà direttamente impegnata e ha chiesto agli europei di fornire agli americani cosa sono disposti a fornire a Kiev e discutere di un piano nel caso di un ipotetico attacco russo. Molto si è parlato di questo vertice, declassato a incontro informale, per l'incontro svolto in un formato ristretto, sicuramente più pratico rispetto ad un vertice con 27 Stati membri con all'interno alcuni Paesi, come Ungheria e Slovacchia, molto vicini alla Russia. Col coinvolgimento più ampio forse non si sarebbero raggiunte garanzie di sicurezza per l'Ucraina, anzi sarebbero emerse mancanza di unità, lentezza delle azioni e poca volontà di concludere ogni iniziativa. Questo vertice ristretto ha in pratica confermato che Washington è fondamentale per una garanzia di sicurezza per l'Ucraina ma è anche tempo, come ha detto Starmer, premier del Regno Unito, di "assumerci la responsabilità della nostra sicurezza e del nostro continente" e il supporto statunitense è fondamentale per mantenere la pace europea in Ucraina oltre a dissuadere la Russia da eventuali altri attacchi al Paese. La premier italiana Giorgia Meloni ha ribadito, riguardo all'invio di truppe europee di deterrenza in Ucraina, l'urgenza di farsi "coinvolgere da Washington in un contesto euro-atlantico per una sicurezza comune". A conclusione del vertice di Parigi non è stato siglato alcun documento e questo fatto fa capire la mancanza di proposte scelte e quelle esluse, oltre alle polemiche e ai disaccordi. Tutto in pratica si rimanda agli accordi tra le delegazioni di Usa e Russia con la prospettiva che prima o poi si parli veramente di pace giusta anche con la presenza dell'Unione Europea e della stessa Ucraina. Ma questa è un'altra partita.
L'ULTIMATUM DI TRUMP E
NETANYAHU A HAMAS
"LIBERATE GLI OSTAGGI
ALTRIMENTI CI SARA' L'INFERNO"
di Augusto Maccioni
(11-2-2025) E' l'ultimatum di Donald Trump ed è lo stesso, guarda caso, del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: "Se Hamas non rilascerà i nostri ostaggi entro sabato a mezzogiorno, il cessate il fuoco finirà e l'esercito tornerà a combattere a Gaza finché Hamas non sarà definitivamente sconfitto" (foto dal web/Social). Perché questa presa di posizione dura da parte degli Stati Uniti e di Israele? Il punto è che Hamas diverse ore prima aveva annunciato di rinviare il rilascio di tre ostaggi per violazioni dell'accordo da parte di Israele, disaccordi da ambo le parti su una tregua che è molto fragile e che quasi sicuramente non avrà vita facile per una situazione esplosiva. Trump ha aggiunto una cosa in più sulla ripresa della guerra, che sarà più violenta della precedente, e riguardano gli ostaggi: Hamas deve rilasciare "tutti gli ostaggi" entro sabato a mezzogiorno altrimenti, ha detto il presidente degli Stati Uniti, "si scatenerà l'inferno". Di diverso avviso sono le famiglie degli ostaggi che premono perché il governo israeliano vada avanti con l'accordo e liberi tutti i prigionieri. Secondo fonti israeliane il governo continuerà a rispettare il cessare il fuoco se Hamas rilascerà il sesto gruppo di ostaggi sabato prossimo, così come previsto dalla tregua. Al momento i palestinesi hanno rilasciato 16 dei 33 ostaggi, oltre ai cinque thailandesi sempre catturati il 7 ottobre 2023. Da rilasciare ci sono ancora 17 ostaggi prima del 2 marzo, anche se di questi otto, secondo fonti israeliani, sono morti. Hamas rilancia le accuse su Israele che impedirebbe il passaggio concordato dei camion per il trasporto di carburante, viveri e medicinali a Gaza ma anche aver limitato il trasferimento di feriti all'estero. Un altro punto divergente sul governo Netanyahu è rinviare i negoziati della fase 2 dell'accordo. Israele non ha fretta. Ha a cuore il rilascio degli ostaggi ma non si può permettere gli show palestinesi durante la liberazione degli ostaggi oltre al fatto che Hamas è ancora viva nella Striscia. Per questo motivo i vertici militari israeliani, nonostante la tregua, hanno sempre colpito scientificamente i terroristi uccidendone 92 e ferendone 822 ma c'è anche un piano che va oltre la guerra, a parte quella rivoluzionaria di Trump per una futura riviera turistica a Gaza: l'occupazione di Gaza che tornerà a far parte dello Stato di Israele.
DOPO GROENLANDIA E CANADA,
TRUMP HA UN PIANO PER GAZA
"MIGRAZIONE FORZATA DEI
PALESTINESI E COSTRUIRE UN
RESORT SUL MEDITERRANEO"
di Augusto Maccioni
(5-2-2025) Ancora non è chiara la politica estera del presidente Usa Donald Trump che in campagna elettorale, prima, e alla Casa Bianca, poi, ha sostenuto una soluzione "immobiliare" del territorio chiamata Terra. Dopo aver vinto le elezioni del 5 novembre, Trump ha creato scompiglio in diversi governi, per di più alleati degli Stati Uniti, con i suoi piani espansionistici puntando ad acquisire la Groenlandia, la grande isola nell'Artico, ma anche il Canada, che dovrebbe diventare il 51esimo stato americano perché "senza gli Usa il Canada non esiste" e anche perché il Paese avrebbe "tasse molto più basse, nessuna tassa doganale e una migliore proteziona militare per la popolazione". Nel frattempo, però, Trump sta dimenticando di risolvere alcuni problemi come ad esempio la guerra in Ucraina che, aveva affermato, avrebbe risolto "in 24 ore" e visto che le cose non vanno come sperava adesso si è rivolto a Gaza che, stando alle sue parole, dovrebbe trasformarsi in un nuovo "paradiso" per i turisti, e al posto di città devastate dalla guerra un grande resort sul Mediterraneo per la gioia di tanti turisti americani e non solo. L'imprenditore americano, nonché presidente degli Stati Uniti, ha le idee chiare, e per realizzare la nuova Costa Azzurra ha un piano: espellere i palestinesi dalla Striscia, oltre 2 milioni di persone, e creare un grande villaggio per le vacanze. Ne ha parlato durante una conferenza stampa presente il presidente israeliano Benjamin Netanyahu (foto dal web/Social), che ha strappato diverse concessioni per la sua guerra contro Hamas, il quale non è sembrato d'accordo sulle conclusioni perché Israele vorrebbe acquisire Gaza e amministrarla. Lo show di Trump diceva diversamente: gli Usa si oppongono alla proprietà israeliana della Striscia perché diventerà una responsabilità americana e per farlo il presidente americano è pronto a impegnare truppe statunitensi sul campo per arrivare a questa nuova "proprietà immobiliare". Trump è ben lontano dalle sue precedenti uscite secondo cui gli Stati Uniti devono pensare a se stessi e non occuparsi delle altre questioni, come l'Ucraina, il Medio Oriente o il Canada. Col desiderio, ma potrebbe essere un piano realistico, di acquisire la Striscia, Trump pensa di trovare molti consensi ma da subito gli sono rivoltati contro l'Arabia Saudita, il Consiglio di sicurezza dell'Onu, l'Europa e gli stessi abitanti palestinesi di Gaza che dicono "preferiremmo morire qui piuttosto che andarcene" . E' anche chiaro che Netanyahu andando da Trump sta pensando al dopo-Gaza in chiave israeliana, ma le parole di Trump sul futuro della Striscia in chiave americana non lascia aperte molte strade. Per il momento ci sono due visioni: quella di Netanyahu e quella di Trump ed entrambe sembrano complicare la già precaria situazione in Medio Oriente.
LA CINA AVVIA IMMEDIATE
CONTROMISURE AI DAZI DI TRUMP
di Augusto Maccioni
(4-2-2025) La guerra dei dazi di Donald Trump continua, anzi indietreggia perché dopo l'annuncio lanciato contro Canada e Messico il presidente degli Stati Uniti ha raggiunto un accordo con i due paesi e ha sospeso per un mese i dazi del 25% imposti sabato e pronti ad entrare in vigore martedi prossimo. Con la Cina è tutto un'altra cosa. Non c'è stato nessun accorto e le aliquote del 10% sono diventate reali con la conseguenza che tutte le esportazioni del gigante asiatico verso gli Stati Uniti saranno soggette ai dazi, una "premessa" per una guerra commerciale più importante col suo rivale mondiale. Questa nuova tariffa si aggiunge a quell'altra che Trump, durante il suo primo mandato presidenziale, aveva già imposto su circa il 60% delle esportazioni cinesi e che Joe Biden aveva in gran parte mantenuto. La risposta della Cina non si è fatta attendere e a partire dal 10 febbraio, Pechino imporrà tasse aggiuntive del 15% sul carbone e sul gas naturale liquefatto provenienti dagli Stati Uniti e del 10% sul petrolio, sulle automobili di grandi dimensioni e sui macchinari agricoli. Non solo. Pechino ha anche annunciato un'indagine antitrust contro Google e controlli sulle esportazioni nei settori tecnologici e nella produzione di batterie e chip. Si direbbe una nuova battaglia commerciale tra le due superpotenze (foto dal web/Social), dopo quella del 2018 del primo Trump, e la giustificazione del presidente Usa è la necessità di bloccare l'afflusso di immigrati clandestini e il traffico di fentanyl responsabile della morte di oltre 100mila persone all'anno negli Stati Uniti. La Cina, inoltre, ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno violato gravemente le norme dell'Organizzazione Mondiale del Commercio in quanto "mina la normalità della cooperazione economica e commerciale tra Cina e Stati Uniti". Negli ultimi anni, comunque, la superpotenza asiatica ha rafforzato accordi commerciali in Africa, Sud America e Sud-Est asiatico al fine di ridurre la dipendenza dall'economia statunitense.
