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ZELENSKY DA TRUMP ALLA CASA BIANCA:
"PUTIN NON VUOLE LA FINE DELLA GUERRA"
"IL PRESIDENTE RUSSO NON E' PRONTO,
LA PACE ANCHE SENZA I TOMAHAWK"
di Augusto Maccioni
(17-10-2025) Si continua a parlare di pace, mentre sul campo è il 1.332° giorno di guerra in Ucraina. Per farlo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è volato da Trump (foto dal web/Social) per cercare di concedergli i missili Tomahawk, utili per costringere la Russia al tavolo delle trattative. Il presidente russo ha anticipato Zelensky e il giorno prima ha telefonato a Trump convincendolo a non consegnare i micidiali missili all'Ucraina. E oggi, parlando con Zelensky, Trump ha detto che sarà suo impegno a trovare un accordo per il cessate il fuoco anche senza mettere in campo i missili Tomahawk, come dire che Putin è stato più convincente di Zelensky anche se il presidente russo non è ancora pronto per il cessate il fuoco. Quindi? E' tutto in alto mare. Alla sua terza visita a Washington da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, il presidente ucraino cerca una spalla economica e militare con gli Usa, in un momento critico della guerra e dopo il successo americano per la tregua a Gaza. Zelensky si è presentato da Trump con un programma preciso, incentrando molto sull'acquisizione di armi a lungo raggio e a nuovi sistemi di difesa aerea. Non solo la richiesta di missili da crociera Tomahawk e Patriot ma anche aerei F-16 e missili compatibili. Il presidente Usa è rimasto finora ambiguo e quasi sicuramente rallenterà le richieste del suo omologo ucraino il quale ha proposto a Trump anche uno scambio di armi in cui il suo Paese fornirebbe droni. "Dobbiamo fare pressione per costringere Putin a sedersi al tavolo delle trattative" ha detto Zelensky, e Trump ha ricordato che all'incontro con Putin a Budapest, fra due settimane, si parlerà molto di pace in Ucraina "Potrebbe essere un incontro a tre, ma potrebbe anche essere un incontro separato" ha anche detto il presidente Usa che si è vantato ancora una volta di aver risolto otto conflitti e per questi motivi doveva essere dato a lui il Premio Nobel per la Pace.
E' SCONTRO SUI CORPI ISRAELIANI NON
RICONSEGNATI, HAMAS: SERVE PIU' TEMPO
TRUMP: "SE HAMAS NON RISPETTA
L'ACCORDO ISRAELE PUO' ATTACCARE"
di Augusto Maccioni
(15-10-2025) E' scontro sui corpi israeliani non riconsegnati da Hamas che resiste anche al disarmo e alla facilitazione della transizione a Gaza. Scricchiola la tregua sulla Striscia (foto dal web/Social) al punto che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che "Israele può attaccare se non c'è rispetto dell'accordo". I segnali non giovano alla tregua celebrata qualche giorno fa a Gerusalemme e in Egitto, ma si continua a cercare di rispettare l'accordo esaminando gli altri punti del piano americano per arrivare alla pace a Gaza. Israele non intende soprassedere alla riconsegna dei corpi e chiede rispetto degli accordi sulla tregua. Degli ultimi quattro corpi degli ostaggi restituiti da Hamas seri dubbi sono emersi sull'identità di uno di essi non identificato, poiché le analisi iniziali non corrispondevano ai campioni di DNA di nessuno degli ostaggi. Il gruppo islamista ha consegnato otto corpi, tra lunedi e martedi, Israele ha confermato l'identità di sette di loro, e uno non era tra gli ostaggi israeliani rapiti il 7 ottobre 2023. Secondo l'accordo di tregua, Hamas si è impegnata a consegnare 48 ostaggi entro mezzogiorno di lunedi. Venti rimasti in vita sono stati restituiti subito e Hamas aveva chiesto tempo per recuperare gli altri 28 corpi sostenendo che per alcuni c'erano seri problemi perché si trovano sotto le macerie di efidici e tunnel bombardati. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stato categorico: "L'organizzazione terroristica Hamas deve onorare i suoi impegni con i mediatori e restituirli come parte dell'attuazione dell'accordo. Non cederemo su questo punto e non risparmieremo alcuno sforzo finché non recupereremo tutti gli ostaggi caduti, fino all'ultimo".
FIRMATO L'ACCORDO A SHARM,
LIBERATI TUTTI GLI OSTAGGI VIVI
E I PRIGIONIERI PALESTINESI
TRUMP PUNTA ALLA PACE
DURATURA E SALUTA LA FINE
DELLA GUERRA A GAZA
di Augusto Maccioni
(13-10-2025) "Finalmente abbiamo la pace in Medio Oriente" ha proclamato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a Gerusalemme, parlando davanti alla Knesset, il parlamento israeliano, e a Sharm el-Sheikh, in Egitto, dove ha firmato l'accordo che ha posto fine alla guerra a Gaza (foto dal wweb/Social) e liberato gli ostaggi israeliani in mano ad Hamas. Lo show del presidente americano è esploso nel corso dei momenti storici per aver raggiunto la fine della guerra, tutto lecito, ma anche gradevole, in un mix che celebrava una pagina importante della vicenda che poteva avere esiti diversi e comunque impensabili qualche mese fa. "Questo è il giorno per cui le persone in questa regione e in tutto il mondo hanno lavorato, lottato, sperato e pregato" ha detto Trump davanti ai 30 leader internazionali, compresa la premier Giorgia Meloni, che si sono uniti a lui per testimoniare la firma del cessate il fuoco: "Con l'accordo storico che abbiamo appena firmato, le preghiere di milioni di persone sono finalmente state esaudite. Insieme, abbiamo realizzato l'impossibile". E' stata la grande giornata per la pace, per la firma del cessate il fuoco ma è stato anche il grande giorno di Trump che ha rubato la scena, i riflettori e persino gli elogi. Non ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace ma a Sharm è stato acclamato come se l'avesse ricevuto, anzi molto di più: "Spero che il presidente degli Stati Uniti eserciti anche sul governo russo l'influenza che ha esercitato su coloro che sono coinvolti nella regione" ha dichiarato il cancelliere tedesco Friedrich Merz. E molti hanno riconosciuto il ruolo di Trump, cruciale in un momento storico molto importante. La giornata ha avuto inizio con la prima fase dell'accordo di Donald Trump con Hamas e Israele che hanno completato lo scambio di 20 ostaggi vivi e con 1968 prigionieri palestinesi. Solo quattro i corpi restituiti, gli altri saranno consegnati nel tempo anche se l'accordo non era questo e il ministro della Difesa Israel Katz ha considerato la cosa una "flagrante violazione dell'accordo" minacciando di rispondere di conseguenza. Poi l'arrivo di Trump al parlamento israeliano, accolto come un eroe, dove ha difeso la pace raggiunta attraverso il conflitto armato. Dopo l'accettazione del cessate il fuoco e della tregua, con la liberazione degli ostaggi e dei prigionieri palestinesi, resta da vedere l'attuazione degli altri punti del piano americano. Per Trump la seconda fase è già iniziata perché "tutte le fasi sono in qualche modo interconnesse". Durante l'incontro a Sharm i paesi che hanno mediato il cessate il fuoco, come il Qatar e la Turchia, hanno anche firmato un documeto come garanti della nuova roadmap per l'enclave palestinese. E sulla Palestina c'è l'importante dichiarazione di Meloni che punta "al riconoscimento quando "ci saranno le condizioni che sono state poste anche dal Parlamento".
IL NOBEL PER LA PACE
ALLA VENEZUELANA MARIA
CORINA MACHADO, L'ATTIVISTA
ANTI-MADURO
di Augusto Maccioni
(10-10-2025) Il Nobel per la Pace non è stato assegnato a Donald Trump ma a una donna del Venezuela, una tosta che si muove a testa alta, lotta e resiste e non si arrende al dittatore crudele Nicolas Maduro che ha in ostaggio il Venezuela. Si chiama Maria Corina Machado (foto dal web/Social), è la leader dell'opposizione del Paese che ha festeggiato il premio stando in una zona segreta mentre i venezuelani gioiscono per lei perché da lei si aspettano una speranza per non essere travolti dalle politiche e dalle lotte del suo insanguinario dittatore che abusa e deruba i suoi cittadini. Nel video ufficiale del premio si vede Kristian Berg Harpwiken, rappresentante del Nobel Institute, che dal suo ufficio effettua la telefonata per annunciare il premio: comunica a Maria Corina Machado che il Nobel per la Pace 2025 sarà annunciato pubblicamente tra pochi minuti. La reazione della donna è incontenibile tra un'esclamazione incredula, tra sorpresa e felicità, con pochi silenzi e qualche lacrimuccia. Un premio che è anche la risposta sicura contro chi disdegna la democrazia liberale in Venezuela ma anche nel resto del mondo, ma è anche una risposta a chi non vuole la pace e contro a quei professionisti che traggono benefici ideologici ed economici spalleggiando Nicolas Maduro affinché possa rimanere al potere. Mai come questa volta il Premio Nobel vale la pena celebrare, perché forse non abbatterà il regime Maduro e non si affiderà alle armi e alla repressione, ma peserà parecchio quando avanzerà con tutta la sua forza con quella luce della libertà e della democrazia, acceccando tutti coloro che sostengono il male e l'ideologia nefasta. Le parole che hanno accompagnato il premio dicono molto sull'attivista venezuelana: "per il suo instancabile lavoro a sostegno dei diritti democratici del suo popolo". Maria Corina Machado ha compiuto da anni una lotta contro la malvagità e la prepotenza del regime e ha offerto ai venezuelani l'unica cosa che poteva offrire: la speranza, la possibilità di cambiare e di vivere sotto l'ombrello della democrazia e della libertà. Tutto adesso fa pensare che Maria Corina Machado farà pressione sugli Stati Uniti perché concludano l'operazione antidroga a sfondo politico e diano una spinta determinante per ristabilire condizioni accettabili della popolazione nel Paese. Il governo Maduro, alla notizia del Premio Nobel al suo acerrimo nemico, ha ignorato la notizia così pure la stampa. I leader più noti del regime chavista non la menzionano e quando lo fanno la chiamano "signora Machado" o "la Sayona" riferendosi a una leggenda venezuelana di un fantasma di donna che appare ai bambini e li rapisce se non si addormentano. Per chi gioisce ed è felice del premio c'è la speranza che questo alto riconoscimento sia un ulteriore impulso per raggiungere la pace e per il Venezuela di lasciarsi alle spalle le sue sofferenze.
TRUMP SI RECHERA' DOMENICA IN
MEDIO ORIENTE: SUL TAVOLO LA
LA CONCLUSIONE DELLA GUERRA
HAMAS-ISRAELE E LA PACE
di Augusto Maccioni
(8-10-2025) L'accordo Hamas-Israele è "molto vicino" e potrebbe essere siglato entro domenica. Ad essere sicuro dell'importante svolta storica è Donald Trump (foto dal web/Social) che si recherà in Medio Oriente il 12 ottobre per garantire la pace e porre fine alla guerra a Gaza. Le premesse per il cessate il fuoco ci sono tra i rappresentanti di Stati Uniti, Israele e Hamas che nelle scorse ore hanno dichiarato che si sta procedendo "molto bene" e che "si è vicini" ad un accordo per porre fine a un conflitto durato due anni e che ha causato oltre 65mila morti. L'ottimismo è realista e lo stesso segretario di Stato americano Marco Rubio ha lasciato intendere ai giornalisti di un viaggio di Trump in Medio Oriente per firmare l'accordo di pace. Alla certezza e alla gioia del presidente Usa fa riscontro il tono cauto della Casa Bianca. La svolta è arrivata quando i mediatori egiziani hanno focalizzato alcuni punti chiave del piano statunitense come lo scambio di ostaggi e la creazione di un governo tecnico palestinese a Gaza. Come è noto il piano di pace presentato da Trump a Washington la scorsa settima, proponeva un cessate il fuoco immediato e il rilascio degli ostaggi. Non solo: prevedeva il ritiro graduale dell'esercito israeliano dopo il disarmo di Hamas e la creazione di una forza internazionale a Gaza. Hamas sul piano chiedeva solide garanzie americane. Adesso la svolta e Trump è pronto a recarsi in Medio Oriente per chiudere l'accordo e firmare la pace tra Hamas e Israele.
OTTIMISMO TRA LE DELEGAZIONI
PER RAGGIUNGERE IL CESSARE IL
FUOCO A GAZA PRIMA DI GIOVEDI
HAMAS E ISRAELE SPERANO
IN UN ACCORDO RAPIDO, TRUMP
MINACCIA: "O PACE O INFERNO"
di Augusto Maccioni
(6-10-2025) I negoziati tra Israele e Hamas continueranno per tutta la settimana ma nonostante la spinta diplomatica continueranno i bombardamenti a Gaza (foto dal web/Social). In Egitto, a Sharm el-Sheikh, ci si aspetta una rapida conclusione, almeno è quello che fa capire Donald Trump che sta facendo pressione verso Hamas per arrivare alla pace: "O pace o inferno". Hamas prende tempo anche se c'è la volontà di arrivare al cessate il fuoco. I colloqui, però, sono fondamentali, anche perché accettate dal presidente degli Stati Uniti, per arrivare alla trattativa sui dettagli, ad esempio, dello scambio di ostaggi e prigionieri tra le parti e sulla data di inizio del cessate il fuoco. Il 7 ottobre è il secondo anniversario dell'Operazione Al-Aqsa Flood con cui Hamas sorprese Israele, e arriva in un momento storico per porre fino alla guerra. Sul tavolo delle trattative c'è la lista di 20 punti di Trump anche se al momento il focus è su alcune questioni. Se tutto andrà secondo i pronostici, si dovrebbe trovare un accordo entro giovedi e gli ostaggi potrebbero tornare a casa 72 ore dopo. Tutto però deve essere concordato. Hamas, a questo proposito, chiede un cessate il fuoco per recuperare i corpi di diversi ostaggi che si trovano nelle aree occupate, e gli israeliani invece chiedono prima il rilascio degli ostaggi. Israele, poi, ed è questo un altro punto in discussione, non intende rilasciare prigionieri molto in vista di Hamas come Marwan Barghouti, leader carismatico di Fatah, ma anche i membri di Al Nukhba, il corpo armato di Hamas che ha guidato le operazioni sanguinarie del 7 ottobre.
HAMAS ACCETTA LA PROPOSTA DI TRUMP:
RILASCERA' TUTTI GLI OSTAGGI
ISRAELIANI VIVI E MORTI MA CHIEDE
DI NEGOZIARE ALTRI PUNTI DEL PIANO
di Augusto Maccioni
(3-10-2025) Hamas (foto dal web/Social) ha risposto all'ultimatum di Donald Trump, non in maniera decisa e convinta ma piuttosto sfumata. Accetta, comunque, la proposta del presidente degli Stati Uniti di consegnare "tutti gli ostaggi" ma chiede di negoziare altri punti del piano della Casa Bianca. E' una disponibilità che sarà valutata attentamente, ma è un segnale che tutti speravano anche se ci sarà ancora da lavorare. Hamas consegnerà "tutti gli ostaggi, vivi e morti" tenuti prigionieri dall'attacco del 7 ottobre 2023, rinuncerà alla Striscia di Gaza, sotto il suo controllo dal 2007, ma intende negoziare alcuni punti del piano di Trump annunciato lunedi scorso soprattutto sui tempi del ritiro israeliano. Il piano di Trump, sostenuto dall'ex primo ministro britannico Tony Blair, prevede un cessate il fuoco immediato e il rilascio degli ostaggi entro 72 ore oltre alla smilitarizzazione di Gaza e lo scioglimento delle forze di Hamas. Gaza sarà amministrata da un governo di tecnocrati palestinesi sotto la supervisione internazionale. Se tutto andrà a buon fine Israele si impegnerà a sospendere l'offensiva e a ritirare le truppe da gran parte di Gaza. L'accettazione di Hamas è arrivata subito dopo che Trump aveva inasprito il suo messaggio: se il gruppo terroristico non avesse risposto positivamente entro domenica "si sarebbe scatenato l'inferno a Gaza". La decisione di Hamas segnerà una svolta storica dopo due anni di guerra e quasi due decenni di controllo assuluto della Striscia da parte del gruppo palestinese e apre comunque a un orizzonte incerto. E' comunque una fase importante che porta a una pace che fino a pochi giorni fa sembrava impossibile.
FORZE ISRAELIANE SULLE NAVI DELLA FLOTILLA NELLA ZONA A RISCHIO
FERMATI GLI EQUIPAGGI, C'E' ANCHE GRETA: SARANNO ESPULSI E ALTRI ARRESTATI
di Augusto Maccioni
(1-10-2025) Alcune barche della Flotilla dirette a Gaza per aiuti e per aprire un corridoio umanitario, sono state affiancate dalle navi israeliane e l'equipaggio sarebbe già posto agli arresti. Tra le imbarcazioni prese da Tel Aviv c'è la barca Alma dove è a bordo Greta Thunbergh, le altre, delle 44 dirette nella Striscia, saranno prese in consegna nel corso delle prossime ore (foto dal wweb/Social). Molte le notizie riportate dai social media da parte dell'organizzazione attivista che ha attraversato il Mediterraneo e che nella giornata di mercoledi 1 ottobre, dopo un mese di navigazione, si è trovata di fronte a 12 imbarcazioni non identificate a una distanza tra 5 e 15 miglia dalla flottilla. L'-assalto- delle navi israeliane non è stata violenta e il contatto con le imbarcazioni della Flotilla è avvenuto interrompendo da subito ogni segnale video e audio. Dalla diretta dell'Alma, prima dell'interruzione, si possono vedere attivisti inginocchiati con i giubbotti di salvataggio: "le telecamere sono state scollegate e le imbarcazioni vengono aggredite da personale militare". Si hanno anche notizie che il gruppo militare israeliano ha contattato le imbarcazioni intimando loro di cambiare rotta. Le barche, le prime verso Gaza, sono state circondate. Gli attivisti sono stati costretti ad andare su altra nave più grande e saranno, una volta arrivati a destinazione in un porto controllato da Israele, interrogati: diversi saranno espulsi, altri arrestati. Prima di prendere le imbarcazioni della Flotilla l'emittente pubblica israeliana Kan aveva annunciato che l'esercito si stava preparando a prendere il controllo delle barche utilizzando l'unità d'élite dell'esercito Shayeter 13. Intanto gli israeliani si preparavano nel porto israeliano di Ashdod in previsione dell'arrivo dei componenti della Flotilla detenuti sulle sue coste rafforzando il dispiegamento della polizia con personale medico e mettendo in allerta ospedali locali per curare eventuali feriti. Diversi governi hanno espresso preoccupazione per le intimidazioni alla Flotilla, chiedendo rispetto per la loro missione affermando che l'attacco da parte di Israele costituiva un "crimine contro l'umanità". Ad appoggiare l'itinerario umanitario della Flotilla c'erano anche due navi della Marina Militare italiana e della Marina spagnola che si sono fermate prima monitorando sempre la situazione senza provocare uno scontro con gli israeliani. Non c'è stato scontro, tutto è avvenuto senza violenza e l'equipaggio è stato trasportato in altre navi. Non si hanno tracce degli aiuti umanitari presenti nelle imbarcazioni. Si teme adesso la sorte dei componenti della Flotilla: diversi attivisti saranno espulsi volontariamente e se si rifiuteranno saranno arrestati e processati per l'ingresso illegale in israele. Le imbarcazioni saranno confiscate e altre affondate. La notizia dell'abbordaggio ha provocato immediate reazioni in tutto il mondo e in Italia sono state già previste diverse azioni di massa. L'Usb ha proclamato lo sciopero generale per venerdi 3 ottobre: "E' il momento di bloccare tutto", anche la Cgil ha aderito allo sciopero. Per il segretario generale della Cgil "l'aggressione contro navi che trasportano cittadine e cittadini italiani rappresenta un fatto di una ggravità estrema". Per il ministro e vicepremier Matteo Salvini scioperare è da "irresponsabile, irresponsabili i sindacati di sinistra che aizzando le piazze danneggiando gli italiani".
