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AL VOSTRO SERVIZIO 2023-2024 di Augusto Maccioni

TREGUA A GAZA, ISRAELE APPROVA
L'ACCORDO. DOMENICA LO SCAMBIO
DEI PRIMI OSTAGGI-PRIGIONIERI

NETANYAHU: "SE LA FASE DUE
FALLISCE, LA GUERRA RIPRENDE,
C'E' L'OK DEGLI STATI UNITI"

di Augusto Maccioni
(17-1-2025) Si va verso la tregua, un segmento importante per far cessare il fuoco a Gaza nonostante gli aerei da combattimento israeliani continuano a bombardare Gaza. Le incursioni dei bombardieri hanno causato 116 morti, soprattutto donne e bambini, e forse continueranno nella giornata di sabato 18 gennaio per colpire i capi di Hamas. Da domenica c'è la tregua, non si sparerà e si darà attuazione all'accordo firmato a Doha tra la delegazione israeliana e quella del movimento palestinese Hamas. Venerdi 17 gennaio si è riunito il gabinetto di sicurezza israeliano, che ha dato l'ok alla pace temporanea, e il Consiglio dei ministri (
foto dal web/Social) che ha i numeri sufficienti per procedere all'accordo annunciato mercoledi scorso dai mediatori del Qatar, Stati Uniti ed Egitto. Tutto ormai è pronto per dare attuazione alla sospirata tregua che comincia da domenica 19 gennaio con lo scambio degli ostaggi e dei prigionieri palestinesi. Ci sono già le liste con i nomi: 33 ostaggi israeliani saranno liberati nella prima fase dell'accordo e quella dei primi 95 prigionieri palestinesi, tutti riacquisteranno la libertà e faranno ritorno alle proprie case. Tra i primi ostaggi che saranno rilasciati da Hamas figurano due bambini di due e cinque anni e i loro genitori oltre a tre persone oltre gli 80 anni. Ci sono anche donne, uomini sopra i 50 anni, minori e i malati. Non si sa quanti ostaggi sono ancora in vita, Hamas non lo ha comunicato e Israele non ha fatto storie preferendo portare avanti tutto il piano degli scambi. Gli ostaggi liberati avranno un peso importante perché in base alle persone ancora in vita dipenderà la liberazione dei palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane. Al momento non si sa se Israele rilascerà leader di alto profilo, ma tutto dipenderà dall'osservanza delle procedure e dalla correttezza degli impegni presi. Se nel corso della prima fase, che durerà un mese e mezzo, tutto andrà per il verso giusto, Israele attiverà il ritiro dell'esercito da Gaza e contemporaneamente il ritorno degli sfollati nelle loro case. Poi si vedrà. La tregua potrà continuare con le fasi successive se saranno rispettati i dettagli dell'accordo tenendo conto che molto dipenderà dal comportamento di Hamas. Tutto sarà comunque al vaglio del nuovo inquilino della Casa Bianca che non vuole nessuna anomalia nell'accordo e neanche la tentazione di Hamas di riorganizzarsi per riprendere i combattimenti. Netanyahu ha fatto sapere che se "i negoziati sulla fase due dell'accordo falliscono e Hamas non accetta le richieste di sicurezza, l'Idf tornerà a combattere a Gaza col sostegno degli Stati Uniti". Capitolo a parte sarà l'Iran al quale sia Stati Uniti che Israele attribuiscono grande importanza nello scacchiere del Medio Oriente.




DISACCORDI ALL'ULTIMO MINUTO STANNO FACENDO
RITARDARE IL CESSATE IL FUOCO A GAZA

BEN GVIR PRONTO A DIMETTERSI, LUNEDI RILASCIO
DEGLI OSTAGGI MENTRE TRUMP SI INSEDIA


di Augusto Maccioni
(16-1-2025) C'è ufficialmente il cessate il fuoco a Gaza ma si continua a sparare. L'incertezza si fa strada in questi giorni in attesa della tregua che entrerà in vigore domenica secondo il patto raggiunto a Doha e annunciato da Donald Trump, Joe Biden, Qatar ed Egitto. L'accordo è stato siglato e sicuramente sarà rispettato, ma in queste ore sono emersi problemi sul rispetto di alcuni dettagli che Benjamin Netanyahu (
foto dal web/Social) ha rilevato: "Hamas ha rinnegato alcune parti dell'accordo raggiunto con i mediatori " e quindi, riferisce il primo ministro israeliano, il gabinetto "non si riunirà finché i mediatori non avranno informato Israele che Hamas ha accettato tutti gli elementi dell'accordo". Hamas nega che ci siano state richieste per modificare il testo della tregua anche se il portavoce di Netanyahu ha riferito che Hamas ha chiesto il rilascio di "alcuni terroristi" che Israele non vuole rilasciare, mentre monta l'incertezza politica in Israele perché alcuni elementi del governo ultranazionalista, come Itamar Ben Gvir, capo della sicurezza nazionale, il quale ha ribadito che si ritirerà dal governo se si dovesse concretizzare il cessate il fuoco a Gaza. Secondo l'esponente politico la tregua significherebbe una vittoria per Hamas e metterebbe in pericolo la sicurezza israeliana e andrebbe contro gli obiettivi della guerra. In buona sostanza Ben-Gvir, oltre ad essere ministro è anche leader del partito di coalizione di destra radicale Otzma Yehudit, ha definito inoltre "disastroso" il ritiro delle forze armate israeliane dalla zona di confine tra Gaza e Egitto perché considerata zona strategica col rischio di essere utilizzata per le future mosse di Hamas contro gli israeliani. Domani 17 gennaio si saprà di più su queste divergenze che mettono in difficoltà l'operatività della tregua, mentre il giornale Haaretz riferisce che i disaccordi sono stati risolti e che il gabinetto è pronto per rispettare il cessate il fuoco a Gaza. Intanto, però, i combattimenti sono continuati nonostante le "promesse" della tregua e sono state colpite diverse aree del territorio palestinese durante la notte con un bilancio di 77 morti e 230 feriti. Nel corso della giornata l'esercito israeliano ha colpito 50 obiettivi a Gaza, tra depositi di armi e arsenale esplosivo. Intanto si fa strada l'ipotesi che il rilascio degli ostaggi in mano ad Hamas avvenga lunedi 20, mentre il presidente Usa Donald Trump si insedia alla Casa Bianca.



FINALMENTE IL CESSATE IL FUOCO TRA ISRAELE
E HAMAS, MA INIZIERA' DOMENICA 19 GENNAIO

TRUMP ANNUNCIA L'ACCORDO E SE NE
PRENDE IL MERITO: OSTAGGI LIBERI A BREVE

di Augusto Maccioni
(15-1-2025) Alla fine anche il ministro del Qatar Mohammed al Thani ha annunciato ufficialmente la tregua di guerra tra Israele e Hamas dopo 15 mesi di conflitto. Il cessate il fuoco entrerà in vigore domenica 19 gennaio. Tutto risolto quindi in Medio Oriente? Sulla carta la tregua c'è ma diverse questioni devono essere ancora risolte e l'ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu spera di chiuderle nelle prossime ore. Gli annunci sono stati emanati anche se domani, giovedi 16 gennaio, l'esecutivo israeliano valuterà e voterà i termini dell'accordo. Manca questo passaggio politico ma tutto ormai è stato deciso per chiudere questo conflitto dopo 466 giorni e oltre 46.700 morti nella Striscia di Gaza e dopo settimane di negoziati a Doha, difficili e complicati. La tregua andrà avanti in tre fasi. La prima durerebbe sei settimane e Hamas consegnerebbe 33 ostaggi, tra loro tutte le donne, i bambini e uomini over 50, mentre Israele inizierebbe il progressivo ritiro delle sue truppe nel nord di Gaza e inizierebbe a liberare i prigionieri palestinesi. Nella seconda fase Hamas rilascerebbe tutti gli altri ostaggi rimasti in vita, mentre Israele ritirerebbe, "in maniera completa", le forze militari da Gaza. Nella terza e ultima fase è prevista la consegna dei corpi degli ostaggi. A questo punto scatterebbe il piano di ricostruzione di tre-cinque anni sotto il controllo internazionale. I garanti di tutta questa operazione sono il Qatar, l'Egitto e gli Stati Uniti. Ancora prima dell'annuncio ufficiale, quando già il presidente eletto Usa Donald Trump aveva comunicato sul suo Social la tregua tra Hamas e Israele, la gente è scesa in piazza a Gaza per celebrare l'accordo. Scene di gioia e grandi festeggiamenti a Deir Al-Balah e in altri luoghi della Striscia (
foto dal web/Social). Si abbracciano e si scattano foto per celebrare il grande avvenimento. Altre scene di gioia anche a Tel Aviv. Il neo presidente Trump se ne prende il merito: "E' una tregua epica" ha scritto sulla sua piattaforma Truth Social, ed è il risultato della sua vittoria elettorale di novembre. "Abbiamo realizzato così tanto senza nemmeno essere alla Casa Bianca, ha detto, immaginate tutte le grandi cose che accadranno quando tornerò alla Casa Bianca". Da sottolineare lo spirito di squadra dei presidenti Usa, Joe Biden e il neo eletto Trump, per arrivare a questo risultato e per "garantire che Gaza non diventi mai più un rifugio sicuro per i terroristi". L'annuncio del cessate il fuoco a Gaza è stato dato anche dal presidente uscente Biden che in tv ha sottolineato che la "strada verso questo accordo non è stata facile e che questa è una delle trattative più difficili che abbia mai vissuto". Durante la conferenza stampa, Biden ha affermato di aver incaricato suoi collaboratori di lavorare a stretto contatto con la squadra di Trump. Il risultato è buono e per il momento teniamo duro per aver portato a casa una tregua che era difficilissimo prima della elezioni presidenziali americane.


IL CESSATE IL FUOCO A GAZA
E' "PIU' VICINO CHE MAI"

E' PROBABILE CHE LA TREGUA SARA'
NELLE MANI DEL PRESIDENTE TRUMP

di Augusto Maccioni
(14-1-2025) Al 465° giorno di guerra si intravvede, forse, la luce della tregua tra Hamas e Israele. Sia l'organizzazione politic palestinese islamista che il primo ministro Benyamin Netanyahu sono d'accordo nel chiudere il confronto bellico, anche se richiederà del tempo per una pace duratura, dopo 46.645 morti e 110.012 feriti dall'inizio del conflitto (
foto dal web/Social). Anche Donald Trump sta facendo pressioni per la tregua: "L'accordo a Gaza, ha detto, entro la fine della settimana". E' il momento giusto per la ricostruzione di Gaza dopo tanta guerra e dopo mesi di colloqui di pace tra Israele e Hamas. Adesso l'accordo è più vicino, anche se tutte le parti interessate usano la massima cautela. Ci si chiede anche perché Netanyahu improvvisamente difenda un piano di tregua che sostanzialmente è lo stesso che Joe Biden promuove da mesi. E come mai anche Hamas ha deciso di accettare le condizioni americane, che sono sempre quelle proposte tempo fa. E' chiaro il cambiamento della situazione politica e militare, il nuovo vento dell'amministrazione Trump alla Casa Bianca ha accelerato ogni procedura e ha creato quell'ultimatum che le parti interessate hanno accettato. Una settimana fa il presidente eletto è stato chiaro nel fissare la scadenza per raggiungere un accordo e questa volta il messaggio è stato accolto da Hamas ma anche dal suo alleato Netanyahu. C'è adesso un problema: Hamas e Israele preferiscono dar corso alla tregua adesso, con la fine del mandato di Biden e quindi dandogli un vantaggio importante per la sua politica estera, o aspettare a lunedi prossimo per offrire a Trump, una volta assunto la presidenza degli Stati Uniti, l'importante e gratificante impegno di pacificare il Medio Oriente?



NORDIO REVOCA L'ARRESTO DI ABEDINI,
E' GIA' IN IRAN: "NON CI SONO PROVE
DEL SUPPORTO AI TERRORISTI"

di Augusto Maccioni
(12-1-2025) L'uomo dei droni, è libero ed è già in Iran. Il 38enne ingegnere iraniano è stato rilasciato dalla Corte d'Appello di Milano in esecuzione del provvedimento del Guardasigilli Nordio che ha firmato la richiesta di revoca dell'arresto di Mohammed Abedini Najafabadi. L'ngegnere iraniano era in carcere dal 16 dicembre a causa di un mandato d'arresto emesso dagli Stati Uniti per aver esportato in Iran componenti elettronici per droni utilizzati per la morte di alcuni soldati americani in Giordania. In Italia non era accusato di alcun reato mentre gli Stati Uniti chiedevano l'estradizione. Il caso di Abedini era strettamente legato alla giornalista Cecilia Sala (
foto dal web/Social), incarcerata a Teheran con l'accusa generica di "violazioni delle leggi islamiche", e rilasciata qualche giorno fa grazie all'interessamento della premier Giorgia Meloni che per raggiungere questo obiettivo si è recata in Florida da Trump. In principio l'Iran aveva scartato lo scambio "dei prigionieri" definendo l'arresto della giornalista italiana un caso diverso da quello dell'ingegnere iraniano. Era comunque certo che l'Iran avesse arrestato Sala per fare pressione su Roma affinché ottenesse la liberazione di Abedini. Il collegamento era evidente tanto che l'avvocato dell'ingegnere iraniano avesse chiesto i domiciliari e la certezza di non essere estradato negli Stati Uniti dove lo attendevano decenni di carcere duro. La decisione spettava alla Corte d'Appello di Milano che il 15 gennaio doveva emettere la sentenza. In attesa della decisione del Tribunale di Milano c'è stata la liberazione di Cecilia Sala, un grande merito della premier e del governo, mentre Abedini aspettava in carcere in attesa di eventi sul suo caso. A sorpresa è intervenuto il ministro della Giustizia Nordio che ha accelerato i tempi ed ha evitato che i giudici decidessero sul caso, e ha revocato le misure imposte a una persona in attesa di estradizione. Il Guardasigilli ha negato uno scambio di prigionieri e ha affermato che Abedini è stato accusato di reati che non figurano nel codice penale italiano, anche perché per l'estradizione il reato in questione deve essere contemplato da entrambi i Paesi. Nordio ha anche detto che la giustizia italiana non ha riscontrato "elementi che confermino le accuse mosse" oltre al fatto che l'Italia e l'Unione Europea non considerano la Guardia rivoluzionaria iraniana un'organizzazione terroristica a differenza degli Stati Uniti. Per Teheran un malinteso chiuso bene.



CONFERENZA STAMPA DI MELONI:
GRANDE EMOZIONE PER SALA

"MUSK NON E' PERICOLOSO, CON LUI
NON HO PARLATO DI STARLINK"


di Augusto Maccioni
(9-1-2025) In una conferenza stampa affollata, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni (
foto dal web/Social), rispondendo alle domande dei 40 giornalisti accreditati, ha fatto il punto politico annuale del suo governo alla luce delle ultime novità come quella, ad esempio, della liberazione della giornalista Cecilia Sala, un vanto per la stessa premier e del suo governo, per la diplomazia e per i Servizi. E parlandone ha fatto una confidenza: "La cosa più bella di questi ultimi due anni da primo ministro è stato chiamare una mamma per darle la notizia del rilascio della figlia". Una vicenda che ha polarizzato l'attenzione dei media che hanno messo in evidenza i fatti di Cecilia reclusa per ventuno giorni nel durissimo carcere di Evin a Teheran. Una liberazione, comunque, che ha costituito un grande successo personale e politico per la premier, riconosciuto da tutti, dalla maggioranza e dall'opposizione, e che ha messo in evidenza la statura di Meloni per aver stravolto ogni protocollo andando a parlare della vicenda della nostra connazionale, tra gli altri argomenti, col presidente eletto Usa Donald Trump nella sua villa in Florida. La liberazione della giornalista del "foglio" è stato il momento più emozionante per la conferenza stampa organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e dall’Associazione stampa parlamentare. Per oltre tre ore Giorgia Meloni ha parlato di tutto, rispondendo alle domande di tanti giornalisti anche a quelle più scomode. L'argomento più ricorrente è su Elon Musk, il miliardario braccio destro del neo presidente Trump, e su quella eventuale ingerenza nella politica di alcuni Paesi ma anche sul possibile accordo con l'Italia per un progetto di sistema satellitare Starlink di SpaceX, del valore di 1,5 miliardi di euro per cinque anni, con la prospettiva di dare all'Italia quella tecnologia altamente sicura per le Forze Armate, il Governo e gli apparati di emergenza. Molte domande sull'argomento, e a più riprese la premier ha assicurato di non aver parlato del sistema satellitare con Musk il quale "esprime la sua posizione liberamente. Può piacere o no, ma quando mi dicono che c'è pericolo di ingerenze faccio presente che non è il primo caso di persone note e facoltose che esprimono la loro opinione" al contrario di Soros, ha puntualizzato Meloni, che utilizza le sue risorse per finanziare partiti e associazioni in tutto il mondo per influenzare le politiche di molti paesi. Non solo Musk ma anche il nome di Trump è stato il più ricorrente nelle domande dei giornalisti. Meloni ha simpatia per il neo presidente Usa definendo il loro rapporto importante per l'Italia e l'Europa. La premier ha anche detto, indipendentemente dai suoi impegni, che sta valutando la possibilità di partecipare alla cerimonia per la sua elezione il 20 gennaio a Washington. Domande anche sul Centro migranti in Albania ("Sono pronti a tornare operativi in qualsiasi momento"), sulla sorella Arianna ("mai parlato di complotto ma sicuramente è strategia") sulle condizioni carcerarie, ancora su Trump per i dazi, e sull'economia la premier si è soffermata sugli aiuti alle persone in difficoltà, alle famiglie e attenzione al ceto medio. "Non mi aggrappo al potere" ha detto Giorgia Meloni alla domanda se si ricandiderà alle elezioni del 2027, "deciderò in base ai risultati". Poi un pò di relax e qualche sorriso per la domanda creativa del direttore dell'Agenzia Vista, Alexander Jakhnagiev, che le ha chiesto:"Se calpesta le formiche, ci fa caso mentre cammina? Un detto popolare vuole che quando si calpestano le formiche, poi piove". La premier non si è sottratta neanche a questa domanda: "Le confesso, se le vedo, no, poi, non le vedo sempre".