GUERRA DEI DAZI, C'E' ACCORDO COL
MESSICO E TRUMP LI SOSPENDE PER UN MESE
COLLOQUI COL CANADA, IPOTESI 10%
ALL'UE CHE RISPONDERA' CON FORZA
di Augusto Maccioni
(3-2-2025) E' iniziata la guerra dei dazi, o perlomeno sono gli Stati Uniti a dare nuovo impulso all'economia interna promuovendo questa soluzione. Due giorni fa il presidente Usa Donald Trump (foto dal web/Social) ha posto fine alla libera circolazione delle merci col Messico ma anche col Canada per non parlare della Cina annunciando l'attivazione del decreto a far data dal 4 febbraio per le nuove imposte del 25% sull'import dai Paesi vicini e ulteriore dazio del 10% sulle merci provenienti dalla Cina. E' un primo passo per arrivare anche alle tariffe sull'Unione Europea (10%) che reagirebbe duramente se Trump dovesse aprire questo nuovo fronte commerciale. I primi risultati di questa nuova misura ha messo in uno stato di shock i mercati finanziari portando il dollaro a raggiungere massimi storici o pluriennali rispetto al dollaro canadese, allo yan cinese e al peso messicano. L'inserimento forzato dei dazi Usa verso questi Paesi ha creato subito incertezze e l'avversione al rischio portando, ed è questo un argomento molto sentito da Trump, forti cali delle criptovalute. Ci sono però delle novità perché in poche ore il Messico ha proposto soluzioni per evitare i dazi americani mentre ci sarebbero colloqui ad alto livello per non dare seguito a questa guerra commerciale anche col Canada. Col Messico è arrivato l'accordo, all'ultimo minuto, per sospendere l'imposizione dei dazi per un mese. L'accordo tra la presidente messicana Claudia Sheinbaum e Trump è sul blocco della droga. Per farlo la presidente messicana ha annunciato che schiererà immediatamente 10mila agenti della Guardia Nazionale per fermare il traffico di droga in particolare il fentanyl mentre gli Stati Uniti si impegneranno sul versante del traffico illegale di armi da fuoco. L'accordo arriva in maniera inaspettata, quando tutto faceva pensare che si sarebbe attivata la peggiore guerra commerciale tra i due Paesi. A sbloccare la difficile situazione è stata la telefonata di lunedi 3 febbraio quando le parti hanno comunicato l'accordo per collaborare alla frontiera. Oltre all droga Trump era interessato anche al blocco di immigrati clandestini e su questo fronte Sheinbaum ha assicurato che i soldati messicani al confine, tra il Messico e gli Stati Uniti, saranno specificatamente incaricati non solo di fermare il flusso del devastante fentanyl ma anche di bloccare l'invasione di immigrati. Adesso si aspetta un altro passo in avanti del Canada ma per il momento le parti non hanno concordato nessuna sospensione dei dazi. Anche col Canada c'è un problema della droga fentanyl e sempre l'immigrazioni, che, secondo alcune fonti, potrebbero essere argomenti di pretesto per la vera posta in gioco tra Stati Uniti e i due Paesi vicini. Trump ha anche insistito sul dare avvio alle tariffe maggiorate anche sulla zona euro. "Succederà anche all'Unione Europea, abbiamo un deficit di oltre 300 miliardi di dollari. Accadrà molto presto". L'Europa non starà a guardare e non ha nessuna intenzione di sottostare alla strategia nefasta di Trump. La Commissione europea ha già un piano che scatterà quando si attiveranno i dazi americani. Ma forse non sarà necessario, per il buon vicinato tra Europa e Stati Uniti, e sicuramente si troverà l'accordo più giusto per evitare una noiosa e dispendiosa guerra commerciale che alla fine non avvantaggerà nessuno. Tutto comunque fa pensare che sarà la premier italiana Giorgia Meloni a dire la sua anche nei confronti dell'Europa, vista l'amicizia tra la premier e l'attuale inquilino della Casa Bianca. E' una partita complessa e difficilmente si arriverà allo scontro frontale. Ci sono comunque motivi giusti per ripartire alla nuova collaborazione Usa e Europa e l'Italia, con Giorgia Meloni, può giocare un ruolo molto importante.
L'ULTIMATUM DI TRUMP A PUTIN
"PORRE FINE ALLA GUERRA "RIDICOLA"
O AFFRONTARE NUOVE TASSE, DAZI
E SANZIONI ELEVATE"
di Augusto Maccioni
(22-1-2025) Dopo gli ordini esecutivi a raffica, il neo presidente Usa Donald Trump ha il tempo di rivolgersi a Vladimir Putin (foto dal web/Social) chiedendogli di porre fine alla guerra con l'Ucraina aggiungendo che se non "ci sarà un accordo a breve non avrò altra scelta se non imporre nuove tasse, dazi e sanzioni su tutto quello venduto dalla Russia agli Stati Uniti e in altri paesi". Nel suo messaggio il presidente Usa ha detto che l'economia russa "sta fallendo". Poi ha detto: "Preparatelo ora e fermate questa ridicola guerra, possiamo farlo nel modo più semplice o nel modo più difficile. E' tempo di fare un accordo, non si possono perdere altre vite". Sembrerebbe un messaggio rassicurante, un dialogo tra amici ("Non dobbiamo dimenticare che la Russia ci ha aiutato durante la Seconda guerra mondiale") col solo obiettivo di chiudere una "ridicola" guerra, tra Russia e Ucraina, che va avanti da oltre mille giorni. Da notare il diverso tono di Trump, tra prima e dopo la sua elezione alla Casa Bianca. Da presidente eletto diceva che avrebbe risolto il conflitto nell'arco di un giorno, adesso invece, da presidente Usa, fa melina, dicendo in pratica le stesse cose che diceva il suo predecessore Biden il quale, alla fine, è stato costretto ad armare l'Ucraina per resistere e non farsi fagocitare dalla Russia. Il messaggio di Trump a Putin potrebbe avere valore di ultimatum? Può darsi, anche se è possibile che il presidente russo e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky hanno intenzione di porre fine alla guerra, ma non sanno come comportarsi. Hanno bisogno di "una spinta" presidenziale, del "pacificatore" Trump che ha già detto, al suo secondo giorno da presidente Usa, di preparare i negoziati per arrivare alla pace. Quanto tempo ci vuole perché Russia e Ucraina trovino la pace? "Devo parlare con il presidente Putin", ha detto Trump, di sicuro la promessa che aveva fatto durante la campagna elettorale non ha sortito l'effetto sperato e il presidente Usa adesso si trova con i problemi di sempre e sembra fallita anche la mediazione del suo inviato speciale, il generale in pensione Keith Kellogg, al quale aveva chiesto di porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina entro 100 giorni. La nuova linea di Trump preoccupa Zelensky che si aggrappa, invece, all'Europa che è sempre stata sensibile alle istanze ucraine. C'è comunque da preparare un tavolo per chiudere definitivamente questa guerra, bisogna fare in fretta per evitare tantissime altre vittime innocenti. Chi siederà al tavolo delle trattative? Trump chi ascolterà? L'Europa si è già prenotata al fianco dell'Ucraina e non vorrebbe che Trump facesse un negoziato con la Russia e la Cina senza l'Ue.