NOTTE LUNGHISSIMA PER LE 46 BARCHE
DELLA FLOTILLA NELLA ZONA DI RISCHIO
GLI ULTIMI APPELLI: "FERMATEVI",
LA MARINA ISRAELIANA PRONTA
AD INTERVENIRE CON BLITZ SENZA PRECEDENTI
di Augusto Maccioni
Sarà una notte lunghissima per le quarantesei barche della Global Sumud Flotilla (foto dal web/Social) che nel buio pesto delle acque territoriali dovranno vedersela con le truppe israeliane d'élite Shayetet 13. Cosa succederà alla flottilla quando cercheranno di sfondare una "potenziale zona di intercettazione" di Israele? Ci sarà guerra aperta contro "i pacifisti" considerati terroristi o sarano fermati per essere successivamente espulsi? I rischi sono molto elevati ma per gli attivisti della Flotillia gli scopi politici prima ancora di quelli umanitari, sono stati ampiamenti raggiunti anche se per loro è ancora più importante provocare mobilitazioni popolari sulle piazze. Preoccupazioni e grande paura per come saranno gestite le ultime ore prima dell'intervento della marina israeliana. A bordo delle barche della Flotilla si sono tenute le ultime riunioni e si raccomanda di dormire completamente vestiti, con indumenti adatti a resistere al freddo della notte in una situazione che rimanda chissà a quale film, ma terribilmente reale. Una delle preoccupazioni dei membri dell'equipaggio riguarda le navi militari che accompagnano la flottilla, quando si fermeranno prima di entrare nelle acque territoriali israeliane, perché da quel momento in poi tutte le barche saranno sole, a sostenere la pace a Gaza e per portare aiuti umanitari al popolo della Striscia. Nessuna delle navi militari che hanno accompagnato le barche della Flotilla, italiane, spagnole e turche, interverrà in caso di intercettazione o attacco, poiché il loro compito è solo per effettuare salvataggi. Ultimi appelli per convincere i membri della Flotilla a non arrivare nelle acque israeliane stante i pericoli ed eventuali attacchi alle barche e alle persone. Tutti sono consapevoli dei rischi, ma nessuno vuole tornare indietro mentre si moltiplicano le soluzioni alternative per portare gli aiuti umanitari a Gaza in sicurezza come quella prospettata dal Patriarcato della Chiesa cattolica del cardinale Pizzaballa. La Flotilla "vuole lo scontro" e vuole creare un precedente consapevole del fatto che arriveranno a Gaza. Intanto però la Marina israeliana si sta preparando per prendere il controllo delle barche degli attivisti. Secondo i media gli israeliani trasferiranno i membri della Flotilla su una grande nave militare, rimorchiando le imbarcazioni verso il porto di Ashdod. Per gli attivisti una triste conclusione e un rischio che potrebbe essere maggiore rispetto alle aspettative della "missione".
C'E' IL PIANO AMERICANO PER GAZA:
OSTAGGI LIBERI E GOVERNO
PROVVISORIO CON USA E BLAIR
TRUMP: "SE HAMAS RIFIUTA, NETANYAHU
LIBERO PER FINIRE IL LAVORO"
di Augusto Maccioni
(29-9-2025) C'è un altro piano, forse quello definitivo, per porre fine al conflitto di Gaza e c'è accordo tra il premier israeliano Netanyahu e Donald Trump (foto dal web/Social). Lo ha presentato gli Stati Uniti e consta di venti punti tra smilitarizzazione, aiuti massici e una struttura politica transitoria sotto la supervisione internazionale. Adesso la palla passa ancora una volta ad Hamas che sarà costretto ad accettarlo per non finire nel tritacarne dell'esercito israeliano che ormai sta invadendo con tutti i mezzi la Striscia. Se Hamas devesse respingerlo, ha detto Donald Trump, ne sarà ritenuto responsabile e Israele continuerà a completare la devastazione contro l'organizzazione criminale che ha causato oltre 66mila morti. L'incognita c'è perché non è ancora chiaro cosa farà Hamas che dovrà deporre le armi e dovrà adeguarsi ai punti messi in campo dal presidente degli Stati Uniti. Ricordiamolo: è la resa di Hamas che dovrà restituire tutti gli ostaggi israeliani ancora a Gaza, quasi 50 molti dei quali morti, con la creazione di un'entità governativa palestinese provvisoria supervisionata da un organismo internazionale con a capo, tra gli altri, l'ex primo ministro britannico Tony Blaire e lo stesso Trump. Questo piano è stato accettato da Israele, una proposta che "riporterà indietro tutti i nostri ostaggi, smantellerà le capacità militari di Hamas, porrà fine al suo dominio politico e garantirà che Gaza non rappresenti mai più una minaccia per Israele" ha sottolineato il primo ministro israeliano Netanyahu. Per Trump "siamo molto più vicini alla fine immediata della guerra, è un giorno storico per la pace". Al rilascio degli ostaggi viene stabilito che Israele restituirà 1.700 cittadini di Gaza deternuti e 250 prigioniri condannati all'ergastolo, subito dopo i membri di Hamas si disarmeranno lasciando Gaza con garanzie di sicurezza durante il loro viaggio verso paesi terzi.
ASSALTO FINALE A GAZA CITY: CI VORRANNO
DIVERSI MESI PER PRENDERE LA CITTA'
ISRAELE MIRA A SMANTELLARE LA
RETE DI HAMAS. ONU: NETANYAHU
HA COMMESSO UN GENOCIDIO
di Augusto Maccioni
(16-9-2025) E' l'assalto finale a Gaza City (foto dal web/Social). Nessuno è al sicuro e tutti sono ostaggi di attacchi massicci di droni ed elicotteri e soprattutto di tank che sono entrati nel cuore della città. Il raid è stato avviato dalla mattina presto, quando una fila interminabile di persone stavano lasciando la città, altri invece non hanno fretta e vogliono continuare a stare nella Striscia. Per loro però non c'è futuro, perché Israele è intenzianato a radere al suolo la città colpendo le case e mettendo a repentaglio i civili. Al momento l'Idf controlla circa il 40% del territorio di Gaza City, ma presto il territorio controllato aumenterà di molto. Intanto c'è il responso della Commissione d'inchiesta dell'Onu: "A Gaza c'è un genocidio in corso e Israele è responsabile". La protesta dei familiari degli ostaggi continua senza sosta e ultimamente è stata presa di mira la residenza del primo ministro israeliano. I familiari sono preoccupati per la sorte degli ostaggi ancora in mano di Hamas che, nonostante l'assalto israeliano, continua a controllare il territorio. Il primo ministro Benjamin Netanyahu non si scompone e va avanti con determinazione grazie al sostegno degli Stati Uniti e averte Hamas: "Se torceranno anche un solo capello a un solo ostaggio, li daremo la caccia con maggiore forza fino alla fine della loro vita, e quella fine arriverà molto più velocemente di quanto pensino. Hamas, non avrete comunque alcun riparo". Israele da tempo ha lanciato l'ultimatum ad Hamas, sia per liberare tutti gli ostaggi ma anche per liberare la Striscia. Dopo tanti bombardamenti e raid a Gaza e fuori, per sterminare i palestinesi di Hamas, l'esercito ha ricevuto il via libera per occupare Gaza City. Prima dell'assalto, gli israeliani hanno compiuto un massiccio bombardamento causando oltre 100 morti e creando grande panico tra i civili che non sanno più dove andare perché qualsiasi luogo è a rischio. Il momento decisivo, dice Netanyahu, è arrivato mentre il suo ministro della Difesa Israel Kats ha scritto sui social: "Gasa sta bruciando" ed è un annuncio terribile perché l'esercito si sta preparando per una campagna di diversi mesi con la presenza di altri 130mila riservisti. Al momento, ma sarà presto a rischio, l'unica via d'uscita è l'autostrada costiera, dove si assiste a un esodo senza fine: persone a piedi, veicoli stracolmi di tanta gente, asini con tanta roba addosso per fuggire alla tempesta di piombo. Tutti in viaggio verso una "zona umanitaria" di Al Mawasi, a sud. Un percorso senza fine e sicuramente senza ritorno perché Gaza City sarà rasa al suolo e sarà ridotta in macerie. Secondo i media israeliani nella Striscia ci sono ancora 2mila militanti nascosti nei tunnel e per loro la città è un loro dominio. Lasceranno Gaza City o combatteranno contro l'avanzata israeliana? Anche Donald Trump ha minacciato Hamas di rilasciare gli ostaggi e avranno "seri problemi" se li usasse come scudi umani. Al momento circa 400mila civili, dei 2milioni, hanno lasciato la città.
VENTI DI GUERRA E MOSSE DI PUTIN
CHE ADESSO MINACCIA L'EUROPA
di Augusto Maccioni
(11-9-2025) Errore o svista militare, la realtà è che i droni russi hanno violato per la prima volta lo spazio aereo della Polonia, membro della Nato e confinante con l'Unione Europea. E' un fatto gravissimo e ha un significato inequivocabile: Vladimir Putin (foto dal web/Social) non solo vuole impossessarsi dell'Ucraina ma vuole estendere il conflitto oltre i confini di Kiev. Se queste sono le premesse l'Europa ha solo una strada da percorrere, cioè reagire con determinazione, con chiarezza e con grande unità. Non è la prima volta che i droni, e non solo, sconfinano verso la Polonia e quindi non è un episodio isolato ma fa parte di una strategia all'interno di un cambiamento geopolitico iniziato con l'incontro a Pechino tra Putin e Xi Jinping, secondo una coreografia che ha dimostrato la solidità dell'asse autocratico contro l'Occidente che, secondo loro, continua ad essere distratto e confuso. Un'immagine che ancora non offre affatto quell'isolamento che l'asse Russia-Cina vuole proiettare ma che comunque da la possibilità alla Russia di essere sostenuta politicamente, economicamente e militarmente in un momento storico nel quale c'è in qualche modo un tacito "accordo" con gli Stati Uniti di Donald Trump dopo il tappeto rosso ai piedi del presidente russo nel vertice in Alaska. Putin da quel momento in poi, e ancora di più dopo l'incontro con Xi, si è sentito più sicuro e rincuorato al punto da osare e quanto è accaduto in Polonia non è un calcolo tattico di opportunità, ma una strategia studiata da tempo che mira a mettere alla prova l'Europa, la sua capacità di risposta e le decisioni della Nato. Molto dipende dalla loro reazione, dai loro comportamenti e dalle decisioni, perché di una cosa siamo certi: la Russia non ha nessuna intenzione di negoziare finché mantiene la capacità di esercitare pressione con la guerra in Ucraina e con gli sconfinamenti oltre Kiev. E' in un momento di forza che intende continuare in scioltezza anche perché al momento l'Occidente, e gli Stati Uniti in particolare, non è in grado di ostacolare questa situazione. La reazione dell'Ue, col discorso sullo stato dell'Unione pronunciato da Ursula von der Leyen al Parlamento europeo, è stata immediata ma insufficiente, perché l'annuncio di un fondo straordinario da 6 miliardi di euro per rafforzare il suo fianco orientale è poca roba perché il problema che si deve assumere deve andare oltre l'aspetto militare, perché è più strategico, economico e diplomatico. L'Europa deve fare squadra, soprattutto con gli Stati Uniti, per agire con fermezza anche contro gli alleati del Cremlino, cioè Cina, Corea del Nord ma anche India e Iran. Finora l'Europa ha fatto affidamento sulle sanzioni contro Mosca che non si è indebolita ma si è invece rafforzata grazie ai suoi alleati. L'Iran fornisce droni, la Corea del Nord fornisce militari e caccia, la Cina acquista gas e petrolio a prezzi vantaggiosi e l'India continua le importazioni di energia. In questa situazione Mosca continua a sopravvivere grazie alle sue alleanze e per avere una robusta influenza, l'Unione Europea deve agire saggiamente e con determinazione e parlare con una sola voce, rompendo le alleanze della Russia e possibilmente avere come mediatore la Turchia che ha buoni rapporti con Mosca, Teheran e Pechino. L'aggressione russa contro la Polonia ha messo in evidenza la fragilità dell'Europa e Putin siederà al tavolo delle trattative solo e soltanto quando non potrà più conquistare territori e quando Bruxelles dimostrerà che fa veramente sul serio.
CARLO ACUTIS, IL PRIMO SANTO
"MILLENNIAL" DEFINITO DA TUTTI
"INFLUENCER DI DIO"
OGGI IN PIAZZA S.PIETRO
SARA' ELEVATO AGLI ONORI DEGLI
ALTARI DA PAPA LEONE XIV
di Augusto Maccioni
(6-9-2025) Ci si chiede come un ragazzo assolutamente normale, pieno di vita, che amava giocare ai videogiochi, calpestare i campi di calcio e col piglio dell'informatica, possa diventare santo ed essere un esempio per le nuove generazioni. Carlo Acutis (foto dal wweb/Social) è riuscito ad essere al tempo stesso un ragazzo della quotidianità ma anche una persona con una spiritualità intensa che è riuscito a mettere i suoi talenti al servizio della fede e la sua fama di santità si è diffusa rapidamente dopo la sua morte prematura a soli 15 anni (1991-2006). Una santità che non è stata creata dalla Chiesa ma è stata riconosciuta attraverso un processo molto severo chiamato "Causa di canonizzazione". E' il primo santo della generazione digitale, il "santo millennial", che, a soli 19 anni dalla morte, sarà elevato agli onori degli altari questa domenica, 7 settembre, da papa Leone XIV in piazza S. Pietro. Non solo lui, ma anche Pier Giorgio Frassati, un altro giovane che ha intrapreso il cammino della fede, entrambi testimoni del Vangelo vissuto nella vita di tutti i giorni. In un'epoca dominata dal digitale e da modelli spesso effimeri, la figura di Carlo Acutis diventa un faro di vera luce per le nuove generazioni, definito da molti "l'influencer di Dio" perché con la sua vita ha raggiunto ogni angolo del pianeta dando al mondo un potentissimo messaggio moderno e al passo dei tempi, una luce che irrompe non solo nella vita di oggi ma anche di quelle future, un esempio per tutte le generazioni. La sua bella testimonianza di vita dimostra che la santità non è riservata a certe persone, come preti e suore, ma a tutti quando si vive il Vangelo nella quotidianità, anche con un computer e con la gioia di vivere testimoniando il bene, con piccoli gesti e con lo zaino dell'amore. La sua canonizzazione è un messaggio potente per il nostro tempo in un'epoca nel quale regna la superficialità e l'individualismo, e la sua figura è un richiamo alle giovani generazioni di oggi che potrebbero essere meno distratti per diventare strumenti di pace, di bene con l'obiettivo di riscoprire una fede autentica piena di gioia e di amore. Carlo Acutis ha dimostrato che è possibile essere giovani, moderni ed essere contemporaneamente santi e ogni strumento tecnologico che i giovani utilizzano possono essere utili per diffondere il Vangelo e cercare la vera verità. Carlo Acutis nasce a Londra il 3 maggio 1991 da genitori italiani, Andrea e Antonia. La famiglia si trasferisce presto a Milano, dove Carlo cresce. Fin da bambino manifesta una fede straordinaria e profonda, spontanea e mai imposta. A sette anni riceve la Prima Comunione e, da quel momento, la Santa Messa e la preghiera quotidiana davanti al Tabernacolo diventano il cardine della sua esistenza. Era appassionato di informatica e aveva un talento naturale per la programmazione, talento che decise di mettere al servizio della fede. Carlo Acutis comprese prima di molti altri, il potenziale di internet come strumento di evangelizzazione. Con le sue capacità, creò siti web per la parrocchia e per vari eventi ecclesiali. Ma la sua opera più celebre è senza dubbio la Catalogazione dei Miracoli Eucaristici nel mondo. Tra il 2002 e il 2006, con l'aiuto dei suoi genitori, raccolse, studiò e digitalizzò le informazioni e le immagini relative a 136 miracoli eucaristici riconosciuti dalla Chiesa, creando una mostra itinerante che ha viaggiato in tutti e cinque i continenti. Nell'ottobre 2006, a soli 15 anni, a Carlo viene diagnosticata una leucemia M3 fulminante. In ospedale, offrì le sue immense sofferenze per il Papa e per la Chiesa, dicendo: "Offro al Signore i dolori che avrò per tutte le persone che conosco: per la mia famiglia, per i miei amici, per il Papa e la Chiesa". La sua serenità di fronte alla morte sconvolse e convertì persino i medici che lo curavano. Carlo Acutis si spense il 12 ottobre 2006 a Monza. Le sue ultime parole furono: "Sono felice di morire perché ho vissuto la mia vita senza perdere un minuto in cose che non piacciono a Dio". La sua camera ardente fu visitata da migliaia di persone, attratte dalla sua santità. Vista l'enorme fama e le grazie ricevute per sua intercessione, il processo di beatificazione si aprì rapidamente. Il 10 ottobre 2020 papa Francesco lo proclama Beato. Il 23 maggio 2024 papa Francesco ha riconosciuto un secondo miracolo aprendo la strada alla canonizzazione. Carlo Acutis è un modello ed esempio di santità incredibilmente attuale e ha dimostrato che: la santità è per tutti e non è riservata a preti o suore; la tecnologia è uno strumento che può essere usata per il bene, per costruire ponti e diffondere valori e non isolarsi; la gioia viene da Dio grazie ad una vita che è stata un inno alla gioia cristiana con l'amicizia con Gesù; l'importanza dell'Eucaristia con al centro la sua spiritualità, diceva spesso: "L'Eucaristia è la mia autosstrada per il Cielo". Ecco chi è Carlo Acutis, il santo dei giovani, un compagno di viaggio per tutti i giovani che parla il loro linguaggio e affronta le stesse sfide con l'obiettivo di percorrere la strada dell'amore per Dio e per il prossimo, con l'entusiasmo e la coerenza nella vita di ogni giorno.
E' MORTO GIORGIO ARMANI,
LEGGENDA DELLA MODA
di Augusto Maccioni
(4-9-2025) "Il signor Armani", come veniva chiamato dai dipendenti e familiari che hanno sempre lavorato al suo fianco, è scomparso all'età di 91 anni. E' morto tre settimane prima della presentazione delle sue ultime collezioni della moda di Milano che doveva celebrare il 50° anniversario del marchio di lusso con una serie di eventi di grande rilevanza mondiale. La sua morte lascerà un vuoto enorme nel mondo della moda internazionale e nella sua Milano che ha accolto i suoi successi e la sua ascesa riscrivendo i canoni dell'eleganza e del lusso. Giorgio Armani (foto dal web/Social) nel corso degli anni ha portato avanti una visione straordinaria e molto originale, fuori dagli schemi, che si è estesa dalla moda a tutti gli aspetti della vita, anticipando i tempi ed elevando l'abito, per donna e uomo, dando un tocco privilegiato alle più grandi modelle e vestendo famiglie reali, ma anche tante celebrità, come cantanti e atleti. La sua morte ha creato un profondo shock nel Paese, sapendo che uno dei migliori ha lasciato questo mondo, un simbolo e un genio italiano riconosciuto da tutti, un maestro diventato leggenda nel mondo. Giorgio Armani era qualcosa di più, perché si staccava dal mondo reale della moda, diventando Re Giorgio, perché si elevava al di sopra di tutti, lo rendeva diverso, più geniale e più consapevole del fatto, come recitava uno dei suoi slogan, che "l'eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare". Spesso questo modo di comportarsi gli ha creato un'ondata di reazioni, che lui ha combattuto col suo stile, con l'instancabile lavoro e con la genialità dei suoi comportamenti e dei suoi abiti. Giorgio Armani è stato un grande lavoratore, instancabile, prodigandosi fino agli ultimi giorni. Una fastidiosa infezione respiratoria lo ha raggiunto lo scorso giugno, prima del suo compleanno, e lo ha costretto a disertare la presentazione della sua collezione Haute Couture perché costretto a rimanere in ospedale. E' stato comunque sempre attento e vigile informandosi e dando suggerimenti per la riuscita delle sue collezioni. E' sempre stato circondato da amici e familiari che gli hanno dimostrato attenzione e grande vicinanza. Giorgio Armani sarà ricordato nel tempo come uno degli stilisti più importanti del mondo della moda, un genio intramontabile e un grande ambasciatore dell'eleganza italiana nel mondo. Era nato nel 1934 e i suoi primi anni non si dedicò alla moda ma allo studio della medicina. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la situazione economica della sua famiglia degenerò col padre che perse il lavoro a causa delle conseguenze del dopoguerra. Era comunque un bambino curioso, aperto al mondo, timido ma aveva quel piglio straordinario di scoprire e capire, un atteggiamento che lo portò al mondo della moda, lasciando medicina e iniziando a lavorare come vetrinista per la Rinascente di Milano. Era l'inizio della sua invidiabile scalata verso il successo. Nel 1964 venne assunto da Nino Cerruti per disegnare una linea di abbigliamento maschile, poi si mise in proprio e nel 1975 lanciò il suo marchio omonimo, è l'inizio della sua popolarità che durò fino alla sua scomparsa e che durerà ancora nel tempo. Nel corso degli anni non solo moda ma anche profumi, hotel, biancheria da letto e prodotti di bellezza. Armani era sinonimo di eleganza, un sigillo vincente in tutti i campi e in tutti i sensi. Numerose attrici nel tempo hanno scelto di indossare creazioni Armani, e la stessa Penélope Cruz, ad esempio, ha vestito Armani in numerose occasioni di gala e di premiazione come sul red carpet degli Oscar. Il primo ministro Giorgia Meloni lo ha definito "un simbolo del meglio dell'Italia" e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo ha descirtto come "un simbolo del genio italiano nel mondo". La salma potrà essere visitata da sabato 6 settembre fino a domenica 7 settembre a Milano in via Bergognone 59 presso l'Armani Teatro. I funerali si terranno in forma privata.