L'IRAN RILASCIA LA GIORNALISTA CECILIA SALA
DOPO TRE SETTIMANE DI DURA DETENZIONE

L'ITALIA FESTEGGIA,
" BENTORNATA CECILIA!"

di Augusto Maccioni
(8-1-2025) Cecilia Sala è stata liberata ed è tornata a casa. La vicenda della giovane giornalista del "Foglio", che ha trascorso poco più di 20 giorni di detenzione in Iran con l'accusa di fantomatiche violazioni della legge islamica, si è chiusa positivamente in un arco di tempo breve considerato che la detenzione nel carcere di Evin, tra le più dure eisistenti, è solitamente molto lunga. Grazie agli sforzi politici, diplomatici e dei Servizi è stato possibile liberare la giornalista di 29 anni detenuta in Iran dal 19 dicembre. La svolta poco prima di mezzogiorno quando la premier Giorgia Meloni ha annunciato in un comunicato che "è decollato da Teheran l'aereo che riporta a casa la giornalista". Il primo ministro ha informato personalmente della liberazione i genitori con una telefonata. In una nota del governo c'è soddisfazione per la positiva conclusione della vicenda: "Grazie ad un intenso lavoro attraverso i canali diplomatici e di intelligence, la nostra connazionale è stata rilasciata dalle autorià iraniane e rientra in Italia", la premier Meloni ha poi espresso "gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile il ritorno di Cecilia, permettendole di ricongiungersi con la sua famiglia e i suoi colleghi". L'aereo su cui viaggiava Cecilia Sala è arrivato all'aeroporto romano di Ciampino alle 16:13, e ad attenderla c'era il compagno, il giornalista Daniele Raineri, i genitori e naturalmente la premier e il ministro degli Esteri e vicepresidente Antonio Tajani che ha comunicato sui social "Diplomazia e lavoro di squadra: Cecilia Sala torna a casa". Ad abbracciarla per primo, appena scesa dall'aereo, è stato il compagno: "Cecilia è molto felice" (
foto dal web/Social). I genitori di lei avevano gli occhi lucidi di gioia, e il padre ha dichiarato di essere "molto orgoglioso di Cecilia" poi ha rivolto parole di gratitudine per la premier e il governo che nella vicenda hanno fatto un lavoro eccezionale. L'accelerazione per la liberazione è avvenuta martedi anche se i presupposti si intravvedevano dall'incontro tra Giorgia Meloni e il presidente eletto Usa Donald Trump. Per rendere operativa tutta l'operazione la premier si è recata negli Stati Uniti domenica scorsa per incontrare Trump nella sua villa in Florida mettendo sul tavolo, tra le varie pratiche, anche la questione del rilascio di Sala. La liberazione della giornalista era legato all'ingegnere svizzero iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, arrestato a Milano e accusato dagli Stati Uniti di aver fornito droni utilizzati in un attacco del 2023 che uccise tre soldati americani in Giordania, per il quale l'amministrazione Usa chiedeva l'estradizione mentre l'Iran puntava per il rilascio. A decidere su Abedini sarà la magistratura italiana il 15 gennaio e dirà se il "terrorista dei droni" dovrà rimanere in cella, per poi essere estradato in Usa, o ai domiciliari o anche metterlo in libertà. E' più probabile che Abedini non sarà estradato e questa condizione è sollecitata dalla stessa Iran che non intende consegnare il suo connazionale alle carceri dure americane. La decisione spetterà al Tribunale milanese che avrà elementi sufficienti per valutare il caso indipendentemente da ogni questione politica e diplomatica tra Italia-Iran. Cecilia Sala ha saputo nel carcere in cui si trovava che qualcosa stava cambiando dalle sue condizioni di detenzione, perché martedi scorso le avevano dato un letto, fino ad allora dormiva per terra, ed erano stati consegnati i pacchi dell'ambasciata italiana fermi una settimana prima. L'Italia festeggia, quindi, la liberazione di Sala ed è un sentimento pieno e sentito da tutti, dalla maggioranza e dai partiti dell'opposizione che hanno riconosciuto il merito della premier e del Governo. "E' per tutti un enorme sollievo" e per un giorno niente polemiche, perché il ritorno a casa di Cecilia Sala ci riempie di gioia e di felicità.



CONFERENZA STAMPA DEL PRESIDENTE ELETTO
DEGLI STATI UNITI DA MAR-A-LAGO IN FLORIDA

TRUMP NON ESCLUDE L'USO DELLA FORZA
PER OCCUPARE GROENLANDIA E PANAMA

"HAMAS RILASCI GLI OSTAGGI O SARA'
L'INFERNO IN MEDIO ORIENTE"


di Augusto Maccioni
(7-1-2025) Donald Trump (
foto dal web/Social) a tutto campo nella prima conferenza stampa dell'anno prima del suo insediamento alla Casa Bianca. Sempre battagliero, provocatore ma anche deciso a realizzare alcuni step del suo programma come presidente degli Stati Uniti. In questo senso non si arrenderà alle ambizioni territoriali mostrate nelle ultime settimane ma anche alle pressioni sulla Nato per aumentare i bilanci per la difesa. L'obiettivo del neo presidente Usa è l'acquisizione della Groenlandia, attualmente sotto il controllo danese e ritenuta decisiva per la sicurezza nazionale per le sue risorse naturali, e il controllo del Canale di Panama che dovrà chiamarsi Golfo dell'America. Non solo, annettere anche il Canada "perché beneficia dell'acquisto dei suoi prodotti e della protezione militare da parte degli Stati Uniti senza che Washington riceva nulla in cambio". Non si sono fatte attendere le risposte della ministra degli Esteri Melanie Jolie che il "Canada è un paese forte e non ci arrenderemo mai di fronte alle minacce", e del primo ministro dimissionario Justin Trudeau che ha messo in chiaro che "mai e poi mai il Canada farà parte degli Stati Uniti". Altro argomento molto caro a Trump è l'acquisizione della Groenlandia che già propose di conquistare nel 2019 e che oggi potrebbe essere una proposta meno folle date le tensioni tra Copenaghen e l'isola grande quanto sette volte l'Italia e con quasi 60mila abitanti. Sulla scia di questo disegno il neo presidente Usa ha inviato il figlio Trump Jr per un soggiorno di poche ore da "privato" per verificare alcune possibilità di acquisizione ma il primo ministro danese ha sottolineato che il territorio autonomo non è in vendita e comunque il futuro della Groenlandia dipenderà dai suoi abitanti. La grande isola dell'Atlantico oltre ad essere ricca di risorse naturali è anche in una posizione strategica per rispondere alle ambizioni di Cina e Russia nell'Artico. Nel corso della conferenza stampa Trump ha anche sostenuto che gli Stati Uniti debbano riprendere il controllo del Canale di Panama, che è stato restituito al paese centroamericano nel 1999 con la firma del presidente Jimmy Carter nel 1977. Intervistato dai giornalisti sull'argomento il neo presidente ha rifiutato di escludere l'uso della forza militare per il controllo del Canale chiave molto importante per il traffico marittimo americano gestito, è questa l'accusa di Trump, dalla Cina. In politica estera, il presidente eletto ha chiesto il rilascio degli ostaggi ancora in mano di Hamas "prima del suo insediamento previsto per il 20 gennaio" poi ha mostrato la faccia dura e aggressiva, nel suo stile: se gli ostaggi non saranno liberati prima di quella data "ci sarà l'inferno in Medio Oriente". Poi ha parlato della situazione in Ucraina, condannando l'invasione russa: presto ci sarà la pace, ma non si sa a quali condizioni. Infine Trump ha chiesto ai membri dell'Unione Europea di aumentare da 2% al 5% il loro budget alla difesa.



GIORGIA MELONI "PRINCIPALE
ALLEATO DI TRUMP IN EUROPA"

SUL TAVOLO DEL NEO
PRESIDENTE USA IL CASO
DI CECILIA SALA


di Augusto Maccioni
(5-1-2025) L'Italia resta col fiato sospeso sul dramma della giornalista Cecilia Sala, in carcere in Iran, le cui condizioni non sono ottimali perché, come ha dichiarato al telefono ai suoi genitori, si trova in una cella piccola e fredda, dorme per terra e con la luce sempre accesa. Si sa anche che la giornalista del "Foglio" non ha ricevuto il pacco dell'ambasciata italiana con vari beni di prima necessità. Il governo italiano è impegnato a esercitare forti pressioni su Donald Trump (
foto dal web/Social), che sarà dichiarato ufficialmente presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio 2025, per chiudere la vicenda Abedini Najafabadi, agli arresti a Milano, evitando la richiesta di estrazione negli Usa. L'Italia si trova di fronte a un grande dilemma critico: per liberare Cecilia Sala dall'Iran è necessario liberare Abedini che gli Usa vorrebbero condannare all'ergastolo duro. Se invece venisse accordata l'estradizione negli Stati Uniti, la vicenda si complicherebbe perché potrebbe mettere a rischio l'incolumità della giovane giornalista. Per questo motivo la premier Giorgia Meloni, a sorpresa, ha preso una decisione clamorosa e con piglio deciso è andata in Florida ad incontrare il presidente eletto prospettando la necessità e l'urgenza, per l'Italia tutta, di liberare la nostra connazionale che si trova nel carcere di Evin in Iran in condizioni disumane, senza un capo di imputazione specifico ma solo col generico "violazione delle leggi islamiche". Si sa che l'arresto di Cecilia Sala è legato a quello dell'ingegnere svizzero-iraniano Abedini, per il quale gli Stati Uniti hanno chiesto l'estradizione perché lo accusano di far parte di un'associazione criminale e di aver fornito tecnologia americana sui droni utilizzati dalla Guardia rivoluzionaria islamica in Giordania uccidendo 3 soldati americani. L'incontro con Trump la premier lo ha avuto tramite il miliardario Elon Musk con cui Giorgia Meloni intrattiene un rapporto di amicizia. Il neo-presidente ha rivolto un caloroso benvenuto alla premier italiana che intende imporsi come solido alleato europeo della nuova amministrazione americana con l'obiettivo di creare un ponte tra Washington e l'Unione Europea. Il dialogo tra Trump e Meloni sicuramente avrà un effetto immediato sulla vicenda Sala, anche perché lo scambio di ostaggi, Abedini-Sala, non è uno scandalo e sulla questione ci sono molti esempi di negoziati tra americani e Russia e anche Iran per la liberazione di detenuti Usa. Bisognerà trovare l'appiglio giusto tra Italia-Usa, tra il governo Meloni e la nuova amministrazione Trump, per ritardare il provvedimento di estradizione o renderlo più flessibile per arrivare alla liberazione di Cecilia Sala. Se il piano-Meloni si dovesse concretizzare, e le condizioni ci sono tutte, il rilascio della giornalista del "Foglio" costituirebbe un successo internazionale senza precedenti per la premier che va per la sua strada, a muso duro, per ottenere un obiettivo legittimo che tutti si aspettano: la liberazione di Cecilia Sala.





CASO CECILIA SALA, A SORPRESA
LA PREMIER MELONI DA TRUMP
PER LA SUA LIBERAZIONE

di Augusto Maccioni
(4-1-2025) Il caso di Cecilia Sala è al centro dell'incontro tra la premier Giorgia Meloni e il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump (
foto dal web/Social). Per chiudere la delicata e complicata trattativa tra l'Italia e l'Iran, il presidente del Consiglio ha raggiunto la residenza di Trump al Mar-a-Lago in una missione di grande importanza che potrebbe riconsiderare la vicenda dell'iraniano Abedini Najafabani, in carcere in Italia, accusato dagli Stati Uniti di aver utilizzato tecnologia americana montata su droni per uccidere 3 soldati americani in Giordania e per questo motivo gli Usa chiedono al nostro Paese l'estradizione, e consentire la liberazione della giornalista del "Foglio" e di "Chora Media" che si trova da 17 giorni in carcere in Iran. Giorgia Meloni ha dovuto raggiungere Trump per definire gli aspetti dell'estradizione nel caso all'iraniano non dovessero essere concessi i domiciliari da parte dei giudici, la cui sentenza dovrebbe essere comunicata dal 15 gennaio. L'estradizione è stata richiesta dall'amministrazione Biden, ma Giorgia Meloni vorrebbe trattare condizioni più favorevoli per l'ingegnere dei droni, financo la flessibilità del governo italiano, direttamente col presidente eletto Trump che salirà alla Casa Bianca dal 20 gennaio. E' evidente che la delicata e complicata vicenda di Abedini, che l'Iran vorrebbe libero in cambio della libertà di Cecilia Sala, si potrà definire solo e soltanto quando saranno assunti impegni precisi tra Italia e Usa e saranno declassate le accuse, o una temporanea sospensione di interesse dell'estradizione, che gli Stati Uniti hanno rivolto nei confronti dell'ingegnere dei droni. Accuse che potrebbero essere più flessibili con l'amministrazione Trump, visto i buoni rapporti tra Italia, e premier in particolare, e Usa. Da considerare, inoltre, che l'attuale presidente degli Stati Uniti sarà a Roma dal Papa e sicuramente incontrerà il presidente della Repubblica Mattarella e la premier Meloni, a chiusura del suo mandato presidenziale. In quella occasione si cercherà di chiudere il cerchio giuridico e diplomatico per consentire all'Iran di liberare Cecilia Sala.



CECILIA SALA, I GENITORI
CHIEDONO IL SILENZIO STAMPA

SI CERCA L'APPIGLIO PER
LIBERARE LA GIOVANE GIORNALISTA

di Augusto Maccioni
(3-1-2025) Tutto si deciderà dopo il 15 gennaio, e comunque non andare oltre la dead-line del 20 gennaio, giorno in cui il presidente uscente Joe Biden lascerà la Casa Bianca a Donald Trump, quando la Corte di Appello di Milano emetterà la sentenza su una eventuale richiesta dei domiciliari per l'iraniano Mohammad Abedini-Najafabadi, in carcere su richiesta degli Stati Uniti, che reclamano l'estradizione, e non è detto che la decisione dei magistrati italiani possa piacere all'Iran che continuano a tenere da più di due settimana in isolamento la giornalista italiana Cecilia Sala (
foto dal web/Social) senza alcuna accusa formale ma solo perché è utile per uno scambio con l'ingegnere iraniano esperto di droni ritenuto dagli Usa complice con i terroristi che un anno fa hanno ucciso in Giordania tre soldati americani. Il giorno dopo l'incontro tra la madre di Cecilia e la premier Giorgia Meloni, i genitori della giornalista de "Il Foglio" chiedono il silenzio stampa per evitare di complicare l'evoluzione della vicenda che è seguita efficacemente dai Ministeri competenti e dai servizi segreti oltre che dalla diplomazia a Teheran. Da una parte c'è il braccio di ferro con l'Iran ma c'è anche grande tensione con gli Usa nel caso l'Italia dovesse negare l'estradizione e dovesse accettare lo scambio per la liberazione di Cecilia Sala. La situazione non è semplice da gestire e ci sono molte considerazioni da valutare. A iniziare dalle condizioni della giovane giornalista in carcere che non sono per niente ottimali anzi "dormo per terra, al freddo e mi hanno tolto anche gli occhiali" ha detto al telefono alla madre. Di contro il viceministro degli Esteri iraniano ha invece assicurato il "benessere" della detenuta e sulle condizioni carcerarie di Cecilia Sala e di Abedini non c'è affatto reciprocità in quanto l'ingegnere esperto di droni è trattato bene in carcere e ultimamente è stato trasfertito nella casa circondariale di Opera come richiesto dal consolato iraniano. Una disparità che è stato evidenziato e che si fa fatica ad estendere alla giovane giornalista italiana a Teheran. L'Iran vuole a tutti i costi che Abedini non venga estradato negli Stati Uniti ("L'Italia non segua la politica ostile degli Usa"), dove lo attende carcere duro per oltre 20 anni per le gravi accuse formulate contro di lui, e che venga liberato in cambio della scarcerazione di Cecilia Sala. Il problema a questo punto sono i magistrati italiani, che sono indipendenti dal potere politico, che potrebbero decidere di non concedere i domiciliari e per consegnare il detenuto iraniano agli Stati Uniti, ma questa decisione potrebbe mettere in serio pericolo la nostra connazionale in Iran. A questo punto il governo avrebbe la possibilità di revocare l'ordine d'arresto e lasciare libero l'iraniano, una decisione, come prevede il codice, che è "sempre disposta se il ministro della Giustizia ne fa richiesta". Solo in questo caso si sbloccherebbe il braccio di ferro con l'Iran anche se si aprirebbero le tensioni con gli Usa che però potrebbero essere attenuate da precedenti che darebbero più valore all'azione del governo italiano per arrivare alla liberazione di Cecilia Sala. L'obiettivo prioritario è fare uscire Sala dalla prigione di Evin e ogni decisione in tal senso è salutato con grande favore da parte del governo, della maggioranza e dell'opposizione. Tutto però si dovrebbe concretizzare prima del 20 gennaio quando in Usa avrà inizio il Trump bis, perché poi ogni procedura avrà un'altra portata con tensioni non facili da digerire.