IL PRESIDENTE TRUMP SUBITO AL LAVORO:
INDULTO GENERALE ATTENTATORI DEL
CAMPIDOGLIO, RITIRO DELL'ACCORDO DI
PARIGI E DALL'OMS E PENA DI MORTE
di Augusto Maccioni
(21-1-2025) Ci si meraviglia di quello che farà il neo presidente Usa Donald Trump, ma è un personaggio noto che conosciamo perché ha governato un'altra volta e il suo ritorno alla Casa Bianca è quasi "una missione divina" per completare il programma lasciato in sospeso nel 2020. Non deve quindi sbalordire se col secondo mandato attuerà la grande rivoluzione narrata durante tutta la campagna elettorale e la sua correttezza politica lo spinge a realizzare un altro "sogno americano" e portare il Paese ad iniziare la nuova "era dell'oro". E come è solito fare, Trump, nel giorno della sua elezione, ha dato spettacolo e ha festeggiato il suo secondo mandato alla sua maniera: in uno stadio tra i suoi migliaia di follower, come nei suoi grandi raduni, in un bagno di folla che gridava "Usa, Usa" e poi "Trump, Trump" fino all'infinito. Il presidente eletto avrebbe voluto la cerimonia di elezione nella grande spianata che guarda i grandi edifici di Washington, davanti a tantissima gente, come nella tradizione, invece ha dovuto spostare la cerimonia all'interno del Campidoglio, nella sala coperta dalla sua grandiosa cupola e annullare l'evento grandioso, spettacolare per il grande freddo con temperature fino a -14 gradi. Trump è Trump per aver programmato successivamente alla sua elezione un altro modo di dimostrare la sua volontà dirompente fin dal primo minuto della sua presidenza, andando allo stadio chiuso di Washington per continuare i festeggiamenti e per stare vicino ai suoi sostenitori. C'è troppo freddo, ma c'è il calore "trumpismo" che scalda. C'è anche Elon Musk, molto applaudito, "questa non è stata una vittoria qualunque, questa è una vittoria importante nel percorso della civiltà umana" e si lascia guidare dal cuore facendo un gesto forse esagerato, che molti hanno polemizzato perché ritengono che avesse fatto il saluto nazista, stendendo il braccio destro davanti a sé. Eccesso di entusiasmo o saluto nazista? La polemica divampa subito, il gesto fa il giro del mondo ma si spegne subito perché è evidente il segno di un momento di entusiasmo che dice alla folla "il mio cuore è con voi". Dalle parole alle azioni e in questo senso Trump ha rispettato il suo programma firmando, come aveva detto nel suo discorso subito dopo la sua elezione, tanti ordini esecutivi che hanno un effetto immediato. Nel suo primo giorno da presidente, ha firmato 41 decreti spazzando via l'era Biden. I provvedimenti si riferiscono all'immigrazione, all'energia. I primi nove ordini esecutivi Trump li ha firmati davanti ai suoi sostenitori alla Capital One Arena, il resto nello Studio Ovale della Casa Bianca (foto dal web/Social). Tra questi c'è il recesso dall'Accordo di Parigi rompendo con l'agenda verde del suo predecessore Joe Biden, la fine dell'invasione degli immigrati, cancellando le richieste di diritto d'asilo, poi c'è il Golfo del Messico che sarà rinominato Golfo d'America. Il neo presidente poi grazia tutti coloro che sono stati condannati per l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, poi ordine esecutivo per proclamare che esistono solo uomini e donne, ragazzi e ragazze e cancella la norma sulle persone trans e altre identità di genere. Lotta aperta e muso duro contro l'immigrazione clandestina e il ritiro degli Stati Uniti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre al ripristino della pena di morte federale "che comporta l’omicidio di un agente delle forze dell’ordine o un crimine capitale commesso da uno straniero illegalmente presente in questo paese”.
TRUMP E' IL 47° PRESIDENTE USA:
INIZIA L'ETA' DELL'ORO E IL PAESE
DIVENTERA' DI NUOVO GRANDE
PRONTI GLI ORDINI ESECUTIVI:
VIA MILIONI DI MIGRANTI.
BANDIERA USA SU MARTE
di Augusto Maccioni
(20-1-2025) Donald Trump (foto dal web/Social) è il 47esimo presidente degli Stati Uniti. Ha giurato davanti al presidente della Corte Suprema John Roberts ed è tornato alla Casa Bianca dopo aver guidato la prima potenza mondiale tra il 2017 e il 2020. Subito dopo ha annunciato il suo discorso ribadendo quanto andava dicendo in campagna elettorale, mettendo in evidenza che sotto la sua amministrazione il Paese diventerà "di nuovo grande" grazie ad un'ondata di cambiamento. "L'età dell'oro degli Stati Uniti inizia proprio adesso". Non solo. Ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale al confine con il Messico e contro i Narcos, cartelli individuati come "organizzazioni terroristiche straniere". Poi ha assicurato che farà massicce deportazioni per respingere l'invasione dei migranti. Ha proclamato poi la fine del Green New Deal, il patto per promuovere l'energia pulita e attaccherà le politiche trans. Trump durante il giuramento e durante il primo discorso da presidente degli Stati Uniti, è stato seguito da 800 invitati nella rotonda del Campidoglio. C'erano gli ex presidenti Joe Biden, Bill Clinton, George W.Bush e Barack Obama, presente anche il magnate Elon Musk e la premier italiana Giorgia Meloni. Altre 1.300 persone hanno seguito l'evento dalle sale interne a causa del freddo. "D'ora in poi il nostro Paese prospererà e sarà nuovamente rispettato in tutto il mondo", ha continuato il presidente "Saremo l'invidia di tutte le nazioni e non permetteremo più che si approfittino di noi. La mia priorità sarà creare una nazione orgogliosa, prospera e libera". Un Trump, come è suo solito, molto combattivo e aggressivo mentre Biden ascoltava seduto a un paio di metri di distanza con mezzo sorriso di circostanza. Poi arrivano anche la raffica di attacchi, come l'incapacità dell'amministrazione precedente di difendere il confine, di non dare risposte ai disastri naturali e poi le varie crepe. Il mandato di Trum è chiaro: invertire completamente l'orribile tradimento che si è verificato, perché c'è stato un declino che ha danneggiato gli Stati Uniti e che bisogna cambiare radicalmente tutto per fare nuovamente grande il Paese. In politica estera Trump ha fissato diversi punti come quello di "fermare tutte le guerrre e portare un nuovo spirito di unità in un mondo che è stato violento". Poi ha detto che vuole recuperare il Canale di Panama, adesso in mano ai cinesi, e tra le sue mire espansionistiche, ma non le ha evidenziate nel suo discorso al Campidoglio, figurano la Groenlandia o l'annessione del Canada. "E conquisteremo Marte" ha poi detto Trump e Musk si alza e applaude. Pronti per la firma gli ordini esecutivi della nuova era Trump. Il neo presidente li firmerà subito e sono posizionati su un tavolo allestito allo stadio Capital One. Ci sono cartelle e penne e Trump non perderà del tempo. Solitamente il presidente li firma a porte chiuse alla Casa Bianca, questa volta la firma degli ordini esecutivi saranno firmate nel corso del grande evento della sua elezione.
TREGUA A GAZA, ISRAELE APPROVA
L'ACCORDO. DOMENICA LO SCAMBIO
DEI PRIMI OSTAGGI-PRIGIONIERI
NETANYAHU: "SE LA FASE DUE
FALLISCE, LA GUERRA RIPRENDE,
C'E' L'OK DEGLI STATI UNITI"
di Augusto Maccioni
(17-1-2025) Si va verso la tregua, un segmento importante per far cessare il fuoco a Gaza nonostante gli aerei da combattimento israeliani continuano a bombardare Gaza. Le incursioni dei bombardieri hanno causato 116 morti, soprattutto donne e bambini, e forse continueranno nella giornata di sabato 18 gennaio per colpire i capi di Hamas. Da domenica c'è la tregua, non si sparerà e si darà attuazione all'accordo firmato a Doha tra la delegazione israeliana e quella del movimento palestinese Hamas. Venerdi 17 gennaio si è riunito il gabinetto di sicurezza israeliano, che ha dato l'ok alla pace temporanea, e il Consiglio dei ministri (foto dal web/Social) che ha i numeri sufficienti per procedere all'accordo annunciato mercoledi scorso dai mediatori del Qatar, Stati Uniti ed Egitto. Tutto ormai è pronto per dare attuazione alla sospirata tregua che comincia da domenica 19 gennaio con lo scambio degli ostaggi e dei prigionieri palestinesi. Ci sono già le liste con i nomi: 33 ostaggi israeliani saranno liberati nella prima fase dell'accordo e quella dei primi 95 prigionieri palestinesi, tutti riacquisteranno la libertà e faranno ritorno alle proprie case. Tra i primi ostaggi che saranno rilasciati da Hamas figurano due bambini di due e cinque anni e i loro genitori oltre a tre persone oltre gli 80 anni. Ci sono anche donne, uomini sopra i 50 anni, minori e i malati. Non si sa quanti ostaggi sono ancora in vita, Hamas non lo ha comunicato e Israele non ha fatto storie preferendo portare avanti tutto il piano degli scambi. Gli ostaggi liberati avranno un peso importante perché in base alle persone ancora in vita dipenderà la liberazione dei palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane. Al momento non si sa se Israele rilascerà leader di alto profilo, ma tutto dipenderà dall'osservanza delle procedure e dalla correttezza degli impegni presi. Se nel corso della prima fase, che durerà un mese e mezzo, tutto andrà per il verso giusto, Israele attiverà il ritiro dell'esercito da Gaza e contemporaneamente il ritorno degli sfollati nelle loro case. Poi si vedrà. La tregua potrà continuare con le fasi successive se saranno rispettati i dettagli dell'accordo tenendo conto che molto dipenderà dal comportamento di Hamas. Tutto sarà comunque al vaglio del nuovo inquilino della Casa Bianca che non vuole nessuna anomalia nell'accordo e neanche la tentazione di Hamas di riorganizzarsi per riprendere i combattimenti. Netanyahu ha fatto sapere che se "i negoziati sulla fase due dell'accordo falliscono e Hamas non accetta le richieste di sicurezza, l'Idf tornerà a combattere a Gaza col sostegno degli Stati Uniti". Capitolo a parte sarà l'Iran al quale sia Stati Uniti che Israele attribuiscono grande importanza nello scacchiere del Medio Oriente.