VERTICE IN CINA PER LA SCO, XI
JINPING RIBADISCE IL NUOVO
ORDINE MONDIALE CONTRO IL
"BULLISMO" DEGLI STATI UNITI
TRUMP: "SONO MOLTO DELUSO
DA PUTIN" MENTRE I LEADER
EUROPEI PRONTI A GARANTIRE
LA SICUREZZA ALL'UCRAINA
di Augusto Maccioni
(2-9-2025) Non c'è ancora traccia di incontri tri-bilaterali, né di trattative di pace. Si continua a combattere in Ucraina, ed è il 1.287° giorno di guerra, col presidente degli Stati Uniti che si dice "molto deluso da Putin" riguardo alla situazione del conflitto senza via d'uscita tra Russia e Ucraina. L'ultimatum del presidente Usa è stato disatteso da Mosca, forte del fatto che c'è comprensione tra Russia e Washington e dopo l'accordo in Alaska, il presidente russo ha la strada spianata in Ucraina. E mentre Putin vola a Pechino da Xi Jinping (foto dal web/Social) per stabilire un nuovo ordine mondiale da contrapporre a quello Occidentale, Trump si disimpegna e non è preoccupato delle trame dei suoi avversari e gioca a golf incurante degli sviluppi tragici a Kiev. Intanto però il "Nuovo ordine mondiale" proposto dalla Cina sta andando avanti. Il vertice dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), nata nel 2001, sta prendendo forma con la presenza attiva di Xi Jinping che sta dimostrando una capacità sorprendente in fatto di aspirazione geopolitica come leader di una potenza emergente che si contrappone a una situazione "turbolenta" dell'Occidente. La SCO ha lo scopo di limitare l'influenza delle alleanze occidentali come la Nato ma anche contro gli Stati Uniti per rafforzare il blocco eurasiatico guidato da Cina con il rafforzamento di Russia e India. Il nuovo legame tra Cina e India è un fatto importante e i due leader, Xi e Narendra Modi, domenica hanno avuto un incontro amichevole che ha posto fine a cinque anni turbolenti, di scontri molto accesi per il confine himalayano nel 2020, impegnandosi a essere "partner, non rivali" per rimodellare l'equilibrio geopolitico visto che Trump sull'India ha posto dazi del 50% sulle importazioni di petrolio russo. Accordo strettissimo anche tra Putin e Modi, i quali sono stati visti più volte mano nella mano quasi a indicare un rapporto di ferro tra le due potenze in opposizione al presidente Usa che sta naufragando sui dazi e sulla sua politica estera incostante. La SCO attua, secondo Xi e Putin, verso un "vero multilateralismo" da contrapporre a Stati Uniti e all'Europa e ha come obiettivo "l'equità e la giustizia internazionale, promuovendo l'inclusività e l'apprendimento reciproco tra le civiltà e ci si oppone all'egemonia e al predominio". Ha anche un ruolo importante e attivo nella pace e nello sviluppo mondiale, e su questo punto c'è la responsabilità della Russia sull'Ucraina, anche se Putin, da vero sornione, ha annuito quando si stava siglando l'accordo. C'è stato anche una importante disposizione che lega la Russia e la Cina grazie al gasdotto Siberian Power 2 che attraverserà la Mongolia fino alla Cina per fornire fino a 50 miliardi di metri cubi di gas naturale all'anno a un prezzo inferiore a quello offerto in Europa. Non solo Putin, Modi e Xi ma anche Kim Jong-un, con altri capi di stato, che è arrivato alla corte del presidente cinese col suo famoso treno blindato. Tutti parteciperanno alla parata militare che si terrà mercoledi 3 settembre per commemorare l'80° anniversario della resa del Giappone. Intanto c'è l'impegno incondizionato dell'Ue verso Kiev. Durante un incontro all'Eliseo in videoconferenza, i leader europei hanno confermato di concedere garanzie di sicurezza all'Ucraina e di attendere un sostegno concreto da parte degli americani. Il presidente francese Emmanuel Macron, confermando questo schema, ha chiesto il sostegno americano per garantire la sicurezza dell'Ucraina. Il Cremlino tira dritto e sta pianificando altro ciclo di consultazioni tra Mosca e Washington al fine di "risolvere la guerra tra Russia e Ucraina".
I GIUDICI DELLA CORTE D'APPELLO
BLOCCANO I DAZI DI TRUMP
IL PRESIDENTE USA: SMANTELLANDO
IL SISTEMA TARIFFARIO CAUSERA'
LA ROVINA FINANZIARIA DEGLI STATI UNITI
di Augusto Maccioni
(31-8-2025) Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (foto dal web/Social) non può fare quello che vuole. Soprattutto in fatto di dazi, che l'inquilino della Casa Bianca ha imposto a mezzo mondo. L'ultima notizia ha irritato Trump: la Corte d'Appello Usa ha annullato i dazi globali che ha imposto con l'obiettivo che i dazi sui beni esteri avrebbero finanziato il deficit in aumento e i tagli fiscali. L'ordinanza della Corte mina le fondamenta della sua politica economica e commerciale e attacca il principio del suo ritorno alla Casa Bianca, cioè quello di fare quello che vuole, una frase che ha sempre ripetuto e continua a ripetere rivendicando i suoi poteri assoluti, quasi fosse uno zar in terra americana. La sentenza è esplosiva e arriva in un lungo weekend, con lunedi 1 settembre festivo per gli Stati Uniti, dando tempo per reagire a una situazione non facile. Trump va subito all'attacco contro un provvedimento che mette in discussione il suo piano che potrebbe costare a Washington migliaia di miliardi di dollari. Per il momento i dazi del presidente Usa rimangono in vigore fino al 14 ottobre, poi si vedrà. Trump ha diverse opzione fino a rivolgersi direttamente alla Corte Suprema, la cui maggioranza tende a sostenere il presidente. Il provvedimento della Corte conferma la decisione di un altro tribunale di grado inferiore, cioè la Corte Commerciale degli Stati Uniti, che a maggio aveva deciso che i poteri di Trump aveva ecceduto i suoi poteri sui dazi, una prerogativa che appartiene solo al Congresso degli Stati Uniti. Questa sentenza, se confermata, metterebbe in discussione il piano di Trump come, ad esempio, il caso di Giappone e Indonesia ma anche dell'Unione Europea che avrebbe l'intenzione di investire quasi 700 miliardi di euro nell'acquisto di semiconduttori americani e energia. Trump non si arrende e attacca i magistrati e sostiene che se i tribunali smantellassero il suo sistema tariffario causerebbero la "rovina finanziaria" degli Stati Uniti, miliardi di dollari utili per equilibrare i conti americani. Al momento dall'inizio dell'anno sono stati riscossi dazi per quasi 160 miliardi di dollari, il doppio dell'importo riscosso nello stesso periodo dell'anno scorso.
UN GRAVE ATTACCO RUSSO A KIEV
PROVOCA ALMENO 21 MORTI E
DANNEGGIA LA SEDE DELL'UE
VON DER LEYEN: " PUTIN NON
SI FERMERA' E CONTINUERA' A
TERRORIZZARE L'UCRAINA"
di Augusto Maccioni
(28-8-2025) Uno sciame di oltre 600 droni Shahed, con missili da crociera X-47, sette missili balistici Iskander e KN23 dalla Corea del Nord e 18 missili X-101 dalla Russia all'Ucraina, un'altra dose velenosa di terrore alla popolazione civile oltre una risposta pesante e chiara ai piani di pace di Trump. E' stato il peggior attacco russo a Kiev (foto dal web/Social), un blitz senza precedenti che ha provocato oltre 20 morti, danni incalcolabili ma anche un'azione deliberatamente mirata alla delegazione dell'Unione Europea a Kiev che si è dichiarata inorridita dagli attacchi senza sosta da parte dei russi. Vladimir Putin non vuole la pace, lo ha dichiarato più volte il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e i fatti lo dimostrano ogni giorno. Molti bersagli aerei sono stati abbattuti in volo dallo scudo ucraino ma comunque sono troppi per qualsiasi sistema antiaereo. La strategia russa è perfetta per saturare le difese ucraine e sarà sempre più difficile per Kiev abbatterli in futuro perché Mosca sta producendo a livello industriale 500 droni Shahed ogni 24 ore e fra qualche mese ne produrrà ancora molti di più, perché queste armi sono economiche ma letali, e sui cieli di notte emettono un suono terribile che infliggono terrore psicologico alle persone che cercano di dormire. I leader europei hanno condannato l'accaduto e continuano a sostenere l'Ucraina: "L'Ue non si lascerà intimidire, l'aggressione russa non fa che rafforzare la nostra determinazione a sostenere il Paese e il suo popolo" ha detto il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa. Macron è contro la guerra di Putin "terrore e barbarie", mentre Ursula von der Leyen sul suo profilo X ha dichiarato: "Putin deve sedersi al tavolo dei negoziati. Dobbiamo garantire una pace giusta e duratura per l'Ucraina con garanzie di sicurezza solide e credibili che trasformino il Paese in un riccio d'acciaio. L'Europa farà la sua parte". Ultimamente le cose sono cambiate soprattutto da quando c'è stato l'incontro tra Trump e Putin in Alaska. Con questa mossa il presidente degli Stati Uniti ha riabilitato il presidente russo scagionandolo per crimini di guerra presso la Corte penale internazionale. Strano ma vero, Trump è anche riuscito a far raddoppiare dalla Russia gli attacchi notturni, senza che il presidente Usa abbia fatto qualcosa di più serio e costruttivo per bloccarli. C'è un filo di intesa tra i due leader e lo stesso Trump non ha nessuna intenzione di ostacolare Putin sulla guerra in Ucraina e nel contempo utilizza ogni accordo per utilizzare petrolio russo per i suoi affari, americani e non. Ci sono numeri che confermano l'amore-odio tra i due leader e in un'analisi di ABC News si dice che nella settimana successiva alla vittoria elettorale di Trump sono aumentati di circa il 44% gli attacchi russi con droni a lungo raggio verso l'Ucraina. E, secondo l'Onu, nei primi cinque mesi del 2025, le vittime civili causate dai missili russi sono aumentati del 50%, stesso valore anche per le infrastrutture rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Numeri che fanno riflettere che dicono molto anche su Trump incapace di porre fine alla guerra in Ucraina con pressioni adeguate su Putin che invece vuole la pace a modo suo. A questo punto sarà molto difficile parlare di trattative, di tregua o di pace. Tutto dipenderà solo e soltanto da Putin, ci saranno altri scenari solo quando Trump farà la sua parte, con l'Ue, per ristabilire equilibri e cessate il fuoco per arrivare ad una pace dignitosa e possibilmente giusta.
ATTACCO ISRAELIANO ALL'OSPEDALE
NASSER DI GAZA: "UCCISE 20 PERSONE,
DI CUI CINQUE GIORNALISTI"
NETANYAHU: "TRAGICO INCIDENTE", TRUMP:
"LA GUERRA FINIRA' IN DUE-TRE SETTIMANE"
di Augusto Maccioni
(25-8-2025) I vertici militari e politici israeliani hanno sempre dichiarato di "non prendere di mira i giornalisti", semplicemente per il fatto di essere portatori di notizie e quindi da rispettare. Due settimane dopo l'omicidio della troupe di Al Jazeera a Gaza City, i militari di Benjamin Netanyahu hanno replicato l'uccisione di altri giornalisti e tutto fa pensare che non si tratta più di un errore ma ha a che fare con una stretegia (foto dal web/Social). Colpendo l'ospedale Al Nasser a Khan Yunis, le forze militari israeliane hanno ucciso 20 persone di cui cinque giornalisti palestinesi. I video che sono stati diffusi mostrano un attacco a una scala esterna dell'ospedale, dove sono visibili giornalisti e soccoritori, immagini che hanno fatto il giro del mondo e hanno mostrato la crudeltà di una guerra che non rispetta nessuno. Anche questa volta Netanyahu si è affrettato a rilasciare delle insolite scuse, dicendo che c'è stato un "tragico incidente" e che comunque "Israele apprezza il lavoro dei giornalisti, del personale medico e di tutti i civili". Dichiarazioni al vento che sicuramente non avranno nessuna presa data la cronaca terribile di un attacco cinico e senza precedenti. Per rafforzare le scuse, i vertici militari hanno affermato che stanno conducendo "un'indagine approfondita" sull'incidente. Pronta condanna anche da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che da Washington non ha creduto, in un primo momento, all'accaduto: "Non ne sono felice" ha dichiarato, poi ha ribadito che "Dobbiamo porre fine a tutto questo incubo". Parole dure che sicuramente non avranno nessuna conseguenza perché Trump è sulla stessa linea di Netanyahu, anche se queste uccisioni, di giornalisti e di civili, è un crimine che deve finire e annuncia: "La guerra a Gaza finirà in due-tre settimane". Un sesto giornalista è stato ucciso lunedi a Gaza, sempre dai soldati israeliani nella zona di Al Mawasi, a sud di Gaza. Dall'inizio della guerra nell'ottobre 2024, gli israeliani hanno ucciso 240 giornalisti nella Striscia, un bilancio assurdo secondo il sindacato dei giornalisti palestinesi. Indignazione e shock per le uccisioni è stata espressa dall'Associazione della Stampa Estera(FPA) che in un comunicato ribadisce: "Chiediamo una spiegazione immediata alle Forze di Difesa Israeliane e all'ufficio del Primo Ministro israeliano. Chiediamo che Israele ponga fine una volta per tutte alla sua abominevole pratica di prendere di mira i giornalisti. Questa pratica va avanti da troppo tempo". Da oltre 23 mesi di offensiva, le operazioni militari israeliani hanno distrutto il 94% delle strutture mediche, secondo l'Onu, uccidendo o arrestando 1.950 operatori sanitari, secondo un bilancio del Ministero della Salute della Striscia.
INTERVISTA ALLO SCRITTORE SARDO
ANGELO SECCI SUI TEMI
UNIVERSALI COME LA VITA E LA MORTE
"LA FELICITA'? E' QUANDO SI
ABBANDONA IL DESIDERIO
INDIVIDUALE PER UN AMORE
UNIVERSALE"
di Augusto Maccioni
(22-8-2025) Ho incontraro lo scrittore Angelo Secci mentre ritirava in tipografia a Cagliari il suo ultimo libro "Devozione e gratitudine:le chiavi per una vita felice" (foto), un testo che a prima vista esplora uno specifico focus sulla filosofia orientale, poi però percorre le tematiche della nostra vita con una meditazione su temi universali come la morte, la vita, la felicità ma anche concetti quali tristezza e dolore. L'ultimo suo libro, dei quattro che ha pubblicato, è dedicato al senso più profondo della vita e a un piccolo segreto che in fondo è la chiave stessa per vivere una vita piena e significativa quali "gratitudine e devozione" in aggiunta ai temi trattati dall'autore. Ecco, di seguito, alcune domande che abbiamo rivolto allo scrittore sardo.
Domanda: Quattro libri alla ricerca della vita, della conoscenza e dell'amore. Quale è il segreto per essere felici?
Risposta: La felicità è uno stato interiore che non dipende dall'esterno. Il mio percorso mi ha insegnato che per raggiungerla è fondamentale ridurre l'ego, che spesso ci spinge verso desideri materiali e aspettative superficiali.Bisogna cercare l'equanimità, cioè l'equilibrio interiore, accettando ogni aspetto della vita senza giudizio. Questo ci permette di vivere nel presente e di non essere in balia delle emozioni.Infine, la vera felicità arriva quando si abbandona il desiderio individuale in favore di un amore universale, che ci unisce a tutto ciò che esiste. Questo amore è la vera fonte di conoscenza e il segreto per una vita serena e appagante.
D.: L'ultimo libro che hai scritto è "Devozione e gratitudine: le chiavi per una vita felice" e per ricercarla è sufficiente "una quiete interiore che duri nel tempo"?
R.:La devozione sincera, accompagnata da un profondo anelito a conoscere la volontà divina per la nostra vita, e la ricerca di un sempre maggiore abbandono verso il divino, richiede certamente una quiete interiore che duri nel tempo.
D.: "Palpiti dell'Anima" è invece una raccolta di poesie col tema centrale l'amore e la devozione. E'un viaggio per arrivare alla realizzazione completa?
R.: L'amore e la devozione aiutano sicuramente a trovare la realizzazione spirituale dentro di sé, ma la realizzazione completa si raggiungerà solo quando la nostra anima si unirà con l'anima universale, che possiamo chiamare Dio o Coscienza Cosmica.
D.: Come definirebbe il rapporto tra vita e morte nella sua opera?
R.: Secondo me la vita e la morte non sono entità separate, ma due facce della stessa medaglia, che si compenetrano a vicenda.In questo senso, la vita è la possibilità, il viaggio che ci viene offerto per liberarci da tutto ciò che ci "appesantisce". È paragonabile a un campo di battaglia dove si combatte la morte dell'ego, che è simboleggiata da invidia, rabbia, attaccamenti e brama di potere."Ogni volta che superiamo uno di questi aspetti negativi, stiamo "morendo" a una parte del nostro io superficiale per far emergere una versione più autentica e spirituale di noi stessi. La morte, la vedo come una trasformazione. Sperando che permetta all'anima eterna di manifestarsi pienamente. Non c'è una separazione netta perché la morte è intrinseca alla vita stessa.
D.: Per ottenere risposte sul senso profondo dell'esistenza umana hai intrapreso un viaggio in Oriente e sei stato influenzato dalla sua filosofia. Vuoi raccontare la tua esperienza?
R.: Va bene: In seguito ad esperienze dolorose vissute da giovane, mi sono posto inevitabilmente delle domande profonde sul senso della vita e della morte. In quei momenti, la società e la religione non mi offrivano risposte che mi sembravano sufficienti. Poi, quasi "per caso", ho iniziato a leggere libri di maestri d'Oriente. Quei testi mi hanno aiutato a comprendere la mia situazione di bisogno e a trovare le prime risposte. Così, ho intrapreso dei viaggi in India, dove ho avuto l'opportunità di incontrare alcuni maestri (Guru). Loro mi hanno insegnato diverse pratiche di meditazione e di concentrazione, insieme a tecniche di respiro, che sono state fondamentali per me. Quell'esperienze mi hanno portato a una scoperta molto importante: ho capito che Gesù dice le stesse cose dei maestri d'Oriente, specialmente quando si medita nel modo giusto. Ho capito che la vera ricerca spirituale richiede umiltà e la volontà di affidarsi all'amore di Dio e dei maestri. Oggi, il mio più grande maestro è proprio Gesù, perché in lui ho trovato la visione che ha ampliato il mio percorso spirituale.