ALZIAMO I CALICI, BRINDIAMO
AUGURI DI BUON NATALE

di Augusto Maccioni
(24-12-2024) E' Natale, come ogni anno e ritorna puntualmente ma non è sempre lo stesso perché cambiano le situazioni, gli umori, le esperienze. E' sempre un sollievo però arrivarci, per la tradizione, per la gioia che anima la consuetudine, per i bambini che si affacciano al mondo e vedono splendere le luci multicolor e contemplano i regali, perché intorno si vedono persone felici, si abbracciano e si fanno gli auguri, per un sorriso di un neonato. Tutto cambia ma l'essenziale del Natale continua a stupirci ogni anno e non scompare mai del tutto, come una memoria ciclica che non ci abbandona ma che comunque ci fa crescere. Ogni anno è caratterizzato dalle guerre, dai virus, dai ghiacciai che ci sono e poi scompaiono, dal Niño e la Niña che condizionano il clima globale alternando drammi e siccità, dalle politiche dell'auto e della sopravvivenza, dalle malattie, dal lavoro che c'è e sparisce e dalla povertà. Il mondo è minacciato dall'incertezza ma ci sono dei valori che ritornano e si fanno primari e non ne possiamo fare a meno. E in mezzo a tanta confusione, guerre, caos, malattie ci sono dei riti che non disturbano, anzi ci appagano e ci fanno felici. E' il Natale, un messaggio di gioia e di felicità, sempre antico, ciclico ma sempre nuovo e dirompente e comunque mai noioso. E' una speranza migliore, una speranza che "non tollera l'indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità" ha detto Papa Francesco aprendo la Porta Santa di San Pietro primo evento per l'anno del Giubileo, ed è anche il desiderio di felicità con un impegno costante per costruirlo. Il Natale, quindi, è felicità, è speranza: è nato un Bambino e tutti sono felici. Alziamo i calici, brindiamo, tagliamo il panettone e scambiamoci i regali. E' Natale e abbiamo la gioia nel cuore e la speranza di una vita migliore.




STRAGE AI MERCATINI DI
MAGDEBURGO, IL BILANCIO: 5 MORTI,
200 FERITI DI CUI 40 GRAVISSIMI

IL KILLER CONTRO LA GERMANIA PERCHE'
"VOLEVA ISLAMIZZARE L'EUROPA"

di Augusto Maccioni
(21-12-2024) Un bilancio assurdo, orribile che avrebbe potuto avere altra contabilità sull'incidente terribile avvenuto in Germania a Magdeburgo dove un'auto ha fatto una strage ai mercatini di Natale. Alla fine sono cinque le persone rimaste uccise, tra cui un bambino di 9 anni, mentre altre 205 sono i feriti, di cui 40 in gravi condizioni. L'attentatore è il 50enne psichiatra Taleb Al Abdulmohsen arrivato in Germania nel 2006, il quale ha condotto la professione in maniera tranquilla e che solo ultimamente aveva mostrato segni pericolosi e sui social aveva anche minacciato di morte Angela Merkel perché "voleva islamizzare l'Europa". Rabbia, indignazione o forse vendetta. Comunque la Germania si è svegliata con tante domande dopo la strage di sangue del giorno prima. Molti gli interrogativi in una città tranquilla, dove tutti si sentono protetti dai "problemi" che agitano il mondo. Perché è successo? Perché quell'uomo ha scelto una potente BMW per compiere una strage? In meno di 3/4 minuti si è consumata una storia di morte e feriti: dopo le 19 nella piazza del Municipio, dove le bancarelle di Natale erano in bella vista per i passanti che guardavano e acquistavano, è piombata sulla folla una macchina (
foto dal web/Social) che all'impazzata ha colpito le persone che si trovavano sul suo percorso. Quasi un regolamento dei conti, una vendetta. Perché? Taleb Al ha sviluppato col tempo un sentimento critico nei confronti dell'Islam e del suo Paese d'origine l'Arabia Saudita mostrando quell'aggressività che la polizia e i Servizi tedeschi non hanno capito a sufficienza. Del resto l'attentatore sul suo profilo social ha mostrato una opposizione militare contro l'Arabia Saudita e contro la Germania che "vuole islamizzare l'Europa". Alcuni messaggi social fanno capire le sue tendenze: "Se la Germania vuole la guerra, combatteremo, se vuole ucciderci la massacreremo". Secondo lui la Germania doveva essere punita, con un'azione esemplare. Un gesto infame, orribile e tutti dovevano capire da che parte stava la Germania e per questo motivo doveva essere colpita. E' una pennellata di terrorismo o forse il gesto di un esaltato che comunque è fuori dai canoni tipici e non si hanno elementi sufficienti per comprendere la strage. La polizia tedesca conferma che è un "lupo solitario", atipico, che ha problemi psichiatrici.




SETTIMANE DECISIVE PER
IL FUTURO DELL'UCRAINA

ZELENSKY: "BENE L'UE MA
SERVE IL SOSTEGNO DI TRUMP"

di Augusto Maccioni
(19-12-22024) Settimane decisive per il futuro della guerra Russia-Ucraina e tutti attendono l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca per la cessazione del conflitto. Che ci sarà, dice Vladimir Putin che non riconosce l'autorità Volodymyr Zelensky, mentre il presidente ucraino ha qualche perplessità sul presidente Usa eletto che potrebbe ridurre il sostegno a Kiev (
foto dal web/Social). L'unica possibilità che Zelensky ha è quello di aggrapparsi alla Nato e all'Unione Europea, come punto di riferimento per avere una garanzia di sicurezza anche da parte degli Stati Uniti. A Bruxelles Zelensky ha ribadito, nel corso di una conferenza stampa, il suo "piano per fermare Putin" come se fosse una spallata decisiva per sconfiggere i russi in Ucraina che nessuno però ha interesse a sottoscrivere mentre si consolidano i presupposti per arrivare alla pace con la diplomazia. E mentre Zelensky punta più marcatamente all'Europa per ottenere il massimo del sostegno c'è la realtà del futuro della guerra che potrebbe cessare non per l'intervento della stessa Europa, troppo debole per dare segnali forti, ma per le decisioni di Trump dopo il suo insediamento del 20 gennaio 2025. Nel frattempo si vive quasi alla giornata nel tentativo di non lasciare scoperte a Kiev quelle "garanzie di sicurezza" necessarie per la sua sopravvivenza. Perché è opinione diffusa che l'Europa senza gli Stati Uniti non può fare molto e non può convincere Putin a sedersi al tavolo delle trattative. E lo stesso sostegno europeo potrebbe vanificarsi se Washington dovesse decidere diversamente. Zelensky chiede da tempo l'adesione dell'Ucraina alla Nato e i tempi per concretizzare questa idea sono scaduti o non sono praticabili nell'immediato mentre potrebbe consolidarsi schieramenti di truppe europee sul campo come proposto recentemente dal presidente francese Emmanuel Macron, ma anche in questo caso c'è sempre da tenere conto della "forza" di Trump che in più occasioni ha sostenuto che sarà lui a far cessare la guerra e a chiudere gli oltre mille giorni del conflitto. Trump parlerà con l'Europa e la Nato? I leader e i rappresentanti di sette paesi alleati della Nato, compresa l'Italia, con Antonio Costa, presidente del Consiglio europeo, e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ci credono e si sono attivati per sostenere una posizione forte a favore dell'Ucraina, una decisione che dovrà essere vagliata e compresa dal nuovo inquilino della Casa Bianca. Sarà così? Il momento è complesso, articolato e molto critico in un momento storico nel quale ci sono posizioni diverse sul tavolo geopolitico globale. La ricetta è una sola: arrivare alla pace tra Russia e Ucraina. A quali condizioni e con quali garanzie? Nel frattempo la guerra va avanti con la tragedia di innumerevoli vite umane e con la pace degli accordi Europa-Nato e Stati Uniti, ma sotto la presidenza di Joe Biden.


SIRIA, AL JOLANI E' IL NUOVO EROE DELLA
SIRIA: DAL FEROCE PASSATO ISIS
AL SUO APPELLO ALL'UNITA'


di Augusto Maccioni
(9-12-2024) Tutto troppo semplice per Abu Mohamed al Jolani (
foto dal web/Social), leader di Hayat Tahrir al Sham (HTS) che in 11 giorni è riuscito a fare conquiste importanti e a insediarsi a Damasco senza morti e feriti e facendo scappare i soldati governativi del dittatore siriano Bashar al Assad anche lui in fuga con la famiglia a Mosca. Molte cose non tornano nella sua rivoluzione, di sicuro per la sua "passeggiata militare" al potere si è intervenuti ad alto livello, tra Russia, Iran e Hezbollah con la Turchia. Del resto Assad era diventato un dittatore scomodo che ha gestito malissimo le turbolenze interne del Paese creando malcontento nella popolazione e povertà a tutti i livelli. L'occasione per il cambio di potere in Siria è diventato concreto in un momento storico dove tutte le parti interessate avevano altri compiti prioritari da assolvere. La Russia da oltre mille giorni è impegnata a conquistare il Donbass in Ucraina, l'Iran e Hezbollah non erano nelle condizioni di dare sostegno all'alleato Assad perché determinati nella guerra con Israele. La Turchia era nelle condizioni ottimali di alzare l'asticella delle sue aspirazioni spingendo il "moderato", dopo una vita con l'Isis con le sue massime espressioni di al Baghdadi e di Osama bin Laden, al Jolani, sulla cui testa gli Stati Uniti offrono una taglia di 10 milioni di dollari, a costruire un nuovo ordine nel Paese, più "democratico", posizionandosi come leader progressista capace di dare risposte alla sofferenza della gente e riconciliare una nazione devastata e impoverita alla massima potenza. E' anche evidente che il nuovo corso di al Jolani è guardato con favore da tutti, in Europa ma anche negli Stati Uniti, anche se ci sono molte riserve per la sua storia e per i suoi trascorsi nell'Isis per crimini compiuti durante molti attacchi terroristici. Il nuovo "salvatore" della Siria sta cercando di reinventarsi e di ricostruire un'immagine diversa nei confronti della comunità internazionale e nell'intervista di domenica il nuovo eroe siriano ha preso le distanze dal suo passato jihadista e i suoi toni sono stati molto concilianti e disponibile per "il bene della popolazione". Sarà poi così? L'immagine che è venuta fuori dopo la fuga del dittatore Assad, è traquillizzante: lui con una folla immensa presso la Moschea degli Omayyadi, un abbraccio significativo che lo porta, al di là del simbolismo religioso, a legittimarsi non solo davanti al popolo siriano ma all'Occidente. E' difficile pensare al repentino cambiamento di pelle di un ex jihadista, c'è molto scetticismo sulla sua leadership anche perché ci sono molti esempi di come sono andate le cose dopo i vari Saddam Hussein, Gheddafi. Bisognerà aspettare le prossime mosse e soprattutto capire quale ruolo potranno avere i gruppi minoritari del Paese.




COREA DEL SUD, L'OPPOSIZIONE
CHIEDE L'IMPEACHMENT PER
IL PRESIDENTE YOON

di Augusto Maccioni
(4-12-2024) Dalle ore 23 del 3 dicembre fino alle 4:30 del 4 dicembre, la Corea del Sud è stata scossa da un'ondata autoritaria. La tempesta politica è stata scatenata dal suo presidente Yoon Suk Yeol, 63 anni, che ha sorpreso tutti dichiarando la legge marziale, bloccando ogni attività politica e parlamentare e ogni manifestazione. Il motivo? Secondo il presidente sudcoreano per "proteggere il Paese dalle forze comuniste nordcoreane ed eliminare gli elementi antistatali" cioè l'opposizione che puntavano alla sua sostituzione. Il presidente sudcoreano era andato in tv nella serata del 3 dicembre dichiarando la legge marziale, mettendo in evidenza la vocazione dell'opposzione che simpatizza col regime di Kim Jong-un. Tutto era pronto per rendere efficace la legge marziale con la nomina del generale Park An Soon che doveva proibire ogni attività politica e le manifestazioni di piazza oltre ad elimare ogni libertà di stampa. "I media, ha detto il generale, da adesso in poi sono sotto il controllo della legge marziale". Fortunatamente le cose hanno preso una direzione diversa e dopo diverse ore tutto è tornato come prima anche se continuano le polemiche e le manifestazioni contro il presidente. Da subito i cittadini e i media sudcoreani hanno combattuto l'annuncio dello stato di emergenza, mentre i parlamentari riuscivano ad entrare in Parlamento per votare contro la legge marziale nonostante il cordone militare delle truppe governative (
foto dal web/Social). La maggioranza dei membri dell'Assemblea nazionale, 190 su 300 hanno votato contro la legge di emergenza del presidente Yoon Suk Yeol. I militari hanno lasciato il Parlamento e si aspettava che il presidente Yoon rispondesse alla richiesta di porre fine alla legge marziale. Solo alle 16:30 del 4 dicembre il presidente ha revocato lo stato di emergenza, intanto però i leader dell'opposizione hanno chiesto le dimissioni di Yoon e la parola "impeachment" è sulla bocca di tutti. L'opposizione ha anche presentato una mozione per chiedere la destituzione di Yoon e la votazione potrebbe svolgersi tra il 6 e il 7 dicembre. Nella mozione di impeachment dell'opposzione si legge che il presidente "ha violato la Costituzione e la legge con l'intento di eludere le indagini sulle accuse di rilievo penale che coinvolgono il presidente Yoon e la sua famiglia". L'approvazione della mozione richiede il due terzi del Parlamento, ovvero 200 membri su 300. L'opposizione detiene 190 voti e per l'approvazione ha bisogno almeno di altri 10 voti provenienti dal partito di Yoon che, secondo l'agenzia Yonhap, ha deciso di opporsi alla mozione di impeachment.



E' TORNATA LA GUERRA IN SIRIA, GLI JIHADISTI CONQUISTANO ALEPPO
IL PRESIDENTE ASSAD E' SCAPPATO A
MOSCA, VOCI DI GOLPE A DAMASCO


di Augusto Maccioni
(30-11-2024) Il conflitto di fatto non è mai terminato e dopo 13 anni parte con forza l'avanzata jihadista verso sud (
foto dal web/Social). Entrano nella città di Aleppo, la gente fugge e si trasferisce in zone più tranquille per sfuggire alla guerra che si annuncia ancora più cruenta. Il presidente siriano Bashar al Assad vola a Mosca e chiede l'intervento di Vladimir Putin che sta già bombardando Idlib, roccaforte dei ribelli, ma non basta mentre la Turchia chiede di fermare i raid russi. La situazione è complicata e tutto fa pensare che la guerra sarà lunga se le forze governative ostacoleranno i ribelli. Per il momento "non ci sono stati combattimenti" perché, dicono alcune fonti, le forze del regime si sono ritirate. Dopo essere stati cacciati da Aleppo quasi dieci anni fa, gli jihadisti a sorpresa si sono ripresentati nella città con incursioni decise mercoledi e venerdi notte con un'offensiva senza precedenti devastando diversi quartieri di Aleppo. La guerra di fatto è in atto e la Russia, alleato chiave di Assad, ha promesso al presidente siriano aiuti militari per contrastare i ribelli, ma non arriveranno prima delle 72 ore. Secondo gli analisti l'attacco jihadista è più incisivo e grande dal marzo 2020, quando cioè Russia e Turchia avevano raggiunto un accordo per stemperare il conflitto. Questa volta la situazione è più seria, la gente scappa e in pericolo si trovano anche 300 italiani in tutta la Siria di cui 120 ad Aleppo. Diversi italiani si sono già spostati altri non intendono andare via dalla città. L'ambasciata italiana segue con attenzione gli sviluppi,e in modo particolare ad Aleppo, con assistenza e aiuti ai nostri connazionali. Le Nazioni Unite hanno avviato un'evacuazione di massa con oltre 15 mila sfollati. In attesa del contrattacco da parte delle forze siriane con l'aiuto dell'aviazione militare russa, i ribelli hanno vita facile e stando a quanto riferiscono i media turchi, a Damasco sarebbe in corso il tentativo di un colpo di Stato. Il presidente Bashar al Assad e la sua famiglia sono fuggiti, alcune fonti dicono che sono da Putin per organizzare un piano e ristabilire l'ordine soprattutto ad Aleppo. Ad un prezzo di sangue molto duro.