DISACCORDI ALL'ULTIMO MINUTO STANNO FACENDO
RITARDARE IL CESSATE IL FUOCO A GAZA
BEN GVIR PRONTO A DIMETTERSI, LUNEDI RILASCIO
DEGLI OSTAGGI MENTRE TRUMP SI INSEDIA
di Augusto Maccioni
(16-1-2025) C'è ufficialmente il cessate il fuoco a Gaza ma si continua a sparare. L'incertezza si fa strada in questi giorni in attesa della tregua che entrerà in vigore domenica secondo il patto raggiunto a Doha e annunciato da Donald Trump, Joe Biden, Qatar ed Egitto. L'accordo è stato siglato e sicuramente sarà rispettato, ma in queste ore sono emersi problemi sul rispetto di alcuni dettagli che Benjamin Netanyahu (foto dal web/Social) ha rilevato: "Hamas ha rinnegato alcune parti dell'accordo raggiunto con i mediatori " e quindi, riferisce il primo ministro israeliano, il gabinetto "non si riunirà finché i mediatori non avranno informato Israele che Hamas ha accettato tutti gli elementi dell'accordo". Hamas nega che ci siano state richieste per modificare il testo della tregua anche se il portavoce di Netanyahu ha riferito che Hamas ha chiesto il rilascio di "alcuni terroristi" che Israele non vuole rilasciare, mentre monta l'incertezza politica in Israele perché alcuni elementi del governo ultranazionalista, come Itamar Ben Gvir, capo della sicurezza nazionale, il quale ha ribadito che si ritirerà dal governo se si dovesse concretizzare il cessate il fuoco a Gaza. Secondo l'esponente politico la tregua significherebbe una vittoria per Hamas e metterebbe in pericolo la sicurezza israeliana e andrebbe contro gli obiettivi della guerra. In buona sostanza Ben-Gvir, oltre ad essere ministro è anche leader del partito di coalizione di destra radicale Otzma Yehudit, ha definito inoltre "disastroso" il ritiro delle forze armate israeliane dalla zona di confine tra Gaza e Egitto perché considerata zona strategica col rischio di essere utilizzata per le future mosse di Hamas contro gli israeliani. Domani 17 gennaio si saprà di più su queste divergenze che mettono in difficoltà l'operatività della tregua, mentre il giornale Haaretz riferisce che i disaccordi sono stati risolti e che il gabinetto è pronto per rispettare il cessate il fuoco a Gaza. Intanto, però, i combattimenti sono continuati nonostante le "promesse" della tregua e sono state colpite diverse aree del territorio palestinese durante la notte con un bilancio di 77 morti e 230 feriti. Nel corso della giornata l'esercito israeliano ha colpito 50 obiettivi a Gaza, tra depositi di armi e arsenale esplosivo. Intanto si fa strada l'ipotesi che il rilascio degli ostaggi in mano ad Hamas avvenga lunedi 20, mentre il presidente Usa Donald Trump si insedia alla Casa Bianca.
FINALMENTE IL CESSATE IL FUOCO TRA ISRAELE
E HAMAS, MA INIZIERA' DOMENICA 19 GENNAIO
TRUMP ANNUNCIA L'ACCORDO E SE NE
PRENDE IL MERITO: OSTAGGI LIBERI A BREVE
di Augusto Maccioni
(15-1-2025) Alla fine anche il ministro del Qatar Mohammed al Thani ha annunciato ufficialmente la tregua di guerra tra Israele e Hamas dopo 15 mesi di conflitto. Il cessate il fuoco entrerà in vigore domenica 19 gennaio. Tutto risolto quindi in Medio Oriente? Sulla carta la tregua c'è ma diverse questioni devono essere ancora risolte e l'ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu spera di chiuderle nelle prossime ore. Gli annunci sono stati emanati anche se domani, giovedi 16 gennaio, l'esecutivo israeliano valuterà e voterà i termini dell'accordo. Manca questo passaggio politico ma tutto ormai è stato deciso per chiudere questo conflitto dopo 466 giorni e oltre 46.700 morti nella Striscia di Gaza e dopo settimane di negoziati a Doha, difficili e complicati. La tregua andrà avanti in tre fasi. La prima durerebbe sei settimane e Hamas consegnerebbe 33 ostaggi, tra loro tutte le donne, i bambini e uomini over 50, mentre Israele inizierebbe il progressivo ritiro delle sue truppe nel nord di Gaza e inizierebbe a liberare i prigionieri palestinesi. Nella seconda fase Hamas rilascerebbe tutti gli altri ostaggi rimasti in vita, mentre Israele ritirerebbe, "in maniera completa", le forze militari da Gaza. Nella terza e ultima fase è prevista la consegna dei corpi degli ostaggi. A questo punto scatterebbe il piano di ricostruzione di tre-cinque anni sotto il controllo internazionale. I garanti di tutta questa operazione sono il Qatar, l'Egitto e gli Stati Uniti. Ancora prima dell'annuncio ufficiale, quando già il presidente eletto Usa Donald Trump aveva comunicato sul suo Social la tregua tra Hamas e Israele, la gente è scesa in piazza a Gaza per celebrare l'accordo. Scene di gioia e grandi festeggiamenti a Deir Al-Balah e in altri luoghi della Striscia (foto dal web/Social). Si abbracciano e si scattano foto per celebrare il grande avvenimento. Altre scene di gioia anche a Tel Aviv. Il neo presidente Trump se ne prende il merito: "E' una tregua epica" ha scritto sulla sua piattaforma Truth Social, ed è il risultato della sua vittoria elettorale di novembre. "Abbiamo realizzato così tanto senza nemmeno essere alla Casa Bianca, ha detto, immaginate tutte le grandi cose che accadranno quando tornerò alla Casa Bianca". Da sottolineare lo spirito di squadra dei presidenti Usa, Joe Biden e il neo eletto Trump, per arrivare a questo risultato e per "garantire che Gaza non diventi mai più un rifugio sicuro per i terroristi". L'annuncio del cessate il fuoco a Gaza è stato dato anche dal presidente uscente Biden che in tv ha sottolineato che la "strada verso questo accordo non è stata facile e che questa è una delle trattative più difficili che abbia mai vissuto". Durante la conferenza stampa, Biden ha affermato di aver incaricato suoi collaboratori di lavorare a stretto contatto con la squadra di Trump. Il risultato è buono e per il momento teniamo duro per aver portato a casa una tregua che era difficilissimo prima della elezioni presidenziali americane.
IL CESSATE IL FUOCO A GAZA
E' "PIU' VICINO CHE MAI"
E' PROBABILE CHE LA TREGUA SARA'
NELLE MANI DEL PRESIDENTE TRUMP
di Augusto Maccioni
(14-1-2025) Al 465° giorno di guerra si intravvede, forse, la luce della tregua tra Hamas e Israele. Sia l'organizzazione politic palestinese islamista che il primo ministro Benyamin Netanyahu sono d'accordo nel chiudere il confronto bellico, anche se richiederà del tempo per una pace duratura, dopo 46.645 morti e 110.012 feriti dall'inizio del conflitto (foto dal web/Social). Anche Donald Trump sta facendo pressioni per la tregua: "L'accordo a Gaza, ha detto, entro la fine della settimana". E' il momento giusto per la ricostruzione di Gaza dopo tanta guerra e dopo mesi di colloqui di pace tra Israele e Hamas. Adesso l'accordo è più vicino, anche se tutte le parti interessate usano la massima cautela. Ci si chiede anche perché Netanyahu improvvisamente difenda un piano di tregua che sostanzialmente è lo stesso che Joe Biden promuove da mesi. E come mai anche Hamas ha deciso di accettare le condizioni americane, che sono sempre quelle proposte tempo fa. E' chiaro il cambiamento della situazione politica e militare, il nuovo vento dell'amministrazione Trump alla Casa Bianca ha accelerato ogni procedura e ha creato quell'ultimatum che le parti interessate hanno accettato. Una settimana fa il presidente eletto è stato chiaro nel fissare la scadenza per raggiungere un accordo e questa volta il messaggio è stato accolto da Hamas ma anche dal suo alleato Netanyahu. C'è adesso un problema: Hamas e Israele preferiscono dar corso alla tregua adesso, con la fine del mandato di Biden e quindi dandogli un vantaggio importante per la sua politica estera, o aspettare a lunedi prossimo per offrire a Trump, una volta assunto la presidenza degli Stati Uniti, l'importante e gratificante impegno di pacificare il Medio Oriente?