D.: Nelle filosofie orientali morte e rinascita sono spesso cicliche. In che modo questa visione influisce sulla tua scrittura?
R.: Nella mia scrittura, la visione ciclica di morte e rinascita delle filosofie orientali non si riferisce solo al corpo fisico, ma soprattutto a un processo di cambiamento e morte interiore.Lamorte è un passaggio necessario. Nei miei scritti parlo della morte come la fine dell'ego, delle paure e degli attaccamenti che ci limitano. Ogni volta che mi libero da certi condizionamenti è come se stessi affrontando una piccola "morte" incastonata dentro di me. La rinascita, è la conseguenza di questo processo. Questo ciclo è continuo: per ogni battaglia vinta, c'è una nuova sfida che richiede di lasciar andare un'altra parte di sé stessi.
D.: Credi che la società occidentale abbia una relazione più problematica con la morte rispetto a quella orientale?
R.: In generale, sì. La società occidentale tende a vedere la morte come la fine assoluta (poi ci sarà il giudizio di Dio). La morte è spesso un argomento che genera ansia e che si preferisce non affrontare. Nelle filosofie orientali, invece, la morte è vista come parte di un ciclo naturale di trasformazione. Non è una fine, ma un passaggio verso una nuova esistenza. Questa visione porta a una maggiore accettazione e a meno paura.
D.: Nella tua esperienza come si concilia l'accettazione della morte con l'istinto di sopravvivenza e la paura dell'ignoto?
R.: Accetto la morte perché so che esiste; è una realtà che non si può cambiare, e tutti dobbiamo affrontarla. Per me, morire significa semplicemente lasciare il corpo fisico. L'istinto di sopravvivenza è una forza naturale, insita in tutti gli esseri viventi, ed è normale sentirlo. La paura dell'ignoto, invece, la sento ancora perché non sono ancora arrivato a quella completa realizzazione che desidero, quindi rimangono delle paure da superare.
D. : Quali aspetti della spiritualità orientale ritieni più affini alla tua visione dell'esistenza?
R.: La mia visione si allinea con l'idea di un percorso che va oltre il corpo fisico, verso una comprensione più profonda della nostra vera identità, superando l'ego e accettando il continuo fluire dell'esistenza. Questa prospettiva, comune a molte dottrine orientali, mi permette di vedere ogni momento, inclusi gli ostacoli e le sofferenze, come parte di un ciclo di evoluzione e di rinascita, non solo fisica ma anche spirituale.
D. : Scrivere di temi così profondi richiede una particolare disciplina interiore. Come si prepara a trattare questi argomenti?
R.: Per me, scrivere di questi argomenti è il risultato di una disciplina interiore che porto avanti da molti anni. Ogni giorno, la mia mente e il mio cuore sono rivolti a questi concetti profondi.Nonsi tratta di una preparazione che comincia solo quando mi siedo a scrivere, ma di un processo che vive costantemente dentro di me.
D. :Come reagiscono i suoi lettori occidentali ai suoi riferimenti alla spiritualità orientale? Nota diffidenza o curiosità?
R.: La reazione dei lettori occidentali è divisa: c'è chi prova diffidenza e chi curiosità.Molti,soprattutto con un forte legame con la Chiesa, vedono questi concetti come lontani dalla loro fede. Per loro, la diffidenza nasce dalla paura che siano approcci contrastanti.Tuttavia,un numero crescente di persone è molto curioso. In un mondo che offre poche risposte, cercano nella spiritualità orientale nuovi strumenti per trovare pace e un senso più profondo.
D. :Progetti futuri: continuerà a esplorare il dialogo tra Oriente e Occidente?
R.: Il mio percorso spirituale ha unito differenti tradizioni, diventando la base della mia visione. Per me, la vita e la spiritualità non sono più due entità separate.Continuerò a scrivere per condividere la convinzione che, al di là delle differenze culturali e religiose, esiste un'unica verità che unisce tutti i cercatori spirituali.
PASSO INDIETRO DI TRUMP DAI
COLLOQUI DI PACE TRA RUSSIA E UCRAINA
IL PRESIDENTE USA: "TRA 2 SETTIMANE
SAPREMO SE CI SARA' LA PACE"
di Augusto Maccioni
(21-8-2025) Perché il cessate il fuoco? Meglio la pace! Quindi Vladimir Putin ha utilizzato altra formula per convincere Donald Trump a soprassedere alle richieste dell'Ucraina e dell'Ue ad aspettare per firmare un accordo completo. Con questa decisione di aggirare il cessate il fuoco, il presidente russo sta allungando i tempi per arrivare alla pace per continuare a diffondere terrore, uccidere i civili e devastare il territorio. Una strategia che sta consentendo alla Russia di raddoppiare il numero di droni e missili lanciati sulle città ucraine, nonostante le richieste di Trump di arrivare a un cessate il fuoco: "La guerra in Ucraina è la guerra di Biden", continua a dire il presidente americano, ma da quando Trump è alla Casa Bianca, Putin è diventato più aggressivo. La guerra continua (foto dal web/Social), e siamo al 1.275° giorno, e nella sola serata del 20 agosto, i russi hanno lanciato verso l'Ucraina 93 droni di vario tipo e due missili balistici Iskander-M oltre ad altri bombardamenti. Le difese ucraine sono riuscite a neutralizzare un missile e 62 droni. Sul fronte diplomatico la situazione non migliora. C'è stata una accelerazione in Alaska, nell'incontro tra Trump e Putin, ma anche qualche giorno fa alla Casa Bianca durante il vertice Usa-Ucraina e alcuni Paesi dell'Ue. Poi però Mosca ha fatto un passo indietro e se sembrava deciso un incontro a tre, Usa-Russia-Ucraina, adesso sfuma anche il vertice tra il presidente ucraino e quello russo. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha detto, giusto per confondere ogni percorso verso la pace, che Mosca accetterà solo garanzie in base alle quali la Russia e la Cina avranno il veto, come proposto a Istanbul nel 2022. In pratica: nessuno potrà difendere l'Ucraina se Russia e Cina non saranno d'accordo. Doccia fredda anche per il vertice Zelensky-Putin, prima, ha detto il ministro degli Esteri russo Lavrov, è necessaria una approfondita preparazione, meglio, dice ancora il ministro di Putin, "aumentare il livello di rappresentanza nei colloqui russi con l'Ucraina", come quelli organizzati ultimamente in Turchia che non hanno portato a nulla di fatto. C'è una dichiarazione del presidente francese Emmanuel Macron che sentenzia "Putin raramente mantiene i suoi impegni e la Russia è diventata una forza destabilizzante". Intanto, però, c'è la convinzione che il presidente americano voglia fare un passo indietro nella vicenda ucraina. La notizia è del "The Guardian" che sostiene che Trump voglia lasciare alla Russia e all'Ucraina l'organizzazione di un incontro tra i loro leader. Solo dopo questo vertice, ci sarà, ha detto Trump, un trilaterale e poi si vedrà. Ma quanto ancora durerà questa guerra? Sicuramente, dicono alcuni analisti, subito dopo che Putin avrà conquistato tutto il Donbass entro l'anno. "E' una spacconata di Putin" ha detto il presidente russo che ha aggiunto: per conquistare il resto della regione Putin dovrà combattere almento altri 4 anni. Bisogna comunque essere positivi e Trump rilancia: "tra due settimane sapremo se ci sarà la pace in Ucraina".
TRATTATIVE DI PACE SOTTO LE BOMBE:
SPINTA RUSSA NELLA PROVINCIA DI DONETSK
BILATERALE O TRILATERALE A BUDAPEST?
FONTI: PUTIN DICE SI AL FACCIA
A FACCIA CON ZELENSKY
di Augusto Maccioni
(19-8-2025) Mosca potrebbe essere la sede di un futuro incontro con Zelensky, anche se ci sono altre città che potrebbero ospitare un altro storico evento per la fine del conflitto in Ucraina. Bilaterale o trilaterale (Macron ha proposto per il prossimo incontro a quattro con la presenza dell'Europa) sono sempre vertici utili per stabilire condizioni e aspettative anche se spesso arrivano altri problemi che allontanano la pace. Tutti ci provano. Lunedi 18 agosto, una data importante che dobbiamo segnare nel calendario perché entrerà nella storia, Volodymyr Zelesky e sette leader europei, tra cui la premier italiana Giorgia Meloni, hanno aderito all'invito di Donald Trump alla Casa Bianca per parlare di pace in Ucraina. Dalle notizie emerse e dalle dichiarazioni dei leader in chiaro durante l'incontro, tutto potrebbe andare per il verso giusto e l'occasione sembra confermare le aspettative di quanti vorrebbero chiudere una guerra che va avanti da quasi quattro anni tra devastazioni e moltissimi civili uccisi, molti dei quali bambini e donne. Trump ha fretta di chiudere ogni trattativa, bilaterale o trilaterale, per guadagnarsi, lo ha dichiarato più volte, il premio Nobel e in queste ore anche il Paradiso. Di sicuro dal leader americano, così imprevedibile e non sempre coerente nelle dichiarazioni, ci si aspetta molto soprattutto per convincere Vladimir Putin a trattare un percorso per arrivare alla pace senza interrompere, durante la trattativa, la guerra che comunque continua ad andare avanti tra atrocità e perdite di vite umane. I leader europei avrebbero voluto da Putin uno scatto di umanità sospendendo il conflitto durante la trattativa di pace, condizione inascoltata perché lo zar vorrebbe alzare il tiro pretendendo o cementificando territori già conquistati o da acquisire da presentare al tavolo delle trattative. In un primo momento un trilaterale, Usa-Russia-Ucraina, era previsto per il 22 agosto, poi però ci vorrà ancora più tempo. Ne ha parlato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov che, raffreddado ogni aspettative, ha sottolineato che la preparazione di un incontro tra capi di Stato deve essere pianificata con grande attenzione. Il trilaterale o bilaterale comunque si farà, ed è questione di giorni, forse due settimane. Mosca sa benissimo che tutte queste manovre per arrivare alla pace hanno un tempo limitato, e comunque non vuole chiudere le porte e perdere il favore di Trump. Bisognerà trovare la sede opportuna per il vertice tra Putin-Zelensky con o senza Trump che potrebbe apparire alla fine quando ci sarà la firma definitiva della pace. Per Zelensky sicuramente la sede giusta non è Mosca, la Casa Bianca punta su Budapest, ma ci sarebbe anche la Svizzera. Trilaterale o bilaterale? Sembrerebbe, secondo alcune fonti, che Putin abbia chiesto a Trump un incontro "faccia a faccia" con Zelensky (foto dal web/Social). Non solo la pace in Ucraina ma anche garanzie di sicurezza per il Paese, questioni che non sono mai state risolte in vista di un potenziale accordo di pace. In pratica Zelensky e i leader europei chiedono una forma attiva e concreta di protezione per impedire a Mosca di ripetere la sua aggressione in futuro e Trump si è impegnato in questo senso sostenendo ogni garanzia di sicurezza per il Paese simile a quelle previste dall'articolo 5 della Carta fondativa della Nato, proposta dalla premier Giorgia Meloni, che impone la difesa reciproca dei suoi membri anche se Kiev non ne fosse membro.
TRUMP A ZELENSKY: PER LA PACE IN
UCRAINA PUTIN VUOLE TUTTO IL DONBASS
MOLTE PROMESSE E POCHI RISULTATI:
IL PRESIDENTE UCRAINO LUNEDI IN USA
di Augusto Maccioni
IN AGGIORNAMENTO
(16-8-2025) Del vertice in Alaska tra Donald Trump e Vladimir Putin (foto dal web/Social) se ne parlerà a lungo, non fosse altro perché è stato un incontro storico non tanto per gli accordi raggiunti ma per lo show che tutti hanno visto in tv. Il presidente russo, accusato di gravi crimini di guerra, è stato accolto con tutti gli onori sul suolo statunitense in un summit che doveva dare risposte chiare e definitive alla guerra in Ucraina e che invece alla fine non ci sono state anzi si è parlato di "progressi" e di "impegni" verso una soluzione al conflitto. Nel corso delle dichiarazioni alla stampa i leader hanno preferito auspicare ottimismo, anche se tutti si aspettavano una tregua o parole che portavano a quella decisione. E nonostante tutto si continua a combattere e a morire in Ucraina. Di contro per Putin applausi dallo stesso Trump e tappetto rosso. Il presidente russo ad Anchorage ha ottenuto tutti i suoi obiettivi: rifiutare il cessate il fuoco, scaricare le responsabilità del conflitto sull'Ucraina e sui suoi alleati ed evitare ulteriori sanzioni da parte degli Stati Uniti. E dall'esito del vertice ci è riuscito ampiamente. Trump a prima vista ha declinato ogni pressione che aveva in animo prima dell'incontro, come quello di chiedere con forza il cessate il fuoco subito dopo il vertice e aumentare le sanzioni secondarie se Putin non avesse dato un segnale significativo verso la pace a Kiev. Di questo il presidente degli Stati Uniti non ne ha parlato e si è allineato alle tesi del suo rivale-amico che non desidera una tregua ma un accordo globale che affronti le "cause profonde" della guerra. In pratica siamo all'anno zero, confermando la tesi dello zar che è riuscito a introdurre la sua narrativa complice, volontario o involontario, lo stesso Trump il quale ha anche tralasciato la promessa di "gravi conseguenze" alla Russia in caso di mancato raggiungimento di un cessate il fuoco. Il cambiamento preoccupante di Trump lascia spazio a una visione che forse non conosciamo anche se sono importanti le cose dette dal presidente una settimana prima. Il vertice comunque si è concluso senza risultati ma tutto fa pensare che i suoi effetti saranno duraturi. E' anche chiaro che la decisione di Trump di non chiedere con forza, e ottenerla, una tregua e di accettare le condizioni di Putin che continua a parlare di "cause profonde" che devono essere rimosse oltre a rinviare le misure punitive promesse dal presidente Usa, mette l'Ucraina in una posizione vulnerabile. La diplomazia ci dice che la strada per la pace in Ucraina sarà ancora lunga e non tutto è perduto. Se c'è stato il fallimento del vertice non è detto che non ci siano le condizioni per rimediare. E da questo punto di vista c'è ancora molta fiducia di Zelensky in Trump. Da fonti vicine alla Casa Bianca il presidente russo Putin ha chiesto durante il suo incontro con Trump il controllo della regione del Donbass, anche quelle province che non ha conquistato. Di questo, secondo il "Financial Times", il presidente Usa ne ha parlato con Zelensky e con alcuni leader europei puntando non su un cessate il fuoco in Ucraina ma a un accordo di pace. Trump comunque farà il punto della situazione con il presidente ucraino e con alcuni esponenti europei a Washington lunedi 18 agosto e "se tutto andrà bene" ci si preparerà a un successivo incontro a tre con Putin.
TRUMP E PUTIN SI INCONTRANO IN
ALASKA PER LA PACE IN UCRAINA
UN GIORNALISTA A PUTIN:"QUANDO
SMETTERETE DI UCCIDERE I
CIVILI?" LUI NON RISPONDE
di Augusto Maccioni
IN AGGIORNAMENTO
(15-8-2025) C'è l'incontro storico alla Joint Base Elmendorf-Richardson di Anchorage (Alaska) tra Donald Trump e Vladimir Putin (foto dal web/Social) ma ancora non c'è la pace. E' ancora presto per dirlo, del resto il vertice sarà lunghissimo per i troppi argomenti in agenda tra i quali spicca la pace in Ucraina, una questione non da poco per le vittime e per la devastazione avvenuta in quasi quattro anni di conflitto. Ci sarà il cessate il fuoco a Kiev? Si saprà qualcosa di più al termine del vertice quando i due leader risponderanno ai giornalisti in una affollata sala stampa. Intanto c'è da dire che è un fatto positivo, se non storico, l'incontro tra i due leader mondiali che vogliono fare il punto su molte questioni aperte, dagli armamenti, al nucleare, alle sanzioni, alle terre rare e all'enorme patrimonio estero russo congelato dall'Occidente. E' anche ovvio che si parlerà di Ucraina e forse su questo argomento ci vorrà ancora del tempo per approfondire la situazione e mettere in chiaro i futuri confini. I due presidenti si sono incontrati all'aeroporto di Anchorage: Putin è sceso dall'aereo con passo svelto, da atleta ed è andato incontro a Trump dimostrando sicurezza. Trump lo ha accolto con un applauso, poi si sono stretti la mano sul tappeto rosso allestito per l'occasione dando l'avvio al loro vertice ufficiale. Ci sono state domande scomode, fuori dal protocollo e prima del vertice, di un giornalista a Putin: "Quando ci sarà il cessate il fuoco? Quando smetterete di uccidere i civili?". Lo zar non risponde e fa cenno di non sentire. La delegazione russa comprende un gruppo di leader competenti in alcuni settori come il commercio e investimenti e questo dice anche che Mosca intende sfruttare l'incontro per avvantaggiarsi su molte questioni come l'allentamento delle sanzioni e accordi economici mentre Washington intende capire fino a che punto Putin è disposto a concedere la pace in Ucraina. Se l'incontro avrà successo, Trump prevede di tenere una conferenza stampa e in caso di progressi il presidente degli Stati Uniti ha promesso di chiamare il leader ucraino Zelensky e poi i leader europei per informarli sui colloqui.
PICCOLI PASSI PER LA PACE, TRUMP-PUTIN
IN ALASKA PER UN ACCORDO IN UCRAINA
IL PRESIDENTE USA: "SE TUTTO ANDRA' BENE
CHIAMERO' ZELENSKY PER IL TRILATERALE"
di Augusto Maccioni
(14-8-2025) A qualche ora dall'incontro storico tra Donald Trump (foto dal web/Social) e Vladimir Putin in Alaska, aumentano le aspettative per un cessate il fuoco in Ucraina, grazie alla pressione internazionale e al piglio decisivo del presidente degli Stati Uniti che con determinazione vuole chiudere il capitolo della guerra in Ucraina che dura da quasi quattro anni. Non sarà comunque un incontro decisivo per la pace e forse con questo vertice Putin non cesserà la guerra in Ucraina, ma il fatto che i due grandi leader si incontrino ha un significato di grande portata per gli equilibri strategici non solo in Europa. Putin è nuovamente protagonista nella scena mondiale e ciò condizionerà molto il summit in Alaska, perché potrà parlare alla pari con Trump e discutere di tanti temi che urgono soprattutto a Mosca. Putin arriverà all'incontro molto preparato, ha pronto diversi dossier da mettere sul piatto e parteciperà con una delegazione di primo piano, dimostrando di accettare il vertice a tutti i costi anche se la pace in Ucraina potrebbe passare in secondo piano. Molti gli argomenti che girano attorno a Kiev e non sarà facile trovare la quadra per una tregua, che prima o poi ci sarà ma sempre alle condizioni di Mosca. Putin potrebbe soprassedere su qualche territorio ma chiederà sacrifici enormi al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Trump andrà in Alaska sicuramente da protagonista e da sicuro vincitore, anche se la sua impreparazione e la sua instabilità nelle decisioni potrebbero fare il gioco dell'avversario. Trump il giorno prima del vertice, ha sostenuto che qualsiasi accordo per porre fine all'invasione russa in Ucraina sarebbe stato raggiunto in un secondo momento col vertice anche con Zelensky. "Con Putin, ha detto il presidente degli Stati Uniti, sarà un buon incontro, ma il più importante sarà il secondo quando siederanno Usa-Russia e Ucraina e forse qualche leader europeo". L'incontro in Alaska inizierà alle ore 11,30 ora locale, ore 21,30 in Italia.