NEL MIRINO DELLA RUSSIA LE
INFRASTRUTTURE ENERGETICHE
DELL'UCRAINA MENTRE LE
TEMPERATURE SI AVVICINANO
ORMAI A ZERO GRADI


di Augusto Maccioni
(28-11-2024) Un milione di persone sono rimaste senza elettricità in Ucraina per effetto di 10 massicci attacchi alle infrastrutture energetiche del paese. E' la nuova "dottrina" di Vladimir Putin oltre a brandire l'attacco nucleare anche contro chi ha fornito a Kiev i missili a lungo raggio. La priorità di Putin al momento sono le infrastrutture energetiche dell'Ucraina per costringere il Paese a riconsiderare ogni loro azione d'attacco e in vista del nuovo presidente Usa Donald Trump che ha in mano la chiave per la pace tra Russia-Ucraina. Le esplosioni si sono verificate a Odessa, Kropynytskyi, Kharkis, Rivne e Lutsk e questa nuova situazione sta mettendo a dura prova la popolazione ucraina che ha a che fare con un inverno rigido vicino a zero gradi (
foto dal web/Social), un meteo drammatico che sta affossando intere famiglie, donne e bambini e anziani in difficoltà. Per distruggere le infrastrutture energetiche ucraine i russi hanno utilizzato bombe a grappolo che sono "tattiche terroristiche" per far sprofondare le città ucraine nell'oscurità e far morire di freddo i civili. Kiev accusa Mosca non solo per questi attacchi ma anche per numerosi tagli alla fornitura d'acqua. Finora gli attacchi russi si erano limitati a colpire edifici governativi e strutture militari adesso i missili prendono la strada energetica, colpendo anche le strutture dell'acqua. Kiev è protetta dalle difese aeree ma i nuovi missili ipersonici Oreshnik lanciati per la prima volta una settimana fa, non possono essere intercettati da qui la richiesta del presidente ucraino Volodimir Zelensky di ulteriori missili più sofisticati e devastanti all'Europa. Continua ad andare avanti l'azione di Putin che non ferma la sua strategia di logoramento in vista dell'arrivo alla Casa Bianca di Trump.



PIOGGIA DI ATTACCHI SU BEIRUT
POI NETANYAHU VA IN
TV E ANNUNCIA LA TREGUA CON
HEZBOLLAH IN LIBANO

di Augusto Maccioni
(26-11-2024) Era nell'aria da qualche giorno e finalmente l'accordo è stato annunciato tra Israele e Hezbollah per una tregua di 60 giorni "ma, ha avvertito il premier israeliano Benjamin Netanyahu, se ci saranno delle violazioni reagiremo con forza". Lo stesso premier israeliano ha voluto dare sostanza alla tregua per concentrarsi sulla minaccia iraniana e continuare la guerra con Hamas per isolarla e distruggerla definitivamente militarmente. E mentre il governo discuteva sul cessate il fuoco, Israele continuava a bombardare le postazioni delle milizie in Libano con massicci bombardamenti a sud della capitale libanese colpendo 20 obiettivi terroristici di Hezbollah (
foto dal web/Social) che pensavano di issare la bandiera della vittoria perché per loro la tregua potrebbe essere un motivo di riorganizzarsi e di potenziare le loro milizie. Si vedrà. Per il momento Netanyahu ha voluto accodarsi alle pressioni americane del presidente Biden alla continua ricerca di bandierine di pace di fine mandato in Medio Oriente ma anche tra Ucraina-Russia, quest'ultima guerra, però, è più impegnativa e di non facile soluzione per la sua diplomazia. La richiesta di un cessate il fuoco, tra Hezbollah e Israele, era stata formulata dagli Stati Uniti anche a ottobre ma in quella occasione Hezbollah e il governo libanese avevano respinto la proposta, questa volta la tregua è una vittoria diplomatica di Biden nelle ultime settimane della sua presidenza Usa. L'accordo prevede una tregua di 60 giorni durante i quali l'esercito israeliano e Hezbollah dovrebbero ritirarsi dal sud del Libano e consentire, contemporaneamente, all'esercito regolare del governo libanese di garantire e far rispettare i termini dell'accordo. Inutile dire che la tregua è un primo passo per una pace duratura che ci sarà solo se le parti in causa riusciranno a mantenere le distanze e a non ostacolarsi militarmente. Da questo punto di vista si dovrebbe dare forma e forza alla Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite già in essere nel 2006 per porre fine al conflitto tra Israele e Libano venuta meno in seguito all'attacco di Hamas contro Israele il 7 ottobre del 2023. L'approccio è quello giusto e consentirà a Netanyahu di separare i fronti del Libano con quello di Hamas che sarà lasciato solo nella guerra e la concentrazione attiverebbe ulteriore impegno per riportare a casa gli ostaggi. Ci sarebbe poi il ruolo dell'Iran che non avrà nessun acuto in questa nuova situazione in Medio Oriente.



SILVIO CARTA UN NOME,UNA
STORIA E UNA GARANZIA

DALLA VERNACCIA DI ORISTANO
AL TRIONFO DI BOMBA CARTA

di Augusto Maccioni
(18-11-2024) Silvio Carta, un nome, una storia e una garanzia (
foto da destra: amaro Bomba Carta, Elio Carta presidente della società, Nino Mason Carta, il fondatore Silvio Carta e Alberto Mason Carta). Tutto nasce nel 1950 quando Silvio Carta, molto intraprendente nel campo della vinificazione, ha iniziato l'attività producendo la Vernaccia di Oristano, un vino pregiato che si produce con tecniche tradizionali. Poi la cantina e la distilleria si è ingrandita e attualmente è una delle più attive in Sardegna e nel territorio nazionale. Non solo Vernaccia che, tra l'altro, al Vinitaly 2024 è stato premiato come migliore vino bianco d'Italia con un prezioso e molto importante 96/100, ma anche un'ampia varietà di vini come il Cannonau, il Cagnulari, il Monica, Vermentino. Silvio Carta è un grande personaggio nel mondo dei vini in Sardegna, e non solo, e con i suoi 95anni ha compiuto un'impresa straordinaria e autentica nella storia dell'enologia sarda. Ha festeggiato gli anni con semplicità, tra i suoi dipendenti, col figlio Elio e i nipoti Alberto e Nino Mason, il 15 novembre, anticipando la grande festa del 18, con un pranzo tradizionale (foto sotto)



che è la somma della sua attività sempre all'insegna della qualità, della naturalità e dell'innovazione. E dopo il pranzo poteva mancare un buon digestivo? Ecco allora l'amaro "Bomba Carta" con infuso di erbe sarde e miele sardo amaro di corbezzolo per la gioia dei palati esigenti. Poi via ai balli, tradizionalmente sardo, col fondatore Silvio Carta autentico campione nel ballo, nella vinificazione e nella vita. Da oltre 70 anni Silvio Carta è l'azienda che si è imposta con forza in Sardegna non solo per la vernaccia e i vini ma con la sapiente e tenacia passione del figlio Elio Carta ha ampliato la vasta gamma di prodotti di alta qualità con i liquori, amari e i distillati. Ecco allora i rinomati e molto graditi mirto, limoncello, grappe e la grande novità Bomba Carta che ha avuto subito i favori della gente, e in modo particolare dei giovani, ed è stato apprezzato per la sua qualità ottenuta dall'infuso di erbe sarde e miele sardo amaro di corbezzolo. La famiglia degli amari è ampia, c'è anche Aspide Spritz e BitteRoma ma anche il pregevole Whisky Single Malt, ottenuto con la doppia distillazione nello storico alambicco discontinuo in rame e invecchiamento in storiche botti centenarie di castagno sardo.



Silvio Carta è una viva azienda che va avanti con grande passione da tre generazioni sempre all'insegna della tradizione proponendo prodotti che esprimono il territorio sardo in ogni sorso. Nell'azienda è sempre vigile il fondatore Silvio che continua a partecipare, con i suoi 95anni, quotidianamente all'attività occupandosi della cura delle piante di mirto, limone, liquirizia e ginepro e del nostro orto botanico. Il futuro è alle porte e Silvio Carta ha in programma, sempre come tributo alla nostra terra, il Paper Elderflower, un liquore delicato ai fiori di sambuco, e l'Old Tom Carta, un gin in stile Old Tom che unisce ginepro sardo e il nostro miele, per un equilibrio raffinato.



Ecco l'intervista al nipote Nino Mason Carta che ci fa conoscere meglio l'Azienda e i suoi prodotti unici, straordinariamente sardi per la gioia di tutti.
Domanda - Da oltre 70 anni rappresentate la Sardegna con amari e aperitivi. Straordinaria poi la vernaccia di Oristano, il mirto e il limoncello. Come furono gli inizi dell'Azienda?

Risposta - Fondata da nostro Nonno Silvio agli albori degli anni '50, la cantina e distilleria Silvio Carta è attualmente una delle più attive in Sardegna e nel territorio nazionale, e nasce con la vinificazione e l'invecchiamento in botti centenarie di castagno sardo del vino Vernaccia di Oristano, un'autentica gloria dell'enologia sarda (quest'anno al Vinitaly 2024 siamo stati premiati come Migliore Vino Bianco d'Italia con la Vernaccia di Oristano Doc Riserva 2004 Silvio Carta con 96/100!), al quale negli anni si aggiunge un'ampia varietà di vini come il Cannonau di Sardegna DOC, il Cagnulari Isola dei Nuraghi IGP, il Monica di Sardegna DOC e il Vermentino Serenata DOCG Superiore.
Grazie al sapiente lavoro del figlio Elio Carta abbiamo poi raggiunto il pubblico internazionale con una vasta gamma di prodotti di alta qualità nel settore dei liquori e dei distillati, quali il Mirto Ricetta Storica (premiato come miglior mirto rosso), il Limonello Ricetta Originale, il gin Giniu (primo gin sardo creato 14 anni fa e premiato tra i 10 migliori gin in Italia dalla rivista Gambero Rosso), le Grappe invecchiate di Vernaccia e vitigni sardi misti, i Vermouth Rosso e Bianco Servito (primi Vermouth sardi con base Vernaccia), Amaro Bomba Carta (una delle nostre apprezzatissime novità, con infuso di erbe sarde e miele sardo amaro di corbezzolo),

Aspide Spritz, BitteRoma Rosso e Bianco, Liqu Liquore di liquirizia, Sard Orange liquore alle arance, Whisky Single Malt (ottenuto da orzo maltato sardo, doppia distillazione nel nostro storico alambicco discontinuo in rame e invecchiamento in storiche botti centenarie di castagno sardo) e distillato di agave blu sarda, il 41 Bis!
Sempre all'insegna della qualità e della naturalità, portiamo avanti di pari passo tradizione e innovazione. Per questo la nostra filosofia è ben riassunta dal claim "Armonia della natura".
Nostro nonno Silvio Carta, nel frattempo, con i suoi 94 anni, partecipa quotidianamente all'attività dell'azienda occupandosi tutt'oggi della cura delle piante di mirto, limone, liquirizia e ginepro e del nostro orto botanico. L'azienda si trova nella costa occidentale della Sardegna, il Sinis, a soli 10 km dal mare. Questo è un punto di forza di tutti i nostri prodotti perché i vigneti (lo stesso vino Vernaccia si trova solo in quest'area, la cosiddetta Valle del Tirso), il ginepro e le piante di mirto, crescono vicino al mare sulla costa. In Sardegna il vento Maestrale è fortissimo tutto l'anno e la salinità del mare arriva sino alle bacche e all'uva, donando loro un profumo, un aroma e una sapidità unici.
Si tratta di un'area particolarmente vocata alla coltivazione di rinomati vitigni e allo sviluppo spontaneo di piante officinali. La natura col suo mare limpido, le montagne ricoperte da una vegetazione intricata di selvaggia bellezza, i forti venti che soffiano per la maggior parte dell'anno e il sole splendente che ci riscalda in ogni stagione consentono alla flora e alla fauna dell'isola di avere proprietà organolettiche che sono uniche al mondo e impossibili da imitare.


Le qualità delle nostre botaniche, erbe aromatiche e spezie utilizzate racchiudono tutti i profumi ed i sapori della Sardegna, per un'esperienza di degustazione indimenticabile.
Sono il nostro elemento chiave per ottenere prodotti di alta qualità propri del territorio e per questo terra, natura e conoscenza sono la nostra tecnica da oltre 70 anni.
Al giorno d'oggi, siamo la terza generazione che lavora insieme per portare avanti questa attività con nuove idee e progetti per il nostro futuro, ma sempre con un occhio alla storia di nostro nonno e alla sua grande esperienza di vita.

Con quale prodotto avete iniziato?

Abbiamo iniziato con la Vernaccia di Oristano, un vino pregiato che produciamo e invecchiamo con tecniche tradizionali. Quest'anno la nostra Vernaccia di Oristano Doc Riserva 2004 è stata premiata come Miglior Vino Bianco d'Italia a Vinitaly 2024 con 96/100.

Silvio Carta, un nome e una garanzia. Una breve storia

La nostra storia è iniziata con nonno Silvio, che con passione e visione ha fondato l'azienda negli anni '50. Da allora, la nostra famiglia ha continuato a innovare, mantenendo la qualità al centro. Siamo oggi alla terza generazione, e insieme stiamo portando avanti questa eredità con prodotti che esprimono il territorio sardo in ogni sorso.



I numeri della vostra attività: quanti amari o aperitivi riuscite a piazzare in Sardegna e quanti in Italia e all'estero

Il nostro mercato principale resta la Sardegna e l'Italia, ma negli ultimi anni abbiamo raggiunto anche gli Stati Uniti, la Germania, il nord Europa e l'Asia, riscontrando una crescente apprezzamento internazionale.

In che modo siete conosciuti all'estero. Quando avete pensato di allargare la vostra diffusione al di fuori della Sardegna

Circa 5-6 anni fa abbiamo iniziato a farci conoscere all'estero, puntando sui prodotti che raccontano il nostro territorio. Siamo entrati gradualmente in nuovi mercati, e oggi siamo presenti in diverse parti del mondo grazie all'alta qualità dei nostri prodotti e alla passione che ci contraddistingue.

Gli ultimi nati sono gli amari CARTAMARO e BOMBACARTA, c'è stata una rispondenza da parte della gente. A chi sono rivolti questi prodotti, perché il nome e l'etichetta così originale
Amaro CartAmaro e Amaro Bomba Carta sono vere esplosioni di gusto, ciascuno con una personalità unica. Il CartAmaro si distingue per il carciofo come ingrediente principale, combinato con elicriso, rosmarino e salvia, tutte erbe raccolte direttamente dal nostro giardino botanico. Insieme, queste note creano un profilo aromatico deciso, capace di sorprendere ad ogni sorso.
Ma è il Bomba Carta a dare un'esperienza ancora più intensa: un amaro che incarna l'essenza selvaggia della Sardegna, grazie a un'infusione di erbe autoctone e al tocco speciale del miele di corbezzolo sardo. Per riflettere l'energia e il carattere di questo amaro, abbiamo ideato un packaging giocoso e coinvolgente: la bottiglia è avvolta in carta velina, proprio come una "bomba" fatta in casa, per un'esplosione di profumi e sapori. Un tributo autentico alla nostra famiglia e alla nostra terra, per un amaro che è pura Sardegna in bottiglia.
Gli ingredienti del successo di Bomba Carta e a chi è indirizzato. C'è un modo per sorseggiare o bere Bomba Carta, con ghiaccio o a quale temperatura
Amaro Bomba Carta è perfetto per chiunque voglia sentirsi in Sardegna con un semplice sorso
Un'esplosione di gusto che unisce le erbe del nostro giardino botanico e il miele di corbezzolo
sardo, racchiudendo in ogni assaggio la natura autentica e selvaggia dell'isola.Per apprezzarne al
meglio ogni sfumatura, suggeriamo di degustarlo a temperatura ambientecon un singolo cubetto di
ghiaccio. Una vera esplosione di profumi e sapori che racconta la nostra terra.

Il futuro dell'azienda

Puntiamo a crescere in modo sostenibile, sempre con un'attenzione alla qualità e all'innovazione. Lavoriamo per ampliare la nostra gamma di prodotti e per portare i sapori della Sardegna nel mondo.

Avete in mente qualche altro prodotto per la felicità dei sardi e non solo
Abbiamo in cantiere diverse novità, ognuna un tributo alla nostra terra. Tra queste, il Paper Elderflower, un liquore delicato ai fiori di sambuco, e l'Old Tom Carta, un gin in stile Old Tom che unisce ginepro sardo e il nostro miele, per un equilibrio raffinato.
A queste si affianca il 41 Bis, il nostro primo distillato di agave blu sarda, unautentico"Tequila sardo", 41 gradi e doppia distillazione per un profilo ricco e deciso.
Non dimentichiamo il Whisky From Sardinia, realizzato con orzo maltato sardo e distillato due volte nel nostro storico alambicco in rame prima di essere invecchiato in antiche botti di castagno sardo. Il risultato è un whisky che racconta la Sardegna in ogni sorso, con un profilo unico e sorprendente che riflette il nostro territorio.


Perché si dovrebbero preferire i vostri prodotti rispetto agli altri

I nostri prodotti nascono dalla terra e dai frutti della Sardegna, sono a km zero, freschi e raccolti al momento giusto. Rappresentano il territorio e la nostra passione per la qualità.