NORDIO REVOCA L'ARRESTO DI ABEDINI,
E' GIA' IN IRAN: "NON CI SONO PROVE
DEL SUPPORTO AI TERRORISTI"
di Augusto Maccioni
(12-1-2025) L'uomo dei droni, è libero ed è già in Iran. Il 38enne ingegnere iraniano è stato rilasciato dalla Corte d'Appello di Milano in esecuzione del provvedimento del Guardasigilli Nordio che ha firmato la richiesta di revoca dell'arresto di Mohammed Abedini Najafabadi. L'ngegnere iraniano era in carcere dal 16 dicembre a causa di un mandato d'arresto emesso dagli Stati Uniti per aver esportato in Iran componenti elettronici per droni utilizzati per la morte di alcuni soldati americani in Giordania. In Italia non era accusato di alcun reato mentre gli Stati Uniti chiedevano l'estradizione. Il caso di Abedini era strettamente legato alla giornalista Cecilia Sala (foto dal web/Social), incarcerata a Teheran con l'accusa generica di "violazioni delle leggi islamiche", e rilasciata qualche giorno fa grazie all'interessamento della premier Giorgia Meloni che per raggiungere questo obiettivo si è recata in Florida da Trump. In principio l'Iran aveva scartato lo scambio "dei prigionieri" definendo l'arresto della giornalista italiana un caso diverso da quello dell'ingegnere iraniano. Era comunque certo che l'Iran avesse arrestato Sala per fare pressione su Roma affinché ottenesse la liberazione di Abedini. Il collegamento era evidente tanto che l'avvocato dell'ingegnere iraniano avesse chiesto i domiciliari e la certezza di non essere estradato negli Stati Uniti dove lo attendevano decenni di carcere duro. La decisione spettava alla Corte d'Appello di Milano che il 15 gennaio doveva emettere la sentenza. In attesa della decisione del Tribunale di Milano c'è stata la liberazione di Cecilia Sala, un grande merito della premier e del governo, mentre Abedini aspettava in carcere in attesa di eventi sul suo caso. A sorpresa è intervenuto il ministro della Giustizia Nordio che ha accelerato i tempi ed ha evitato che i giudici decidessero sul caso, e ha revocato le misure imposte a una persona in attesa di estradizione. Il Guardasigilli ha negato uno scambio di prigionieri e ha affermato che Abedini è stato accusato di reati che non figurano nel codice penale italiano, anche perché per l'estradizione il reato in questione deve essere contemplato da entrambi i Paesi. Nordio ha anche detto che la giustizia italiana non ha riscontrato "elementi che confermino le accuse mosse" oltre al fatto che l'Italia e l'Unione Europea non considerano la Guardia rivoluzionaria iraniana un'organizzazione terroristica a differenza degli Stati Uniti. Per Teheran un malinteso chiuso bene.
CONFERENZA STAMPA DI MELONI:
GRANDE EMOZIONE PER SALA
"MUSK NON E' PERICOLOSO, CON LUI
NON HO PARLATO DI STARLINK"
di Augusto Maccioni
(9-1-2025) In una conferenza stampa affollata, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni (foto dal web/Social), rispondendo alle domande dei 40 giornalisti accreditati, ha fatto il punto politico annuale del suo governo alla luce delle ultime novità come quella, ad esempio, della liberazione della giornalista Cecilia Sala, un vanto per la stessa premier e del suo governo, per la diplomazia e per i Servizi. E parlandone ha fatto una confidenza: "La cosa più bella di questi ultimi due anni da primo ministro è stato chiamare una mamma per darle la notizia del rilascio della figlia". Una vicenda che ha polarizzato l'attenzione dei media che hanno messo in evidenza i fatti di Cecilia reclusa per ventuno giorni nel durissimo carcere di Evin a Teheran. Una liberazione, comunque, che ha costituito un grande successo personale e politico per la premier, riconosciuto da tutti, dalla maggioranza e dall'opposizione, e che ha messo in evidenza la statura di Meloni per aver stravolto ogni protocollo andando a parlare della vicenda della nostra connazionale, tra gli altri argomenti, col presidente eletto Usa Donald Trump nella sua villa in Florida. La liberazione della giornalista del "foglio" è stato il momento più emozionante per la conferenza stampa organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e dall’Associazione stampa parlamentare. Per oltre tre ore Giorgia Meloni ha parlato di tutto, rispondendo alle domande di tanti giornalisti anche a quelle più scomode. L'argomento più ricorrente è su Elon Musk, il miliardario braccio destro del neo presidente Trump, e su quella eventuale ingerenza nella politica di alcuni Paesi ma anche sul possibile accordo con l'Italia per un progetto di sistema satellitare Starlink di SpaceX, del valore di 1,5 miliardi di euro per cinque anni, con la prospettiva di dare all'Italia quella tecnologia altamente sicura per le Forze Armate, il Governo e gli apparati di emergenza. Molte domande sull'argomento, e a più riprese la premier ha assicurato di non aver parlato del sistema satellitare con Musk il quale "esprime la sua posizione liberamente. Può piacere o no, ma quando mi dicono che c'è pericolo di ingerenze faccio presente che non è il primo caso di persone note e facoltose che esprimono la loro opinione" al contrario di Soros, ha puntualizzato Meloni, che utilizza le sue risorse per finanziare partiti e associazioni in tutto il mondo per influenzare le politiche di molti paesi. Non solo Musk ma anche il nome di Trump è stato il più ricorrente nelle domande dei giornalisti. Meloni ha simpatia per il neo presidente Usa definendo il loro rapporto importante per l'Italia e l'Europa. La premier ha anche detto, indipendentemente dai suoi impegni, che sta valutando la possibilità di partecipare alla cerimonia per la sua elezione il 20 gennaio a Washington. Domande anche sul Centro migranti in Albania ("Sono pronti a tornare operativi in qualsiasi momento"), sulla sorella Arianna ("mai parlato di complotto ma sicuramente è strategia") sulle condizioni carcerarie, ancora su Trump per i dazi, e sull'economia la premier si è soffermata sugli aiuti alle persone in difficoltà, alle famiglie e attenzione al ceto medio. "Non mi aggrappo al potere" ha detto Giorgia Meloni alla domanda se si ricandiderà alle elezioni del 2027, "deciderò in base ai risultati". Poi un pò di relax e qualche sorriso per la domanda creativa del direttore dell'Agenzia Vista, Alexander Jakhnagiev, che le ha chiesto:"Se calpesta le formiche, ci fa caso mentre cammina? Un detto popolare vuole che quando si calpestano le formiche, poi piove". La premier non si è sottratta neanche a questa domanda: "Le confesso, se le vedo, no, poi, non le vedo sempre".
L'IRAN RILASCIA LA GIORNALISTA CECILIA SALA
DOPO TRE SETTIMANE DI DURA DETENZIONE
L'ITALIA FESTEGGIA,
" BENTORNATA CECILIA!"