USA, UE E UCRAINA, CALL CON
TRUMP POSITIVO: "VOTO 10"
PRESIDENTE USA: " CONSEGUENZE
GRAVI SE PUTIN NON FERMA LA
GUERRA DOPO VERTICE IN ALASKA"
di Augusto Maccioni
(13-8-2025) Venerdi 15 agosto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (foto dal wweb/Social) e quello russo Vladimir Putin si incontreranno in Alaska per porre fine al conflitto in Ucraina che dura da tre anni e mezzo. Attorno a questo incontro ci sono molte aspettative e non tutte vanno nella stessa direzione. E' comunque importante, e anche storico, che entrambi leader abbiano deciso di incontrarsi per discutere come risolvere il cessate il fuoco e in questo senso l'atteggiamento sarà molto positivo se si arriverà a qualche risultato. In vista del vertice, l'Unione Europea non è stata a guardare e ha attivato la diplomazia per fare squadra e dare ogni sostegno all'Ucraina coinvolta, ma non protagonista, nel summit in Alaska. L'Europa ultimamente ha creato un muro attorno al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, difendendolo e mettendolo nelle condizioni, con armi e miliardi, di difendersi dall'invasore russo visto che Trump ha preferito condurre una strategia diversa da quella del predecessore Joe Biden facendogli mancare ogni sostegno militare e finanziario. Adesso però il presidente americano torna alla ribalta per convincere Putin a porre fine al conflitto, argomento non facile ma ormai maturo per il cessate il fuoco. Ci riuscirà e a quali condizioni?. In attesa del vertice, l'Ue e Zelensky fanno squadra e in una videoconferenza organizzata in 24 ore in Germania hanno detto a Trump che l'Ucraina ai negoziati deve esserci perché "gli interessi fondamentali di sicurezza europei e ucraini devono essere salvaguardati". Al colloquio col presidente Usa hanno partecipato i capi di governo di Italia, Francia, Finlandia, Gran Bretagna, Polonia oltre Zelensky, Ursula von der Leyen e Antonio Costa. C'era anche il segretario generale della Nato Mark Rutte, dall'altra parte Trump insieme al suo vicepresidente J.D.Vance. Una cosa è stato stabilito come fondamento immutabile "i confini non devono essere modificati con la forza e deve continuare ad applicarsi" e comunque l'Ucraina "è pronta a negoziare sulle questioni territoriali" ma con una sua partecipazione attiva, cioè Kiev "deve sedersi al tavolo delle trattative non appena si terranno gli incontri di follow-up e gli elementi chiave devono essere concordati in un accordo quadro". L'Ue e Zelensky hanno concordato sulla necessità di solide garanzie di sicurezza per Kiev. Trump è consapevole di questa posizione europea e ha condiviso le valutazioni e difenderà davanti a Putin le argomentazioni proposte, dando alla fine un 10 per la qualità dell'incontro. Il presidente Usa ha assicurato che dopo i colloqui con Putin contatterà prima Zelensky e poi gli europei. Il clima che si è instaurato tra Trump, Zelensky e l'Ue è sicuramente positivo e rappresenta un passo avanti per la trattativa in Alaska. Il cancelliere tedesco Merz è ottimista: "Non siamo mai stati vicini a una vera soluzione per un cessate il fuoco. Il premier ucraino continua a chiedere pressione e poi pressione sulla Russa per imporre la pace: "La Russia vuole fingere di vincere la guerra attraverso la pressione in prima linea, ma Putin non vuole la pace, bensì la completa occupazione dell'Ucraina" e poi "alla Russia non dovrebbe essere concesso il diritto di veto se l'Ucraina entra a far parte della Nato". Trump farà la sua parte fino in fondo e se Putin "non accetterà di porre fine alla guerra ci saranno gravi conseguenze". Per incentivare il presidente russo, Trump potrebbe proporre a Putin l'accesso alle terre rare dell'Alaska. L'incontro Trump-Putin si terrà in Alaska presso la base militare di Elmendorf-Richardson a meno di dieci chilometri da Anchorage, la città più grande dell'Alaska. La base aerea, fondata nel 1940, ospita circa 32mila soldati, di cui 5.500 residente permanenti. L'Alaska ha un significato simbolico per l'incontro, non solo perché è il punto più vicino tra di due Paesi ma anche perché nel 1867 la Russia vendetta la penisola agli Stati Uniti per 7 milioni di dollari dell'epoca.
TRATTATIVA USA-RUSSIA, CI SONO SOLO
LE CONDIZIONI DI PUTIN PER LA PACE
OGGI TRUMP PARLERA' CON
ZELENSKY E I LEADER EUROPEI
PRIMA DEL VERTICE IN ALASKA
di Augusto Maccioni
(11-8-2025) Si avvicina l'incontro storico tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (foto dal web/Social) e Vladimir Putin per arrivare alla pace in Ucraina. C'è naturalmente molto pessimismo sull'accordo finale che potrebbe anche scivolare in un nulla di fatto stante le pressioni dell'Ucraina e dell'Ue per una pace giusta. Ovviamente non sarà possibile, lo ha detto a chiare lettere Trump che ha parlato di uno scambio di territori, però non si capisce chi potrebbe avvantaggiare. Ci sono naturalmente delle fasi per arrivare al cessate il fuoco. La prima è quella del ritiro delle forze ucraine dal Donbass mentre la Russia dovrebbe abbandonare le regioni di Samy, Dniproptrovsk e Kharkiv. E fin qui potrebbe essere tutto ok, anche perché Putin sta chiedendo meno di qualche anno fa per la tregua. Il conto salato potrebbe arrivare dopo con l'impegno da parte dell'Ucraina di non entrare nell'Alleanza atlantica, includendo la demilitarizzazione e la riforma costituzionale in senso federale. Un ko tremendo per l'Ucraina che passerà nel bene e nel male sotto la sfera russa e addio agli impegni e ai tanti sacrifici di Kiev per avvicinarsi all'Europa. Le cose potrebbero andare diversamente se ci sarà più concretezza e coesione da parte dell'Ue nei confronti dell'Ucraina che al momento è sballottata dalle mire soprattutto russe. Gli sforzi di queste ultime settimane stanno portando a dare un segnale forte dell'Europa alla trattativa Usa-Russia, nel senso che non si può portare avanti un accordo senza l'Ucraina ma anche senza l'Europa che è parte importante di tutta questa vicenda. Se così fosse non sarà facile svendere l'Ucraina e non ci sarà il trappolone che Putin sta preparando per prendersi l'Ucraina a pezzi. Anche Trump è nella morsa di Putin e non sa come comportarsi per i dazi con la Cina, tanto che ha prorogato di 90 giorni ogni adempimento. Tutto comunque è difficile. Trump ha detto che ci sarà l'accordo il 15 agosto in Alaska con Putin, poi il presidente Usa vedrà il presidente ucraino e i vertici dell'Ue. Ciò potrebbe significare che ci sarà un altro giro di trattative per arrivare alla tregua, ma la guerra continuerà e non si fermerà durante le trattative come aveva chiesto l'Ue.
TRUMP-PUTIN, IL VERTICE
SARA' IN ALASKA IL 15 AGOSTO
LA PROPOSTA DI PUTIN E
LE CONDIZIONI DELL'UE
ZELENSKY: "VOGLIAMO
UNA PACE VERA E GIUSTA"
di Augusto Maccioni
(9-8-2025) Adesso c'è una data. Donald Trump e Vladimir Putin (foto dal web/Social)si incontreranno il prossimo venerdi, 15 agosto, in Alaska per discutere la fine della guerra in Ucraina. Poco prima dell'annuncio della Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti ha sostenuto che l'Ucraina avrebbe dovuto cedere territorio per raggiungere l'accordo. Secca disapprovazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ha respinto l'idea che si stava facendo largo sia negli Usa che in Russia: "Gli ucraini non cederanno la loro terra agli occupanti". La cronaca ci dice che l'incontro sarà il primo faccia a faccia tra il presidente degli Stati Uniti e quello russo dal 2021, ma allora il presidente Usa era Joe Biden. L'annuncio della Casa Bianca è arrivato il giorno in cui ha fissato una scadenza di 10 giorni entro cui Mosca doveva adottare provvedimenti per il cessate il fuoco o accettare sanzioni draconiane da parte americana. Questo accordo di incontro potrebbe significare che al momento non ci sarà la minaccia che Putin temeva. Secondo Trump il presidente ucraino dovrà accettare la perdita di territorio " e scambiarne un'altra". Detta così si tratta di una faccenda complicata. "Scambiare con un'altra" potrebbe danneggiare Putin, e "perdere territorio" a vantaggio di Mosca potrebbe non piacere a Zelensky che tra l'altro non può violare la sua Costituzione su questioni territoriali. Kiev vuole la pace, possibilmente quella giusta, e non vuole trappole che mettano a repentaglio la stessa dignità e integrità territoriale ucraina. C'è anche un'altra proposta di Putin: offrire la restituzione ad esempio delle province di Zaporižžja e Kherson in cambio di Donetsk e Luhansk, attualmente occupate dai russi che manterrebbero la penisola di Crimea, annessa illegalmente nel 2014. Ma non si può trattare l'argomento di pace senza l'Ucraina e in questo senso fonti della Casa Bianca hanno fatto sapere che Zelensky potrebbe, ma non si capisce in che modo forse in videoconferenza, partecipare all'incontro tra Trump e Putin. Anche l'Europa si muove in un binario diverso, più diplomatico, forse in attesa di entrare nella complicata e faticosa trattativa di pace in Ucraina e ha promosso un vertice degli europei, presente anche la premier italiana Giorgia Meloni, con Kiev e con la partecipazione del vicepresidente statunitense J.D.Vance. Dall'incontro è emerso che l'Ue continuerà a sostenere Kiev e metterla nelle condizioni per porre fine alla guerra di aggressione russa facendo partecipare l'Ucraina al tavolo delle trattative. Intanto secondo il "Wall Street Journal" l'Ue ha fatto una controproposta al piano di Putin per arrivare alla tregua: cessate il fuoco prima delle trattative e prevedere scambio di territorio in modo reciproco.
LA PROSSIMA SETTIMANA L'INCONTRO
TRA TRUMP E PUTIN MA NON A ROMA
C'E' UNA BOZZA: CONGELAMENTO DEL
CONFLITTO NON LA FINE DELLA GUERRA
LE TRE CONDIZIONI DI PUTIN: CESSATE
IL FUOCO, RICONOSCIMENTO DONBASS E
REVOCA DELLE SANZIONI PER GAS E PETROLIO
di Augusto Maccioni
(8-8-2025) Lo spiraglio per una possibile pace in Ucraina c'è e tutto potrebbe dipendere dall'incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump (foto dal web/Social). Potrebbe essere la svolta e chiudere 1.261 giorni di guerra senza sosta, con morti, devastazioni e tantissimo sangue in una Ucraina messa sotto assedio dalla Russia. Tutti ne parlano come se questo incontro dovesse decidere le sorti e avere come obiettivo il cessate il fuoco. Ma sarà proprio così? Andiamo avanti e concentriamoci sulla cronaca: il presidente degli Stati Uniti ha chiesto alla premier italiana Giorgia Meloni la possibilità di tenere il vertice con Putin per la fine della guerra in Ucraina a Roma, possibilità subito scartata dal presidente russo facendo anche tramontare un eventuale incontro in Vaticano. La presidente Meloni si è detta comunque disponibile di ospitare lunedi il vertice a Roma, proposta subito avanzata da Rubio anche nella riunione degli NSA tra Italia, Francia, Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Ucraina e Finlandia. Il presidente russo continua a sostenere come sede gli Emirati Arabi per questo vertice, senza la presenza Volodymyr Zelensky che per il momento non è gradito da entrambi leader, forse ci sarà un incontro a tre e senza l'Ue che continua ad essere ai margini, dal punto di vista di Trump e di Putin, della vicenda Ucraina. E mentre l'Ucraina riceverà, da parte dell'Ue, oltre 3,2 mld nella quarta tranche di aiuti, Usa e Russia stanno lavorando a una intesa sui territori e citando fonti vicine ai leader, sembrerebbe soddisfacente per Putin sancire l'occupazione dei territori conquistati con l'invasione militare e che l'Ucraina ceda l'intero Donbass, riconosca l'annessione della Crimea, occupata illegalmente nel 2014. Questa richiesta da parte russa implica di fatto l'allontanamento dell'esercito di Zelensky dalle regioni di Luhansk e Donetsk che ancora sono sotto il controllo di Kiev, zone molto importanti strategicamente che i russi in così tanto tempo non sono riusciti a ottenere con le armi dall'inizio della massiccia invasione del febbraio 2022. Accordo fattibile, che metterebbe subito Putin all'attenzione mondiare per aver coronato i suoi disegni strategici, ma cosa ne pensa Zelensky il quale si troverebbe a un bivio: accettare la perdita del Donbass e della Crimea, e forse altri territori, o rifiutare l'accordo. Secondo alcuni altre fonti, non confermati, tra Ucraina e Russia è al massimo ipotizzabile un cessate il fuoco ma non si tratterà di pace. A questo punto, però, Mosca non riceverebbe alcuna garanzia che l'Ucraina rimanga fuori dalla Nato e dovrebbe accettare la continuazione degli aiuti esteri a Kiev. Putin in cambio chiede che tutte le sanzioni contro la Russia siano revocate. L'Europa non starà a guardare e sotto traccia sta compiendo altre azioni volte a tutelare l'Ucraina in tutti i modi anche perché teme che un cessate il fuoco consentirebbe a Putin di rafforzare la sua posizione nei territori occupati. Il più ottimista sulla tregua in Ucraina è il primo ministro polacco Donald Tusk: "Ci sono alcuni segnali, e ho anche la mia intuizione, che indicano che un congelamento del conflitto potrebbe arrivare prima del previsto", il primo ministro ha sottolineato che si tratta di un congelamento del conflitto, non della fine della guerra. Secondo Tusk, Zelenskyy è molto vigile, ma allo stesso tempo rimane ottimista anche se il presidente ucraino vuole il coinvolgimento dell'Europa nei negoziati di pace con la Russia.
EMIRATI ARABI POSSIBILE SEDE
DELL'INCONTRO PUTIN-TRUMP
IL RIFIUTO DI INCONTRARE
ZELENSKY POTREBBE FAR
FALLIRE IL VERTICE
di Augusto Maccioni
(7-8-2025) Anche la Russia ha confermato l'incontro nei prossimi giorni tra Donald Trump e Vladimir Putin (foto dal web/Social), poco prima della scadenza dell'ultimaturm di 10 giorni della Casa Bianca per porre fine alla guerra in Ucraina. Il presidente degli Stati Uniti ne ha parlato mercoledi, il giorno dopo c'è stato l'assenso di Yuri Ushakov consigliere del presidente russo. Quasi sicuramente l'incontro avverrà negli Emirati Arabi Uniti e di questo il presidente russo ne ha parlato col presidente degli Emirati Mohamed bin Zayed Al Nahayan in visita da lui a Mosca. Al vertice non parteciperà Volodymyr Zelensky, perché, ha detto Putin, "ancora non ci sono le condizioni". A creare l'incontro ci ha pensato, in prima battuta, l'inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff che è andato in Russia mercoledi per promuovere i negoziati di pace in Ucraina a qualche giorno dall'avvicinarsi della scadenza dell'ultimatum, che scadrà venerdi 8 agosto, lanciato da Trump per chiudere la "faccenda" Mosca-Kiev. Putin, al potere da 25 anni, non incontra un presidente degli Stati Uniti da giugno 2021. Allora incontrò Joe Biden a Ginevra e in quella occasione il presidente Usa non riuscì a impedire la guerra, mentre con Trump l'ultimo incontro risale al giugno 2019 a Helsinki. L'incontro potrebbe diventare storico solo se si riuscirà a mettere le basi per un accordo che porti al cessate il fuoco in Ucraina, altrimenti sarà la solita conversazione tra due leader che allungherà ancora la guerra in Ucraina con le conseguenze ancora più nefaste degli ultimi giorni senza la possibilità di trattare almeno la tregua, perché la pace con la P maiuscola dovrà ancora avvenire. E sarebbe queindi un fallimento. Per tanto tempo il Cremlino ha evitato l'incontro col presidente Usa. Con Biden sicuramente il vertice era improponibile perché il presidente Usa era orientato a sostenere senza riserve Zelensky, con Trump c'erano diverse possibilità anche se Mosca ha stabilito strategie diverse, per ottenere più autorità nelle manovre, soprattutto nella guerra in Ucraina. La testardaggine di Putin in qualche modo è stata premiata, forse si arriverà con Trump a una tregua, forse si troverà un accordo per vietare la guerra con gli aerei ma non si parlerà dei droni, entrati di diritto sul campo per sterminare i civili ucraini. O forse l'incontro sarà quello di mettere d'accordo Trump e Putin non sull'Ucraina ma sulla strategia per arrivare alla divisione delle sfere di influenza in stile Yalta, depotenziando l'Europa e rendendola ininfluente sia nella trattativa per Kiev e sia nelle altre azioni diplomatiche. Si vuole comunque sperare che l'incontro Trump- Putin porterà buoni frutti per la pace in Ucraina, dispiace, comunque che non sia in agenda la partecipazione a tre, cioè anche col presidente ucraino, anche se la grande assente, perché non voluta da Trump e da Putin che per l'Ue hanno forse una strategia condivisa, continua ad essere l'Europa. Al momento, dice Putin, non ci sono le condizioni per la pace in Ucraina. Il presidente russo ha finora escluso la fine della guerra se le sue richieste non saranno soddisfatte che continuano ad essere: il ritiro dell'esercito ucraino dalle province di Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaparizhia e la sospensione dei trasferimenti di armi a Kiev da parte dell'Occidente. Ma ci sono anche altre condizioni draconiane, per cui si continuerà l'offensiva che in questi giorni ha un ritmo più decisivo e veloce soprattutto in alcune zone del Donbass. E' l'offensiva estiva russa che si sta intensificando con l'aggiunta, dicono i vertici ucraini, di 9mila nuove reclute ogni mese. Putin continuerà la guerra e l'incontro con Trump avrà solo il compito di rendere tutto più visibile per la Russia e soprattutto per Putin che avrà l'occasione di far capire a Trump le sue ragioni che sono più forti di quelle portate avanti da Zelensky. Quindi un altro nulla di fatto, un fallimento e si continuarà a ballare sugli stessi argomenti senza una via d'uscita, che ci sarà solo alle condizioni di Putin. E l'incontro con Zelensky, il vertice a tre che Putin e Trump non vogliono, non si farà per non chiudere la guerra e andare verso la pace.