Avete già acquisito premi

Sì, numerosi. La Vernaccia di Oristano Doc Riserva 2004 è stata premiata quest'anno a Vinitaly come Miglior Vino Bianco d'Italia con un punteggio di 96/100. Anche BitteRoma Assoluto è stato premiato come Bitter dell'Anno dal prestigioso concorso MeiningersISW, e il nostro Mirto Ricetta Storica è stato premiatocon la medaglia d'oro al Concours Mondial de Bruxelles.
Ma non solo, i nostri Vermouth Rosso di Sardegna e Vermouth Servito hanno preso numerose medaglie d'oro all'estero, il gin Giniu è stato premiato dalla rivista Gambero Rosso tra i migliori 10 gin d'Italia e i nostri liquori come la Liqu, liquore alla liquirizia, Amaro Estremista 3° (un vero amaro a soli 3 gradi!) e Amaro Bomba Carta, vantano numerosi riconoscimenti tanto in Italia quanto all'estero.

Qualche aneddoto sui vostri prodotti

Il nostro gin Pigskin deve il suo nome ai cinghiali, compagni di raccolta quando andiamo a prendere a mano le bacche di ginepro. Grifu invece è un omaggio ai grifoni della zona e al leggendario contrabbandiere Efisio Pilloni, soprannominato Grifu per il suo naso prominente, simile al becco di questi magnifici rapaci.


UCRAINA, SVOLTA CLAMOROSA DEGLI STATI UNITI,
BIDEN: OK ALL'USO DI MISSILI A LUNGO RAGGIO

SI TEME UN'ESCALATION
SENZA PRECEDENTI


di Augusto Maccioni
(17-11-2024) Non c'è nessuna conferma da parte della Casa Bianca né del Dipartimento di Stato, di sicuro è una decisione clamorosa quella di autorizzare le forze armate ucraine a usare missili Usa di lunga gittata, note come Atacms, sul suolo russo. A rivelarlo sono i giornali "The New York Times" e "Washington Post" e la svolta rappresenta un cambiamento importante nella politica di Washington soprattutto perché gli Stati Uniti si erano sempre opposti agli attacchi di Kiev sul suolo russo per non alimentare l'ira di Putin che potesse rispondere con raid micidiali comprese le armi nucleari. Joe Biden, che si trova a Manaus nell'Amazzonia brasiliana per un chiaro segnale per combattere il cambiamento climatico in vista della sua partecipazione al vertice del G20 a Rio de Janeiro, non ne parla e alla stampa, subito dopo la diffusione della notizia dei missili a lunga gittata per Kiev, si è limitato a fare dichiarazioni diverse di natura ambientale. Questa svolta della politica americana è una decisione che arriva tardi ma che rappresenta molto nella futura strategia militare e politica dell'Ucraina in vista di un cessate il fuoco promesso dal presidente degli Stati Uniti eletto. Del resto Volodymyr Zelensky aveva più volte chiesto l'autorizzazione a colpire il suolo russo con missili a lunga gittata, già in possesso delle armate ucraine, ma non aveva ricevuto nessuna risposta positiva (
foto dal web/Social). Adesso che la situazione è tremendamente compromessa e la spallata decisiva di Putin si sta attuando con massicci attacchi di droni e missili sui civili, infrastrutture essenziali ma anche contro città pacifiche, è necessario fare qualcosa di più per bloccare i russi che non vogliono solo conquistare il Donbass ma anche altre regioni da capitalizzare in vista della pace che verrà imposta da Trump. I tempi sono ristretti e non c'è molto tempo da perdere in questa sfida per la conservazione dell'identità nazionale e del territorio. Zelensky lo sa benissimo e non vuole che l'Ucraina continui ad essere sotto attacco, come oggi, quando una pioggia di fuoco, 120 missili e 90 droni, si è abbattuto sul Paese colpendo in modo particolare la rete energetica e mettendo nel caos con numerose esplosioni tutto il territorio nel sud a Zaporizhzhia, Odessa, Mykolaiv e Cherniguiv, raid intensi e distruttivi con una finalità precisa contro gli interessi ucraini. La svolta di Washington arriva nel momento dei mille giorni di guerra tra Ucraina e Russia e viene in risposta alla decisione russa di schierare i soldati nordcoreani, che sarebbero molti di più di 10mila come indicato da qualche fonte, un atto che allargherebbe il conflitto e che potrebbe avere gravi conseguenze non solo nell'Europa orientale ma anche nell'Asia-Pacifico. Putin sapeva dell'avvertimento della Casa Bianca circa la partecipazione dei nordcoreani con i russi, entrambi impegnati in combattimento contro Kiev, e conosceva le varie conseguenze che avrebbe rappresentato in un conflitto di questa portata, ma pensava che Biden a fine mandato non avrebbe mai deciso di autorizzare Kiev a utilizzare i missili a lunga gittata. Per questo motivo la Russia ha avuto sempre vita facile e non è mai stata ostacolata a livello militare strategico. A questo punto della storia di Biden, il presidente in carica ha dato una svolta anche alle sue frenate soprattutto perché non voleva passare alla storia come il presidente degli Stati Uniti che ha affossato l'Ucraina. E ha fatto una cosa che forse lo riabilita ma a tempo scaduto, quando, a meno di due mesi dall'inizio della presidenza Trump, il 20 gennaio, tenta di rimettere gli ucraini in carreggiata mettendoli in posizione negoziale migliore se le parti dovessero sedersi al tavolo per la pace. La mossa di Biden potrebbe avere due aspetti parimenti importanti. Quello del rilancio per l'Ucraina ma anche un chiaro messaggio al leader nordcoreano Kim Jong-un, col quale Putin ha sottoscritto un patto di ferro per la guerra in Ucraina, per dissuaderlo dall'invio di ulteriori truppe per combattere i soldati di Zelensky. Adesso la palla passa al presidente russo che tempo fa aveva dichiarato dure conseguenze, fino alla bomba nucleare, se gli ucraini avessero avuto l'autorizzazione di utilizzare i missili a lungo raggio in territorio russo. Il timore adesso è di un'escalation senza precedenti con l'uso da parte di Putin di armi nucleari tattiche che non avrebbero però senso in vista della presidenza di Trump. La partita insomma è tutta ancora aperta.





ZELENSKY: "GUERRA FINIRA' PRIMA CON TRUMP"
E "GLI AMERICANI SONO DALLA NOSTRA PARTE"

IL PRESIDENTE UCRAINO: "VOGLIAMO UNA PACE
VERA", SOSTEGNO DEL G7 AL PAESE EUROPEO


di Augusto Maccioni
(16-11-2024) Dopo Olaf Scholz, cancelliere tedesco, e il presidente russo Vladimir Putin, che hanno chiarito le loro posizioni sulla guerra Russia-Ucraina, arriva la reazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ha una certezza: la guerra finirà l'anno prossimo con l'arrivo di Donald Trump. E' una dichiarazione senza precedenti che in qualche modo conferma quanto aveva annunciato tempo fa presentando il suo piano per una "pace giusta" ma con una Ucraina forte. In un'intervista a "Radio Ucraina" il presidente ucraino ha aggiunto che " si deve fare tutto il possibile affinché questa guerra finisca l'anno prossimo con mezzi diplomatici". Il problema, abbastanza complicato e serio, è che non si capisce come si arriverà alla pace, quali saranno le condizioni e chi si avvantaggerà da questa stretta di mano, ammesso che ci sarà un lieto fine. Zelensky è ottimista: è importante la posizione di Trump, poi il presidente ucraino ha detto anche che "gli americani sono dalla parte di Kiev". Zelensky è convinto della posizione di Trump (
foto dal web/Social) perché ha parlato della guerra e come chiuderla col presidente eletto dopo la sua vittoria e non "ha sentito nulla da lui che fosse contrario alla posizione dell'Ucraina". Di sicuro Trump farà quello che ha annunciato più volte in campagna elettorale, cioè porre fine alla guerra e in modo particolare Trump vuole chiudere i rubinetti delle risorse americane sotto forma di aiuti militari all'Ucraina. Però non si sa e in che termini voglia arrivare alla pace. Di sicuro Zelensky può vantarsi di avere i paesi del G7 dalla sua parte. A questo proposito i Paesi del gruppo più industrializzato del nord del mondo (Francia, Stati Uniti, Giappone, Canada, Regno Unito, Germania e Italia) hanno dichiarato sabato che Mosca rimane "l'unico ostacolo ad una pace giusta" e hanno confermato pieno sostegno all'Ucraina per, si legge nella dichiarazione diffusa dall'Italia che quest'anno presiede il G7, "contribuire alla lotta per la sovranità, la libertà, l'indipendenza, integrità territoria e ricostruzione" del Paese europeo.



MILLE GIORNI DI GUERRA, TELEFONATA
SCHOLZ-PUTIN PER ARRIVARE ALLA PACE

IL PRESIDENTE RUSSO:" SI' ALL'ACCORDO
MA COL DONBASS", L'IRA DI ZELENSKY


di Augusto Maccioni
(15-11-2024) Alla fine la telefonata tra Olaf Scholz e Vladimir Putin c'è stata dopo due anni, dall'inizio di dicembre 2022. Oggetto della conversazione è la fine della guerra tra Russia e Ucraina e i termini non sono di cortesia ma di porre finalmente la parola fine a questa occupazione di forza dopo diversi mesi di accese schermaglie che hanno costretto Putin a reagire duramente. Con Scholz sono la Francia e diversi stati europei che non vogliono che la Russia continui a martellare l'Ucraina ma vogliono che si arrivi a un tavolo per dar vita alla conclusione del conflitto. E' quello che il cancelliere tedesco ha chiesto a Donald Trump, con il quale si è sentito la scorsa settimana, impegnandosi in prima persona per "lavorare insieme per il ritorno della pace in Europa". Dalle risultanze della telefonata, avvenuta due giorni dopo la vittoria elettorale di Trump, sembra che Putin non voglia dare spiragli positivi per la fine del conflitto, almeno nei termini chiesti da Scholz. E se per la telefonata Trump-Putin a darne notizia sia stato il Washington Post, due giorni dopo il voto in Usa, subito smentita dal Cremlino, per la conversazione telefonica Scholz-Putin c'è voluto più tempo: entrambi gli staff hanno confermato l'avvenuto contatto distinguendosi però per le loro posizioni. Scholz ha chiesto a Putin di ritirare le sue truppe dall'Ucraina per arrivare a una pace giusta e duratura, ma la risposta del presidente russo è stata categorica: si all'accordo per la fine del conflitto ma alle condizioni imposte dalle nuove realta territoriali. Come dire che si arriverà alla pace solo con l'annessione alla Russia del Donbass e col ritiro delle truppe di Volodymyr Zelensky dalle quattro regioni parzialmente conquistate, cioè Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson. Non solo: Putin chiede anche l'impegno che l'Ucraina non entri nella Nato. E' quello che Zelensky non accetta: il presidente ucraino ha sempre sostenuto la "pace giusta" solo vincendo contro le armate russe e teme che con l'arrivo di Trump molte cose potrebbero cambiare, in peggio per il suo paese. Mentre si va verso il triste traguardo dei mille giorni di guerra, le incursioni russe continuano e in questa ultima settimana si sono verificati massicci bombardamenti con droni distruttivi. E dopo questo anniversario, di città distrutte e di un cimitero senza fine da ambo le parti e col mondo ferito da una assurda guerra, ci si chiede se Trump riuscirà veramente a porre fine della guerra. Zelensky è fiducioso ma lo è anche Putin. E' la volta buona che le armi possano tacere per sempre, del resto lo aveva chiesto con forza Papa Francesco nel natale del 2022 invocando Dio illuminando chi riusciva nell'impresa, ma c'è da chiedersi a quale prezzo mentre si sa per certo che la guerra ha indebolito tutti e per tutti è stata una sconfitta.




RANIERI RITORNA ALLA SUA
ROMA, HA PREVALSO L'AMORE
PER LA SQUADRA GIALLOROSSA

di Augusto Maccioni
(13-11-2024) Alla fine è tornato lui, il salvatore o aggiustatore, Claudio Ranieri (
foto dal web/Social). Anche questa volta ai supplementari ha vinto su altri mister non ultimo Massimiliano Allegri e sarà lui ad iniziare la svolta della squadra della Roma al posto di Juris. Sarà subito in campo all'Olimpico a guidare l'allenamento già giovedi mattina e vorrà voltare pagina dopo la legnata di domenica scorsa contro il Bologna. Per Ranieri è un ritorno pieno di ricordi e di grandi soddisfazioni prima come calciatore e poi per tre volte da allenatore. Il casting londinese ha chiuso il cerchio sul suo nome e lui, per salvare la sua Roma si è offerto con tutto l'entusiasmo e la determinazione di cui è ancora capace per ripetere un altro miracolo, come quello del 2009 quando, anche allora, decise di salvare la quadra al posto di Spalletti per poi chiudere il campionato sfiorando lo scudetto contro l'Inter. C'è anche l'impresa del 2019 quando, dopo la grande Premier vinta con il Leicester, mise la sua firma sostituendo Di Francesco. Adesso si rimette in gioco. E lo fa solo per la sua Roma, come aveva fatto a suo tempo per il suo Cagliari. Ha lasciato la guida della squadra rossoblù salvandola dalla retrocessione nell'ultimo campionato per poi chiudere, aveva detto, la sua carriera di allenatore salvo chiamate da parte di qualche nazionale. Uno spirito libero come Ranieri che vive di calcio sempre, non poteva rinunciare ai campi di calcio, solo aspettava il momento migliore per riprendere il suo lavoro di una vita. Lui ha seguito il cuore e non ha potuto rinunciare alla chiamata della Roma, il suo vecchio e sempre inossidabile amore tanto quanto una Nazionale. E la chiamata dai Friedkin, proprietaria della squadra giallorossa, è stata la chiave che ha mosso il grande Ranieri, non poteva dire di no e ha accettato con l'entusiasmo e la gioia della sua grande umanità. Lui è nuovamente in campo, è il nuovo allenatore della Roma anche se le sue parole, dopo aver lasciato la guida del Cagliari, erano per non allenare nessun'altra squadra se non una Nazionale. Su Fb i tifosi del Cagliari gli rimproverano di aver abbandonato la squadra rossoblù e di averla "tradita". Ranieri è un signore di umiltà e di profonda professionalità, ha dimostrato tanto cuore e amore per i colori rossoblù e si è impegnato per dare alla squadra un posto onorevole in serie A, contro ogni avversità e ogni pronostico negativo. C'è riuscito, ha compiuto la sua missione. Ranieri è un galantuomo che non dimentica, ama profondamente il Cagliari e sa quanto la squadra e i tifosi gli hanno dato. Oltre al Cagliari, Ranieri ha un altro amore: la sua Roma. Anche questa volta vuole salvarla e vuole condurla ad un posto onorevole. Giusto. Noi tifosi rossoblù siamo con Ranieri ora e sempre, gli diciamo grazie per tutto quello che ha fatto e per tutto quello che ha ricevuto e alla prossima partita col Cagliari sicuramente ci sarà una lacrima. Per non dimenticare.



COLLOQUIO TELEFONICO TRA TRUMP
E PUTIN PER UNA RAPIDA RISOLUZIONE DELLA
GUERRA IN UCRAINA, MA NON SARA' TUTTO FACILE


di Augusto Maccioni
(10-11-2024) Se per Kiev era importante vincere la guerra con la Russia, con Donald Trump, dopo la sua vittoria alle elezioni Usa, si riparte con un piano di pace che non piace al presidente Volodymyr Zelensky, che rischia di perdere territori in Ucraina a vantaggio di Vladimir Putin che li ha conquistati. Del problema Trump ne ha parlato col presidente russo (
foto dal web/Social) con l'obiettivo di raggiungere la pace nel continente europeo e nei giorni precedenti ha informato il presidente ucraino della necessità di aprire un tavolo per chiudere la guerra che va avanti da 994 giorni. La seconda presidenza di Trump è salutata con entusiasmo ma anche con interesse per la ventilata rivoluzione geopolitica, anche se non ci sono certezze su come il nuovo inquilino alla Casa Bianca ha intenzione di muoversi. Si saprà presto cosa Trump ha intenzione di fare per le due guerre in atto, Ucraina e Medio Oriente, mentre tutto è in divenire per le altre due guerre potenziali, Taiwan e Corea. Della guerra Ucraina-Russia, il nuovo presidente degli Stati Uniti ha le idee chiare che sono state più volte espresse durante la campagna elettorale: forzare un accordo di pace e la decisione di non finanziare più l'attività bellica di Kiev. Due modi un pò confusi per chiudere la partita e se si dovesse puntare per la seconda ipotesi si aprirebbe una "sconfitta" per Zelensky che ultimamente, prima delle elezioni americane, aveva proposto una "pace giusta" con l'obiettivo di vincere la guerra contro Putin. Argomentazioni di Zelensky che non trovano consenso da parte di Trump che punterebbe ad altre misure, due delle quali sono all'ordine del giorno. C'è la dottrina dell'ex segretario di stato Pompeo, che piace all'Ucraina, che costringerebbero Putin a cessare la guerra nel suo interesse dietro a interventi diretti per favorire l'economia e la produzione di energia e un grande prestito all'Ucraina. Altra ipotesi è quella di una politica più a vantaggio di Putin che spegnerebbe subito la guerra contro l'Ucraina. E questa tesi potrebbe essere al tempo stesso pericolosa e in salita perché Trump non vorrà passare alla storia come il leader che ha permesso la sconfitta di Zelensky. La partita è difficile e se da una parte gli aiuti attuali a Kiev sono insufficienti, dall'altra si deve far credere della presenza e forza dell'Occidente per l'Ucraina perché resista alle incursioni russe. Una vittoria assoluta della Russia rappresenterebbe una svolta storica come di importanza vitale sarebbe la riduzione territoriale dell'Ucraina, sempre a vantaggio di Putin, con la conseguenza di un messaggio nefasto per gli alleati europei che hanno sempre insistito sugli aiuti a Kiev contro Mosca. E il comportamento americano indebolirebbe il primato europeo e l'insoddisfazione di membri dell'Ue come Germania, Francia e Italia. A senso unico, invece, è il discorso di Trump verso Israele che potrebbe avere un sostegno maggiore, rispetto all'immenso aiuto dell'amministrazione Biden, sul piano economico, militare e politico.