di Augusto Maccioni
(8-1-2025) Cecilia Sala è stata liberata ed è tornata a casa. La vicenda della giovane giornalista del "Foglio", che ha trascorso poco più di 20 giorni di detenzione in Iran con l'accusa di fantomatiche violazioni della legge islamica, si è chiusa positivamente in un arco di tempo breve considerato che la detenzione nel carcere di Evin, tra le più dure eisistenti, è solitamente molto lunga. Grazie agli sforzi politici, diplomatici e dei Servizi è stato possibile liberare la giornalista di 29 anni detenuta in Iran dal 19 dicembre. La svolta poco prima di mezzogiorno quando la premier Giorgia Meloni ha annunciato in un comunicato che "è decollato da Teheran l'aereo che riporta a casa la giornalista". Il primo ministro ha informato personalmente della liberazione i genitori con una telefonata. In una nota del governo c'è soddisfazione per la positiva conclusione della vicenda: "Grazie ad un intenso lavoro attraverso i canali diplomatici e di intelligence, la nostra connazionale è stata rilasciata dalle autorià iraniane e rientra in Italia", la premier Meloni ha poi espresso "gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile il ritorno di Cecilia, permettendole di ricongiungersi con la sua famiglia e i suoi colleghi". L'aereo su cui viaggiava Cecilia Sala è arrivato all'aeroporto romano di Ciampino alle 16:13, e ad attenderla c'era il compagno, il giornalista Daniele Raineri, i genitori e naturalmente la premier e il ministro degli Esteri e vicepresidente Antonio Tajani che ha comunicato sui social "Diplomazia e lavoro di squadra: Cecilia Sala torna a casa". Ad abbracciarla per primo, appena scesa dall'aereo, è stato il compagno: "Cecilia è molto felice" (foto dal web/Social). I genitori di lei avevano gli occhi lucidi di gioia, e il padre ha dichiarato di essere "molto orgoglioso di Cecilia" poi ha rivolto parole di gratitudine per la premier e il governo che nella vicenda hanno fatto un lavoro eccezionale. L'accelerazione per la liberazione è avvenuta martedi anche se i presupposti si intravvedevano dall'incontro tra Giorgia Meloni e il presidente eletto Usa Donald Trump. Per rendere operativa tutta l'operazione la premier si è recata negli Stati Uniti domenica scorsa per incontrare Trump nella sua villa in Florida mettendo sul tavolo, tra le varie pratiche, anche la questione del rilascio di Sala. La liberazione della giornalista era legato all'ingegnere svizzero iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, arrestato a Milano e accusato dagli Stati Uniti di aver fornito droni utilizzati in un attacco del 2023 che uccise tre soldati americani in Giordania, per il quale l'amministrazione Usa chiedeva l'estradizione mentre l'Iran puntava per il rilascio. A decidere su Abedini sarà la magistratura italiana il 15 gennaio e dirà se il "terrorista dei droni" dovrà rimanere in cella, per poi essere estradato in Usa, o ai domiciliari o anche metterlo in libertà. E' più probabile che Abedini non sarà estradato e questa condizione è sollecitata dalla stessa Iran che non intende consegnare il suo connazionale alle carceri dure americane. La decisione spetterà al Tribunale milanese che avrà elementi sufficienti per valutare il caso indipendentemente da ogni questione politica e diplomatica tra Italia-Iran. Cecilia Sala ha saputo nel carcere in cui si trovava che qualcosa stava cambiando dalle sue condizioni di detenzione, perché martedi scorso le avevano dato un letto, fino ad allora dormiva per terra, ed erano stati consegnati i pacchi dell'ambasciata italiana fermi una settimana prima. L'Italia festeggia, quindi, la liberazione di Sala ed è un sentimento pieno e sentito da tutti, dalla maggioranza e dai partiti dell'opposizione che hanno riconosciuto il merito della premier e del Governo. "E' per tutti un enorme sollievo" e per un giorno niente polemiche, perché il ritorno a casa di Cecilia Sala ci riempie di gioia e di felicità.
CONFERENZA STAMPA DEL PRESIDENTE ELETTO
DEGLI STATI UNITI DA MAR-A-LAGO IN FLORIDA
TRUMP NON ESCLUDE L'USO DELLA FORZA
PER OCCUPARE GROENLANDIA E PANAMA
"HAMAS RILASCI GLI OSTAGGI O SARA'
L'INFERNO IN MEDIO ORIENTE"
di Augusto Maccioni
(7-1-2025) Donald Trump (foto dal web/Social) a tutto campo nella prima conferenza stampa dell'anno prima del suo insediamento alla Casa Bianca. Sempre battagliero, provocatore ma anche deciso a realizzare alcuni step del suo programma come presidente degli Stati Uniti. In questo senso non si arrenderà alle ambizioni territoriali mostrate nelle ultime settimane ma anche alle pressioni sulla Nato per aumentare i bilanci per la difesa. L'obiettivo del neo presidente Usa è l'acquisizione della Groenlandia, attualmente sotto il controllo danese e ritenuta decisiva per la sicurezza nazionale per le sue risorse naturali, e il controllo del Canale di Panama che dovrà chiamarsi Golfo dell'America. Non solo, annettere anche il Canada "perché beneficia dell'acquisto dei suoi prodotti e della protezione militare da parte degli Stati Uniti senza che Washington riceva nulla in cambio". Non si sono fatte attendere le risposte della ministra degli Esteri Melanie Jolie che il "Canada è un paese forte e non ci arrenderemo mai di fronte alle minacce", e del primo ministro dimissionario Justin Trudeau che ha messo in chiaro che "mai e poi mai il Canada farà parte degli Stati Uniti". Altro argomento molto caro a Trump è l'acquisizione della Groenlandia che già propose di conquistare nel 2019 e che oggi potrebbe essere una proposta meno folle date le tensioni tra Copenaghen e l'isola grande quanto sette volte l'Italia e con quasi 60mila abitanti. Sulla scia di questo disegno il neo presidente Usa ha inviato il figlio Trump Jr per un soggiorno di poche ore da "privato" per verificare alcune possibilità di acquisizione ma il primo ministro danese ha sottolineato che il territorio autonomo non è in vendita e comunque il futuro della Groenlandia dipenderà dai suoi abitanti. La grande isola dell'Atlantico oltre ad essere ricca di risorse naturali è anche in una posizione strategica per rispondere alle ambizioni di Cina e Russia nell'Artico. Nel corso della conferenza stampa Trump ha anche sostenuto che gli Stati Uniti debbano riprendere il controllo del Canale di Panama, che è stato restituito al paese centroamericano nel 1999 con la firma del presidente Jimmy Carter nel 1977. Intervistato dai giornalisti sull'argomento il neo presidente ha rifiutato di escludere l'uso della forza militare per il controllo del Canale chiave molto importante per il traffico marittimo americano gestito, è questa l'accusa di Trump, dalla Cina. In politica estera, il presidente eletto ha chiesto il rilascio degli ostaggi ancora in mano di Hamas "prima del suo insediamento previsto per il 20 gennaio" poi ha mostrato la faccia dura e aggressiva, nel suo stile: se gli ostaggi non saranno liberati prima di quella data "ci sarà l'inferno in Medio Oriente". Poi ha parlato della situazione in Ucraina, condannando l'invasione russa: presto ci sarà la pace, ma non si sa a quali condizioni. Infine Trump ha chiesto ai membri dell'Unione Europea di aumentare da 2% al 5% il loro budget alla difesa.
GIORGIA MELONI "PRINCIPALE
ALLEATO DI TRUMP IN EUROPA"
SUL TAVOLO DEL NEO
PRESIDENTE USA IL CASO
DI CECILIA SALA
di Augusto Maccioni
(5-1-2025) L'Italia resta col fiato sospeso sul dramma della giornalista Cecilia Sala, in carcere in Iran, le cui condizioni non sono ottimali perché, come ha dichiarato al telefono ai suoi genitori, si trova in una cella piccola e fredda, dorme per terra e con la luce sempre accesa. Si sa anche che la giornalista del "Foglio" non ha ricevuto il pacco dell'ambasciata italiana con vari beni di prima necessità. Il governo italiano è impegnato a esercitare forti pressioni su Donald Trump (foto dal web/Social), che sarà dichiarato ufficialmente presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio 2025, per chiudere la vicenda Abedini Najafabadi, agli arresti a Milano, evitando la richiesta di estrazione negli Usa. L'Italia si trova di fronte a un grande dilemma critico: per liberare Cecilia Sala dall'Iran è necessario liberare Abedini che gli Usa vorrebbero condannare all'ergastolo duro. Se invece venisse accordata l'estradizione negli Stati Uniti, la vicenda si complicherebbe perché potrebbe mettere a rischio l'incolumità della giovane giornalista. Per questo motivo la premier Giorgia Meloni, a sorpresa, ha preso una decisione clamorosa e con piglio deciso è andata in Florida ad incontrare il presidente eletto prospettando la necessità e l'urgenza, per l'Italia tutta, di liberare la nostra connazionale che si trova nel carcere di Evin in Iran in condizioni disumane, senza un capo di imputazione specifico ma solo col generico "violazione delle leggi islamiche". Si sa che l'arresto di Cecilia Sala è legato a quello dell'ingegnere svizzero-iraniano Abedini, per il quale gli Stati Uniti hanno chiesto l'estradizione perché lo accusano di far parte di un'associazione criminale e di aver fornito tecnologia americana sui droni utilizzati dalla Guardia rivoluzionaria islamica in Giordania uccidendo 3 soldati americani. L'incontro con Trump la premier lo ha avuto tramite il miliardario Elon Musk con cui Giorgia Meloni intrattiene un rapporto di amicizia. Il neo-presidente ha rivolto un caloroso benvenuto alla premier italiana che intende imporsi come solido alleato europeo della nuova amministrazione americana con l'obiettivo di creare un ponte tra Washington e l'Unione Europea. Il dialogo tra Trump e Meloni sicuramente avrà un effetto immediato sulla vicenda Sala, anche perché lo scambio di ostaggi, Abedini-Sala, non è uno scandalo e sulla questione ci sono molti esempi di negoziati tra americani e Russia e anche Iran per la liberazione di detenuti Usa. Bisognerà trovare l'appiglio giusto tra Italia-Usa, tra il governo Meloni e la nuova amministrazione Trump, per ritardare il provvedimento di estradizione o renderlo più flessibile per arrivare alla liberazione di Cecilia Sala. Se il piano-Meloni si dovesse concretizzare, e le condizioni ci sono tutte, il rilascio della giornalista del "Foglio" costituirebbe un successo internazionale senza precedenti per la premier che va per la sua strada, a muso duro, per ottenere un obiettivo legittimo che tutti si aspettano: la liberazione di Cecilia Sala.