TRUMP VORREBBE INCONTRARE
PUTIN E ZELENSKY,SENZA L'EUROPA,
ENTRO LA PROSSIMA SETTIMANA
A UNA SVOLTA LA
GUERRA RUSSIA UCRAINA?
di Augusto Maccioni
(6-8-2025) Potrebbe essere la "spallata" definitiva di Donald Trump che, per il cessate il fuoco in Ucraina, vorrebbe incontrare prima Vladimir Putin e successivamente organizzare un incontro tra lui e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il presidente Usa è stanco e arrabbiato e vorrebbe mettere la bandierina a stelle e strisce per la conclusione della guerra Russia-Ucraina che dura ormai da 1.259 giorni, ma ancora una volta non sarà facile convincere il presidente russo ad accettare non tanto l'incontro con Trump quanto spendere parole concrete per la pace in Ucraina. Da registrare che oggi c'è stato l'incontro tra l'inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff con Putin che lo ha ricevuto al Cremlino con chiare dimostrazioni di sintonia. Evidentemente da quell'incontro ci sono stati segnali positivi che hanno convinto Trump a organizzare l'incontro a tre per definire la bollente pratica Russia-Ucraina, incontro molto probabilmente sostenuto anche dal presidente ucraino che lo ha sentito telefonicamente in merito all'accordo di pace. L'incontro Witkoff con Putin coincide con gli ultimi giorni prima della scadenza stabilita dal presidente Usa, decisa per venerdi 8 agosto, per raggiungere un accordo di pace. L'ultimatum di Trump però non preoccupa Putin anche se il presidente Usa dovesse imporre dazi alla Russia del 100% ma anche ad alcuni partner commerciali come India e Cina. Se però dovesse prendere concretezza l'incontro a tre, Trump potrebbe rinviare di qualche giorno i dazi alla Russia, mentre saranno invece confermati quelli ad esempio all'India. Trump vuole a tutti i costi accelerare i tempi per il cessate il fuoco in Ucraina e questo stallo lo innervosisce parecchio e gli fa perdere consensi in patria. Gli ultimi negoziati di pace si sono finora conclusi con piccoli scambi, per un totale di 3mila prigionieri, ma nulla di concreto per la tregua. Evidentemente Putin vorrebbe conquistare il Donbass prima di sedersi al tavolo delle trattative anche perché le sanzioni e l'ultimatum sono parole vuote per il presidente russo che continua a vivere tra restrizioni, e questa "immunità" gli permette di allungare i tempi verso la pace, che forse ci sarà "ma alle sue condizioni" come dice il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov. C'è da dire, comunque, che quest'anno le posizioni russe e ucraine hanno visto una leggera convergenza per una prospettiva di pace in futuro. In passato Zelensky e Putin si sono sempre rifiutati di incontrasi, ma le cose cambiano e forse il 2025, anche grazie all'avvento del ciclone Trump, è l'anno giusto per fare un decisivo passo in avanti verso l'agognata pace. Se ci sarà l'incontro Trump-Putin-Zelensky evidetemente c'è la voglia di pace anche alle condizioni necessarie di Putin o di Zelensky, per raggiungerla. Potrebbe essere, quella di Trump, una decisione saggia portata avanti da un leader che punta con forza al "premio Nobel per la pace". Per siglare la fine di una trattativa del genere è necessario essere in due col garante speciale degli Stati Uniti. Trump nel formulare questa richiesta ultimativa ha anche detto che sarà un incontro che non includerà la controparte europea che sembra accettare la proposta del capo della Casa Bianca con l'obiettivo di chiudere la dolorosa e insanguinata pagina ucraina.
PAPA LEONE XIV CON UN MILIONE
DI RAGAZZI AL CAMPUS DI TOR VERGATA
"ASPIRATE A COSE GRANDI", "SIAMO
CON I RAGAZZI DI GAZA E UCRAINA"
A SEUL LA GIORNATA MONDIALE
DELLA GIOVENTU' NEL 2027
di Augusto Maccioni
(3-8-2025) Papa Leone XIV (foto dal web/Social) ha chiuso il Giubileo Mondiale della Gioventù con una messa per oltre un milione di ragazzi e ragazze accampati nel grande campus di Tor Vergata. In una Roma baciata dal sole, la folla di giovani ha riempito i vuoti della malinconia e della tristezza per dare slancio all'entusiasmo e alla felicità di una giornata memorabile, partecipata con grande fratellanza e amicizia. Non c'erano concerti, né altre manifestazioni, qui, nella spianata di Tor Vergata, i giovani si sono dati appuntamento per stare col Papa e celebrare con lui momenti di preghiera e di riflessione sul loro futuro. Il Papa ha detto: "E' la prova che un mondo diverso è possibile dove i conflitti si risolvono non con le armi ma con il dialogo". Sabato c'è stata la veglia, una preparazione speciale movimentata dalla preghiera, dai silenzi e dai rumori straordinari che solo i giovani sanno esternare quando c'è veramente gioia e felicità, amicizia e grande partecipazione. E sulla stessa spianata i giovani non sono andati via e hanno trascorso la notte tra le tende e i sacchi a pelo, tra preghiere e canti in attesa della messa del mattino di domenica 3 agosto per la conclusione del Giubileo a loro dedicato e per ascoltare le parole del Papa e trovare quel colloquio silenzioso e intenso con Cristo. Il Papa è arrivato presto nel campus e ha salutato i giovani: "Buongiorno a tutti, buona domenicca", e lo ripete in spagnolo, in inglese ma anche in francese e tedesco e tutti si sentono protagonisti di un evento straordinario che ricorderanno per sempre. Poi ha detto che con la Messa si celebrerà "il più grande dono che Cristo ci ha lasciato. Quando siamo insieme come Chiesa di Dio, noi seguiamo, camminiamo insieme, viviamo con Gesù Cristo". E nell'omelia si è rivolto ancora una volta ai giovani: "Siamo fatti non per una vita dove tutto è scontato e fermo ma per un'esistenza che si rigenera costantemente nel dono e nell'amore" poi ha anche detto che la nostra "esistenza non dipende da ciò che accumuliamo e da ciò che possediamo. Non basta. Abbiamo bisogno di alzare gli occhi di guardare in alto alle cose di lassù per unirci a Dio e ai fratelli nella carità" poi ancora: "Fate grandi cose e non accontentatevi, se siete inquieti vuol dire che siete vivi sull'esempio anche dei santi come i giovani Frassati e Acutis che saranno canonizzati il 7 settembre prossimo". Il Papa ha detto anche: "Noi siamo con i ragazzi di Gaza, dell'Ucraina e di ogni terra insanguinata dalla guerra" poi a conclusione: "Voi siete il segno che un altro mondo è possibile, un mondo di amicizia in cui i conflitti non vengono risolti con le armi ma con il dialogo". Il Papa ha anche annunciato la data della nuova Giornata mondiale della Gioventù, a Seul 2027, dal 3 all'8 agosto. A tre mesi dall'inizio del pontificato questo grande evento del Giubileo dei Giovani è stato il primo banco di prova del nuovo pontefice soprattutto nel rapporto con i giovani. Le aspettative erano alte considerando che i suoi predecessori avevano raggiunto traguardi importanti nel rapporto della Chiesa con i giovani. Come non ricordare Giovanni Paolo II che istituì le Giornate Mondiali della Gioventù, sempre a Tor Vergata, che nel 2000 riunì due milioni di giovani. Leone XIV ha una personalità diversa rispetto agli altri pontefici e dovrà coinvolgere maggiormente i giovani i quali, finora, hanno risposto con entusiasmo alla sua chiamata con una partecipazione massiccia e devota. Il bilancio di questo Giubileo è sicuramente positivo in cui la Chiesa ha incentrato il concetto di speranza, quella che illumina il mondo con un amore buono e autentico. Il messaggio ha invaso tutti i giovani, quelli presenti e quelli che per vari motivi non hanno potuto partecipare a Roma, che sono chiamati a testimoniare la vita con gioia e uscire dai tanti personalismi per donarsi agli altri.
L'ACCORDO DEI DAZI
UE-USA "NON E' VINCOLANTE"
E' UN GIALLO LA PUBBLICAZIONE
DI DUE TESTI DIVERSI
di Augusto Maccioni
(29-7-2025) Segnamolo nel quaderno della storia: 27 luglio 2025, una data che si ricorderà come un giorno buio dell'Unione Europea perché c'è stata la firma, o stretta di mano, della sua capitolazione economica agli Stati Uniti. Accordo storico, si è detto, tra Ue e Stati Uniti, tra la presidente dell'Unione Europea Ursula von der Leyen e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (foto dal web/Social) in un golf club della Scozia di proprietà del signore della Casa Bianca. E' stato un giorno a stelle e strisce, tutto sostanza per gli Stati Uniti, mentre l'Unione Europea si è accontentata della forma e su questa ha ingigantito un patto che avvantaggia più gli Usa che la stessa Europa. Per Trump è un risultato storico, grandioso, per la presidente Ue invece un accordo iniquo perchè ha dato tutto e in pratica dagli Usa non ha ricevuto nulla in cambio. C'è da dire che di quell'accordo politico nulla si sa, ed è presto per asfaltarlo. Bisognerà attendere i dettagli, come ha detto da subito la premier Giorgia Meloni, anche se su queste poche informazioni si sono scagliati Francia, Germania e qualche altro Paese. C'è anche da dire che l'accordo Ue e Stati Uniti non è giuridicamente vincolante e per esserlo è necessario un passaggio in Consiglio. Poi la dichiarazione congiunta non ha valore legale e non è neanche un trattato internazionale: è un'intesa politica e su questa si apriranno le fasi conseguenti con regolamenti e decisioni ora della Commissione ma anche del Consiglio. La questione dazi Usa-Ue diventa una cosa seria e l'accordo tra i due leader ora traballa e per molti aspetti diventa un giallo: lo si capisce anche dalla nota pubblicata dall'Unione Europea che è diversa da quella degli Stati Uniti. Si notano differenze sulle schede, ad esempio, dei dazi su chip e farmaci, che al momento non sono tassati per l'esecutivo comunitario, mentre nulla c'è sulla digital tax anche se la Casa Bianca esulta perché l'Ue si è impegnata a non introdurre tasse per le Big Tech nel patto sui dazi. In pratica l'Europa è decisa a introdurre tasse digitali sui colossi americani: "decidiamo noi secondo le nostre regole". Altro argomento i dazi per l'acciaio. Undici Paesi Ue chiedono uno strumento di salvaguardia per l'industria siderurgica contro la sovraccapacità siderurgica che è operativo dal 1 gennaio 2026. Altro argomento che non va giù a diversi Paesi europei è il fatto che gli europei acquisteranno energia dagli Stati Uniti per un valore di 750 miliardi di dollari in tre anni. Non solo. La Commissaria europea ha trovato il modo di spingersi oltre promettendo 600 miliardi di euro di investimenti europei negli Stati Uniti. Due obiettivi che stanno particolarmente a cuore a Trump per bilanciare i suoi scambi commerciali con l'Unione Europea. Al 15% dei dazi all'Europa bisogna poi aggiungere l'apprezzamento dell'euro rispetto al dollaro che quest'anno si attesta intorno al 13%, in pratica un prodotto europeo costa il 28% in più di uno americano, e il divario potrebbe essere maggiore perché non esistono barriere tariffarie alle importazioni americane nell'Ue. Su questo accordo, comunque, Trump non cede ed è deciso ad andare fino in fondo a costo di una guerra commerciale con l'Europa. Il problema è: conviene iniziarla o cedere per riprendere le negoziazioni fra qualche anno? Gli esperti comunque dicono, e concordano, che i dazi trumpiani sono destinati a perdurare anche dopo la sua presidenza.
NUOVO ULTIMATUM DI TRUMP A
PUTIN: "HAI 12 GIORNI PER
FERMARE LA GUERRA IN UCRAINA"
MEDVEDEV: "LA RUSSIA NON E'
ISRAELE NE' L'IRAN, LA MINACCIA
PORTERA' A UNA GUERRA MONDIALE"
di Augusto Maccioni
(28-7-2025) Non più 50 giorni ma 10-12 giorni per un accordo con l'Ucraina per il cessate il fuoco. "Non c'è ragione per aspettare ancora" e Donald Trump detta nuove condizioni a Putin (foto dal web/Social) per la pace a Kiev ad iniziare "da oggi". Il presidente degli Stati Uniti è su tutte le furie per la mancanza di partecipazione da parte di Mosca alle trattative concrete per risolvere la guerra in Ucraina e "visto che non ci sono progressi" Trump annuncia un ultimatum alla Russia per le azioni concrete visto che si continua a combattere senza sosta soprattutto nella regione del Donbass, dove, nel 1.250° giorno di guerra in Ucraina, è in corso la battaglia di Dimitrov e Krasnoarmeysk. Due settimane fa Trump parlava di 50 giorni, tempo sproporzionato per consentire a Putin di conquistare completamente il Donbass e porsi al tavolo delle trattative in una posizione di privilegio rispetto a Kiev, e poiché nell'arco di questo tempo non ci sono stati progressi significativi verso la pace, Trump ha annunciato dalla Scozia un altro ultimatum con scadenza tra il 7 e il 9 agosto. Se entro quella data, ha detto il presidente degli Stati Uniti, non si raggiungeranno accordi punirà la Russia con i dazi. Putin promette colloqui di pace e nello stesso tempo continua a bombardare i civili "questo non è il modo di procedere" dice Trump. In assenza di progressi, il presidente degli Stati Uniti imporrà a Mosca nuove sanzioni economiche e tariffe secondarie contro i partner commerciali. Anche se c'è qualche riserva perché "Amo i russi, ma sono costretto perché molte persone stanno morendo" ha dichiarato Trump che ha anche aggiunto di non essere più interessato a ulteriori colloqui con Putin: "Non sono più interessato a parlare con lui". Dopo queste forti dichiarazioni l'Ucraina ha elogiato il presidente Usa per l'ultimatum a Putin per porre fine alla guerra: "Grazie al presidente Trump per essere rimasto fermo e aver trasmesso un chiaro messaggio di pace attraverso la forza". Alla luce di queste nuove notizie, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan rilancia la trattativa di pace tra leader a Istanbul: "La Turchia è pronta per ospitare Putin e Zelensky ". Non si è fatta attendere la risposta di Mosca: "Trump sta giocando al gioco dell'ultimatum". In un post sul social X l'ex presidente russo Dmitry Medvedev è particolarmente duro: "La Russia non è Israele e nemmeno l'Iran, l'ultimatum di Trump è una minaccia e un passo verso la guerra" intendendo forse a una guerra mondiale.
GAZA, OLTRE 100MILA BAMBINI E
40MILA NEONATI POTREBBERO
MORIRE NEL GIRO DI POCHI GIORNI
A CAUSA DELLA MANCANZA DI CIBO
L'ONU: "LA CARESTIA PROVOCATA
DALL'UOMO SI RISOLVE CON LA
VOLONTA' POLITICA"
di Augusto Maccioni
(26-7-2025) Ormai ci avviciniamo a una devastazione storica, a una situazione di non ritorno che mette a repentaglio la vita di tutti a Gaza, ormai teatro di una guerra che colpisce indiscriminatamente tutti e che ormai da tempo non c'è traccia di tregua né da parte israeliana né da parte dell'organizzazione terroristica di Hamas. Si gioca sulla pelle di tutti, perché tutti sono vulnerabili e indifesi e non hanno voce per urlare né lacrime per disperarsi. Più di 38mila persone sono morte, la maggior parte delle quali civili ma molti sono bambini. Il numero di feriti e mutilati supera gli 97mila. Gli ospedali che dovrebbero avere la funzione di curare e rimettere in sesto i feriti e chi ha problemi di salute, sono invece luoghi presi di mira, bombardati. Si distruggono anche le scuole e le case, quelle che sono ancora in piedi, sono rase al suolo. Gli israeliani non hanno pietà per nessuno: vedono terroristi di Hamas dappertutto, sparano e lanciano missili anche sulle chiese e sulle persone che chiedono aiuto e vanno a recuperare cibo e acqua per sostentarsi (foto dal web/Social). Non c'è acqua, né elettricità. il cibo scarseggia o non c'è e gli aiuti umanitari non arrivano da tempo. Oltre due milioni di persone sono sull'orlo dello sterminio e nessuno ha la capacità di fare qualcosa per ristabilire un minimo di equilibrio umano e contribuire a far cessare una situazione infernale. Le colpe dell'Europa ci sono perché da mesi il continente non ha mai preso una posizione chiara ma è sempre stata tiepida nel condannare la situazione terribile che si stava e si continua a consumare nella Strisicia. Alcuni governi hanno giustificato l'offensiva israeliana come "legittima difesa", adesso che le proporzioni sono devastanti e ingiustificati c'è una ribellione da parte di tutti e forse da questa settimana qualcosa ha iniziato a cambiare. L'Europa è troppo grande per decidere e per condannare con una voce sola e così Francia, Regno Unito e Canada hanno alzato i toni e hanno persino minacciato di adottare misure concrete se Israele dovesse continuare la sua offensiva militare. La Germania, però, viaggia isolata e continua a inviare armi a Israele alimentando nuove tragedie. L'America Latina si comporta meglio rispetto all'Europa. La Bolivia ha interrotto le relazioni diplomatiche con Isrele, così pure Colombia, Cile e altri Paesi e il Brasile ha condannato duramente gli attacchi. Tutto questo, però non basta, bisogna fare di più e l'Europa deve essere all'altezza della sua storia contribuendo a svolgere un ruolo chiave promuovendo un'iniziativa concreta e decisiva affinché le Nazioni Unite adottino una missione internazionale di mantenimento della pace a Gaza. Ma senza gli Stati Uniti di Trump tutto potrebbe essere rimesso in discussione e ogni sogno diplomatico potrebbe essere irrealizzabile. Intanto, però, la situazione è esplosiva non tanto per i continui bombardamenti quanto per gli oltre 100mila bambini che rischiano una morte di massa entro pochi giorni a causa della mancanza di latte artificiale e integratori alimentari. Anche 40mila neonati rischiano di morire per mancanza di viveri utili per il loro sostentamento. C'è la possibilità di lanciare dal cielo aiuti umanitari nella Striscia ma anche in questo caso il problema potrebbe risultare infruttuosa e uccidere civili. Solo con la diplomazia e la volontà politica si può risolvere questa enorme e devastante carestia provocata dall'uomo e sicuramente col cessate il fuoco e con l'accordo Israele - Hamas si potrebbero riprendere il flusso di aiuti. Le accuse non mancano. Trump venerdi ha accusato il gruppo militante di Hamas di non volere una tregua mentre loro hanno ribadito la volontà di raggiungere un accordo ma alle loro condizioni. In questa situazione di stallo si continua a morire sotto le bombe ma tantissimi bambini potrebbero morire da un giorno all'altro in maniera vergognosa per la fame e per la mancanza di viveri di prima necessità come il latte artificiale e integratori alimentari. "E' un massacro pianificato contro i neonati" dicono le madri che fanno quello che possono e le carezze ormai non bastano più.
DAZI, E' ANCORA UNA GRANDE
PARTITA AD OSTACOLI, TRUMP:
PROBABILITA' ACCORDO DEL 50%
VON DER LEYEN E PRESIDENTE USA
SI INCONTRERANNO IN SCOZIA PER
CHIUDERE LA GUERRA COMMERCIALE
di Augusto Maccioni
(25-7-2025) Un accordo commerciale è ancora possibile tra Bruxelles e Washington? A sentire il presidente Donald Trump la situazione è ancora in salita non fosse altro perché, in partenza per la Scozia dove inaugurerà alcuni campi da golf di sua proprietà, le "possibilità sono al 50%" prima della scadenza del 1° agosto, giorno fissato da Trump per iniziare a imporre dazi del 30% sulle importazioni europee. Per cercare di trovare un accordo possibile, che non è affatto facile e non è per niente dietro l'angolo, Trump e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto dal web/Social) si incontreranno domenica 27 luglio in Scozia per "discutere delle relazioni commerciali transatlantiche e di come mantenerle solide". E' l'ultimo tentativo per spegnere una guerra commerciale che non conviene a nessuno, soprattutto tra alleati. E' chiaro che il presidente degli Stati Uniti giochi al rialzo ma molti suggeriscono che alla fine ci sarà una crescente fiducia che si faccia un accordo con l'Europa. I negoziatori americani insistono sul fatto che l'accordo potrebbe essere stato raggiunto, ma deve ancora essere approvato da Trump che chiede di più all'Europa al pari del Giappone che ha siglato nei giorni scorsi l'accordo sui dazi con gli Usa in base al quale i prodotti giapponesi saranno soggetti a una tariffa del 15% inferiori al 25% che Trump aveva dichiarato di voler applicare a partire dal 1° agosto. Non solo: Trump ha ricordato che il Giappone ha anche accettato di investire 550 miliardi di dollari negli Stati Uniti e di aumentare gli acquisti di importazioni americane in settori come l'agricoltura, decisamente protetto nel paese asiatico. Trump si aspetta dall'Ue una soluzione tipo Giappone e nel quadro negoziale, tutto ancora da verificare, potrebbe includere le esportazioni di automobili in questa tariffa generale inferiore a quella attuale del 27,5%, non sarebbero inclusi alluminio e acciaio che hanno una tariffa pari al 50%. Forse sarebbero previste esezioni su alcuni alcolici e settore aeronautico. C'è comunque molto ottimismo ma è ancora una grande partita ad ostacoli.