IL TRIONFO DI TRUMP,
ECCO PERCHE' HA VINTO


di Augusto Maccioni
(7-11-2024) Per la prima volta Donald Trump (foto dal web/Social) ha ottenuto il sostegno totale negli Stati Uniti con cinque milioni di voti in più rispetto a Kamala Harris. Non si è trattato di una vittoria con poco margine e non è stata né una coincidenza né frutto di un sistema elettorale americano complicato. E' stato semplicemente un trionfo e i dati fanno pensare che sia Trump il "re" incontrastato del futuro degli americani. Molti pensavano e credevano che il violento attacco al Campidoglio del 2021 sarebbe stata la fine della sua corrente politica e che la sua figura perdesse peso in quella sovversione dei suoi sostenitori. Dopo quasi quattro anni abbiamo la risposta che è quella di una vittoria storica, di un personaggio che ha sempre lottato per ribaltare politicamente i tanti guai giudiziari con accuse e dichiarazioni di colpevolezza e numerosi scandali. A 78 anni Trump prende in mano un Paese con grandi problematiche da risolvere e la bocciatura della sua rivale, Kamala Harris, è la prova che la maggioranza degli americani ha creduto al suo programma elettorale affossando la candidata dem che non è riuscita a prendere le distanze da Biden cavalcando questioni che alla fine si sono rivelate lontane dalla realtà quotidiana. Il tycoon ha vinto anche nei grandi feudi democratici aumentando il consenso di quattro anni fa come, ad esempio, a New York, dove il magnate repubblicano ha conquistato inaspettatamente i quartieri di Brooklyn e del Queens. A pesare in maniera prioritaria sono state le questioni economiche e a dargli fiducia sono stati i "nuovi repubblicani" quelle persone con minori risorse, con un livello di istruzione basso o medio che hanno le preoccupazioni maggiori e il messaggio di Trump è stato più diretto ed efficace rispetto a quello di Harris. Molti incontri, della campagna elettorale, iniziavano "stai meglio di quattro anni fa" una frase con cui Trump indirizzava un messaggio crudo e allo stesso tempo potente agli elettori. Perché la realtà diceva che i prezzi al supermercato aumentavano, un pieno costava di più, gli affitti erano pazzeschi e c'erano grandi difficoltà a comprare una casa. Problemi che adesso Trump dovrà risolvere per dare risposte concrete ai cittadini in difficoltà e in stato di bisogno. Oltre ai problemi economici c'è sempre il caos sull'immigrazione che è diventato più disperato sotto l'amministrazione Biden. Anche in questo caso il grido d'allarme c'è e lui sa come porvi rimedio. Ha iniziato a combatterlo quando era presidente e ora ha le idee più chiare dopo quattro anni. Trump adesso sarà più potente di prima. E' anche la vittoria del trumpismo, come movimento populista che ha dato un sostegno enorme alla sua candidatura e al suo trionfo, ma soprattutto è un Trump che ha conquistato la classe operaria, è osannato dalle minoranze, come gli ispanici, e ha sconfitto i democratici che sognavano un'altra narrazione. Non solo Trump è tornato alla Casa Bianca, ma la sua vittoria è accompagnata dal Senato con una maggioranza repubblicana e col mantenimento della maggioranza repubblicana anche alla Camera. La sua vittoria però apre molte incognite e incertezze non solo all'interno degli Stati Uniti ma anche in politica estera con gli alleati occidentali, come l'Europa, oltre alla risoluzione delle due guerre in Medio Oriente e in Ucraina. Ma Trump saprà come muoversi e tutti adesso vogliono vederlo all'opera nei suoi primi cento giorni alla Casa Bianca a partire dal 20 gennaio 2025, quando il nuovo presidente degli Stati Uniti inizierà a muovere i primi passi della sua nuova avventura.



ELEZIONI, TRUMP HA VINTO SU HARRIS:
"SONO IL 47ESIMO PRESIDENTE USA"

IL REPUBBLICANO HA LA MEGLIO SULLA DEM E
TORNERA' ALLA CASA BIANCA QUATTRO ANNI
DOPO LA SUA TEMPESTOSA PARTENZA


di Augusto Maccioni
(6-11-2024) Doveva essere una sfida all'ultimo voto e l'incertezza regnava sul prossimo presidente degli Stati Uniti. Invece, con prepotenza, ha vinto Donald Trump (
foto dal web/Social) su Kamala Harris premiato dal voto popolare ma anche dai grandi elettori (292 -226). E' lui il 47esimo presidente degli Stati Uniti, un trionfo travolgente, totale e senza sfumature che ha ottenuto un'altra grande vittoria perché non solo si prenderà la Casa Bianca ma i repubblicani hanno ripreso la maggioranza in Senato e la Camera dei rappresentanti. In pratica un potere completo che nessuno ha mai avuto in due secoli e mezzo di storia della repubblica. La vittoria di Trump è andata oltre ogni aspettativa e si è preso una bella rivincita contro i sondaggisti che fino alla fine avevano previsto un testa a testa, tra Trump e la candidata dem Kamala Harris, e la vittoria di Harris per pochi voti. Hanno fatto flop, sbagliando le elezioni americane nel 2016, senza prevedere la vittoria di Trump, e fallendo di nuovo nel 2020 quando ha vinto Joe Biden. Questa volta, alle elezioni del 5 novembre, i sondaggisti sono stati travolti da una valanga rossa e non hanno capito quello che volevano e chiedevano gli elettori americani al candidato presidente. I grandi rilevamenti, tra l'altro, del New York Times e Siena College ma anche di FiveThirtyEight non hanno avuto successo e sono stati travolti dall'inaspettato trionfo di Trump che ha sconfitto anche il grande Allan Lichtman che si vantava di aver previsto 9 delle ultime 10 elezioni e che questa volta, dicendo "vincerà Harris", ha avuto una legnata memorabile. Trump è tornato, più forte di prima, affossando la candidata dem che pensava di avere in tasca la vittoria, e contro la magistratura americana che voleva incriminarlo prima per non farlo candidare alle presidenziali. Ha vinto lui e nelle prime ore di questo mercoledi le sue prime parole sono state chiare e senza ambiguità: "Questa è la vittoria politica più incredibile che il nostro Paese abbia mai visto, voglio ringraziare il popolo americano" e poi "Questa sarà davvero l'età dell'oro dell'America, ci permetterà di rendere l'America di nuovo grande". Trump è stato dichiarato vincitore a partire dalle due meno un quarto di mercoledi (le otto meno un quarto in Italia) nelle principali proiezioni dei media americani una volta dimostrato che aveva ottenuto almeno il minimo di 270 seggi nell'Electoral College che danno la vittoria. La lunga notte di festa per i repubblicani era giù scoppiata a West Palm Beach in Florida non appena il miliardario di New York era passato in vantaggio in Pennsylvania, il più importante dei sette Stati decisivi. La nuova storia degli Stati Uniti è stato scritto da Trump che è diventato il secondo presidente della storia a ottenere due mandati non consecutivi, prima di lui c'era riuscito solo Grover Cleveland, e strappa un record ai democratici diventando, a 78 anni, la persona più anziana a vincere le elezioni presidenziali superando l'attuale presidente Joe Biden. La vittoria di Trump è stata chiara e totale perché è riuscito a capitalizzare il malcontento e la rabbia della gente per l'aumento dei prezzi degli ultimi quattro anni e l'inflazione ha colpito i beni di prima necessità e i redditi più bassi. Il sostegno per Trump è stato forte tra i lavoratori bianchi, tra i latini ma anche da buona parte dei democratici. Trump da subito ha in mente, secondo le promesse elettorali, di effettuare forti tagli fiascali, dazi sulle importazioni e una massiccia "deportazione" di immigrati irregolari. Farà di più: grazierà tutti coloro che hanno assaltato il Campidoglio subito dopo la sua sconfitta quattro anni fa e rimuoverà il pubblico ministero che lo ha perseguito nei casi federali. L'altro fronte è quello delle guerre aperto, in Ucraina e in Medio Oriente. Mentre per Israele ci potrebbe essere una mano libera al primo ministro Netanyahu, per l'Ucraina potrebbe essere previsto l'ok a Putin per il Donbass e mettere fine alla guerra. Ci potrebbe essere un nuovo approccio per ridisegnare la geostrategia con la Cina con alleanze internazionali e con impegni produttivi. Poi c'è il suo attacco agli immigrati irregolari che considera "criminali" e "parassiti" e per loro ci sarà una "deportazione" di massa e un impegno forte alla frontiera.


TRUMP E HARRIS SI CONTENDONO
LA PRESIDENZA DEGLI STATI UNITI

"VOCI DI MEGA BROGLI
IN PENNSYLVANIA"

di Augusto Maccioni
(5-11-2024) Fra qualche ora forse si saprà qualcosa di più preciso sul nuovo inquilino della Casa Bianca. Considerando poi che i sondaggi dei candidati Kamala Harris, democratica, e Donald Trump, repubblicano (
foto dal web/Social), esprimevano da diverse settimane parità sarà ancora più difficile dare un volto al 47esimo presidente degli Stati Uniti. Allora la domanda è: quando sapremo i risultati delle elezioni presidenziali Usa? Impossibile sarà il testa a testa, vince chi prende un voto in più, e un candidato, alla fine, dovrà vincere. Sarà necessario attendere tutta la nottata italiana e in questo senso tutte le tv, dalla Rai a Rete4 e a La7, si sono attrezzate per fare una lunga diretta e capire quale sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti. E' possibile anche che quando in Italia si andrà in ufficio si saprà il vincitore in un'elezione in cui il risultato potrebbe delinearsi velocemente o forse no. Dipende da chi ha vinto. Se dovesse vincere Trump si saprà subito perché Kamala Harris potrebbe concedergli la vittoria, mentre improbabile sarà il contrario cioè che il tycoon conceda la vittoria alla candidata democratica. Se le cose dovessero andare in questo modo Trump e il suo staff sarebbero pronti a delegittimare il voto e a parlare di frodi. E in questo caso entrambi, sia Harris che Trump, potrebbero dichiararsi vittoriosi e a questo punto parlerebbero le carte bollate e i tantissimi avvocati messi a disposizione per rivendicare la Casa Bianca. Potrebbero passare giorni prima che si conosca il vincitore delle elezioni. Nel 2020 Biden venne dichiarato vincitore solo quattro giorni dopo le elezioni e in alcuni stati ci vollero settimane prima che venissero fuori i risultati finali. Molti problemi e complicazioni, quindi, e i tempi non sono certi per il riconteggio e la custodia dei risultati in un mix di complessità normativa e spesso per mancanza di risorse in alcuni stati. E a urne aperte da qualche ora Trump inizia a mettere le mani in avanti e sul suo account X scrive che "Sento voci di mega frodi a Philadelphia". Ma non cita prove. La notte, e non solo, sarà molto lunga.





VALENCIA, IL CICLONE ATLANTICO RESTERA'
FINO A DOMENICA, PREVISTA UNA NUOVA
DANA PER LA PROSSIMA SETTIMANA

SALVATA UNA DONNA DOPO TRE
GIORNI INTRAPPOLATA IN UN'AUTO

"UN CIMITERO" AL CENTRO
COMMERCIALE CON 5.700 POSTI AUTO

di Augusto Maccioni
(2-11-2024) Dopo tanta distruzione e dopo l'apocalisse, con un bilancio delle vittime che sale a 211 e molti dispersi, che ha messo in ginocchio Valencia col fenomeno del Dana o ciclone della "goccia fredda", c'è una notizia che ci riempie di gioia e che grida al miracolo. E nella vicenda di morte e devastazione l'episodio di una donna salvata viva dopo tre giorni intrappolata in un'auto in un sottopassaggio a Benetusser, sempre a Valencia, uno dei centri più colpiti dall'alluvione distruttiva, è la nota più ottimistica della giornata soprattutto perché si sta facendo di tutto per salvare altre vite umane, nelle case ancora isolate da acqua e fango, ma ancora nelle tante auto distrutte che si trovano nelle strade e nei parcheggi sotterranei. I volontari al lavoro stanno battendo ogni pista per cercare persone ancora vive, ma anche quelle che stremate non ce l'hanno fatta. La macchina organizzativa statale è troppo lenta per soddisfare le esigenze della popolazione ancora alle prese con l'acqua alta anche 4 metri e col fango nelle case e nei parcheggi sotterranei, ma anche nelle strade intasate da rottami di auto. Ci pensa però il grande cuore dei volontari che stanno compiendo uno sforzo eccezionale per aiutare la gente in difficoltà. Altri 10mila persone, molti giovani armati di pale e ogni attrezzatura, sono arrivati a Valencia impegnati in una sfida impressionante contro il tempo per aiutare la gente stremata, dando loro aiuto psicologico ma anche tanti viveri e acqua che manca da tanto tempo. Persone che non si risparmiano per ristabilire la normalità ma che qualche volta anche loro si trovano in difficoltà come è capitato ad almeno 19 volontari che sono rimasti intossicati mentre cercavano di pulire un garage a Chiva. Due di loro sono in ospedale in condizioni gravi. La vicenda ha impressionato parecchio perché le persone finite nelle strutture sanitarie sono state intossicate da monossido di carbonia dovuto a un mal funzionamento di una pompa di scarico. C'è ancora da registrare un'altra tragedia in tanta devastazione. E' successo nell'enorme centro commerciale Bonaire, nei pressi della città di Aldaya, dove il parcheggio sotterraneo è stato completamente invaso dall'acqua

(
foto dal web/Social). Si tratta di una struttura di 60mila metri quadrati, con circa 5.700 posti auto disposti su un piano interrato alto 4 metri. L'enorme parcheggio è completamente allagato. Nessuno può ispezionare l'interno prima che l'acqua sotterranea sparisca. Due grandi pompe in funzione da due giorni hanno abbassato l'acqua solo di un metro e mezzo, arriveranno altre pompe per fare più in fretta e prosciugare l'interno del garage. I sommozzatori dell'Ume sono pronti per entrare ma non adesso, e non sono potuti scendere neanche prima, dopo l'alluvione di martedi, perché la visibilità era nulla a causa dello sporco e del fango. Sicuramente sarà molto preoccupante quello che si potrebbe trovare laggiù. Molti dicono che quel parcheggio sarà "un cimitero" per le decine di cadaveri che si troveranno là sotto, uno spazio molto ampio che ha una capienza di 5.700 posti auto. La Spagna, e Valencia in modo particolare, guarda il cielo con preoccupazione e si informa sulle previsioni del tempo che dicono che il Dana non farà più danni da domenica, ma dalla prossima settimana è prevista un'altra Dana, forse non come quella distruttiva di martedi, ma con temporali che potrebbero essere intensi e in questo caso, avvisa il portavoce dell'Aemet "bisogna pensare a rifugiarsi in un luogo sicuro, non viaggiare o espersi a pericoli se non strettamente necessario".




CICLONE ATLANTICO SU VALENCIA, OLTRE 200
I MORTI, I DISPERSI SONO ALMENO 2.500

MIGLIAIA DI VOLONTARI PULISCONO LE STRADE
E FORNISCONO CIBO E ACQUA ALLA POPOLAZIONE

di Augusto Maccioni
(1-11-2024) Dopo tre giorni dalla devastazione del ciclone atlantico su Valencia, il numero delle vittime è sempre in aumento e stando ai dati ufficiali i morti sono 202 ma sicuramente saranno molti di più perché mancano all'appello almeno 2.500 persone anche se le autorità non vogliono specificare questa cifra. Si sta compiendo uno sforzo enorme per rintracciare le tante persone che non si trovano e all'opera non sono solo i militari e i vigili del fuoco ma anche i volontari, tantissimi, che hanno raccolto la sfida per salvare le persone e rintracciare quelle che non danno segnali di vita. L'esercito è nelle strade, tra il fango e l'acqua ancora alta. Si ispezionano le ferrovie, dove sono state ammassate, dalla furia del Dana, le macchine, ma anche le strade ancora impraticabili dal fango e dalle auto ormai diventate carcasse e messe una sopra le altre in una coreografia mostruosa. Tra i quartieri più colpiti c'è quello vicino al nuovo canale del Turia, chiamata La Torre, a sud di Valencia, devastata e messa in ginocchio martedi scorso. Oggi, venerdi 1 novembre, è completamente invasa dal fango e le macchine lavorano h24 anche sulle case piene d'acqua e fango, portando via televisori inserrvibili, divani distrutti, effetti personali e tanta altra roba ormai da mandare al macero. All'interno, quindi, nulla si salva. Ai piedi della chiesa della Madonna delle Grazie c'è il raduno dei volontari che sono arrivati in tantissimi chiamati dalla polizia locale per aiutare la popolazione disperata e ripulite strade e case dal fango (
foto dal web/Social). Molte persone sono attrezzate con scope, pale ma hanno anche acqua e viveri che consegneranno a quanti non hanno nulla da mangiare e da bere. Arrivano anche le medicine. Lo sforzo è enorme e i giovani si prestano con gioia a sostenere la popolazione. Si spostano anche auto, mobili pesanti e tante altre cose finite e accumulate per le strade. La corsa devastante del ciclone atlantico non si ferma e, dice il meteo, continuerà per tutto il fine settimana e può continuare a provocare qualche allarme. L'Aemet, l'Agenzia meteorologica statale spagnola, continua a decretare l'allerta rossa, quella massima, con piogge torrenziali a Huelva, poi nelle isole Baleari dove si prevedono piogge e temporali molti intensi e portare a improvvise esondazioni dei corsi d'acqua. Da domenica c'è la tendenza che i dana scompaia gradualmente e che la situazione diventi più stabile.