CASO CECILIA SALA, A SORPRESA
LA PREMIER MELONI DA TRUMP
PER LA SUA LIBERAZIONE
di Augusto Maccioni
(4-1-2025) Il caso di Cecilia Sala è al centro dell'incontro tra la premier Giorgia Meloni e il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump (foto dal web/Social). Per chiudere la delicata e complicata trattativa tra l'Italia e l'Iran, il presidente del Consiglio ha raggiunto la residenza di Trump al Mar-a-Lago in una missione di grande importanza che potrebbe riconsiderare la vicenda dell'iraniano Abedini Najafabani, in carcere in Italia, accusato dagli Stati Uniti di aver utilizzato tecnologia americana montata su droni per uccidere 3 soldati americani in Giordania e per questo motivo gli Usa chiedono al nostro Paese l'estradizione, e consentire la liberazione della giornalista del "Foglio" e di "Chora Media" che si trova da 17 giorni in carcere in Iran. Giorgia Meloni ha dovuto raggiungere Trump per definire gli aspetti dell'estradizione nel caso all'iraniano non dovessero essere concessi i domiciliari da parte dei giudici, la cui sentenza dovrebbe essere comunicata dal 15 gennaio. L'estradizione è stata richiesta dall'amministrazione Biden, ma Giorgia Meloni vorrebbe trattare condizioni più favorevoli per l'ingegnere dei droni, financo la flessibilità del governo italiano, direttamente col presidente eletto Trump che salirà alla Casa Bianca dal 20 gennaio. E' evidente che la delicata e complicata vicenda di Abedini, che l'Iran vorrebbe libero in cambio della libertà di Cecilia Sala, si potrà definire solo e soltanto quando saranno assunti impegni precisi tra Italia e Usa e saranno declassate le accuse, o una temporanea sospensione di interesse dell'estradizione, che gli Stati Uniti hanno rivolto nei confronti dell'ingegnere dei droni. Accuse che potrebbero essere più flessibili con l'amministrazione Trump, visto i buoni rapporti tra Italia, e premier in particolare, e Usa. Da considerare, inoltre, che l'attuale presidente degli Stati Uniti sarà a Roma dal Papa e sicuramente incontrerà il presidente della Repubblica Mattarella e la premier Meloni, a chiusura del suo mandato presidenziale. In quella occasione si cercherà di chiudere il cerchio giuridico e diplomatico per consentire all'Iran di liberare Cecilia Sala.
CECILIA SALA, I GENITORI
CHIEDONO IL SILENZIO STAMPA
SI CERCA L'APPIGLIO PER
LIBERARE LA GIOVANE GIORNALISTA
di Augusto Maccioni
(3-1-2025) Tutto si deciderà dopo il 15 gennaio, e comunque non andare oltre la dead-line del 20 gennaio, giorno in cui il presidente uscente Joe Biden lascerà la Casa Bianca a Donald Trump, quando la Corte di Appello di Milano emetterà la sentenza su una eventuale richiesta dei domiciliari per l'iraniano Mohammad Abedini-Najafabadi, in carcere su richiesta degli Stati Uniti, che reclamano l'estradizione, e non è detto che la decisione dei magistrati italiani possa piacere all'Iran che continuano a tenere da più di due settimana in isolamento la giornalista italiana Cecilia Sala (foto dal web/Social) senza alcuna accusa formale ma solo perché è utile per uno scambio con l'ingegnere iraniano esperto di droni ritenuto dagli Usa complice con i terroristi che un anno fa hanno ucciso in Giordania tre soldati americani. Il giorno dopo l'incontro tra la madre di Cecilia e la premier Giorgia Meloni, i genitori della giornalista de "Il Foglio" chiedono il silenzio stampa per evitare di complicare l'evoluzione della vicenda che è seguita efficacemente dai Ministeri competenti e dai servizi segreti oltre che dalla diplomazia a Teheran. Da una parte c'è il braccio di ferro con l'Iran ma c'è anche grande tensione con gli Usa nel caso l'Italia dovesse negare l'estradizione e dovesse accettare lo scambio per la liberazione di Cecilia Sala. La situazione non è semplice da gestire e ci sono molte considerazioni da valutare. A iniziare dalle condizioni della giovane giornalista in carcere che non sono per niente ottimali anzi "dormo per terra, al freddo e mi hanno tolto anche gli occhiali" ha detto al telefono alla madre. Di contro il viceministro degli Esteri iraniano ha invece assicurato il "benessere" della detenuta e sulle condizioni carcerarie di Cecilia Sala e di Abedini non c'è affatto reciprocità in quanto l'ingegnere esperto di droni è trattato bene in carcere e ultimamente è stato trasfertito nella casa circondariale di Opera come richiesto dal consolato iraniano. Una disparità che è stato evidenziato e che si fa fatica ad estendere alla giovane giornalista italiana a Teheran. L'Iran vuole a tutti i costi che Abedini non venga estradato negli Stati Uniti ("L'Italia non segua la politica ostile degli Usa"), dove lo attende carcere duro per oltre 20 anni per le gravi accuse formulate contro di lui, e che venga liberato in cambio della scarcerazione di Cecilia Sala. Il problema a questo punto sono i magistrati italiani, che sono indipendenti dal potere politico, che potrebbero decidere di non concedere i domiciliari e per consegnare il detenuto iraniano agli Stati Uniti, ma questa decisione potrebbe mettere in serio pericolo la nostra connazionale in Iran. A questo punto il governo avrebbe la possibilità di revocare l'ordine d'arresto e lasciare libero l'iraniano, una decisione, come prevede il codice, che è "sempre disposta se il ministro della Giustizia ne fa richiesta". Solo in questo caso si sbloccherebbe il braccio di ferro con l'Iran anche se si aprirebbero le tensioni con gli Usa che però potrebbero essere attenuate da precedenti che darebbero più valore all'azione del governo italiano per arrivare alla liberazione di Cecilia Sala. L'obiettivo prioritario è fare uscire Sala dalla prigione di Evin e ogni decisione in tal senso è salutato con grande favore da parte del governo, della maggioranza e dell'opposizione. Tutto però si dovrebbe concretizzare prima del 20 gennaio quando in Usa avrà inizio il Trump bis, perché poi ogni procedura avrà un'altra portata con tensioni non facili da digerire.
ALZIAMO I CALICI, BRINDIAMO
AUGURI DI BUON NATALE
di Augusto Maccioni
(24-12-2024) E' Natale, come ogni anno e ritorna puntualmente ma non è sempre lo stesso perché cambiano le situazioni, gli umori, le esperienze. E' sempre un sollievo però arrivarci, per la tradizione, per la gioia che anima la consuetudine, per i bambini che si affacciano al mondo e vedono splendere le luci multicolor e contemplano i regali, perché intorno si vedono persone felici, si abbracciano e si fanno gli auguri, per un sorriso di un neonato. Tutto cambia ma l'essenziale del Natale continua a stupirci ogni anno e non scompare mai del tutto, come una memoria ciclica che non ci abbandona ma che comunque ci fa crescere. Ogni anno è caratterizzato dalle guerre, dai virus, dai ghiacciai che ci sono e poi scompaiono, dal Niño e la Niña che condizionano il clima globale alternando drammi e siccità, dalle politiche dell'auto e della sopravvivenza, dalle malattie, dal lavoro che c'è e sparisce e dalla povertà. Il mondo è minacciato dall'incertezza ma ci sono dei valori che ritornano e si fanno primari e non ne possiamo fare a meno. E in mezzo a tanta confusione, guerre, caos, malattie ci sono dei riti che non disturbano, anzi ci appagano e ci fanno felici. E' il Natale, un messaggio di gioia e di felicità, sempre antico, ciclico ma sempre nuovo e dirompente e comunque mai noioso. E' una speranza migliore, una speranza che "non tollera l'indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità" ha detto Papa Francesco aprendo la Porta Santa di San Pietro primo evento per l'anno del Giubileo, ed è anche il desiderio di felicità con un impegno costante per costruirlo. Il Natale, quindi, è felicità, è speranza: è nato un Bambino e tutti sono felici. Alziamo i calici, brindiamo, tagliamo il panettone e scambiamoci i regali. E' Natale e abbiamo la gioia nel cuore e la speranza di una vita migliore.