RUSSIA, PIANO DA 1.000 MILIARDI
DI DOLLARI IN VISTA DI UNA
GUERRA SU VASTA SCALA
NUOVO NEGOZIATO UCRAINA-RUSSIA
IN TURCHIA: "NON CI SARANNO
PROGRESSI MIRACOLOSI"
di Augusto Maccioni
(22-7-2025) E' il giorno del terzo negoziato diplomatico tra Ucraina e Russia, le due delegazioni si incontreranno in Turchia. Gli obiettivi del presidente Volodymyr Zelensky sono stati già delinieati col ritorno dei prigionieri di guerra, il rientro dei bambini rapiti dalla Russia e anche la preparazione di un incontro tra i leader. L'interesse del Cremlino per la conclusione della guerra e la conseguente pace, ruota attorno al ritiro delle truppe ucraine dalle province di Donetsk, Luhansk, Zaporizhia e Kherson, oltre al riconoscimento della Crimea come parte della Russia. Non solo: Mosca ha chiesto anche la cessazione degli aiuti militari occidentali a Kiev e il ritiro formale dell'Ucraina dalla Nato. Condizioni inaccettabili per Kiev che chiede di mettere sul tavola la situazione attuale e ragionare in prospettiva senza trascinare la trattativa sul passato. Di importanza vitale sarà quasi certamente l'incontro tra Putin e Zelensky a settembre, prima del termine dell'ultimatum di Donald Trump concesso al presidente russo, di 50 giorni, per arrivare alla pace con Kiev. I primi colloqui diretti tra Russia e Ucraina si sono svolti lo scorso maggio, dopo tre anni senza contatti pubblici. La seconda fase all'inizio di giugno, incontro durato appena 60 minuti con l'accordo di scambio di prigionieri di guerra e la restituzione delle salme di entrambe le parti. Questo terzo negoziato, sempre in Turchia, si svolgerà senza troppe ambizioni e con scarse possibilità di successo. Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov è stato chiaro: "Non ci saranno progressi miracolosi e praticamente impossibile arrivare a conclusioni positive" cioè trovare un accordo di pace. Intanto si susseguono quotidianamente gli attacchi aerei tra Ucraina e Russia. I droni russi hanno colpito le strutture della compagnia statale Naftogaz, ma ci sono state anche attentati sul suolo russo, soprattutto nella regione di Samara dove l'obiettivo principale era la Novokuybyshevsk Petrochemical Company, che fa parte della catena di produzione di esplosivi. Intanto Putin pensa alla spallata finale prima di sedersi al tavolo delle trattative a settembre con Zelensky molto probabilmente a Pechino, e prevede di stanziare entro il 2036 mille miliardi di dollari. Sarà una "mobilitazione totale" per prepararsi a una futura guerra su larga scala, pensando ovviamente all'Unione Europea. Tra gli obiettivi c'è anche quella di rafforzare la presenza russa in Africa con le forze Wagne e African Corps, sostenere i regimi autoritari e le organizzazioni terroristiche in tutto il mondo. Non solo: Putin sta conducendo in maniera esclusiva attacchi informatici e ibride in molti Paesi utilizzando influencer e media cercando di interferire nei processi democratici.
INTERVISTA A FRANCESCO CESARE
CASULA, GRANDE STORICO E
ACCADEMICO ITALIANO
SINORA CI HANNO RACCONTATO UNA
STORIA SBAGLIATA. ECCO PERCHE' L'ITALIA
E' NATA IN SARDEGNA NEL 1324
di Augusto Maccioni
(19-7-2025) Mi accoglie al CNR, a Cagliari all'angolo tra via Tuveri e Largo Patrizio Gennari, con un sorriso e tanto entusiasmo, come un ragazzino aperto al mondo e proteso a nuove conoscenze. L'incontro è con Francesco Cesare Casula (a sinistra con Augusto Maccioni), storico e accademico italiano, specializzato in storia medievale e moderna, un gigante sulla storia della Sardegna che ha fatto conoscere a oltre tre generazioni, pubblicando 40 libri e numerosi saggi e articoli sull'isola e le sue origini , con focus sulla continuità giuridica tra il Regno di Sardegna e lo Stato italiano. Un dato importante è che il noto medievista e studioso di storia sarda ha spento 92 candeline, un traguardo meritevole di attenzione perché Casula non ha mai smesso di divulgare, attraverso i suoi libri
e articoli, il ruolo della Sardegna nella costruzione dell'Italia, sottolineando che il titolo regio sardo fu essenziale per l'unificazione, criticando di fatto la storiografia tradizionale che tende a minimizzare il ruolo della Sardegna. Per capire meglio e approfondire questo legame, Casula ha utilizzato la metafora della "pentola e del contenuto", che offre una lettura coinvolgente e decisamente comprensibile, oltre ad essere originale, per comprendere l'evoluzione degli Stati e delle nazioni nel corso dei secoli ed è efficace per analizzare la storia della Sardegna. Entriamo nel vivo della discussione, appassionante quanto complessa, ma che il professore riesce sempre a dare un senso compiuto alle sue argomentazioni sempre lineari e senza stravolgere la storia. Secondo Casula lo Stato può essere visto come una "pentola", una struttura istituzionale, mentre il popolo e la sua cultura rappresentano il "contenuto". La "pentola" può cambiare forma, persino frantumarsi, ma il "contenuto", cioè identità storica, linguistica e culturale di un popolo, può sopravvivere e adattarsi a nuovi "contenitori". Vediamo "pentola" e "contenuto" sulla Sardegna: nel corso dei secoli il "contenuto" è cambiato più volte con l'avvicendarsi di diverse dominazioni, dai Romani ai Bizantini, ma anche dagli aragonesi e dai piemontesi, ma il "contenuto", cioè la cultura sarda, ha resistito, adattandosi alla "pentola" senza mai perdere la sua essenza. Applicandolo all'evoluzione degli Stati moderni, le nazioni, secondo Casula, non sono entità statiche ma dinamiche. C'è l'esempio del Regno di Sardegna: nato nel 1324 come Stato catalano-aragonese, divenne poi sabaudo e successivamente strumento per l'unificazione italiana. La "pentola" è mutata radicalmente, ma il "contenuto", cioè in questo caso l'identità sarda, continuava a esistere. Secondo l'adagio: "Gli Stati passano, i popoli restano" tenendo conto quindi, nonostante le trasformazioni geopolitiche e in un'epoca dove gli Stati nazionali entrano in crisi, che gli Stati come strutture politiche sono transitorie, mentre le identità collettive resistono attraverso la cultura, la lingua e la memoria storica. Ecco di seguito l'intervista all'accademico, scrittore e giornalista Francesco Cesare Casula.
DOMANDA: Professore, qual è la sua filosofia storica - chiamata "Dottrina della Statualità" - secondo la quale l'attuale Stato italiano ha avuto origine in Sardegna?
RISPOSTA: Innanzitutto, per capirci, bisogna rifarsi al Diritto istituzionale e costituzionale ed applicarlo alla Storia. Uno Stato, fin da quando esiste l'uomo, è formato da uno o più popoli, stanziati in un determinato territorio anche non contiguo, tutti legati da uno stesso vincolo giuridico, osservanti tutti le stesse leggi. Ogni Stato ha una data di nascita, anche se a volte non si conosce perché perduta nel tempo. E ogni Stato ha i suoi caratteri distintivi che lo identificano: la sua forma costituzionale (monarchia o repubblica), il suo nome (per esempio: Regno di Spagna, Repubblica francese, Sultanato di Oman, ecc.). Ha la sua bandiera, le sue divise militari, i suoi emblemi, i suoi inni, ecc. Tutti questi caratteri distintivi possono mutare senza che lo Stato ne soffra in quanto istituzione di base permanente (muore soltanto se per guerra o altro muta la sua condizione giuridica da assoluta a derivata). Forti della conoscenza di questi semplici elementi giuridici ci chiediamo ora: quando è nato, dove è nato e qual è lo sviluppo storico dello Stato di cui attualmente siamo tutti cittadini con tanto di documenti che lo dimostrano (passaporto, carta d'identità, codice fiscale, tessera sanitaria, ecc.). So benissimo che la storiografia peninsulare, per convenienza e prestigio, afferma che il nostro Stato è nato il 17 marzo 1861 allorquando, dopo le guerre risorgimentali, ha preso "ex abrupto" (= senza alcuna legge parlamentare che lo stabilisca) il nome di Regno d'Italia e che di conseguenza ha fatto proprio tutto il passato storico, artistico, letterario e sociale degli Stati dello Stivale annessi (è come se un cuoco al suo minestrone aggiunga i minestroni di tutte le pentole che ha a disposizione in cucina e lo faccia passare come un grande e saporito minestrone cotto da lui).
Invece, le cose scientificamente non stanno così
D.: Secondo lei, come stanno le cose? E cosa c'entra la Sardegna con tutto questo?
R.: La domenica del 17 marzo 1861 lo Stato ha solo cambiato il nome da Regno di Sardegna in Regno d'Italia ma non ha cambiato con ciò la sua essenza istituzionale, la sua realtà vitale (tant'è che la Gazzetta ufficiale continuò ad essere pubblicata con la numerazione progressiva statale sarda). Eppure, basterebbe risalire all'indietro nel tempo usando il titolo e il nome, cosa che la storiografia italiana non fa, per convenienza e tornaconto: Repubblica Italiana dal 2 giugno 1946, Regno d'Italia dal 17 marzo 1861, Regno di Sardegna dal…. e, qui, tutto si ferma; anche il Diritto che recita: "L'attuale Stato italiano non è altro che l'antico Regno di Sardegna ampliato nei suoi confini" (Balladore Paglieri). Ma non dice quando e dove si è formato lo Stato chiamato Regno di Sardegna. Eppure lo troviamo in tutti i documenti archivistici, iconografici e storici del Settecento, del Seicento, dal Cinquecento, del Quattrocento, del Trecento, fino al 19 giugno 1324 quando sul colle di Bonaria e Cagliari (foto dal web/social) fu firmato l'atto di pace fra la Repubblica di Pisa e la Corona d'Aragona in guerra fra loro per ragioni economiche e strategiche, e i territori coloniali pisani di Cagliari e Gallura passarono ai Catalano-Aragonesi che li elessero a Stato (con tutti gli attributi statali) e lo unirono a parità di condizione a tutti gli altri Stati iberici in unione reale (Regno d'Aragona, Regno di Valenza, Principato di Catalogna). E tale rimase fino al 1720 quando, al termine della guerra di Successione spagnola, il Regno di Sardegna entrò in area italiana unendosi al Principato di Piemonte, al Ducato di Savoia e alla Contea di Nizza. Tutto il complesso si chiamò Regno di Sardegna il quale dal 1848 al 1861 si annetté tutti i sei Stati della Penisola(Regno lombardo-veneto, Ducato di Parma e Piacenza, Ducato di Modena e Reggio, Granducato di Toscana, Regno delle Due Sicilie, Stato della Chiesa)e fece l'unità d'Italia. Questa, in breve, è la nascita e la storia dello Stato oggi detto italiano. (foto sotto: Francesco Cesare Casula)
D.: Qual è la morale politica di tutto questo discorso? Siamo solo al dettaglio storico e a qualche fondamento di base sconosciuto per ragioni di ignoranza del passato o per vergogna di umiltà d'origini?
R.: Ai connazionali continentali discendere dalla Sardegna e dover tutta la propria esistenza sociale ad un'isola lontana, marginata e ritenuta semiselvaggia fa venire la pelle d'oca, suscita la repulsione più assoluta. Quindi? Si son detti: inventiamoci un'unità d'Italia "ad hoc" a partire da Romolo e Remo in giù e al diavolo la scienza!
D.: Professore, e tutto il resto della Storia sarda?
R.: Tutto il resto della Storia sarda dal Paleolitico fino al 1324 resta inalterato, purché inserito nella "Dottrina della Statualità" (cito i regni giudicali, la Sardegna romana-bizantina, la Sardegna fenicio-punica, la Sardegna nuragica e prenuragica); senza mai ricorrere alla mitopoiesi come fanno molti storici dilettanti locali.
D.: E la Nazione sarda, tanto cara ai sardisti culturali?
R.: Anche io sono un sardista culturale, ma sono pure uno storico di professione, e non mi lascio prendere dalle passioni. La Nazione non è un concetto giuridico come lo Stato e non ha niente di scientifico. La Nazione è un sentimento collettivo, un "idem sentire" di comunanza di storia, lingua, tradizioni, religione e modi di vita associativi. Una persona è vincolata per nascita ad essere il prodotto di uno Stato, anche se poi cambia di cittadinanza, di fisico, di comportamento; ma non è obbligata a seguire una nazionalità (io ho due figli che vivono fuori dall'isola fin da giovanissimi, che non si sentono di nazione sarda pur essendo nati a Cagliari). Che la Sardegna col passare dei secoli sia diventata una Nazione non c'è dubbio: ha una propria storia, una propria lingua (proveniente dal tardo latino in forma bifida logudorese e campidanese con apporti catalani, spagnoli e italiani) e ha proprie musiche, propri costumi e balli antichi e originalissimi, ha modi di vita diversi dalla Nazione italiana (la quale ancora si sta formando dopo il 1861 e che è messa in crisi dall'arrivo di migranti di nazionalità diversa) di cui la nostra Nazione sarda fa parte in forma di etnia distinguendosi chiaramenteda quella peninsulare in tutte le sue espressioni.
Fino al 17 marzo 1861 tutta l'Italia era Sardegna e tutti gli Italiani erano Sardi
D.: Nel suo libro "Italia: il grande inganno (1861-2011)" critica la narrazione unitaria italiana. Quali sono secondo lei gli errori più gravi nella storiografia tradizionale sulla Sardegna?
R.: Nel mio libro "Italia: il grande inganno" ho denunciato la costruzione di una narrazione storica italianista artificiosa, che emargina le identità regionali, in particolare quella sarda. La storiografia tradizionale peninsulare ha commesso diversi errori fondamentali nella rappresentazione della Sardegna, spesso ridotta a una periferia passiva o a un mero oggetto di conquista. Questa revisione non è anti-italiana ma anti-colonialista con l'obiettivo di restituire alla Sardegna il ruolo di protagonista nella Storia, anziché vittima di un destino imposto da Torino o Roma.
D.: Più volte ha denunciato la mancanza della Storia sarda nei programmi scolastici, nonostante il ruolo cruciale del Regno di Sardegna nella formazione dello Stato. Che fare per rimediare a questi "errori", cosa potrebbe fare la Regione della Sardegna e chi ha volontà e potere per rimettere la Storia di Sardegna nella giusta posizione?
R.: L'assenza della Storia sarda nei programmi scolastici non è un semplice "vuoto culturale" ma un atto di supremazia culturale che ha distorto la percezione dell'identità nazionale. C'è la possibilità di correggere questo vuoto con azioni concrete come ad esempio inserire la Storia sarda come materia obbligatoria nelle scuole dell'isola, dalle primarie alle superiori, con programmi precisi. Poi, finanziare corsi di formazione per insegnati e potenziare, rendendolo al passo con i nostri tempi,l'istituto universitario di Storia sarda. È importante, e non impossibile, che i programmi ministeriali includano la Sardegna non come "appendice" ma come studio centrale con focus al periodo del Regno di Sardegna come matrice dell'unità d'Italia. La lingua sarda, poi, deve essere riconosciuta a tutti gli effetti lingua storica e non relegarla al folclore. Ruolo importante dovrà avere la Regione sarda che ha il potere legale per agire sulla scuola locale e finanziare progetti. Non si tratta di regionalismo ma di esigenza sociale che non si può tralasciare. Del resto, se la Sicilia è riuscita a far riconoscere la sua storia, dai Normanni alla Costituzione del 1812,non si capisce come mai la Regione sarda e le varie istituzioni non possano fare altrettanto per laSardegna che ha un passato molto più importante nella formazione dello Stato che ci regge.
D.: Lei si definisce un "provocatore" intellettuale, con l'obiettivo di "cambiare la testa ai sardi" trasformandoli da sudditi passivi a cittadini consapevoli del loro passato glorioso.
R.: Lo ammetto, sono un provocatore culturale, e il mio obiettivo non è distruggere ma risvegliare i Sardi che per secoli si sono adeguati come sudditi, prima degli Aragonesi poi dei Savoia e poi di un Governo italiano peninsulare. I Sardi devono "cambiare testa" nel senso che la Scuola italiana ha sempre insegnato ai Sardi che la loro storia è marginale e minoritaria mentre è centrale per comprendere la vera nostra Storia, il passato fino alla Repubblica Italiana.
D.: Prof. Casula, Lei ha avuto anche un grande impegno politico e fu amico e consulente culturale del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Può raccontarci di quell'incarico rischioso in Romania nel 1989 quando incontrò, per conto di Cossiga e del ministro Giulio Andreotti, il dittatore Ceausescu?
R.: Ah, la missione in Romania del 1989 è un capitolo molto particolare della mia vita che pochi conoscono. Ero consigliere culturale del Presidente della Repubblica, e ambasciatore "volante" (senza ufficialità) con contatti in mezza Europa. Quando Cossiga mi chiese di incontrare Ceausescu sapevo che sarebbe stato un viaggio pericoloso, ma accettai per dovere istituzionale e per una personale sfida del rischio. La Romania era in piena rivoluzione col suo Presidente accerchiato dalle proteste di piazza,e l'Italia voleva capire se il dittatore avesse ancora margini di manovra. Cossiga e Andreotti mi inviarono come canale informale stante i miei legami con gli ambienti accademici romeni. Lo incontrai nel suo palazzo di Bucarest, pochi mesi prima che lo fucilassero: era un uomo in declino,ma convinto di poter reprimere la rivolta. Gli dissi che l'Occidente lo avrebbe abbandonato ma lui rise: "La Romania è mia, e nessuno me la toglierà". Dopo l'incontro riuscii a rientrare in Italia solo grazie a un volo diplomatico organizzato da Andreotti, se fossi rimasto un giorno in più forse avrei potuto fare la stessa fine del dittatore.
D.: Lei è stato, oltre che negli Stati Uniti come "observer" presso l'OSA, anche in Spagna sempre per incarico del Presidente della Repubblica. Può raccontarci il motivo?
R.; Era la fine degli anni '80 e la missione in Spagna era legata a due questioni fondamentali: la memoria storica del dominio aragonese-spagnolo in Sardegna e il ruolo dell'Isola nel contesto mediterraneo durante la Guerra Fredda. Era un incarico di Cossiga molto delicato e strategicamente rilevante non solo per ragioni culturali, ma anche per ridare peso geopolitico all'isola in un'Europa che stava cambiando. L'obiettivo, per Cossiga, da sardo e da statista, era quello di riallacciare i legami tra la Sardegna e la Spagna: recuperare documenti storici negli archivi di Barcellona e di Madrid dove ci sono migliaia di carte inedite sui Parlamenti sardi sotto la Corona d'Aragona con le prove dell'autonomia politica dell'isola prima dell'arrivo dei Savoia. Documenti che Cossiga voleva che fossero studiati e divulgati per riscrivere la Storia ufficiale anche perché il presidente della Repubblica sognava una collaborazione tra Sardegna, Catalogna e Paesi Baschi. C'era anche l'idea audace di far riconoscere la Sardegna come Nazione culturale prima che l'UE si allargasse a Est. Durante la Guerra Fredda la Sardegna era un avamposto della Nato, ma Cossiga voleva bilanciare l'influenza Usa sulla la Spagna. La missione era delicata anche perché Roma non approvava temendo un risveglio autonomista sardo e quindi anche i miei viaggi erano considerati sospetti e solo Andreotti mi coprì: "Casula, non esageri con i sogni di gloria!" e pure la Cia si era mossa per capire i miei movimenti anche se gli Americani mi "consideravano un nazionalistico romantico ma non pericoloso". Dalle carte che ho potuto recuperare e studiare, la Sardegna non fu mai una semplice colonia spagnola ma un Regno con Parlamenti e leggi proprie, per questo motivo Cossiga voleva usare quella storia per chiedere maggiore autonomia per l'isola, ma la sua uscita di scena nel '92 non si concretizzò.