ALLUVIONE VALENCIA, SUPERATI I
160 MORTI, IN CAMPO L'ESERCITO

IL DANA FA ANCORA PAURA:"RESTATE A
CASA", IL SINDACO DI ALFAFAR: "C'E'
GENTE CHE CONVIVE CON I CADAVERI"


di Augusto Maccioni
(31-10-2024) Al momento il bilancio delle vittime della devastante tempesta che si è abbattuta nella Spagna orientale è salito a 158, anche se, comunicano le autorità, è un numero provvisorio perché sono ancora moltissimi i dispersi che potrebbero trovarsi in zone inaccessibili ai soccorritori. Il governo ha proclamato 3 giorni di lutto e le bandiere sono state esposte a mezz'asta sugli edifici pubblici per la tremenda tragedia che nel giro di 48 ore ha messo in ginocchio soprattutto Valencia (
foto dal web/Social), cancellandola brutalmente e rendendola spaventosamente inospitale per il fango e per le inondazioni rese copiose dallo straripamento dei fiumi. L'apocalisse che si è abbattuta su Valencia ha causato molti morti, distruggendo infrastrutture con danni ingenti. Su molte zone della città è caduta la pioggia di un anno e in otto ore tutto è cambiato, stravolgendo la vita degli abitanti, uccidendo molti di loro che cercavano scampo nelle auto e nei garage. Il Dana, il ciclone atlantico, ha fatto le cose in grande e ha imperversato rendendo tutto difficile. E' un fenomeno che capita poche volte in tanti anni, soprattutto in Europa, e siamo abituati a vedere vortici micidiali e devastanti solo in tv quando colpiscono gli Stati Uniti e in altre parti del pianeta. Questa volta su Valencia il ciclone è stato spaventoso perché al suo interno è stato portatore di altri nubifragi e tutti insieme hanno contribuito a creare quella che gli scienziati chiamano "goccia fredda", quando cioè si verifica il passaggio dell'aria fredda che si sposta sulle acque calde del Mediterraneo, creando un mix diabolico perché porta in rapida ascesa l'aria calda satura che provoca forti temporali e piogge abbondanti. Gli scienziati dicono anche che questo fenomeno è dovuta alla crisi climatica provocata dall'uomo, ma sono argomenti che si dibattono da tanto tempo e non si capisce effettivamente se tutto concorre a creare questi eventi meteorologici estremi. Di sicuro si sa, perché è evidente, che i nubifragi intensi, per frequenza e durata, si verificano più spesso proprio perché il Mediterraneo si riscalda di più agevolando quegli eventi catastrofici che portano piogge torrenziali molto intense. Secondo gli esperti il Dana, dopo le inondazioni nella zona di Valencia, proseguirà il suo cammino verso Occidente per poi, dopo due giorni, indebolirsi. Il viaggio di questo ciclone atlantico è iniziato sul Mediterraneo ed è stato il responsabile delle alluvioni in Emilia Romagna. Molti sindaci della regione di Valencia si lamentano per la mancanza di aiuto da parte del governo: "Ci hanno dimenticati". Il sindaco di Alfafar, altro centro sommerso totalmente dal fango, Juan Ramon Adsuara ha lanciato un disperato grido di aiuto: "Non vediamo un camion dei pompieri o dei soccorritori da giorni, né la Guardia Civil e ci sono persone che vivono con i loro cadaveri a casa. E' molto triste, aiutateci". Le previsioni dicono che il nubifragio "non è ancora finito" e ci sono, ha detto il re Filippo VI di Spagna, ancora molte zone a rischio, mentre il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, che ha visitato le zone della catastrofe, ha detto che "la tempesta continua, per favore restate a casa".


DRAMMATICO CICLONE ATLANTICO A VALENCIA,
OLTRE 100 I MORTI, NUMEROSI I DISPERSI

"PERSONE INTRAPPOLATE COME TOPI",
CARCASSE DI AUTO BLOCCANO LE STRADE

di Augusto Maccioni
(30-10-2024) Una devastazione del genere non si era mai vista, un tornado insistente per tre giorni ha compiuto una strage a Valencia e alla fine il conto è pesantissimo: il numero delle vittime, alcuni "intrappolati come topi", è destinato a salire in maniera preoccupante, forse 150 ma è sempre un dato provvisorio, i dispersi sono moltissimi a causa di inondazioni che hanno messo in ginocchio, spazzandole, case e infrastrutture provocando danni ingentissimi. Tutta colpa del Dana, acronimo spagnolo che indica depressione isolata ad alta quota, il cliclone atlantico che è più tipico di altre regioni del pianeta, come gli Stati Uniti, che in Europa e che in questo caso ha colpito in poche ore, con una devastazione inusuale, la comunità valenciana e le zone della Castiglia fino alla Mancha e all'Andalusia. La Spagna devastata, piange i morti ed è sotto choc per i danni. Gli esperti parlano di una tempesta insolitamente statica del Dana costruita con forza grazie all'apporto di umidità del Mediterraneo e ai venti da est e le acque ancora calde del Mar Mediterraneo. Una combinazione perfetta per creare questa grande intensità di precipitazioni che, secondo gli analisti, risulta evento peggiore dopo quelli del 1982 e del 1987. La quantità d'acqua accumulata in poche ore è maggiore in tutta la zona settentrionale e centrale di Valencia e la fascia costiera, raggiungedo i 491 millimetri a Chiva e 415,6 mm nel bacino di Buseo. Nel caso di Chiva l'acqua accumulata in circa 8 ore è molto notevole creando conseguenti alluvioni. Fenomeni del genere, con inondazioni e allagamenti lampo, si sono verificati tra settembre e ottobre anche in Francia, Austria e Italia. Nel nostro paese l'evento recente è riferito all'Emilia Romagna che è stata colpita da piogge eccezionali ma è da ricordare un altro evento drammatico che ha colpito la Sardegna e in modo particolare Olbia e Arzachena nel novembre 2013. All'epoca si parlò del ciclone Cleopatra che imperversò sulla Sardegna settentrionale, provocando la morte di 18 persone e tanta devastazione con danni ingenti alle case e alle infrastrutture. In 12 ore la quantità d'acqua accumulata era di 450 mm di pioggia. Tantissime le foto e
video (dal web/Social) di Valencia in ginocchio a causa del ciclone atlantico che in poche ore ha riversato una quantità d'acqua di un anno. E la foto (dal web/Social) che pubblichiamo è quella simbolo di questa drammatica tragedia: una strada ostruita dalle carcasse delle macchine accatastate l'una sull'altra, trascinate con forza e devastate dalla furia dell'acqua. Macchine diventate improvvisamene canotti galleggianti in uno scenario apocalittico dove tutto è dietro a questo tsunami di grandi proporzioni. Il governo a dichiarato 3 giorni di lutto.


C'E' STATA LA RAPPRESAGLIA ISRAELIANA:
BOMBARDATA L'IRAN PER ATTACCO MISSILISTICO

COLPITI OBIETTIVI MILITARI, L'IRAN MINIMIZZA
PER NON ALTERARE LA SICUREZZA REGIONALE


di Augusto Maccioni
(26-10-2024) Dopo tanti annunci è arrivata la risposta israeliana all'Iran, una ritorsione che non ha coinvolto siti nucleari e petroliferi ma è andata dura su obiettivi militari nelle province di Teheran, Khuzestan e Ilam, uccidendo almeno 4 soldati iraniani. E' stata una notte di fuoco e il cielo iraniano si è illuminato dagli attacchi missilistici che hanno superato, ha detto il portavoce dell'esercito israeliano Daniel Hagari, le difese iraniane. Dopo i 181 missili balistici contro lo Stato ebraico del primo ottobre, Israele ha dovuto pazientare parecchio prima della rappresaglia confrontandosi spesso col suo alleato americano che chiedeva "danni limitati" e comunque non voleva che si bombardassero i siti nucleari, petroliferi e le città mettendo a rischio i civili. La scelta, anche questa volta, è stata indirizzata verso venti obiettivi militari prendendo di mira, durante l'operazione notturna, i centri di produzione e stoccaggio missilistico e la difesa antiaerea della Repubblica islamica. Per il governo di Israele è stato un successo ed è stata completata con soddisfazione la ritorsione raggiungendo gli obiettivi programmati. Le autorità iraniane e i media ufficiali hanno minimizzato l'importanza delle operazioni israeliane dicendo che la loro aggressione non è stata una dimostrazione di forza ma un segno di paura. L'attacco israeliano è iniziato nelle prime ore di sabato 26 ottobre ed è andata avanti in tre ondate. I primi bombardamenti si sono verificati a Teheran e nella vicina città di Karaj, poi altre corpose incursioni missilistici e alla fine, intorno alle 6, le 5 ore italiane, il portavoce Hagari ha annunciato la fine dei bombardamenti. Il governo di Benjamin Netanyahu ha seguito tutte le fasi delle operazioni in un bunker di una caserma (
foto dal web/Social). Non si sa la portata dei danni causati dagli attacchi ma in generale le autorità iraniane, minimizzando l'operazione militare isreliano, si sono affrettate ad archiviare "la risposta" israeliana all'Iran e da fonti arabe sembrerebbe che l'Iran non voglia dare seguito a nessuna rappresaglia. Almeno per il momento. E' la seconda volta, quest'anno, che Israele e Iran si scambiano attacchi sui loro territori generando più volte la paura, più o meno fondato, di un progressivo ampliamento del conflitto in Medio Oriente, anche se c'è un confronto nascosto tra Israele e Hezbollah. Adesso si valuteranno le mosse successive, di sicuro quelle diplomatiche sono già in azione per chiedere con forza la fine della guerra a Gaza soprattutto in seguito all'attacco "proporzionato" compiuto dagli israeliani sul suolo iraniano, un'incursione focalizzata solo su obiettivi militari al fine di evitare un'escalation che nessuno vuole. Che sia venuto il momento di sedersi a un tavolo per mettere a punto un dialogo verso una pace?



VALERIANO PINTUS, DAI FORMAGGI AI
VINI DELLE CANTINE DI DOLIANOVA

"MOLTI PROGETTI FINO AGLI
AMARI E LIQUORI. UN ALTRO
PREGEVOLE VINO PER L'ESTATE"

di Augusto Maccioni
(21-10-2024) Valeriano Pintus è il nuovo direttore commerciale delle Cantine di Dolianova. Un curriculum professionale trascorso, tra gli altri, nell'agroalimentare sardo con una notevole esperienza nel settore caseario con Argiolas Formaggi e nella catena supermercati IperPan , del gruppo Superemme. E' un manager di tutto rispetto che ha il compito di consolidare l'esistente e di far crescere ulteriormente le Cantine di Dolianova in un campo, quello del vino, tra i più apprezzati e rinomati del settore non solo in Sardegna. Dopo aver trascorso oltre 20 anni nell'agroalimentare e nella catena IperPan ha una nuova sfida da mandare avanti e questa volta l'obiettivo è intrigante e allo stesso tempo coinvolgente: far crescere qualitativamente e quantitativamente i vini delle Cantine di Dolianova. Non solo. Pintus ha anche altri progetti, cioè aprire altri canali di mercato con la commercializzazione di amari e liquori e annuncia una nuova bottiglia che sarà pronta per la prossima estate, un prodotto per far esaltare le nostre pietanze, sempre pregevole che saprà farsi apprezzare da tutti.



Dopo formaggi e supermercato IperPan, approda alle Cantine di Dolianova. Un bel salto

In effetti è un salto piacevole e in definitiva tutto si sposa e finisce poi nella bevanda di cui nessuno può fare a meno. Nelle Cantine di Dolianova ho trovato l'ambiente giusto per lavorare , è una grande famiglia, come azienda e come singoli ed è piacevole lavorare in un clima sereno dove ci sono molte potenzialità. Da tempo ho corteggiato l'idea di fare il salto nel mondo dei vini e ho avuto l'occasione straordinaria di far parte di questo eccellente gruppo grazie al presidente Sandro Murgia che mi ha accolto con grande entusiasmo conoscendo il mio curriculum, la mia persona e le mie capacità.

Si ferma ai vini?

Dopo 21 anni, tra l'agroalimentare e l'IperPan, è mia intenzione lavorare bene in questa nuova e bella realtà che sono le Cantine di Dolianova, dove ho trovato un gruppo straordinario che ha delle eccellenze e che ha una potenzialità invidiabile. Conoscevo già le Cantine ma vi assicuro che stando all'interno è tutto coinvolgente e di grande positivo impatto. C'è entusiasmo e interazione con le persone, una sfida senza freni piacevole che merita attenzione. Cercherò di dare il meglio della mia esperienza, alla continua ricerca di stimoli e idee, con la dinamicità delle varie fasi della vendita e con l'obiettivo di far crescere ulteriormente questa grande realtà vinicola sarda.



Che impronta darà alle Cantine di Dolianova?

Le Cantine ha una superficie di vigne più ampia ed estesa della Sardegna con 1200 ettari di vigneti, per la gran parte intorno alla casa vinicola, ed è un dato importante per il prodotto e per la sua qualità. Lavoriamo quasi esclusivamente vitigni autoctoni e crediamo nella valorizzazione delle uve sarde, con una marcata connotazione isolana. Con questo vogliamo portare alta la bandiera della Sardegna non solo in Italia ma anche all'estero. Imbottigliamo il vino che produciamo con un numero tra i più elevati della realtà sarda, qualcosa come 4 milioni di bottiglie, sono tante, ma possono crescere in maniera notevole, non voglio dire che si raggiungerà il doppio ma è l'obiettivo che stiamo cercando di portare avanti. Declinare l'aumento delle bottiglie potrebbe consentire all'Azienda di crescere come fatturato e diventare una realtà importante per il nostro territorio. Finora è stato fatto tanto con notevoli traguardi, continueremo a consolidare questi primati con la priorità di intensificare quote di mercato soprattutto nell'export e nella grande distribuzione italiana e sarda in modo particolare. Puntiamo a grandi numeri che ci saranno perché sono convinto che le Cantine di Dolianova sapranno dare il massimo per questo ulteriore percorso di crescita che sarà raggiunto grazie alla capacità e alla professionalità del gruppo, a questa grande famiglia che si distingue per affiatamento e per passione verso la grande valorizzazione delle sue eccellenze.


Il futuro delle Cantine è anche all'estero?

Siamo presenti in maniera ottimale in Sardegna, al secondo posto nella penisola mentre l'estero Il mercato vale il 20% del fatturato con grande possibilità di crescita anche se c'è un rischio in diversi Paesi come la Cina, Russia o Ucraina. Ma non ci fermiamo: puntiamo al 40% e può diventare una splendida realtà grazie alla nostra potenzialità

La bottiglia di punta della Cantina?

E' JU', un ottimo vino, simbolo della Cantina. E' stato creato nel 2016-17, è giovane, deve avere una lunga maturazione , stiamo dando l'annata 2019 (l'annata 2017 è finita). Fa parte di un progetto di grande rilevanza ed è un prodotto di eccellenza. E' stato compiuto uno sforzo notevole per la grafica e anche per l'etichetta, è un prodotto di grande struttura, elegante e longevo e con una quantità limitata. Ju' va ad accostarsi per qualità e pregio ad altri due storici rossi delle Cantine, Blasio e Terresicci.



In programma altri vini?

E' un segreto. E' un progetto che stiamo portando avanti e che sarà realizzato il prossimo anno. Sarà un vino che farà volume, e che dovrà entrare nelle case di tutti. Stiamo affrontando le declinazioni con i test di rito. Speriamo di commercializzare il prodotto prima dell'estate. I tempi sono stretti, il vino c'è e c'è anche la volontà di mettere sulla tavola un prodotto eccezionale che farà la gioia di tutti.

Per il futuro solo e soltanto vino?

Per ora solo vino, embrionale l'idea di andare oltre, aprire altra linea, altri prodotti. C'è spazio per un'altra realtà , come la produzione di amari e liquori, ma è troppo presto perché sono prodotti differenti che hanno ritmi differenti e logiche differenti

Ha intenzione di fermarsi in Sardegna ?

A livello professionale mi piace fare bene per questa nuova realtà e portare avanti alcuni progetti per far crescere e qualificare ulteriormente le Cantine con i suoi prodotti. Voglio aiutare e far aumentare la nostra economia, rimanere quindi in Sardegna e non credo di cambiare.

Hobby?

Mi piacciono i motori, tifo per il Cagliari ma soprattutto sono instancabile nel lavoro e nei progetti che sto portando avanti nelle Cantine di Dolianova

Cantine di Dolianova come sponsor?