STRAGE AI MERCATINI DI
MAGDEBURGO, IL BILANCIO: 5 MORTI,
200 FERITI DI CUI 40 GRAVISSIMI
IL KILLER CONTRO LA GERMANIA PERCHE'
"VOLEVA ISLAMIZZARE L'EUROPA"
di Augusto Maccioni
(21-12-2024) Un bilancio assurdo, orribile che avrebbe potuto avere altra contabilità sull'incidente terribile avvenuto in Germania a Magdeburgo dove un'auto ha fatto una strage ai mercatini di Natale. Alla fine sono cinque le persone rimaste uccise, tra cui un bambino di 9 anni, mentre altre 205 sono i feriti, di cui 40 in gravi condizioni. L'attentatore è il 50enne psichiatra Taleb Al Abdulmohsen arrivato in Germania nel 2006, il quale ha condotto la professione in maniera tranquilla e che solo ultimamente aveva mostrato segni pericolosi e sui social aveva anche minacciato di morte Angela Merkel perché "voleva islamizzare l'Europa". Rabbia, indignazione o forse vendetta. Comunque la Germania si è svegliata con tante domande dopo la strage di sangue del giorno prima. Molti gli interrogativi in una città tranquilla, dove tutti si sentono protetti dai "problemi" che agitano il mondo. Perché è successo? Perché quell'uomo ha scelto una potente BMW per compiere una strage? In meno di 3/4 minuti si è consumata una storia di morte e feriti: dopo le 19 nella piazza del Municipio, dove le bancarelle di Natale erano in bella vista per i passanti che guardavano e acquistavano, è piombata sulla folla una macchina (foto dal web/Social) che all'impazzata ha colpito le persone che si trovavano sul suo percorso. Quasi un regolamento dei conti, una vendetta. Perché? Taleb Al ha sviluppato col tempo un sentimento critico nei confronti dell'Islam e del suo Paese d'origine l'Arabia Saudita mostrando quell'aggressività che la polizia e i Servizi tedeschi non hanno capito a sufficienza. Del resto l'attentatore sul suo profilo social ha mostrato una opposizione militare contro l'Arabia Saudita e contro la Germania che "vuole islamizzare l'Europa". Alcuni messaggi social fanno capire le sue tendenze: "Se la Germania vuole la guerra, combatteremo, se vuole ucciderci la massacreremo". Secondo lui la Germania doveva essere punita, con un'azione esemplare. Un gesto infame, orribile e tutti dovevano capire da che parte stava la Germania e per questo motivo doveva essere colpita. E' una pennellata di terrorismo o forse il gesto di un esaltato che comunque è fuori dai canoni tipici e non si hanno elementi sufficienti per comprendere la strage. La polizia tedesca conferma che è un "lupo solitario", atipico, che ha problemi psichiatrici.
SETTIMANE DECISIVE PER
IL FUTURO DELL'UCRAINA
ZELENSKY: "BENE L'UE MA
SERVE IL SOSTEGNO DI TRUMP"
di Augusto Maccioni
(19-12-22024) Settimane decisive per il futuro della guerra Russia-Ucraina e tutti attendono l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca per la cessazione del conflitto. Che ci sarà, dice Vladimir Putin che non riconosce l'autorità Volodymyr Zelensky, mentre il presidente ucraino ha qualche perplessità sul presidente Usa eletto che potrebbe ridurre il sostegno a Kiev (foto dal web/Social). L'unica possibilità che Zelensky ha è quello di aggrapparsi alla Nato e all'Unione Europea, come punto di riferimento per avere una garanzia di sicurezza anche da parte degli Stati Uniti. A Bruxelles Zelensky ha ribadito, nel corso di una conferenza stampa, il suo "piano per fermare Putin" come se fosse una spallata decisiva per sconfiggere i russi in Ucraina che nessuno però ha interesse a sottoscrivere mentre si consolidano i presupposti per arrivare alla pace con la diplomazia. E mentre Zelensky punta più marcatamente all'Europa per ottenere il massimo del sostegno c'è la realtà del futuro della guerra che potrebbe cessare non per l'intervento della stessa Europa, troppo debole per dare segnali forti, ma per le decisioni di Trump dopo il suo insediamento del 20 gennaio 2025. Nel frattempo si vive quasi alla giornata nel tentativo di non lasciare scoperte a Kiev quelle "garanzie di sicurezza" necessarie per la sua sopravvivenza. Perché è opinione diffusa che l'Europa senza gli Stati Uniti non può fare molto e non può convincere Putin a sedersi al tavolo delle trattative. E lo stesso sostegno europeo potrebbe vanificarsi se Washington dovesse decidere diversamente. Zelensky chiede da tempo l'adesione dell'Ucraina alla Nato e i tempi per concretizzare questa idea sono scaduti o non sono praticabili nell'immediato mentre potrebbe consolidarsi schieramenti di truppe europee sul campo come proposto recentemente dal presidente francese Emmanuel Macron, ma anche in questo caso c'è sempre da tenere conto della "forza" di Trump che in più occasioni ha sostenuto che sarà lui a far cessare la guerra e a chiudere gli oltre mille giorni del conflitto. Trump parlerà con l'Europa e la Nato? I leader e i rappresentanti di sette paesi alleati della Nato, compresa l'Italia, con Antonio Costa, presidente del Consiglio europeo, e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ci credono e si sono attivati per sostenere una posizione forte a favore dell'Ucraina, una decisione che dovrà essere vagliata e compresa dal nuovo inquilino della Casa Bianca. Sarà così? Il momento è complesso, articolato e molto critico in un momento storico nel quale ci sono posizioni diverse sul tavolo geopolitico globale. La ricetta è una sola: arrivare alla pace tra Russia e Ucraina. A quali condizioni e con quali garanzie? Nel frattempo la guerra va avanti con la tragedia di innumerevoli vite umane e con la pace degli accordi Europa-Nato e Stati Uniti, ma sotto la presidenza di Joe Biden.
SIRIA, AL JOLANI E' IL NUOVO EROE DELLA
SIRIA: DAL FEROCE PASSATO ISIS
AL SUO APPELLO ALL'UNITA'
di Augusto Maccioni
(9-12-2024) Tutto troppo semplice per Abu Mohamed al Jolani (foto dal web/Social), leader di Hayat Tahrir al Sham (HTS) che in 11 giorni è riuscito a fare conquiste importanti e a insediarsi a Damasco senza morti e feriti e facendo scappare i soldati governativi del dittatore siriano Bashar al Assad anche lui in fuga con la famiglia a Mosca. Molte cose non tornano nella sua rivoluzione, di sicuro per la sua "passeggiata militare" al potere si è intervenuti ad alto livello, tra Russia, Iran e Hezbollah con la Turchia. Del resto Assad era diventato un dittatore scomodo che ha gestito malissimo le turbolenze interne del Paese creando malcontento nella popolazione e povertà a tutti i livelli. L'occasione per il cambio di potere in Siria è diventato concreto in un momento storico dove tutte le parti interessate avevano altri compiti prioritari da assolvere. La Russia da oltre mille giorni è impegnata a conquistare il Donbass in Ucraina, l'Iran e Hezbollah non erano nelle condizioni di dare sostegno all'alleato Assad perché determinati nella guerra con Israele. La Turchia era nelle condizioni ottimali di alzare l'asticella delle sue aspirazioni spingendo il "moderato", dopo una vita con l'Isis con le sue massime espressioni di al Baghdadi e di Osama bin Laden, al Jolani, sulla cui testa gli Stati Uniti offrono una taglia di 10 milioni di dollari, a costruire un nuovo ordine nel Paese, più "democratico", posizionandosi come leader progressista capace di dare risposte alla sofferenza della gente e riconciliare una nazione devastata e impoverita alla massima potenza. E' anche evidente che il nuovo corso di al Jolani è guardato con favore da tutti, in Europa ma anche negli Stati Uniti, anche se ci sono molte riserve per la sua storia e per i suoi trascorsi nell'Isis per crimini compiuti durante molti attacchi terroristici. Il nuovo "salvatore" della Siria sta cercando di reinventarsi e di ricostruire un'immagine diversa nei confronti della comunità internazionale e nell'intervista di domenica il nuovo eroe siriano ha preso le distanze dal suo passato jihadista e i suoi toni sono stati molto concilianti e disponibile per "il bene della popolazione". Sarà poi così? L'immagine che è venuta fuori dopo la fuga del dittatore Assad, è traquillizzante: lui con una folla immensa presso la Moschea degli Omayyadi, un abbraccio significativo che lo porta, al di là del simbolismo religioso, a legittimarsi non solo davanti al popolo siriano ma all'Occidente. E' difficile pensare al repentino cambiamento di pelle di un ex jihadista, c'è molto scetticismo sulla sua leadership anche perché ci sono molti esempi di come sono andate le cose dopo i vari Saddam Hussein, Gheddafi. Bisognerà aspettare le prossime mosse e soprattutto capire quale ruolo potranno avere i gruppi minoritari del Paese.