LA RUSSIA METTE A FRUTTO I 50 GIORNI
CONCESSI DA TRUMP PER CONTINUARE
A BOMBARDARE L'UCRAINA
NUOVA ALLEANZA STRATEGICA
FRANCIA-GERMANIA E REGNO
UNITO CONTRO LA MINACCIA RUSSA
di Augusto Maccioni
(17-7-2025) L 'ultimatum di Donald Trump consente alla Russia di mettere a frutto i 50 giorni di grazia concessi a Vladimir Putin che continua la sua avanzata militare in Ucraina (foto dal web/Social). Indisturbato e senza che il presidente ucraino abbia le armi necessarie per reagire e colpire in profondità, Putin sta mettendo in atto la spallata definitiva per la conquista del Donbass e qualche altra regione ucraina prima dell'eventuale cessate il fuoco. Le buone notizie per Putin non mancano: è stato graziato da Trump per 50 giorni mentre ci sono ritardi "di settimane" di consegne promesse a Kiev di missili Patriot per le difese aeree contro i bombardamenti russi. Non solo attacchi russi sull'Ucraina ma anche viceversa questa volta attacchi di droni ucraini contro il territorio della Federazione nella notte tra mercoledi 16 e giovedi 17 luglio, diversi intercettati altri andati a buon fine con morti e molti feriti. Intanto si sta facendo strada un altro possibile "mega accordo" con gli Stati Uniti relativamente agli armamenti. Secondo il giornale New York Post si tratterebbe di un massiccio acquisto da parte di Washington di droni ucraini testati sul campo di battaglia in cambio di armi specifici dagli Usa. Intanto il momento di incertezza su Trump e Putin consente a Germania e Regno Unito di siglare un'alleanza di difesa reciproca. In Europa si stanno accelerando alleanze e priorità di riarmo. Una settimana prima Parigi e Londra hanno rafforzato i legami militari, adesso è il turno della Germania secondo una nuova regola che porta a "assistersi a vicenda, anche con mezzi militari in caso di attacco armato contro l'altro". In effetti esiste già la clausola di difesa collettiva con la Nato, ma la nuova alleanza strategica rafforza la cooperazione tra le due industrie militari tra Londra e Berlino contro un eventuale attacco russo.
L'ULTIMATUM DI TRUMP A PUTIN "E'
TARDIVO E FORSE IMPRATICABILE"
LA GERMANIA E' IL PRIMO PAESE
AD ACQUISTARE MISSILI PATRIOT PER L'UCRAINA
di Augusto Maccioni
(15-7-2025) L'ultimatum di Donald Trump alla Russia era nell'aria anche se per molti appare tardivo e forse impraticabile. Si da il caso che i rapporti tra il presidente degli Stati Uniti e Vladimir Putin (foto dal web/Social) recentemente si siano deteriorati a causa della scarsa collaborazione da parte del presidente russo a cercare la pace e far tacere le armi in Ucraina. Per questo motivo lunedi 14 luglio Trump ha promesso dazi secondari fino al 100% sulla Russia se non si raggiungerà un accordo con l'Ucraina entro 50 giorni. L'annuncio del presidente degli Stati Uniti è ancora una volta una delusione per chi sperava in una decisione più muscolare invece Trump sta concedendo al presidente russo tempo extra ("Non sono pronto a rompere con Putin"), non due settimane ma 50 giorni, un lasso di tempo interminabile che consentirà a Putin di fare quello che vuole in Ucraina e anche di non prendere sul serio nessuna scadenza avendo capito che mai gli Stati Uniti metteranno in atto sanzioni anzi permetteranno a Putin di completare i suoi obiettivi militari a est, come del resto ha affermato nell'ultima telefonata con Trump. Del resto i rapporti commerciali tra le due economie sono minime, ma le sanzioni "secondarie" delle quali fa riferimento Trump nel caso la Russia non dovesse adempiere al cessate il fuoco, si riferiscono a quei paesi che commerciano con la Russia in settori vitali come il petrolio, tra cui la Cina, e il gas. Trump qualche giorno prima aveva fatto capire che ci sarebbe stato un annuncio importante che poteva riguardare in positivo l'Ucraina, ma nulla è successo, ripiegando su un altro annuncio che lascia molte scappatoie per Putin che continua a massacrare il popolo ucraino che da due mesi subisce un costante e distruttivo bombardamento aereo, con missili balistici e droni. Per il momento la notizia migliore per l'Ucraina è che la Casa Bianca si impegna a continuare a fornire aiuti essenziali con le armi che l'Ucraina chiede per difendersi dalla Russia: "noi invieremo le armi e l'Europa le pagherà". Trump ha anche confermato l'invio dei tanto attesi missili Patriot. E mentre la guerra in Ucraina va avanti, è il 1.237° giorno, l'Ucraina ha chiesto all'amministrazione statunitense missili a lungo raggio che Trump non intende fornire "per timore di un loro utilizzo sconsiderato". La Nato ha confermato che coordinera la consegna di armi via missione a Kiev e i suoi alleati europei e il Canada assumeranno il ruolo di finanziamento primario. Al momento Germania, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi, Svezia, Regno Unito, Canada e Finlandia hanno promesso sostegno all'iniziativa. Sarà comunque la Germania il primo Paese della Nato ad acquistare da Trump missili Patriot da inviare in Ucraina. Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius è a Washington per acquistare due sistemi di difesa aerea Patriot per un valore di circa 2 miliardi di euro che graveranno dalle casse pubbliche tedesche. Acquistandoli dagli Stati Uniti si accellera significativamente i tempi di consegna altrimenti il trasferimento può impiegare mesi, e questo non può essere consentito per una difesa immediata da parte dell'Ucraina. Pistorius intende acquistare anche l'arma di precisione a lungo raggio Typhon come deterrente, un sistema di 2mila chilometri di gittata che consentirà a Berlino di colpire il territorio russo qualora Mosca lanciasse un attacco alla Germania.
A WIMBLEDON IL TRONO
NON E' PIU' VACANTE
UMILIATO ALCARAZ, ADESSO
E' SINNER IL RE DA BATTERE
di Augusto Maccioni
(14-7-2025) Wimbledon non è più una meta irraggiungibile, un sogno lontano, ormai è terra azzurra. Sinner (foto dal web/Social) ha vinto il suo primo Wimbledon battendo per la seconda volta Alcaraz sull'erba, una partita che sembrava un torneo maledetto che nessun italiano poteva vincere, così è stato nelle 137 precedenti edizioni del torneo londinese, un sogno difficile da realizzare perché molti fattori mettevano a repentaglio il risultato finale. Jannik a testa alta è riuscito a dettare la sua legge, a riempire il vuoto che aveva nella sua storia di campione e a realizzare quel sogno che tutti accarezzano e che lui, battendo il campione spagnolo, ha visto arrivare con lo splendore immenso di una vittoria cercata e raggiunta fino alla fine. Trentacinque giorni prima agli Open di Francia c'era un altro Sinner, più umano che cercava l'urlo della grande prestazione, il colpo decisivo per vincere e andare avanti. Non aveva i favori giusti, la strada era discontinua e tutto remava contro di lui. Come se c'era un lato oscuro che metteva in discussione tutto. Era necessario voltare pagina, cambiare radicalmente tutto, riprendere il gioco dalle cose positive esorcizzando gli errori fino a renderli risorse al servizio completo della forza e della grande prestazione. Si è liberato dalle lacrime e dalla rabbia perché è riuscito a capire che la sconfitta del Roland Garros ha determinato solo una tappa della vita del campione ma non è riuscita a piegare la caratura di un asso del tennis. Una vicenda cha ha fatto malissimo ma che ha contribuito a dargli una mossa lasciandolo in piedi e a guardare avanti, avendo sogni ancora da realizzare. Guardando la sua magnifica prestazione contro Alcaraz abbiamo apprezzato il salto di qualità di Parigi, quella sconfitta ormai era definitivamente alle spalle, e guardava al campione spagnolo con una sfida diretta, senza sfumature e senza paura. Per la prima volta Alcaraz non era un incubo, ma un avversario da battere, alla sua portata anche se era contro un grande campione. Questa volta a Wimbledon il re era in campo, un Sinner senza freni e proteso a vincere a tutti i costi. Nel terzo set Alcaraz ha visto giusto: "Sinner è migliore di me in tutto, è molto più forte di me". Era l'accettazione della realtà per spiegare la vittoria finale del campione italiano.
LA GUERRA COMMERCIALE DI TRUMP:
PUNISCE L'UE CON DAZI DEL 30%,
ALIQUOTA KILLER MOLTO PIU'
ALTA DEL PREVISTO
di Augusto Maccioni
(12-7-2025) Donald Trump (foto dal web/Social) ha deciso: "Dazi del 30% sull'Unione Europea dal 1° agosto". La minaccia del presidente degli Stati Uniti era prevista anche se non di questa portata che è fuori da ogni schema e pone problemi seri per l'economia dell'Europa e forse potrebbe inclinare l'alleanza con gli Usa. In una lettera alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, Trump ha annunciato che "a partire dal 1° agosto 2025 applicheremo all'Ue una tariffa pari solo al 30% sui prodotti spediti negli Stati Uniti, oltre a tutte le tariffe settoriali". C'è stata la prima risposta della Commissaria Ue sui social: "Un dazio del 30% sulle esportazioni dell'Ue danneggerebbe le imprese e i consumatori su entrambe le sponde dell'Atlantico". Von der Leyen intensificherà negoziati con gli Usa per arrivare a un compromesso e se non dovessero dare frutti "siamo pronti a salvaguardare gli interessi dell'Ue attraverso contromisure proporzionate". Gli Stati Uniti stanno di fatto dichiarando guerra commerciale su vasta scala al suo alleato più collaudato, un'azione sproporzionata che l'Europa non merita per l'amicizia e la collaborazione che i due Paesi hanno dal dopoguerra in poi. Dopo la stangata è il momento di non farsi prendere dal panico e ragionare su come rivedere quest'aliquota killer. Saranno necessari intensi negoziati sulle relazioni commerciali tra Ue e Usa per arrivare a un accordo soddisfacente che non ponga problemi sull'alleanza politica e strategica, e molto si deve lavorare per non inclinare i rapporti geopolitici dei due Paesi. Trump è stato chiaro e ha avvertito l'Ue che "se per qualsiasi motivo decideste di aumentare la tariffe e di reagire, l'importo che sceglierete di aumentare verrà aggiunto al 30%". Lunedi 14 luglio è prevista una riunione dei ministri degli Esteri europei con focus sul commercio estero e lo stato dei negoziati con Washington. Le pressioni dei 27 paesi europei sono contrastanti: la Germania sollecita un accordo rapido per proteggere la sua industria, altri, come la Francia, affermano di non cedere a un accordo unilaterale alle condizioni degli Stati Uniti, mentre l'Italia "continua a seguire con grande attenzione lo sviluppo dei negoziati in corso tra Unione europea e Stati Uniti, sostenendo pienamente gli sforzi della Commissione europea che verranno intensificati ulteriormete nei prossimi giorni". Palazzo Chigi, inoltre, precisa che "non avrebbe alcun senso innescare uno scontro commerciale tra le due sponde dell'Atlantico ed è fondamentale rimanere focalizzati sui negoziati". La nuova tariffa Usa è di fatto 10 punti percentuali in più rispetto a quanto promesso ad aprile con i cosiddetti dazi "reciproci". E' anche chiaro che la minaccia del 30% è indipendente dagli altri dazi imposti . Mercoledi è entrato in vigore un nuovo dazio: il 50% sul rame, sempre previsto per il 1° agosto, mentre potrebbe concretizzarsi un'altra minaccia di dazi del 200% sui prodotti farmaceutici, un'altra ossessione di Trump. Il tempo comunque stringe e i 20 giorni alla scadenza dovranno essere utili per cercare un accordo onorevole che vada bene agli Usa come all'Ue per evitare che il rapporto tra i due sia "sbilanciato" o "asimmetrico" e ciò potrebbe umiliare ancora di più l'Europa.
L'UE LANCIA UN FONDO DI INVESTIMENTI
PER L'UCRAINA. MELONI A ZELENSKY:
IMPEGNI PER 10 MILIARDI
INCONTRO RUBIO-LAVROV: NUOVA IDEA
PER KIEV (IL PAESE SARA' DIVISO IN DUE?)
di Augusto Maccioni
(10-7-2025) Ancora prove di distensione per arrivare alla tregua tra Stati Uniti e Russia. Lo scenario questa volta è la Malesia che ha ospitato l'incontro tra il Segretario di Stato americano Marco Rubio e il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov pochi giorni dopo che il presidente Donald Trump aveva inasprito la sua posizione contro la Russia. Anche quest'incontro non ha avuto esito positivo, soprattutto perché la Russia non ha nessun interesse a interrompere la guerra in Ucraina, una partita militare che vuole vincere a tutti i costi per rimarcare la propria supremazia e la sua forza sul campo. Rubio è stato chiaro incontrando il diplomatico russo al vertice dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) a Kuala Lumpur (capitale della Malesia) chiedendo all'avversario una tabella di marcia per procedere nella risoluzione del conflitto in Ucraina. L'incontro di oltre 50 minuti non ha sortito progressi nonostante Trump aveva promesso di porre fine alla guerra in Ucraina "entro 24 ore" prima di insediarsi alla Casa Bianca. Sei mesi dopo, comunque, non c'è traccia di tregua anzi l'esercito russo continua a intensificare i bombardamenti sulle città ucraine, l'ultimo giovedi 10 luglio, con l'obiettivo di raggiungere la resa totale dell'Ucraina. L'ultima posizione del presidente degli Stati Uniti nei confronti dell'amico-rivale Putin potrebbe cambiare lo scenario della guerra, soprattutto perché Trump sembra sempre più convinto che il presidente russo "sta uccidendo troppe persone" e non ha "nessuna intenzione di arrivare alla tregua". Insomma: Putin ha deluso Trump e per questo motivo è necessario rimettere le cose a posto e individuare una strada percorribile per arrivare al cessate il fuoco. Per questo motivo Trump ha ripreso l'invio di armi e tecnologia verso l'Ucraina e, per la prima volta, sta collaborando con l'Unione Europea per costringere la Russia alla tregua. L'impegno diplomatico continua ad esserci, ma è la forza che determina vantaggi verso soluzioni pacifiche in questa situazione assurda di conflitto. Rubio ha ribadito con determinazione, al suo rivale Lavrov, che Trump è deluso e frustrato per la mancanza di maggiore flessibilità da parte russa nel porre fine a questo conflitto e se la guerra dovesse continuare gli Stati Uniti saranno obbligati a imporre sanzioni più severe contro la Russia. Lavrov ha un'idea per il cessate il fuoco (Ucraina divisa in due?) forse un modo come un altro per allungare i tempi. Il Cremlino non sembra preoccupato delle affermazioni contraddittorie di Trump tra le sue dichiarazioni e le sue azioni, questa volta però le cose potrebbero cambiare soprattutto perché gli Stati Uniti stanno facendo squadra con l'Unione Europea sempre più decisa a rafforzare la loro posizione politica-economica-militare e strategica a favore dell'Ucraina contro la Russia. E questa nuova situazione, sempre più chiara e decisa a tutti i livelli, potrebbe fare la differenza per le mosse future che quasi certamente non contemplano affatto la facile vittoria di Putin sull'Ucraina. L'Unione Europea si sta muovendo a tappe per raggiungere i propri obiettivi e non sempre le procedure e le diversità di opinione al suo interno facilitano conclusioni positive. A Roma la Conferenza di 100 delegazioni governative e 40 organizzazioni hanno concretizzato un "programma europeo di ricostruzione per l'Ucraina" prevedendo un investimento iniziale di 220 milioni di euro, anche se sul tavolo il vertice ha anche annunciato nuovi accordi di finanziamento per l'Ucraina per un totale di 10 miliardi di euro. Per le esigenze reali la Banca Mondiale stima che ne occorrono 500 miliardi. E' il piano Marshall per l'Ucraina come quello che ha ricostruito l'Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale. Non solo sostegno economico ma anche ulteriori sanzioni economiche, nei settori energetico, finanziario e tecnologico russo, per aumentare la pressione su Mosca perché apra al cessate il fuoco. Significativa, ha detto la premier italiana Giorgia Meloni (con Zelensky, foto dal web/Social), la presenza del generale Keith Kellogg, inviato da Trump, all'incontro. C'è anche la strategia degli Stati "volenterosi", in capo alla Francia e al Regno Unito, che, come gli altri Stati dell'Unione, hanno confermato il loro sostegno a Kiev, ma hanno anche assunto un'altra missione militare postbellica con un piano peacekeeping in Ucraina.
TRUMP INASPRISCE I TONI CONTRO PUTIN:
STA UCCIDENDO TROPPE PERSONE
IL PRESIDENTE USA: PENSO A SANZIONI
E PROMETTE NUOVI PATRIOT PER KIEV
di Augusto Maccioni
(8-7-2025) Ormai siamo abituati agli annunci di Donald Trump. Questa volta ha detto che riprenderà le spedizioni di armi all'Ucraina dopo che le aveva annullate la scorsa settimana. "Era una decisione del Pentagono", ha detto, mentre adesso vuole dare nuovamente ossigeno all'Ucraina impegnata a difendersi dagli attacchi russi. Non si sa se le parole saranno mantenute ma questa volta, forse, è a un bivio: stare con l'Ucraina o con Vladimir Putin. Le parole pronunciate martedi alla Casa Bianca non lasciano dubbi perché il presidente degli Stati Uniti ha inasprito i toni nei confronti del suo "alleato" Putin e sta valutando l'imposizione di nuove sanzioni al Cremlino, dopo il confronto telefonico di un'ora giovedi che non ha prodotto alcun progresso anzi il repubblicano si è detto "deluso" e "arrabbiato". Tempi duri per Putin? Si vedrà, anche perché ci siamo abituati alle sparate di Trump che un giorno dice una cosa e il giorno dopo un'altra. Saranno le azioni a determinare l'impegno e la responsabilità della pressione che al momento è stato agrodolce. Trump ha vinto le elezioni promettendo di porre fine alla guerra fin dal suo primo giorno alla Casa Bianca, sono trascorsi 169 giorni e nulla è ancora successo. Dopo giorni di incertezza, comunque, il presidente ci ha ripensato e ha comunicato al presidente ucraino Volodymyr Zelensky l'invio immediato di 10 intercettori Patriot e nuove forniture militari, una notizia che non fa piacere a Putin che commenta: "Così si ostacola ogni soluzione pacifica", come dire che l'Ucraina non deve combattere per mancanza di armi e quindi si deve arrendere o deve sparire sotto le armi devastanti russe. L'ira di Trump: "Putin sta uccidendo troppe persone, bisogna fermarlo dando armi difensive agli ucraini", e poi, il presidente russo "sta dicendo un sacco di stronzate sull'Ucraina". Il Cremlino, per il momento, non ha commentato gli annunci di Trump e il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov nell'esprimere apprezzamento per le iniziative degli Stati Uniti per il dialogo tra Mosca e Kiev, ha precisato che Washington resta ufficialmente nella lista russa dei Paesi ostili. A Washington si sono incontrati il presidente Trump e il ministro israeliano Benjamin Netanyahu, è il terzo appuntamento dal ritorno al potere del repubblicano a gennaio, per avviare a soluzione la guerra a Gaza. Nel corso della cena, il premier israeliano ha consegnato a Trump una lettera chiaramente intesa a lusingarlo proponendolo per il Premio Nobel per la Pace (foto dal web/Social) e lui, Trump, crede da anni di meritare il premio. I due leader si stanno impegnando per annunciare un cessate il fuoco di 60 giorni tra Israele e Hamas. Netanyahu è propenso all'accordo di pace ma non vuole il riconoscimento dello Stato palestinese: "Vogliamo costruire la pace con coloro che non vogliono distruggerci" ha affermato.