Stiamo valutando qualche sponsorizzazione che realizzeremo il prossimo anno. Ci sono diversi progetti, poi si vedrà.




DOPO LA MORTE DI SINWAR,
STATI UNITI E EUROPA PREMONO
PER IL CESSATE IL FUOCO A GAZA

HAMAS FRENA E RILANCIA: "STOP
ALLA GUERRA O NIENTE OSTAGGI"


di Augusto Maccioni
(18-10-2024) Il leader di Hamas Yahya Sinwar è stato ucciso. Le immagini dell'uomo più ricercato degli Stati Uniti, poco prima di essere assassinato, sono state diffuse dalle forze di difesa israeliane. Nel video, che è stato condiviso sui social, si vede il drone che entra in un edificio bombardato a Gaza, ma non distrutto completamente, e all'interno si scorge la figura di una persona ferita su una poltrona con in mano una barra di metallo (
foto dal web/Social) che poi l'uomo scaglia contro il dispositivo volante. Poi quell'edificio è stato fatto esplodere. Ancora prima le forze israeliane avevano individuato tre persone che scappavano, prima insieme poi divise. Una di queste era Sinwar che è stato identificato dalle impronte del dito, dall'orologio e dal dna. L' Idf ha ucciso il leader di Hamas per caso. L'incursione israeliana aveva diversi obiettivi, sicuramente l'uccisione altri capi della milizia palestinese ma mai si pensava al leader di Hamas che era introvabile, non stava mai in un posto ed era diffidente anche nei confronti dei suoi amici. Invece era in un edificio e non si nascondeva in nessun tunnel. Con la morte di Sinwar, il nemico numero uno di Israele, colui che non ha mai accettato nessun accordo per la tregua con Israele, scompare in maniera provvidenziale l'ostacolo duro del governo Benjamin Netanyahu per porre fine alla guerra di Gaza forse non subito e neanche a breve o medio termine. Non ci si avvia alla pace ora e neanche c'è stata l'idea di tregua dopo l'uccisione del leader politico di Hamas Ismail Haniyeh, lo scorso luglio, e di Hasan Nasrallah, del movimento libanese Hezbollah, alla fine di settembre. Sono stati successi dell'intelligence militare israeliana che sicuramente non hanno portato alla pace anche se hanno messo un tassello in più per un dialogo positivo. Ci vuole del tempo per aprire una strada che non è pronta per accettare un tavolo per la tregua. Per il momento tutte questi morti, e in modo particolare l'uccisione di Sinwar, non hanno fatto altro che esacerbare gli animi degli islamisti palestinesi e libanesi e la loro sete di vendetta. Per loro sono "martiri", "eroi", esempi da seguire fino alla morte secondo gli insegnamenti della tradizione jihadista. C'è però da mettere in conto la vita di oltre 100 ostaggi ancora nelle mani di Hamas e per questo motivo, forse, con la morte di Sinwar, la mente dell'attacco a sorpresa contro Israele del 7 ottobre 2023 che ha provocato 1.200 morti e 250 ostaggi in poche ore, c'è la possibilità di negoziare con le autorità palestinesi moderate una tregua a Gaza. In questo senso fanno pressione sia gli Stati Uniti che Europa. Sarebbe per Netanyahu non solo una vittoria, più o meno definitiva, ma un modo nobile per salvare la vita degli ostaggi israeliani che ancora si trovano nei tunnel della Striscia. Ma Hamas frena: stop alla guerra a Gaza o niente ostaggi.



ZELENSKY ASSICURA CHE L'UCRAINA
E' "PIU' VICINA ALLA FINE DELLA

GUERRA" E PRESENTA UN PIANO
DI 5 PUNTI PER BATTERE PUTIN


di Augusto Maccioni
(16-10-2024) La guerra tra Ucraina e Russia potrebbe finire l'anno prossimo, ma molto dipende dagli alleati di Volodymyr Zelesky (
foto dal web/Social). Davanti alla Rada, il parlamento ucraino, il presidente ha presentato il suo "piano per la vittoria" contro la Russia. Zelensky è convinto che Putin non cerchi la pace e continua la sua battaglia per annientare il popolo ucraino e conquistare zone importanti del suo territorio. Il presidente ucraino propone una strategia per convincere i suoi alleati occidentali a sostenere con forza il suo "Piano di vittoria" perché solo seguendo la sua formula si possa trascinare Mosca al tavolo dei negoziati e porre fine alla guerra con una "pace giusta". Il primo punto del leader ucraino è l'ingresso dell'Ucraina nella Nato ed è uno dei maggiori ostacoli degli occidentali nel sostenere il suo piano. Altri elementi proposti da Zelensky per chiudere la guerra con la Russia è legato al rafforzamento della difesa ucraina con specifiche richieste di armi a lunga gittata, armi da utilizzare sul suolo russo e comunque per una possibile aggressione russa in futuro. In tutto il presidente ucraino porta avanti cinque punti più altri tre allegati segreti per la risoluzione del conflitto. Del primo punto abbiamo già detto, cioè "l'invito per l'Ucraina alla Nato" che, secondo Zelensky, è fondamentalmente cruciale per la pace in quanto Puntin potrebbe vedere che i suoi calcoli geopolitici stanno perdendo anche agli occhi del mondo. Il secondo punto è quello di rimuovere le restrizioni dell'Europa e degli Stati Uniti sull'uso di armi a lungo raggio sia sul territorio ucraino occupato dalla Russia e anche sul territorio russo. Non solo queste armi ma anche droni e altri mezzi d'attacco adeguati, oltre informazioni satellitari in tempo reale ottenute tramite altri mezzi di intelligenze. Terzo punto è quello di ospitare sul suo territorio un pacchetto completo di deterrenza strategia non nucleare per dissuadere la Russia dall'aggressione sia verso l'Ucraina ma anche verso l'intera Europa. Zelensky però su questo argomento non cita quali potrebbero essere le armi non nucleari. Il punto successivo riguarda il "compenso" ucraino per l'appoggio occidentale all'Ucraina. Si parla di risorse naturali, come uranio, titanio, litio, grafite e altri elementi strategici, per un valore di trilioni di dollari che l'Ucraina mette a disposizione degli Stati Uniti e dell'Europa, di cui l'Ucraina farà parte, per un accordo speciale sulla protezione congiunta e sull'utilizzo del rispettivo potenziale economico. L'ultimo punto è garantire la sicurezza in Europa con l'Ucraina dentro. Zelensky propone di utilizzare i soldati ucraini, che hanno una vera esperienza di guerra moderna, per rafforzare la difesa dell'Alleanza fino a sostituire alcuni contigenti militari delle forze armate statunitensi in Europa con unità ucraine dopo la guerra. Zelensky sta cercando di invertire la situazione sempre più difficile sul fronte di guerra e vuole chiudere una partita non perdendo la faccia in momenti difficili anche per la crescende stanchezza europea, soprattutto sugli aiuti di bilancio di Francia e Germania. I primi hanno fatto sapere che non saranno in grado di rispettare l'impegno di 3 miliardi di euro per assistenza militare per Kiev mentre la Germania ha ridotto drasticamente le forniture per l'Ucraina. Il rischio principale per Zelensky è comunque gli Stati Uniti che vanno al voto il 5 novembre. Con una vittoria elettorale di Trump le cose potrebbero andare male per Kiev e lo stesso Biden ha fatto sapere che il "piano" di Zelensky non è molto concreto. Più favorevole alle armi a lunga gittata è il primo ministro britannico Keir Starmer che però ha avvertito Zelensky che queste armi non potranno essere decisive per chiudere la guerra con Putin.



LIBANO, FERITO UN ALTRO CASCO BLU
GLI STATI UNITI SPOSTANO
IL SISTEMA MISSILISTICO IN ISRAELE IN VISTA DELLA SUA RISPOSTA ALL'IRAN


di Augusto Maccioni
(12-10-2024) E' tutto pronto per la risposta israeliana al recente attacco missilistico dell'Iran, mentre trascorre il 371° giorno di guerra. In vista dell'azione militare israeliana gli Stati Uniti hanno già dispiegato il sistema anti-missile balistico Thaad in Israele che sarà gestito da esperti statunitensi nel territorio. Intanto il New York Times ha informazioni circa il rinvio di un anno dell'attacco di Hamas ad Israele, che in origine era preparato per l'autunno del 2022, nel tentativo di convincere Iran e Hezbollah a partecipare all'azione militare. Le carte che hanno determinato questa decisione il Times le ha trovate nei resoconti di 10 incontri segreti di Hamas che gli israeliani hanno trovato a Gaza. Un altro casco blu dell'Unifil è stato colpito da colpi di arma da fuoco nella città di Naqoura in Libano (
foto dal web/Social). Poco si sa sull'accaduto perché la forza Onu sta completando le indagini sull'incidente ma è certo che il peacekeeper è stato colpito "a causa di attività militari in corso nelle vicinanze" facendo riferimento ai combattimeti tra Israele e le milizie Hezbollah. Israele anche questa volta farà partire una indagine sui fatti e comunque "l'incidente è stato involontario". Non solo: i vertici militari israeliani fanno sapere che nel territorio è in atto una guerra aperta in cui le milizie Hezbollah utilizzano "come scudi i caschi blu" e se questo fosse vero sarebbe interessante conoscere la risposta dell'Onu che ha questa forza internazionale proprio in quella zona del Libano e se sarebbe il caso di rivedere le regole di ingaggio della missione Unifil apparse oggi obsolete in quanto c'è una guerra e sono saltati i compiti delle forze dell'Onu di verificare, in base alla risoluzione 1701, il ritiro delle truppe israeliane e assistere il governo del Libano a ripristinare la sua effettiva autorità nella zona. I compiti dell'Unifil potrebbero essere diversi, o la forza internazionale potrebbe lasciare il territorio perché la situazione Onu è cambiata per la guerra in atto, anche perché, lo dice Andrea Tenenti portavoce dell'Unifil, "molto presto il conflitto regionale potrebbe avere un impatto catastrofico per tutti". E allora? La situazione è talmente complicata e difficile da risolvere per evitare la catastrofe che è necessario un intervento serio a livello politico e diplomatico perché non ci sia quell'impatto catastrofico verso il quale ci si sta dirigendo.




I FUNERALI DI SAMMY BASSO, IL
RICORDO DELLA MAMMA E DEGLI AMICI

LA SUA LETTERA: "NON SIATE TRISTI,
BRINDATE E SIATE ALLEGRI"

di Augusto Maccioni
(11-10-2024) Aveva previsto tutto Sammy Basso (
foto dal web/Social), il giovane biologo e attivista affetto da progeria scomparso a 28 anni, e si era preparato al giorno della sua morte avvenuto domenica scorsa durante i festeggiamenti per il matrimonio di una coppia di suoi amici. Oggi venerdi 11 ottobre i funerali con tanti amici che hanno voluto ricordare l'umanità del personaggio e il suo impegno in campo scientifico nello studio della sua patologia, una malattia rara, chiamata progeria, un invecchiamento precoce che consuma il corpo. Assieme ai genitori l'intraprendente e solare Basso aveva fondato l' "Associazione italiana Progeria Sammy Basso" di cui il giovane era testimone dall'età di dieci anni. E' sempre stato un esempio di forza e di speranza, e non si è mai abbattuto aiutando gli altri che dimostravano difficoltà e insofferenza per la vita. Il suo impegno è stato esclusivo e senza sosta verso la ricerca e lo studio della sua patologia e numerose sono state le testimonianze vere e commoventi, sempre cariche di gioia e di grande speranza, che hanno attraversato la sua giovane età. Ci lascia una persona solare che ha sempre avuto una grande forza d'animo e non dimenticheremo mai il suo sorriso e la sua grande umiltà. Gli fa onore poi l'aver donato il suo corpo alla scienza per far progredire la ricerca e trovare una cura alla patologia dell'invecchiamento precoce. Moltissime persone e tante personalità per l'ultimo saluto a Sammy Basso a Tezze sul Brenta. Il sindaco Luigi Pellanda ha proclamato il lutto cittadino. Parole commoventi da parte di tutti e il funerale sono state celebrate dal vescovo della diocesi di Vicenza, mons. Giuliano Brugnotto col vescovo emerito Beniamino Pizziol e all'ex vescovo di Chioggia Adriano Tessarollo. La mamma di Sammy, Laura Lucchin, col marito Amerigo, genitori eccezionali, ha voluto ringraziare tutte le persone che sono state vicino al figlio dalla nascita dicendo anche che il figlio non si è mai fermato a recriminare per la sua malattia. Poi mamma Laura ha anche detto: "Sammy è stato un dono, ci siamo amati, sostenuti e arricciti a vicenda. Tu ci sei e ci sarai sempre vicino". Sammy Basso ha previsto tutto ed è stato anche il "regista del suo funerale" dicendo cosa avrebbe voluto durante il suo addio, quali canti e quale animazione nel corso delle esequie. Momenti simpatici anche da parte dei compagni di scuola: "Ti ricordiamo con un sorriso, tu che eri un maestro delle risate", mentre gli insegnanti parlano di lui come di un "ragazzo geniale". Per il governatore del Veneto Luca Zaia, Sammy "si è garantito l'immortalità e la sua opera non verrà dimenticata". Poi, durante il funerale, è stato letto un messaggio che Sammy aveva scritto nel 2017 perché venisse letto nel giorno del suo funerale: "Piangete e festeggiate, fatelo anche per me". Poi non siate tristi: "Brindate e siate allegri. Ho sempre amato stare in compagnia, vorrei essere ricordato così".




A UN ANNO DAL 7 OTTOBRE: IL RAID
ATROCE DI HAMAS E L'OFFENSIVA

DI ISRAELE IN LIBANO E GAZA IN ATTESA
DELLA RISPOSTA ALL'IRAN


di Augusto Maccioni
(7-10-2024) E' difficile celebrare una data perché non sempre ci si trova d'accordo sui contenuti e sulle visioni politiche, c'è però un dato di fatto che non può dare adito a interpretazioni: 7 ottobre 2023 il giorno più lungo per Israele (
foto dal web/Social). Ed è una ricorrenza carica di morti, di feriti e di persone che scappano per non essere uccisi. E' successo di tutto nella spianata del Nova Festival vicino al Kibbutz Re'im in una giornata tranquilla dove migliaia di persone erano andate in questo luogo magico per divertirsi, per ballare e per staccare la spina dalla vita frenetica. La musica improvvisamente alle 5,29 del 7 ottobre 2023 (in Italia erano le 6,29 sempre del mattino) ha smesso di suonare per far parlare le armi di numerosi miliziani di Hamas, apparsi sulla spianata con ogni mezzo, che si sono avventati sui ragazzi per ucciderli, violentarli e rapirli. Non solo sui ragazzi che si divertivamo ma si sono spostati nelle strade, spaccando porte e armi alla mano hanno continuato a uccidere dentro le case dei villaggi portando via donne, bambini e ragazzi di qualsiasi età. Una carneficina. Alla fine in poche ore sono morte 1200 persone, un bilancio assurdo, incomprensibile, una tragedia senza precedenti. Un raid studiato alla perfezione ed eseguito con tecnica militare ad altissimo livello nel quale non c'era spazio per fare feriti ma c'era la concretezza di fare una strage. Tante le persone fate prigionere, 101 sono ancora in ostaggio nelle mani di Hamas. E' un lunedi triste ma non c'è nessuna tregua per ricordare i morti e quei fatti orribili. Per Gaza invece è la ricorrenza di una vittoria e per celebrarla di buon mattino ha fatto partire missili contro il sud del suo territorio e poi altri proiettili, a raffica, contro la zona di Tel Aviv. A un anno di distanza Israele continua a combattere contro Hamas, che non è stata piegata e non intende essere sconfitta. Abu Obeida, il portavoce del braccio armato di Hamas, rilancia una vendetta senza precedenti contro lo stato ebraico e dice che sarà "una battaglia di logoramento lunga, costosa e dolorosa". Israele è stata costretta a combattere su più fronti, non solo contro Hamas, ma anche contro Hezbollah, intensificando le incursioni di terra nel sud del Libano, e contro gli Houthi dello Yemen. Poi i missili dall'Iran e la risposta di Israele che ci sarà. Lo scenario è complicato e sembra senza via d'uscita con gli Stati Uniti che sostengono Israele mentre la Russia e la Cina, in maniera subdola ma senza riserve, forniscono copertura all'asse guidato dall'Iran. Per l'anniversario di questo triste giorno di un anno fa, molti giovani sono tornati in questa spianata. Molti dicono: il mio amico è stato assassinato qui, mia figlia è ancora in ostaggio, c'è anche la vicenda di due fidanzati che si erano nascosti in un cassonetto dell'immondizia, sono stati scoperti e sono stati assassinati dai terroristi mentre si stavano abbracciando. Sono momenti dolorosi che spaccano il cuore ma c'è sempre la speranza che gli ostaggi possano tornare a casa. Parenti e attivisti proprio oggi, ma lo stanno facendo da un anno, hanno rinnovato la richiesta a Netanyahu, primo ministro israeliano, di dare la priorità al rilascio delle persone rapite. Il primo ministro non si da pace e promette di fare tutto quanto è in suo potere per salvare la vita agli ostaggi e riportarli nelle loro case ma dice anche che la battaglia contro Hamas, ma anche contro Hezbollah e Iran, è una guerra per l'esistenza di Israele ed è una condizione necessaria per garantire il futuro e la sicurezza dello stato ebraico.




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